Mi raggiungono alcuni messaggi sull’argomento della
felicità, che ci sta molto a cuore. E vorrei partire da una poesia di Francesca
Petrucci, catturata su FB.: Stamani. Venuto da lontano, Forse da un sogno./
Perso nel cielo ormai chiuso/ Dell’infanzia, dove le conchiglie/ Erano vere e
ancora la speranza/ Vegliava/ Acerbi sogni/ Imbastiti di giovinezza/ Ed ora
accantonati/ Dispersi/ Strozzati dal tempo.// Accendi per me/ Un cuore di luce/
Come l’aurora o/ L’azzurro del mare./ Che io possa morirvi e/ Ancora rivivere/
Quale geranio o/ Flutto/ Libero nel sole… Splendidi versi ricchi di
visiva nostalgia, che accende fiori di speranza tra le amate onde del mare a
rendere dinamico il giorno e immutato il sogno. Ma ciò che è più importante è
l’“attenzione” che Francesca pone ai ricordi di ieri per farne matasse di luce
(“Accendi per me un cuore di luce”, come invocazione, preghiera, esplosione di
amore e umanità) per ritornare a rinascere nel dorato cielo dell’aurora o
nell’azzurrità del mare, in cui leopardianamente naufragare per ricominciare
dal flutto ardito che non muore e dal rosso fiore della sua bocca a cantare a
gola spiegata la libertà “nel sole”. Per Francesca, dunque, la felicità e
nell’attesa viva ed esaltante della luce che regala forme e colori alle cose e
accende nell’anima una morbida selvaggia voglia di libertà.
Di Elina Miticocchio ho ben due poesie, una inviatami,
l’altra pescata nel mare di FB.
Ecco la mia "attenzione": Nella carne ho casa
ma il respiro non ha dimora in me. Giunge senza domandare. Il respiro è
l’albero. Io sono le sue radici. Faccio un seme di aria attorno al viso.
Improvviso una tenerezza. Ritorno rosa. E qui l’attenzione si concentra
sulla poetessa che, pur sapendo la sua anima rivestita di corpo ma libera nel
“respiro” che vola lontano per ritornare a farsi “albero” e “radici” per
gettare semi di improvvisa “carezza” e scoprirsi colore o fiore che ha la
delicatezza del sogno e della sua dimensione di donna sempre un po’ bambina ma
forte di desideri adulti nella fragilità del volo. È tutta qui la ricerca della
felicità per Elina: il volo alto della poesia che non ha domande e non si
attende risposte improvvisate, e la stabilità dell’albero e delle radici per
ancorarsi alla famiglia, culla di tutti i suoi affetti e le sue sicurezze.
La seconda: il mare nostra estensione di colore/
disegna un’infinità che tutti accoglie/ scrivere è come ogni onda/ lacrima,
carezza, sentimento/ casa di memorie/ ponte tra i verbi della luce. Ribadisce
la libertà incommensurabile che dona la scrittura, fonte di ogni gioia a
vincere ogni dolore che la memoria ripropone e risolve in “lacrima” ma anche in
“carezza” e offre ponti di luce tra il passato e il futuro della parola che è
anche sentimento a illuminare il sentiero della vita.
Ed ecco “La felicità” di Federica Simionato su FB: Felicità,/
serafica perfezione/ di una bolla// Dura il tempo di un sogno/ vive in un
fiato, vola// Poi l’inevitabile scoppio/ e muore// Di lei nulla più resta,/
solo la voglia/ di un altro soffio/ ancora, ancora e ancora (2021).
Una felicità fugace su cui riflettere: è l’ansia di perfezione la felicità, che
dura il tempo di una “bolla” d’aria o di sapone meravigliosamente iridescente,
ma fugacissima quanto il suo scoppiare nell’aria? “Di lei nulla più resta” è
l’amara constatazione della poetessa. E ricomincia l’attesa di quel “soffio” a
regalarci la frazione di secondo di una illusione. Non così è la felicità che
mi regala stamattina la mia secondogenita Ombretta, con il suo consueto,
esplosivo, rivoluzionario entusiasmo, che è quotidiano (e non gratuito!) inno
alla vita. Ombretta mi scrive all’alba: Chiedimi se sono felice era il
titolo di un recente film… se me lo chiedi ti rispondo che sono felice quando
rido di me stessa Quando la risata di mia madre fa eco alla
mia Quando il nasino dei miei gatti si strofina al mio e
tutti e tre fanno le fusa sul mio cuore Quando una carezza tra i
capelli si fa tenero gesto d’amore negli sguardi del mio
compagno Quando la luna è un canto incantato nel cielo di
rugiada Quando dipingo lo stesso cielo di rosso e di oro che
il tramonto mi regala simile all’aurora di ogni nuova alba all’opposto
orizzonte Quando il mare d’estate si fa abbraccio sulla pelle
di sale e Quando il mare d’inverno si culla tra le onde di
neve argentata Quando un cucciolo è stato
salvato Quando i miei alunni mi dicono “ti voglio bene
maestra” Quando le foglie rosseggiano
d’autunno Quando un gabbiano vola sulla mia
casa Quando un treno parte e poi ritorna Quando
la tenerezza mi prende per mano Quando dopo il venerdì mi
raggiunge il sabato Quando una torta mi appare nel
frigo di ogni magia Quando le strade si illuminano di “Bianco
Natale” Quando arriva d’improvviso la
primavera Quando guardo e rivivo i musical, passione della mia
vita Quando incontro gli amici con cui rido soprattutto di
me Quando le stelle sono lucciole che mi commuovono se guardo il
prato fiorito sui miei notturni pensieri Quando… Quando
tutto diventa il contrario di tutto! Io sono feliceeeeee…
A conferma di questa prorompente dichiarazione di felicità
di mia figlia nel prestare attenzione alle piccole cose (il suo “quando” serve
a darci il tempo e lo spazio della sua meraviglia nel guardarsi dentro e nel
guardare il mondo chela circonda!) per farle giganteggiare nel proprio cuore e
nel cuore degli altri, ecco che la nostra Maria Pia Latorre, in collaborazione
con tutta la redazione del Corriere Nazionale e Corriere di Puglia e Lucania
(CORRIEREPL.IT), questa mattina pubblica la seguente prosa poetica del nostro
mitico eroe di carta e di parole della nostra adolescenza assetata d’amore e di
felicità, Richard Bach, da Il gabbiano Jonathan Livingston: E crescendo
impari che la felicità non è quella delle grandi cose.// Non è quella che si
insegue a vent’anni, quando, come gladiatori si combatte il mondo per uscirne
vittoriosi… // Crescendo impari che la felicità è fatta di cose piccole ma
preziose… e impari che il profumo del caffè al mattino è un piccolo rituale di
felicità,// che bastano le note di una canzone, le sensazioni di un libro dai
colori che scaldano il cuore,// che bastano gli aromi di una cucina, la poesia
dei pittori della felicità, che basta il muso del tuo gatto o del tuo cane per
sentire una felicità lieve.// E così impari che la felicità è fatta di emozioni
in punta di piedi, di piccole esplosioni che in sordina allargano il cuore.//
Che le stelle ti possono commuovere e il sole far brillare gli occhi, e impari
che un campo di girasoli sa illuminarti il volto, che il profumo della
primavera ti sveglia dall’inverno, e che sederti a leggere all’ombra di un
albero rilassa e libera i pensieri. E non ci sono più commenti da
fare, parole da aggiungere… spero di non aver commesso errori di trascrizione
perché non è bello rileggere e scoprite che un “esaltante” sia miseramente
naufragato in un “esalante” “respiro ecumenico”… Perdonami Maria Pia! Che sia
una congiura degli dèi invidiosi contro la nostra conquista della felicità? Mi
sentirei meno colpevole se fosse causa della mia ahi ahi!!!
“disattenzione”… Ma mi consolo ugualmente, “testarda io che mi amo più di
così”!!! (parafrasando una antica e nota canzone di Iva Zanicchi): ieri ho
ricevuto anch’io la mia piccola/grande dose di felicità con questo messaggio
d’amore della mia carissima Mariateresa Bari: Angela io ringrazio te
per il tuo amore incondizionato e per le tue carezze delicate! Sono balsamo e
cura, per me. Un abbraccio forte forte ❤️ È quanto di più mi sta a
cuore in questa nostra avventura insieme! Grazie!
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