Mi sono giunti in questi ultimi giorni dei messaggi molto belli e significativi da alcuni amici affezionati al Retino e a questo blog. Sono per me gocce di rugiada che l’alba mi regala per continuare a scrivere e a sollecitarvi a scrivere perché desidero che il mio spazio diventi in “nostro” spazio per stare insieme nella stessa casa, dove è fermento la parola di tutti e faciliti nuovi incontri verso orizzonti sempre più ampi e ricchi di magia. Quest’ultima per me è indispensabile quanto il coraggio, per andare avanti con forza e leggerezza.
Giulia Basile, riferendosi a quanto detto l’altro
ieri, mi scrive: Grazie Angela, non potevo meglio cominciare questo
mese di marzo se non con questo tuo corposo e meraviglioso scritto nel quale la
parola poetica "naviga", come tu dici, in un'aria leggera carica di
promesse. Grazie anche alle poete da te scelte portatrici di grande luminosità,
e alla prossima.
Come non far tesoro di questa “navigazione” insieme. Il
libro di racconti di Giulia è uno straordinario esempio di coraggio e
leggerezza che connota le tante protagoniste di Naviga la parola e
consuma Amore (SECOP edizioni 2021): un viaggio fisico, psicologico,
metafisico in altre direzioni e dimensioni in un andare senza meta alla ricerca
di sé. Bellissima è la condivisione: il ritrovarci in unità d’intenti, ognuno/a
con la sua voce. E “navigare” è un verbo che si è impigliato nel mio retino ed
è innanzitutto un infinito presente o un presente infinito che mi piace molto
di più, mi dà l’idea dell’andare per mare in un tempo che rende infinito e
quindi senza tempo il presente.
E Vito Di Chio mi suggerisce: Come
non condividere le tue impressioni e riflessioni sull’AMICIZIA. Angela? Con
delicate pennellate poetiche hai messo bene in risalto la dimensione etica che
caratterizza questa meravigliosa, forte e fragile relazione tra le persone.
Avrei pubblicato tutto il testo poetico di Khalil Gibran, dal quale traspare la
ricchezza della mistica e della poesia orientale. L’amore gioca un ruolo
importante in questa relazione. C’è una osservazione di Theodor W. Adorno che
fa luce su questo ruolo: “Sei amato solo dove puoi mostrarti debole senza
provocare in risposta la forza”. La debolezza e la forza si trovano nella
relazione amicale in un momento di tensione altissima, laddove sia l’una che
l’altra sono in grado di far frantumare quel miracolo di leggerezza che è
l’essere amato o di portarlo alla luce, esaltandolo e dandone testimonianza. Il
mostrarsi (… dove puoi mostrarti debole) è legato al linguaggio dei segni, a
ciò che rinvia quindi al di là di sé stesso, che non ha nulla a che fare con
ciò che celebra l’io e lo isola. Solo in questo modo la debolezza non è una
forma di svilimento servile, ma di superamento di sé stessi, di coinvolgimento
dell’altro. Non è neppure una forma strategica di tenersi in riserva la forza
per momenti più opportuni, ma la consapevolezza che la relazione affettiva è
segnata da un dono reciproco, raccolto da mani che sanno accogliere - non da
mani che sanno costruire solo funzionalmente un rapporto. Questa “meditazione
della vita offesa” tradisce con chiarezza il bisogno di trascendere una
semplice forma di convivenza, che umilia i rapporti: quel mettersi in gioco per
sopravvivere ed emergere; quel tipo di comunicazione che è dominato dagli
affari, dai ruoli, dalla funzione, per cui ogni relazione tra le persone
rischia di essere mercificata. La riflessione di Adorno contiene in sé la sfida
ad aprirsi, disarmato, all’altro - senza condizioni, ciò che include la fede
nel totalmente Altro, nel quale solo la debolezza è forza e la forza è capacità
di amore. (Vito Di Chio)
E raccolgo il suggerimento di Vito di pubblicare il resto
della poesia di Gibran che tanta parte ha avuto, la volta scorsa, nelle mie e
nelle sue riflessioni:
Quando l'amico vi confida il suo pensiero,
non negategli la vostra approvazione, né abbiate paura di
contraddirlo.
E quando tace, il vostro cuore non smetta di ascoltare il
suo cuore:
Nell'amicizia ogni pensiero, ogni desiderio, ogni attesa
nasce in silenzio e viene condiviso con inesprimibile
gioia.
Quando vi separate dall'amico non rattristatevi:
La sua assenza può chiarirvi ciò che in lui più amate,
come allo scalatore la montagna è più chiara della
pianura.
E non vi sia nell'amicizia altro scopo che
l'approfondimento dello spirito.
Poiché l'amore che non cerca in tutti i modi lo
schiudersi del proprio mistero
non è amore,
ma una rete lanciata in avanti e che afferra solo ciò che
è vano.
E il meglio di voi sia per l'amico vostro.
Se lui dovrà conoscere il riflusso della vostra marea,
fate che ne conosca anche la piena.
Quale amico è il vostro, per cercarlo nelle ore di morte?
Cercatelo sempre nelle ore di vita.
Poiché lui può colmare ogni vostro bisogno, ma non il
vostro vuoto.
E condividete i piaceri sorridendo nella dolcezza
dell'amicizia.
Poiché nella rugiada delle piccole cose
il cuore ritrova il suo mattino e si ristora.
Niente di più vero quando l’amicizia è vera. E niente è più
misteriosa e profonda della nostra essenza più intima e nuda che solo
l’amico/amica può e sa cogliere senza stupirsi o scandalizzarsi e senza fare
domande per dare risposte: entrambe sono racchiuse nel silenzio che urla o
racconta o sussurra per chi sa ascoltare.
E Maria Pia Latorre mi raggiunge col seguente
“capogiro” reciproco di parole: E per me giostra da capogiro la
tua analisi. Angela, hai questo dono straordinario di penetrare le parole!
Entri nella profondità del testo e nel sentimento di chi scrive con una
naturalità che continuamente sorprende. Lo stupore che viene dalle tue parole,
dalla tua sensibilità è nel mio cuore. Grazie!
Grazie, Maria Pia carissima, ti confido un segreto, che
forse segreto più non è, ma è la mia verità in quanto “mia percezione” della
realtà: da quando sono stata tra la vita e la morte in questi ultimi due anni
spesso ho ancora dei vuoti di memoria improvvisi, ma per fortuna brevi, che io
tento con tutte le mie forze di colmare, convinta come sono che i vuoti sono
una sfida per rinascere con sensi e segni da reinventare giorno dopo giorno.
Ebbene, questa premessa serve a dirti che la mia capacità di lettura del
pensiero altrui è una “dono magico” che mi ritrovo “per grazia ricevuta” sin da
quando ho cominciato a scrivere per me e per gli altri. Prestissimo.
Praticamente da ragazzina, commentando all’improvviso i versi dei grandi poeti
che studiavamo a scuola. E oggi, nonostante i momentanei vuoti che a volte mi
fanno paura e mi creano indicibile ansia, basta sedermi al computer con un
testo da analizzare per “ricevere” le parole che scrivo di getto e che quasi
mai modifico (perché subito diventano un altro pensiero che naviga in me
parallelo al primo), senza soluzione di continuità, ma non per merito mio. E
non lo dico per falsa modestia. I miei di casa di ieri e di oggi possono
tranquillamente confermare. Il merito è del Suggeritore che mi dona
sistematicamente le Sue Parole, che quasi sempre “leggono” nella emozione della
mia anima per farsi conoscenza profonda dell’anima degli altri, celata nelle
loro varie scritture. Di qui recensioni e prefazioni a profusione e saggi
critici, moltissimi dei quali mai pubblicati. Per innumerevoli ragioni. Ed io
mi sorprendo davvero ancora oggi di questo DONO IMMENSO e ringrazio
quotidianamente il buon Dio e mi sento un frammento infinitesimale del suo
Amore, che vorrei donare agli altri, pur sentendomi sempre in debito con tutti
per l’amore che ricevo a piene mani…
E Francesca Pice mi fa dono del seguente
capolavoro che mi lascia senza parole, sopraffatta dall’emozione: Carissima
Angela, ti ringrazio per avermi dedicato i bei versi di Raffaella, ma ancor più
per avermi concesso, degli stessi, una interpretazione così puntuale, che fa
cogliere nelle sue sinestetiche immagini tutti i sentori della Primavera che è
alle porte. Il tuo retino è sempre ricco di magico in-canto, cattura silenzi
che avvolgono parole e veicola un messaggio che mi sta molto a cuore, ovvero
che la Poesia educa alla complessità, al dialogo e al confronto, perché
l’interpretazione di un testo è una finestra aperta su ciò che è
multidimensionale, problematico, non concluso, e sprona a fare i conti con
l’incertezza e la pluralità delle suggestioni.
Veniamo alla poesia di Amelia Rosselli su cui ti sei soffermata,
cogliendo i tratti luminosi e vivificanti di una pioggia ‘appesa nell’aria’ di
un tempo indefinito, a cavallo tra presente e passato.
“Soffiati nuvola, come se nello stelo / arricciato nella
mia bocca / fosse quell’esaltazione d’una primavera / in pioggia, / che è il
grigio che ora è / era appeso nell’aria… / … E se paesani zoppicanti sono
questi versi / è perché siamo pronti per un’altra storia / di cui sappiamo
benissimo faremo / al dunque a meno, / perso l’istinto per l’istantanea rima /
perché il ritmo t’aveva al dunque / già occhieggiata da prima”.
Voglio offrirti un’altra misteriosa corrispondenza, forse
inattesa.
Quel collegamento straniante tra la nuvola, lo stelo in
bocca e la primavera piovosa, riconducono ad un quadro memorabile, tra i massimi
capolavori del Rinascimento italiano: La Primavera di Botticelli. Se si legge
il dipinto da destra, si nota Zefiro che raggiunge e abbraccia Clori. La Ninfa
poi appare nuovamente, a sinistra, nelle forme di Flora vestita di fiori. Al
centro sono raffigurati Venere e Cupido che scaglia il dardo d’amore. Le tre
Grazie danzano sulla sinistra vestite con veli trasparenti. Mercurio infine
alza il braccio destro e con il caduceo tocca una nuvola. E così il prato è
cosparso di fiori ed erbe: è davvero giunta la Primavera!
Una bellissima allegoria della fecondazione, che dipinge le
capacità generative di una stagione che trova nella pioggia un elemento
propulsore. Ut pictura poesis. I versi della Rosselli sono un tumulto di parole
che trovano nel brillio della pioggia il senso dell’attesa, e dicono tutta
l’inquietudine di chi aspetta il risveglio della vita. Perché, come dice
Pasolini, la pioggia ti cala nel mare dell’inconscio e ti spinge a cogliere il
nuovo che comincia per tutti, imponendoci di rinascere, di rifiorire sempre a
nuova vita.
“[…] Ora sento in me un sapore di pioggia caduta,
ogni vivacità della vita ha uno sfondo di pianto.
Solo una forza confusa mi dice che un nuovo tempo
comincia per tutti e ci obbliga ad essere nuovi.”
Angela, mettiamola così... In linea con il ciclo
idrologico, ovvero quel flusso continuo di acqua tra cielo e terra, mi piace
pensare che la poesia della pioggia evapori, condensi e ricada ad alimentare
gli animi assetati di vita attraverso nuova poesia. Non è forse questo il senso
del tuo retino? Poesia genera poesia
E io le ho risposto con tutta la mia ammirazione: Mia
immensa Francesca, ho dovuto inforcare gli occhiali per poterti rispondere. Ma
non potevo più rimandare a domani. Sono senza parole davvero dopo le tue
favolose integrazioni al mio commento. Sì, è proprio questo l'intento ultimo
del mio Retino. Certo, il confronto perché poesia generi Poesia. Ma tu mi hai
letteralmente travolta con la tua cultura non soltanto letteraria, ma anche
pittorica, con la tua sensibilità poetica che ha reso visibile l'invisibile,
raccontabile l'ineffabile, andando alla radice di ogni possibile
interpretazione di versi, intenzioni, emozioni. Devo riportare tutto questo
profluvio di stupefacenti gocce d'acqua dissetanti e coinvolgenti nel mio blog.
Sono appagata, felice, ammirata. Ancora GRAZIE. Ti abbraccio forte forte.
Ho risposto a Francesca, ma desidero rispondere a
tutti perché tutti voi mi donate una grande ricchezza, di cui faremo insieme
tesoro nel blog e nel Retino. Niente accade invano. Anche gli incontri
avvengono perché devono accadere. Io ne sono certa. Ed è una delle pochissime
certezze che quotidianamente vado conquistando. Certe corrispondenze sembrano
casuali e invece, a distanza, ci accorgiamo che sono causali. C’è un perché in
tutte le nostre esperienze terrene. Almeno io ne sono sempre più convinta.
Avremo modo di riparlarne. Buona giornata e a domani. Ciao.
Quali incantevoli creature si incontrano in questo tuo salotto, Angela! Il mio grazie a Francesca per la sua lettura multisensoriale della lirica di Amelia Rosselli, cui accosterei un ascolto Vivaldiano. La sua famosissima Primavera è il primo dei quattro concerti per orchestra d'archi. Ed è introdotto da un sonetto composto dallo stesso Vivaldi per commentare la musica.
RispondiEliminaIl primo recita cosı̀:
Giuntʼè la primavera e festosetti
la salutan gli augei con lieto canto; e i fonti allo spirar deʼ zeffiretti
con dolce mormorio scorrono intanto.
Vengon comprendo lʼaer di nero ammanto, e lampi e tuoni ad annunziarla eletti.
Indi tacendo questi, glʼaugelletti
tornan di nuovo al loro canoro incanto.
E quindi sul fiorito ameno prato
al caro mormorio di fronde e piante, dorme ‘l caprar col fido can al lato.
Di pastoral zampogna al suon festante danzan ninfe e pastori nel tetto amato di primavera allʼapparir brillante.
Ma ciò che costituisce una corrispondenza con la lirica della Rosselli è proprio la musica che si apre con una luccicante e realistica imitazione del cinguettio degli uccelli affidato al violino solista. Improvvisamente delle note ribattute con violenza. È la minaccia di tuoni, fulmini e nuvole nere in lontananza.
Avevi ragione. Nulla accade per caso...un abbraccio e sempre grazie!