venerdì 26 marzo 2021

Venerdì 26 marzo 2021: sentore di gratitudine nell'aria e nelle azzurre acque...

carissimi amici,

mi sono giunti alcuni testi molto significativi su argomenti vari che però hanno un sentore di primavera anche se quest’ultima tarda a rallegrarci col suo sorriso e il suo tepore. Hanno soprattutto sapore di mistero, di qualcosa di irrisolto, di sospeso nell’aria, quasi d’attesa, una speranza. con gratitudine. il primo è della mia carissima amica Caterina De Fusco, che veleggia tra Venezia e Napoli da una vita.  Ve li propongo:

Cosa lega due città come Napoli e Venezia?

Innanzitutto il mare, immediatamente dopo l'essere centri di scambi commerciali con il Mediterraneo. Quest'ultimo fu la culla delle più importanti civiltà antiche, a partire dall'Egitto per poi proseguire con il mondo greco e romano.

Apparentemente può sembrare che Venezia, tessendo importanti relazioni commerciali con l'Oriente, sia dissimile da Napoli ma, per conoscere l'invisibile, bisogna saper “scrostare muri”.

Entrambe le città presentano molteplici angoli dalle mura scrostate pur se Venezia, sorgendo sull'acqua, presenta tali ferite causa erosione da parte di quest’ultima.

Tutte e due le città hanno come elemento d'elezione l'acqua e la Luce.

Forse è questo il motivo che, inconsapevolmente, guidò una giovane donna a tessere fila per entrare nel mistero di cosa veramente coniugasse le due città.

Napoli, con Filangieri e Galiani, Venezia, con Ludovico Antonio Muratori, gettarono le basi per la libertà dell'uomo. Non meno l'esoterismo che lega e accomuna entrambe le città.

Fu quest'ultimo, l'esoterismo, a guidare la giovane donna a intraprendere la via del mare che la portò, nell'esperire conoscenza, alla consapevolezza.

Rendersi consapevoli: questo chiede la via esoterica per lasciare andare quelle inutili zavorre che resero la navigazione incerta ed instabile.

 Incertezza e, dunque, cagionevole equilibrio caratterizzarono la via della donna che mai si arrese di fronte ad alcuno ostacolo.

Il leitmotiv che la spingeva a cercare era il desiderio di svelare, di strappare via il velo dell'illusione per giungere alla Verità.

Ma qual era questa Verità che guidava l'incedere del cammino della donna?

Togliere ambiguità di significato al vivere e al morire per giungere a quella realtà aspaziale e atemporale che porta all'Unità che non teme Luce ed Ombra.

La dualità in cui l'essere umano è immerso fa perdere, talvolta, segno e significato al percorso, ma non per coloro che hanno compreso che l'ombra è semplicemente l'altra faccia della Luce.

L'alternanza di questi due elementi è fondamentale per approdare… e ciò accade soltanto quando la “conoscenza” si è servita del dolore.

Solo svelando sé stessi si può lasciare andare l'illusione.

Fu così che la giovane donna si inoltrò nello studio della vita di Antonio Corradini, scultore che già lega le due città, essendo nato a Venezia nel 1668 e morto a Napoli nel 1752.

Quell'artista fu il senso che fece trovare senso alla ricerca del significato intrinseco del vivere e morire.

Corradini utilizzava il velo come leitmotiv in molteplici suoi pezzi scultorei. La giovane donna lavorò con costanza e determinazione per carpire la motivazione del reiterato scolpire veli da parte dello scultore.

Nel frattempo la vita della giovane donna scorreva portando con sé esperienze nutrite di delusioni e improvvisi risvegli.

Ad ogni risveglio la donna avanzava di un passo che, unito a quelli successivi, costituirono tasselli, tasselli di un puzzle che solo al quarantunesimo anno giunse a farla approdare al senso di quella ricerca.

La domanda iniziale era cosa mai può congiungere due città come Napoli e Venezia oltre al mare e alla Luce.

Avevamo detto che entrambe le città diedero i natali a figure storiche che parlavano di uguaglianza, libertà e fratellanza, parole che tutti hanno creduto essere di marca francese.

Furono invece Napoli e Venezia le terre che diedero vita agli ideali rivoluzionari attraverso gli storici sunnominati, Filangieri, Galiani e Muratori, che, strenuamente, lottarono per giungere al senso esistenziale del vivere.

L'essere umano non può vivere senza sentirsi libero eguale e fratello.

Fratelli siamo perché tutti discendenti dall'Uno e liberi diventiamo solo se intraprendiamo la strada dello scavo nella “conoscenza” per giungere a comprendere che la realtà in cui viviamo è solo una grande illusione.

Quella giovane donna costruì molteplici collegamenti all'interno della vita del Corradini e furono quelli a guidarla, inconsapevolmente, a togliere lentamente il soverchio; tirando via quei pesi che avevano ostacolato il suo cammino e l’avevano resa, solo apparentemente, fragile ed in disequilibrio.

Giunta alla meta attraverso “una strenua ricerca”, la giovane donna raggiunse la consapevolezza che l'essere umano nasce libero, libero di scegliere e di navigare serenamente se intuisce che quell'orizzonte, che si sposta ad ogni passo un po' più in là, è la meta.

La meta dell'essere umano è l'infinito, quella Volta Celeste che ci ricopre e alla quale tutto il Creato ritornerà.

Furono la semplicità, l'umiltà e la fede, un quantitativo grande di fede a permettere alla donna di toccare quel Cielo e illuminarsi di Grazia e Benedizioni. Caterina De Fusco

Mia carissima Caterina, questo tuo bellissimo percorso di autorealizzazione, che parte dalla conoscenza per giungere alla consapevolezza di sé e del nostro fine ultimo, è la perfetta sintesi di quanto io abbia detto e scritto nel mio blog sulla parola “gratitudine” e su come si possa operare, attraverso i libri e alcune figure di mentori a darci una mano, una guida amorevole e sicura, per giungere ciascuno alla propria meta, che alla fine diventa la meta di tutti, perché tutti ci accomuna e ci rende fratelli. Grazie per le azzurre acque veneziane e napoletane su cui hai fatto volare il tuo sofferto ma appagante percorso di libertà e di fede. Percorso, che ti ha permesso di illuminarti di Cielo. Luminoso esempio per tutti noi.

E Mariateresa Bari mi ha inviato tre messaggi, il primo risalente al 12 marzo e che si riferisce alle poesie riguardanti la donna, di cui prendersi cura ogni giorno per la sua forza, la sua dignità, il suo coraggio. Quella donna siamo tutte noi nella rivendicazione della nostra femminilità, che va ben oltre il femminismo degli anni Sessanta del secolo scorso. Mariateresa scrive: Angela cara, quante belle voci, altre da me, da noi... non posso che farmene attraversare per saziare i sensi assetati. Un abbraccio!

Bellissima testimonianza della nostra coralità. E il 19 mar 2021 scrive: Straziante ma necessario. Doloroso ma salvifico. Questo è per noi poveri che restiamo, parlare di chi la varcato la soglia. Parlare di Loro è parlare con Loro. Il ricordo è un luogo d'incontro! Grazie Angela per queste lacrime di commozione. Un abbraccio.

E si parlava di Giovanni Gastel e del suo affascinante “istante eterno”, reso luminoso fino alla fine dalla carezza di Dio. E non ci sono più parole oltre le lacrime.  Poi ieri, in riferimento alla parola “gratitudine”: Cara Angela, come non esserti grata? Ecco i versi scaturiti stanotte dalle tue riflessioni! “Nel debito di un credito”: S'annoia il sé,/ spossato depone la sua corona/ smilzo di cuore e si prepara all'esodo./ L'alito assassino non più appaga./ Il lampeggiare di finestre nel buio/ delle sue frequenze troppo acute,/ stride e si fa strada./ Lo guardiamo trapassare lo specchio/ e lambire solitarie rive/ col suo foulard di tedio al collo. M. Bari

Mia cara Mariateresa, ancora una volta mi offri una sintesi preziosa della volontà/necessità di fare spazio alla gratitudine contro ogni male di vivere, e persino contro la noia quotidiana che strangola di solitudine chi non si dona agli altri gratuitamente…

Ed ecco il messaggio di Vito Di Chio ad apportare nuova linfa a quanto da me detto nel Retino e scritto sul blog: Grazie Angela per le tue riflessioni sulla “GRATITUDINE”. Ti sono molto grato. Anche i miei pensieri vanno in questa direzione. Ecco alcuni spunti “germanici” sulla relazione tra “pensare” e “ringraziare”. Pensare e ringraziare sono due parole affini; diciamo grazie alla vita, ripensandola. È una citazione attribuita a Thomas Mann (1875 – 1955), scrittore tedesco, premio Nobel per la letteratura, da cui prendono lo spunto i più disparati siti della rete, per le loro riflessioni sul tema della Dankbarkeit (riconoscenza). In realtà è stato Paul Celan, nella sua “Allocuzione in occasione del conferimento del Premio letterario della Libera Città Anseatica di Brema”, a introdurre così la sua concezione poetica: “Denken (pensare) e Danken (ringraziare) hanno nella nostra lingua la stessa identica origine. Chi ricerca il loro significato si porta nel campo semantico di: gedenken (richiamare alla memoria) eingedenk sein (essere memori), Andenken (pio ricordo), Andacht (devozione). Mi permettano di prendere le mosse da qui, per ringraziare”. È una riflessione profonda che caratterizza tutta l’opera di Celan. In realtà nella lingua tedesca pensare (Denken) e ringraziare (Danken) scaturiscono dalla stessa matrice linguistica: il ponderare, il dare peso, il percepire la cosa che conta. D’altronde anche l’italiano pensare deriva da pensum (peso, compito): pensare in latino vuol dire appunto ponderare, ricambiare …È bene approfondire questa correlazione sorprendente che c’è tra il pensare e il ringraziare, ogni tanto fermarsi e dire grazie, imparare a dirlo, farne un esercizio, uno stile di vita. Perché, è proprio vero: la riconoscenza non sgorga automaticamente dal patrimonio e dalle capacità del cuore umano, - bisogna lentamente impararla ed esercitarsi, in qualche modo, nell’atteggiamento di gratitudine, scoprire soprattutto l’armonia interiore che c’è tra il pensare e il ringraziare. (cfr. Bisogno di Maestri…). Un saluto carissimo. Vito dc

È proprio questo confronto che mi/ci arricchisce di nuovi sensi e significati da dare alle parole, soprattutto quando la profonda conoscenza della letteratura mondiale e delle lingue straniere ci offrono l’opportunità di scoprire nuovi abbinamenti, nuove risorse linguistiche per scoprite nuovi orizzonti da attraversare e nuove motivazioni per esercitarci “nell’atteggiamento di gratitudine”, per “scoprire soprattutto l’armonia interiore che c’è tra il pensare e il ringraziare”. E vale davvero la pena di leggere o rileggere quello scrigno di saggezza, bellezza, verità, poesia che è il saggio di Vito Di Chio Bisogno di maestri (Armando Editore 2010)

E così anche oggi ci salutiamo con gratitudine reciproca e grande gioia per questa comunione d’intenti e di anime. Grazie. E il Retino ci attende. Ciao.

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