lunedì 8 febbraio 2021

Lunedì 8 febbraio 2021: Maria Montessori nella Relazione di Valeria Rossini del 5 febbraio

 Presentazione on line Libro Montessori 5 febbraio 2021

Come scrivo nell’Introduzione, questo libro è la storia di un incontro e di un destino. Oggi, aggiungerei, è anche la storia di una coincidenza che rende ancora più magico questo viaggio nel mondo montessoriano. Nella sua troppo clemente recensione del volume, Angela De Leo paragona il libro a un fiume “che prende vita da una sorgente zampillante e piena di luce e che scorre luminoso e agile lungo argini ben definiti di un percorso che attraversa vallate spazio-temporali di ben centocinquant’anni per versarsi nel mare turbolento e ricco di tempeste sotterranee e a pelo d’acqua dei nostri giorni”. Ebbene, non avrebbe mai potuto saperlo e neppure ricordarlo, ma il mio incontro con Maria Montessori nasce lungo un fiume, il fiume che divideva la mia temporanea residenza romana in piazza Farnese dall’Opera Nazionale Montessori a Trastevere. Nel lontano 2002, attraversando ogni giorno Ponte Sisto per recarmi a svolgere le mie ricerche nella biblioteca e negli archivi montessoriani, come suggeritomi dal mio maestro bitontino professore Giuseppe Elia, mi ritrovai a riflettere sul mio percorso di giovane donna e aspirante ricercatrice, che sembrava travolto e stravolto da parole e speranze, proprio come un fiume. Avevo deciso di accogliere Maria Montessori come modello e punto di riferimento, ma paragonandomi a lei inevitabilmente ogni aspirazione si trasformava in illusione, e ogni conquista in frustrazione. Chiedo perdono, ma non posso non leggervi questa poesia che fu scritta lungo le rive del Tevere e che racconta bene il mio stato d’animo in quei giorni. Del resto, quando sono con Angela, la poesia è la forma di comunicazione dalla quale non riesco a prescindere da ormai 33 anni. Fortunatamente, il fiume ha trovato casa in un progetto professionale e umano che ha provato a fare propria la lezione della nostra dottoressa grazie ancora una volta a un incontro e un destino cui sono davvero molto grata. Un mio caro ex collega e amico, don Simone Bruno, direttore editoriale delle Edizioni San Paolo di Milano, mi contatta nel 2018 per propormi la scrittura di una biografia su Montessori, che sarebbe uscita in concomitanza con il centocinquantenario della sua nascita. Purtroppo, la condizione in cui versiamo da ormai un anno non ha consentito di celebrare degnamente questo importante evento, ma non ha comunque impedito di diffondere, attraverso questa e altre iniziative pubbliche, l’entusiasmo e la riconoscenza verso una vita e una carriera straordinarie, fonte di orgoglio per il nostro Paese oltre che per la nostra pedagogia. E così sono qui ora a parlarvi di questo libro, che per la prima volta nella mia storia editoriale si apre al grande pubblico con un linguaggio semplice e un taglio divulgativo che però non tralascia la lettura scientifica dell’impianto educativo e metodologico che può e deve trovare nuove forme di espressione nell’attualità. Come tutti sanno, il messaggio montessoriano è attualissimo proprio perché avanguardistico per la sua epoca. Tuttavia, non è sull’attualità della pedagogia montessoriana che desidero incentrare queste mie brevi riflessioni. Piuttosto, mi piacerebbe richiamare con voi la inattualità del suo messaggio, che rinviene dal suo essere controcorrente, non soltanto rispetto al suo tempo storico. Maria Montessori è stata un personaggio ricco di contraddizioni, che ha saputo incarnare perfettamente in un’immagine disequilibrata e per questo forse completa. Pensiamo alla sua esperienza di madre, che ha destato enorme scandalo e suscitato smisurate critiche in chi non ha saputo cogliere nella sua dolorosissima decisione di separarsi dal proprio figlio il gesto rivoluzionario di una madre sociale, che ha voluto salvare il bambino e, attraverso ciò, il suo bambino. Il legame fortissimo, quasi simbiotico, che ha avuto fino all’ultimo respiro con il figlio Mario - da cui è stata lontana i primi quindici lunghi anni della sua vita - dimostra che la maternità è presenza nell’assenza, perché come dice Recalcati, la funzione materna unisce il desiderio non alla legge (del padre), ma alla vita. In questo modo Montessori ha tratteggiato un sentiero a ritroso, che da un interesse universale (verso l’infanzia) l’ha condotta verso il desiderio non anonimo o interesse particolareggiato per suo figlio. Il segreto dell’infanzia coincide difatti con il mistero della vita, che Montessori enfatizza nella sua visione del bambino come embrione spirituale. Contro gli stereotipi della madre coccodrillo e della madre narcisista, Montessori sposa l’idea di una maternità simbolica di lacaniana memoria, che oltrepassa la cultura patriarcale volta a cancellare l’eccesso della femminilità attraverso l’idealizzazione della maternità come sacrificio di sé, per aprirsi a un nuovo modo di essere donne. Essere donna è un diritto, e come tale si esplica nell’opportunità di studiare (anche in Facoltà prettamente maschili come Medicina), di viaggiare (Montessori ha girato il mondo, e ha viaggiato anche in gravidanza) di lavorare, di partecipare alla vita politica (pensiamo alle sue battaglie per il diritto di voto delle donne decenni prima che fosse concesso), di essere in sostanza generative non solo nel senso biologico del termine. Maria Montessori ha agito il suo desiderio contro ogni forma di violenza maschile, e per questo ha saputo trasmettere il sentimento della vita quale eredità autentica della funzione materna e direi anche educativa. Fuori da ogni forma di adulazione o demolizione, ciò che tento di fare nel testo è rileggere l’opera montessoriana oltre i rigidi schematismi che oppongono i suoi seguaci ai suoi detrattori. Maria Montessori ha avuto la fortuna di essere amata (quasi adulata) da persone e gruppi sociali appartenenti a ogni area del mondo, a ogni professione, a ogni fede religiosa e politica. Contestualmente, ha avuto la sfortuna di essere osteggiata (quasi perseguitata) dalla stessa varietà di persone e gruppi sociali. Credo che questa sia una delle prove inconfutabili della trasversalità e della complessità della sua azione. Illustri studiosi montessoriani hanno saputo delineare gli intricati rapporti che la dottoressa ha intessuto con la Chiesa cattolica e con il fascismo, su cui ancora è importante fare luce. Da pedagogista, io ho dato maggiore spazio alla traduzione del metodo nei termini delle sfide attuali della scuola, ad esempio rileggendo la sua pedagogia speciale nel linguaggio della scuola inclusiva, la sua educazione cosmica nell’orizzonte della cittadinanza globale, e la sua idea di disciplina nelle forme dell’autoregolazione anche alla luce del contributo delle neuroscienze. Quest’ultimo concetto è essenziale per rivedere il ruolo dell’educazione oggi, che non riesce a tenere insieme adeguatamente il necessario controllo con l’altrettanto necessario supporto nelle attività di cura, a causa di un’errata concezione del bambino che da un lato appare estremamente vulnerabile e dunque da iperproteggere, e dall’altro estremamente incontrollabile e dunque da soggiogare. Entrambe le visioni sono castranti rispetto a una idea di disciplina della libertà che è invece lo strumento di cui può e deve dotarsi l’adulto per promuovere lo sviluppo infantile e di conseguenza l’emancipazione della società. Da questa angolazione, la scuola montessoriana perde il suo alone serioso, in cui i bambini intenti al lavoro svolgono ripetitivamente e silenziosamente compiti individuali, ma diventa un opificio di felicità, uno spazio in cui giocare a essere vivi, come bene ha ricordato Garcia Marquez. Può sembrare davvero un paradosso pensare a questo modello di scuola nell’era Covid, ma per riformare la scuola dovremmo forse ripartire proprio da ciò di cui sentiamo maggiormente la mancanza. La scuola è movimento e non staticità, è attività e non passività, è collaborazione e non solo esecuzione, è motivazione e non solo prestazione. La scuola ha innanzitutto bisogno dei bambini, che la dottoressa definiva cittadini dimenticati, e ciascuno di noi ha bisogno di ricordare e ritrovare il bambino che è stato, per promettergli un futuro migliore. Credo sia questa l’eredità più preziosa che Maria Montessori ci ha lasciato. A noi il compito di custodirla gelosamente.

                                                            Valeria Rossini

Credo sia una testimonianza molto importante per tutti noi. Nessuno può dirsi estraneo al problema della formazione delle nuove generazioni per sperare in un futuro migliore. La sorgente di questa speranza che, come fiume, percorre tutta la nostra vita fino alla foce, è proprio il bambino. Ritroviamolo in noi e saremo di nuovo alla sorgente della nostra vita, all’inizio della nostra alba.

A domani, sempre alle ore 19, per il nostro Retino. Ciao

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