giovedì 18 febbraio 2021

Giovedì 18 febbraio 2021: le mie poesie lette nel Retino di martedì...

Martedì è stato un incontro particolare in un’atmosfera di pacata festività, perché vissuta soprattutto in famiglia, al tepore di affetti consolidati o ritrovati nella intimità e semplicità della propria casa. In una clausura forzata causa Coronavirus. Domenica la festa dell’Amore (San Valentino) e martedì festa di Carnevale e dell’allegria (martedì grasso). Fuori: tanto freddo, nonostante la giornata di sole dopo due giorni di vento gelido e di neve. Anche per il deserto paesaggio senza anima viva. Un vuoto triste di persone. Dentro: il calore dei termosifoni o, meglio, dei caminetti accesi e la presenza del nucleo familiare. Nel caminetto: le scintille che fanno concorrenza alle lucciole ormai in estinzione (come già preconizzato negli anni Sessanta-Settanta del secolo scorso da Pier Paolo Pasolini) o alle stelle sempre meno visibili per via della luce artificiale delle nostre città a cancellare quella naturale. Basta però un po’ di creatività e il buio può “illuminarsi d’immenso”…

In un’atmosfera di quasi magia ho pensato di proporre la lettura di qualche mio componimento poetico per mantener fede ad una promessa. E così ho letto una lirica d’amore per tutti gli innamorati “Il giorno dei prodigi” (14 febbraio - San Valentino), una filastrocca intitolata “Martedì Grasso” e una ballata “La ballata del mare” in omaggio del mare, mio antico e imperituro amore. La scelta è stata motivata dal desiderio di evidenziare tre generi diversi, tra i tanti, del testo poetico: la lirica in versi sciolti, con una struttura semi-dialogica e con in più una commistione di versi e canzone; la filastrocca con le consuete rime baciate (o alternate), con assonanze e allitterazioni a rendere ritmo e sonorità di fiaba o di ninnananna, ma anche di senso/nonsenso, tipico delle conte, dei girotondi, di alcuni giochi di movimento, tanto cari ai bambini (sulla falsariga dei Limerick inglesi, poesie brevi con giochi di parole, bizzarre e surreali, tipiche dell’umorismo britannico); la ballata dalla struttura completamente diversa, risalente alla canzone romanza del Medioevo o canzone a ballo, con strofe o stanze e ritornello con varie reiterazioni di versi o di parole per dare nuove suggestioni ritmiche e sonore alla poesia. La ballata da canto popolare diventa d’élite e colta in letteratura, soprattutto nell’Ottocento romantico e melanconico. Da ricordare “La ballata del carcere di Reading” di Oscar Wilde o anche la ballata ossessiva, incalzante e bellissima de “Il Re degli Elfi” di Goethe, musicata da Schubert, come tante altre in un felice connubio di versi e di musica dei due grandi Autori. Ed ecco la poesia d’amore con dedica: (A quanti amano. A quanti sono amati. A quanti desiderano amare ed essere amati. A tutti gli innamorati dell’amore e della vita).

“Il giorno dei prodigi”

(14 febbraio - San Valentino)

Era il giorno dei prodigi

scintillio di gioielli e ceste di fiori

a cantare l’inno dei nostri anni

colmi di giovinezza e illusioni

M’illusi allora di riempire forzieri

d’amore vermiglio a piene mani

(al fuoco ch’esplodeva nelle vene)

M’illusi e avevo tra le labbra

il tuo nome e il mio rimpianto

- Vieni c’è una strada nel bosco,

   il tuo nome conosco,

   vuoi conoscerlo tu…

   Vieni, c’è una strada nel cuore

   dove nasce l’amore

   che non muore mai più… -

Un canto che mia madre cantava

sostituì nel tempo le tue mani

A mia madre occhilucenti

dedicai questo giorno

di fremiti di fresie e tulipani

ma di tutti i giorni era l’amore

- Che c’entro io? - diceva lei

tristezza di ore senza tempo

- È perché ti voglio bene -

sorriso ch’era rimorso e canto

- Non aprii

gli occhi al tuo amore? -

Riempii forzieri e scrigni dorati

di cui ho perso memoria e nostalgia

(il giorno dei prodigi

rumore sordo di tempo lontano)

Poi, la filastrocca tratta dalla raccolta inedita Filastrocche tonte e tocche, un po’ stupidelle e un po’ svitate e pazzerelle:

FILASTROCCA DEL MARTEDI’ GRASSO”

È Carnevale e io me la spasso:

mi piace molto questo fracasso.

Vado in giro vestito da Zorro:

faccio una piroetta e poi corro.

Vado a combattere con la mia spada

contro i briganti d’ogni contrada.

Mi viene incontro la Fata Turchina

tutta trafelata e stanca poverina

per Pinocchio ch’è andato al mare:

babbo Geppetto lui vuole trovare.

Bella è la fata con i capelli turchini

ed ora si mescola con noi bambini.

Corriamo di qua spingiamo di là

vogliamo fare tutti un gran varietà

perché Carnevale finisce qui

come ogni anno di martedì.

E, infine, la ballata del mare che io adoro, tanto che da giovane avrei voluto una casa su una palafitta, ma col passare degli anni e col sopraggiungere della vecchiaia e dei conseguenti acciacchi ho dovuto abbandonare definitivamente questo sogno che mai più si realizzerà:

“La ballata del mare”

Era il mio mare grande più del mare

mare di favola di canto e nostalgia

mare di velieri di navi e di corsari

pirata tu del mio azzurro cuore

bianca vela io a toccare il cielo

                                (pirata tu vela bianca io)

Solcammo insieme tutto l’azzurro mare

incuranti di scogli di flutti e di balene

tra onde maree e tempeste di vento

inventando ogni notte stelle e lampare

      (stelle e lampare fecero la notte chiara)

Stelle e lampare fanno del mio mare un prato

dove il cielo turchino è un imbroglio d’erba

su cui insieme corriamo a perdifiato

con dentro gli occhi lucciole e lanterne

        (lucciole nei nostri occhi fatti lanterne)

Lanterne di conchiglie per ascoltare

il canto triste che fa triste il mare

nei fondali batte il tuo cuore scuro

tormento di eternità la mia anima di sale

           (un faro cerca la mia anima di mare)

E ho concluso con gli ultimi versi della “Ballata dell’eterno amore” per ridare speranza all’anima che cerca la luce sicura di un faro per non naufragare:

Lui le donò due grandi ali di seta

per scorgerla al buio delle notti, Lei fu vela di mare e nostalgia di treni

vinsero il tempo si amarono per mille anni

                (ridono ancora tra rose e tulipani)

E il mio grande indimenticabile Amico Giorgio Bàrberi Squarotti ebbe parole di ammirato apprezzamento per questa raccolta bilingue (italiano-sebo), soprattutto “per i suoi originalissimi versi con sonorità molto suggestive e catturanti”…  Le sue parole faranno da introduzione alle nuove ballate che prima o poi vedranno la luce della carta stampata (spero).

Per quanto riguarda le mie commistioni: sono parecchie le mie poesie che contengono tra i versi antiche canzoni famose. Le parentesi, poi, sono quasi una costante. Vito Di Chio, altro mio prezioso amico, nel suo “sapientissimo” saggio sulla mia opera omnia Una finestra aperta sui sogni (SECOP edizioni 2020), così scrive: Le (parentesi) - un vero segnale semantico all’interno del poetare di Angela De Leo - non semplicemente parola o frase che “s’interpone nel discorso, interrompendone il senso e talora anche il costrutto, per aggiungere un chiarimento o una precisazione, per fare un’osservazione, un rinvio (…), per una momentanea digressione” ecc. Para-tithemai è un porre dentro e serve in realtà a chiarire il testo o le affermazioni che si vanno facendo, accentuandone o limitandone la portata… Ma le attente e dettagliate e puntuali annotazioni sulle mie parentesi occupano ben cinque pagine del saggio, per cui sono costretta a chiudere qui, mio malgrado perché sono straordinariamente illuminanti su ogni loro “significazione”.

  

E desideravo concludere, come promesso, con alcune poesie catturate da FB con il mio retino, ma noto che già ho occupato molto spazio. Lo farò nelle mie prossime note sul blog. Per stasera chiudo qui. A domani con il nostro Retino. Ciao.

 

  

2 commenti:

  1. Applausi. Ancora una volta ho gli occhi spalancati per la meraviglia! Un abbraccio Angela cara!

    RispondiElimina