È un santo quasi sconosciuto san Primo, come
raro è il suo nome. E, a quanto pare, era un bimbetto di soli quattro anni e
pochi mesi quando subì il martirio. Tempi peggiori dei nostri. Penso che la
natura umana sia sempre la stessa attraverso i millenni della nostra storia:
c’è sempre un Abele e un Caino. Il Bene e il Male divisi in ugual misura a
farci divini e dannati, angeli e demoni. Ma questa è un’altra storia.
Primo,
il tuo nome raro. Abbinato al cognome, poi, Leone suscitava qualche perplessità
e non poche battute in tono scherzoso, frutto di reminiscenze storiche, legate
a Leone Primo papa o a Leone Primo imperatore. Comunque, grandi ascendenti. Il
primo, detto anche “Magno”, bloccò addirittura Attila, “flagello di Dio”; il
secondo, il Trace, detto anche “il grande”, fu il primo a ricevere la corona
dalle mani del Patriarca di Costantinopoli. Entrambi più o meno contemporanei e
destinati a grandi imprese. Niente male, dunque. Nomen omen, dunque! Primo Levi. Primo Carnera. Primo Mazzolari. Primo Reggiani. Primo Riccitelli...
Anche
io rimasi stranita quando mi dicesti il tuo nome. E mi spiegasti che i tuoi ti
vollero chiamare così perché eri nato alle sei del mattino del primo gennaio
del 1941: 1/1/1941. E sembrò loro una data beneaugurale. E furono buoni
profeti. Eri nato, inoltre, con la camicia; anzi, con il cappuccio, come
ricordava tua madre. E, infatti, nella vita sei stato un uomo fortunato. Non
soltanto per aver incontrato me (ah ah ah!) ed eravamo appena adolescenti, ma
perché hai vinto sempre nella vita. E non solo psicologicamente parlando.
Quante volte tornavi a casa gridando: “Ho vintoooo!”. Una volta si trattava di una
vincita al totocalcio, una volta al lotto o all’enalotto, al gratta e vinci, a
tombola, a risico, a… anche l’aria che respiravi diventava vincente. E vincenti
erano i tuoi passi. Ti precedeva quel tuo nome insolito. Svettante. Vincente.
Sempre PRIMO in tutto: il primo a scuola, con viaggi premio e borse di studio.
Finisti anche sulla <Gazzetta del Mezzogiorno> tra gli studenti più bravi
d’Italia e fosti il primo maestro d’Italia a prendere la cattedra
d’insegnamento ad appena vent’anni. Altro articolo sullo stesso Quotidiano.
Una
volta, già dirigente scolastico, partecipasti con alcuni tuoi colleghi ad un
Convegno di tre giorni sulla Scuola, con sorteggio di premi ad ogni fine
giornata. E, con nostra grande meraviglia ed esclamazione di giubilo dei tuoi
figli, ad ogni ritorno portavi il pacco del premio vinto. Insolitamente, il
terzo giorno, dicesti: “Mi vergogno come un ladro perché ad ogni sorteggio
viene estratto il mio nome tra gli sfottò, un po’ invidiosi, di tutti i
partecipanti, e siamo davvero un gran bel numero!”. Ed erano oggetti
elettronici di un certo valore che, in realtà, ti rendevano felice.
Un 31
gennaio di circa cinquant’anni fa, mentre io subivo il trauma violentissimo
dell’estrazione di ben tre molari, decalcificati, in un sol colpo e senza
anestesia perché incinta, tu esultavi di incontenibile gioia per aver vinto
sette chili e mezzo di lingotti d’oro perché eri risultato il secondo vincitore
(questa volta, mannaggia, non il primo!!!) del Concorso “I 25 anni della
Candy”. E non finisce qui. Quando
andasti a Milano a ritirare il premio ci fu anche la gradita sorpresa di un
picco nella valuta del giorno, per cui te ne tornasti a casa con un bel po’ di
denaro in più sulle nostre rosee previsioni. Potemmo, così, dare un congruo
anticipo per l’acquisto della nostra prima casa. Più fortunato/i di così!
Ma non
basta. Già da ragazzo, per una vincita concorsuale, un po’ di gettoni d’oro ti
piovvero tra le mani: vincesti 10 gettoni d’oro per aver partecipato ad un
Concorso indetto dalla Ditta dell’incollatutto Huhù (“Non pianger più/ tutto
ripara Huhù” era lo spot pubblicitario), e aver mandato la foto di una tazza
giapponese da caffè incollata magnificamente (perché, detto fra noi, mai
rotta!).
Poi,
ci fu il Concorso Zegna (ma eravamo già nella nostra casa “Grazie, Candy!”), di
cui risultasti primo vincitore in tutto l’italico suolo, con altri gettoni
d’oro a pioggia tra le tue mani. Insomma, vincite minime e vincite massime
sempre a incoronarti “Primo!”.
Tu
polverizzavi anche il detto evangelico: “I primi saranno gli ultimi e gli
ultimi i primi!”. Tu non sei mai stato ultimo.
E sei
stato il primo di noi due anche ad andare via per sempre. Con una morte
improvvisa e rapida, che paradossalmente ti fu vittoria e non sconfitta. Ti fu
“dono”. Tu non avresti mai sopportato una malattia lunga, una lunga agonia. Un
piccolo foruncolo ti allarmava e debilitava e destabilizzava quasi fosse un vulcano
in eruzione. Le pillole ti infastidivano. La sofferenza ti trovava agguerrito e
nemico. La disabilità ti spaventava. Dicevi sempre che avresti preferito l’eutanasia
al vivere a metà. E, anche in questo, sei stato esaudito. Senza creare devastanti
problemi etici e inevitabili sensi di colpa a nessuno di casa. Men che mai a me…
Te ne è andato, 11 anni fa, affrontando la morte che ti aveva colto di
soppiatto, con molto coraggio e altrettanta rassegnazione: “Sto morendo. Tra qualche
minuto non respiro più. Finisce qui la mia storia. Finisce qui il racconto di
noi due…”. E così accadde.
“The
game is over”, avevi scritto, qualche tempo prima, sotto un tuo schizzo con
inchiostro di china…
A te,
“Guerriero di carta e di sogni”, sempre vincitore e mai vinto, fortunato
onomastico anche tra le stelle!
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