domenica 9 giugno 2019

9 giugno: San Primo martire


 È un santo quasi sconosciuto san Primo, come raro è il suo nome. E, a quanto pare, era un bimbetto di soli quattro anni e pochi mesi quando subì il martirio. Tempi peggiori dei nostri. Penso che la natura umana sia sempre la stessa attraverso i millenni della nostra storia: c’è sempre un Abele e un Caino. Il Bene e il Male divisi in ugual misura a farci divini e dannati, angeli e demoni. Ma questa è un’altra storia.
Primo, il tuo nome raro. Abbinato al cognome, poi, Leone suscitava qualche perplessità e non poche battute in tono scherzoso, frutto di reminiscenze storiche, legate a Leone Primo papa o a Leone Primo imperatore. Comunque, grandi ascendenti. Il primo, detto anche “Magno”, bloccò addirittura Attila, “flagello di Dio”; il secondo, il Trace, detto anche “il grande”, fu il primo a ricevere la corona dalle mani del Patriarca di Costantinopoli. Entrambi più o meno contemporanei e destinati a grandi imprese. Niente male, dunque. Nomen omen, dunque! Primo Levi. Primo Carnera. Primo Mazzolari. Primo Reggiani. Primo Riccitelli...
Anche io rimasi stranita quando mi dicesti il tuo nome. E mi spiegasti che i tuoi ti vollero chiamare così perché eri nato alle sei del mattino del primo gennaio del 1941: 1/1/1941. E sembrò loro una data beneaugurale. E furono buoni profeti. Eri nato, inoltre, con la camicia; anzi, con il cappuccio, come ricordava tua madre. E, infatti, nella vita sei stato un uomo fortunato. Non soltanto per aver incontrato me (ah ah ah!) ed eravamo appena adolescenti, ma perché hai vinto sempre nella vita. E non solo psicologicamente parlando. Quante volte tornavi a casa gridando: “Ho vintoooo!”. Una volta si trattava di una vincita al totocalcio, una volta al lotto o all’enalotto, al gratta e vinci, a tombola, a risico, a… anche l’aria che respiravi diventava vincente. E vincenti erano i tuoi passi. Ti precedeva quel tuo nome insolito. Svettante. Vincente. Sempre PRIMO in tutto: il primo a scuola, con viaggi premio e borse di studio. Finisti anche sulla <Gazzetta del Mezzogiorno> tra gli studenti più bravi d’Italia e fosti il primo maestro d’Italia a prendere la cattedra d’insegnamento ad appena vent’anni. Altro articolo sullo stesso Quotidiano.
Una volta, già dirigente scolastico, partecipasti con alcuni tuoi colleghi ad un Convegno di tre giorni sulla Scuola, con sorteggio di premi ad ogni fine giornata. E, con nostra grande meraviglia ed esclamazione di giubilo dei tuoi figli, ad ogni ritorno portavi il pacco del premio vinto. Insolitamente, il terzo giorno, dicesti: “Mi vergogno come un ladro perché ad ogni sorteggio viene estratto il mio nome tra gli sfottò, un po’ invidiosi, di tutti i partecipanti, e siamo davvero un gran bel numero!”. Ed erano oggetti elettronici di un certo valore che, in realtà, ti rendevano felice.
Un 31 gennaio di circa cinquant’anni fa, mentre io subivo il trauma violentissimo dell’estrazione di ben tre molari, decalcificati, in un sol colpo e senza anestesia perché incinta, tu esultavi di incontenibile gioia per aver vinto sette chili e mezzo di lingotti d’oro perché eri risultato il secondo vincitore (questa volta, mannaggia, non il primo!!!) del Concorso “I 25 anni della Candy”.  E non finisce qui. Quando andasti a Milano a ritirare il premio ci fu anche la gradita sorpresa di un picco nella valuta del giorno, per cui te ne tornasti a casa con un bel po’ di denaro in più sulle nostre rosee previsioni. Potemmo, così, dare un congruo anticipo per l’acquisto della nostra prima casa. Più fortunato/i di così!
Ma non basta. Già da ragazzo, per una vincita concorsuale, un po’ di gettoni d’oro ti piovvero tra le mani: vincesti 10 gettoni d’oro per aver partecipato ad un Concorso indetto dalla Ditta dell’incollatutto Huhù (“Non pianger più/ tutto ripara Huhù” era lo spot pubblicitario), e aver mandato la foto di una tazza giapponese da caffè incollata magnificamente (perché, detto fra noi, mai rotta!).
Poi, ci fu il Concorso Zegna (ma eravamo già nella nostra casa “Grazie, Candy!”), di cui risultasti primo vincitore in tutto l’italico suolo, con altri gettoni d’oro a pioggia tra le tue mani. Insomma, vincite minime e vincite massime sempre a incoronarti “Primo!”.
Tu polverizzavi anche il detto evangelico: “I primi saranno gli ultimi e gli ultimi i primi!”. Tu non sei mai stato ultimo.
E sei stato il primo di noi due anche ad andare via per sempre. Con una morte improvvisa e rapida, che paradossalmente ti fu vittoria e non sconfitta. Ti fu “dono”. Tu non avresti mai sopportato una malattia lunga, una lunga agonia. Un piccolo foruncolo ti allarmava e debilitava e destabilizzava quasi fosse un vulcano in eruzione. Le pillole ti infastidivano. La sofferenza ti trovava agguerrito e nemico. La disabilità ti spaventava. Dicevi sempre che avresti preferito l’eutanasia al vivere a metà. E, anche in questo, sei stato esaudito. Senza creare devastanti problemi etici e inevitabili sensi di colpa a nessuno di casa. Men che mai a me… Te ne è andato, 11 anni fa, affrontando la morte che ti aveva colto di soppiatto, con molto coraggio e altrettanta rassegnazione: “Sto morendo. Tra qualche minuto non respiro più. Finisce qui la mia storia. Finisce qui il racconto di noi due…”. E così accadde.
“The game is over”, avevi scritto, qualche tempo prima, sotto un tuo schizzo con inchiostro di china…
A te, “Guerriero di carta e di sogni”, sempre vincitore e mai vinto, fortunato onomastico anche tra le stelle!
                    


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