In questo dardeggiare di miele
a mezzogiorno,
ti ritrovo tra braccia
di mare lontano
ad accoglierti
in un tuffo del cuore.
Ci siamo ancora,
imbrigliate di risate,
in piena quiete
dei nostri nuovi giorni
a cantarci i progetti un tempo rimandati.
Oggi realtà viva
nella vostra casa,
che respira il cielo
e ha grovigli di stelle
a cullare di tenerezza
sogni di mici e di luci di corolle multicolori che profumano
di vento.
E alberi innamorati
e vele inventate
a riportare tra i rami tutto l'azzurro possibile
per non naufragare mai...
(A Ombretta per il suo compleanno)
Mamma
a mezzogiorno,
ti ritrovo tra braccia
di mare lontano
ad accoglierti
in un tuffo del cuore.
Ci siamo ancora,
imbrigliate di risate,
in piena quiete
dei nostri nuovi giorni
a cantarci i progetti un tempo rimandati.
Oggi realtà viva
nella vostra casa,
che respira il cielo
e ha grovigli di stelle
a cullare di tenerezza
sogni di mici e di luci di corolle multicolori che profumano
di vento.
E alberi innamorati
e vele inventate
a riportare tra i rami tutto l'azzurro possibile
per non naufragare mai...
(A Ombretta per il suo compleanno)
Mamma
1970
Ombretta,
sgusciata
dal mio sacco amniotico nella frazione di pochi attimi quasi in ascensore. Ed
era una domenica speciale.
Era con noi, ancora una volta e forse per
l’ultima volta, zio Padre Leonardo che volle portare tutti a pranzo fuori,
mentre io finii in clinica proprio all’ora di pranzo perché lei nascesse. E
quasi sapesse della fretta che il padre e sua nonna avevano per raggiungere gli
altri con gli occhi sul mare, la mia piccolina ebbe fretta di salutare il mondo
e di farmi compagnia col suo pianto.
Primo
per tre volte rinnegò sua figlia:
“Non può essere mia figlia, mia moglie è
appena stata portata in sala-parto…”.
“Vi dico che non è mia figlia, sì o no mia
moglie è arrivata all’ascensore…”.
“Vi state sbagliando, di sicuro non è mia
figlia!”.
Poi, fu chiamato a conoscerla e a
riconoscerla.
“No, è troppo brutta per essere mia figlia.
Preferisco lasciarla a sua madre. Io e mia suocera abbiamo un pranzo che ci
aspetta e siamo in ritardo…”.
Non ricordo se ci fu il canto del gallo per la
terza volta. Ricordo soltanto che quel pianto mi tenne compagnia per due lunghi
anni, scoraggiando il mio sonno e il mio letto. Notti in cucina. Per non
turbare il sonno degli altri…
(signora ma come dobbiamo fare con questa bambina
dal soffitto ci arriva la sua voce e c’impedisce di dormire… lo so vi chiedo
scusa ma non dormo neppure io… signora mia ma la figlia è vostra non nostra…
già è solo mia… solo mia…)
fino al fiorire di strane frasi inanellate a
canzoncine che Ombretta si cantava da sola mentre le manine disegnavano mondi
irreali che i suoi occhi guardavano incantati.
E, se Raffaella fu subito fiume di parole
cristalline, Ombretta fu a lungo turbinio di ingorghi di sillabe ingarbugliate
e sorprendenti, che ci mettevano allegria
(pipitozzolo = capezzolo… carcingiengica = carta
igienica… i ceci = piselli lenticchie fave… zia il pussino è stecchino = zia il
pulcino è morto stecchito… di di è desto dolore? = di chi è questo
colore?...).
Una
bimba-cartone animato, che troppo a lungo avrebbe riso, troppo a lungo avrebbe
pianto…
(ombretta
sdegnosa/ del mississippì/ non far la ritrosa/ ma baciami qui…)
Alla mente
mi ritornava la canzoncina che Michelino mi aveva insegnato e che più tardi
avrei scoperto dedicata da Lucio Ardenzi alla piccola protagonista di Piccolo
mondo antico di Fogazzaro.
Già da
bambina mi dicevo che se un giorno mi fossi sposata come mamma e come mamma
avessi avuto delle bambine, una l’avrei chiamata proprio così, ignorando il
triste destino della bimbetta fogazzariana.
Quella
piccola ombra mi faceva sognare come le ombre piccole della mia infanzia protetta
dalla tua ombra grande).
Ombretta,
più tardi, musa incontrastata di suo padre, per i lunghi capelli di splendida
seta.
(per me
ombra di ansie e di paure… ombra di pianto… ombra sul cuore… tormento di
ospedali e intima preghiera di dare a me ogni dolore che potesse sfiorarla…
colpevole io del mio RH-, diagnosticato, in modo altalenante, con corse
forsennate tra il nostro ospedale e la clinica del capoluogo fino alla Banca
del sangue per “tagliare la testa al toro”, come mi dissero, dove mi
sottoposero al test di Coombs per determinare la presenza di anticorpi nel mio
sangue e salvare la serenità della mia attesa solo dieci giorni prima che la
mia bambina si catapultasse per piangere tutte le sue lacrime sul mio seno
impotente e paziente…
e il
costosissimo RhoGAM, appena giunto in Italia per vie clandestine, da somministrare
entro le settantadue ore dal parto per salvaguardare altre gravidanze dalle
temibili conseguenze della incompatibilità del mio sangue con quello dei
nascituri…
e la corsa
di Primo a cercare l’introvabile iniezione-salvacondotto per altri eventuali
bimbi da far fiorire nel mio ventre dove germogliarono ancora e ancora…
Oggi mi fa
sorridere l’aver scoperto su recenti riviste mediche che l’Rh- è indice di
sangue “puro”, unico sulla terra. Solo il 15% degli esseri umani ne è portatore
ed è il solo donatore universale, mentre può riceverlo esclusivamente dai
portatori dello stesso Rh-. E gli studiosi continuano: “Pare che sia un sangue
di esseri evoluti approdati sulla terra qualche migliaio di anni fa, di fatto
questo sangue risulta un mistero”. E continuano a parlare delle eccezionali
caratteristiche di chi appartiene a questo gruppo sanguigno. Ne cito pochissime
perché potrei montarmi la testa: “Senso di non appartenenza… Senso di dover compiere
una ‘missione’ nella vita… Empatia e compassione… Percettività extrasensoriale…
Tendenza a fare sogni molto vividi… Ansia di conoscenza e ricerca della
verità…”.
In alcune
caratteristiche mi ci ritrovo e tutto ciò mi diverte e mi mette di buonumore. In
pratica, ciò che tanti anni fa mi sembrò una iattura oggi è diventato fonte di
orgoglio. Caspita! Come cambiano le cose nella vita! Niente è per sempre! Tutto
è relativo. L’ErreH negativo è oggi un gruppo sanguigno considerato raro e
prezioso e generoso, di etnia misteriosa e forse stellare. Che fortuna! Ed io
che non me ne ero mai accorta! E, quantomeno, ora, alcune mie strane peculiarità
mi sono finalmente chiare!
Nonostante i
tanti problemi vissuti per Ombretta e le tante ansie provate per i figli
nascituri, sento di dover ringraziare il buon Dio per quanto mi ha donato…
(alcune
pagine tratte dal romanzo Le piogge e i
ciliegi-I ciliegi, II volume, SECOP Edizioni, Corato, maggio 2019).
Quanta tenerezza...
RispondiEliminaI riferimenti scientifici al fattore Rh hanno ridestato il mio interesse, come biologa :)
Grazie, per tutto!
Rita Vecchi
Grazie, Rita carissima, niente di scientifico, per carità, ma mi sono documentata e, sempre romanzando, ho riportato quanto letto di qua e di là. Le tue competenze in merito sono ben altra cosa. Ti abbraccio. Angela
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