giovedì 7 marzo 2024

Giovedì 7 marzo 2024: Non sempre le SINTONIE sono più efficaci delle DISTONIE (continua)...

Esplose la sua poesia, e la sua fama, nel mondo delle lettere alcuni anni dopo. E oggi è conosciuto e apprezzato poeta, scrittore e saggista non solo in Italia, ma anche all’estero.

Ed io, stando a contatto con il teologo Don Nicola nel mio paese d’origine e più tardi con il preside Cristanziano Serricchio, ho maturato negli anni la consapevolezza che abbiamo bisogno di “Maestri” anche quando abbiamo la presunzione o l’ingenuità, sia pure supportata da un talento naturale, di cavarcela da soli. In realtà, da adulta e abbondantemente inserita nel mondo scolastico, anche come preparatrice di candidati ai vari Concorsi per entrare di ruolo nella scuola, ho sempre pensato, e finalmente a giusta ragione, che abbiamo davvero tutti bisogno di Maestri per andare oltre nei vari nostri percorsi individuali del sapere. Non tutto si può apprendere da soli.

Bernardo di Chartres (filosofo francese, vissuto nella prima metà del XII secolo) soleva dire: “Siamo come nani sulle spalle dei giganti”. Interessante metafora con cui possiamo raffigurarci il bisogno di ricorrere a chi ne sa più di noi perché ha fatto esperienza del mondo prima di noi. Aforisma ripreso persino da Newton per dire che la cultura è una costruzione che parte da lontano per andare lontano grazie ai giganti della conoscenza che ci aiutano a vedere oltre le nostre individuali possibilità di scoprire e apprendere orizzonti sempre più ampi. Ed è conferma di tutto questo persino la mia straordinaria “performance” durante gli Esami di Stato per conseguire il Diploma Magistrale. Ecco la cronaca di quei giorni:

<Intanto, agli esami orali per la maturità, il professore esterno d’italiano, dopo aver letto quel tema-fiume con notevole interesse ma altrettanta diffidenza sulla sua autrice, mi aspettò al varco, mettendomi di fronte a tre antologie e ingiungendomi di scegliere almeno una tra le tante poesie più significative di alcuni autori della nostra Letteratura, dalle Origini al Novecento. Mi suggerì anche di inquadrarli nel periodo storico e nella corrente letteraria in cui la loro poetica era maturata. Io non scelsi. Aprii la prima antologia a caso e lessi la poesia che vi avevo trovato, mi divertii a commentarla, a modo mio, ad inquadrarla storicamente e culturalmente, riferendomi a quanto avevo leggiucchiato e orecchiato qua e là sul suo autore ed andai avanti per un bel pezzo, continuando a girare pagine e a parlare di poesie e di poeti e scrittori, giungendo così, come un fiume in piena, alla seconda e alla terza antologia.

Mi ispirasti tu? Sai quanto poco avessi studiato per gli esami, con la mia solita incoscienza (anche Lizia, venuta a sostenermi, si era detta scettica sul buon esito di quella difficile prova di maturità, date le enormi lacune che anche con lei, che mi interrogava, andavo riscontrando nelle mie conoscenze letterarie, filosofiche e soprattutto scientifiche…), ma avevo letto gli autori che amavo per conto mio, senza un programma, senza una regola, senza seguire un percorso storico-letterario.

Quella mattina, durante l’esame, avevo commentato a caso, attingendo dal mio intuito, dalle poche letture fatte a macchia di leopardo. Articoli di giornali, riviste, libri di poeti e scrittori: un po’ di biografia, qualche aneddoto simpatico attinto da spigolature varie più per curiosità e diletto che come studio sistematico e scolastico. Sentivo la tua presenza al mio fianco. Dentro di me. Quella di zio Padre Leonardo con la sua “sterminata” cultura che sicuramente, grazie alle nostre sporadiche ma intense chiacchierate, mi era venuta in soccorso. Quando il professore mi bloccò, mi accorsi dell’ora tarda e del silenzio nell’aula d’esame. Tutti i professori della Commissione si erano fermati ad ascoltare. Mi sorpresi. Mi meravigliai. Non riuscii subito a decifrare quella insolita situazione. Avevo fatto bene? Avevo detto corbellerie? Gli esami di terza media mi avevano insegnato a frenare gli entusiasmi: nel primo caso, erano mancati gli applausi; nel secondo, il biasimo. Quando raggiunsi Primo, Lizia e Anna Maria, che erano in mezzo al pubblico dei familiari, vidi anche te tra loro. Anche se tu eri a oltre cento chilometri di distanza. Tutti e quattro mi guardaste esterrefatti senza pronunciare parola. Le avevo consumate tutte io. Furono loro tre a dirmi che “li avevo stesi”. E tu mi sorridesti fiero e soddisfatto. La tua “pecora zoppa”, almeno per quella mattinata, aveva raddrizzato il passo percorrendo il sentiero giusto. Quasi una via maestra.

Purtroppo, due giorni dopo, m’inabissai in quel buco nero che era per me la matematica, e mi trascinai nell’abisso scienze e storia dell’arte e a nulla valsero i calci negli stinchi della professoressa delle due prime discipline, membro interno, per tutte le cavolate che potetti sparare. Praticamente, detti i numeri invece di dimostrarli. Anche tu ti vergognasti di farmi da assistente. Non è, poi, riferibile ai benpensanti il maldestro e neppure tanto intelligente (ma ingegnoso, a mio parere!) marchingegno da me messo in atto per l’esame di storia dell’arte:

mi era giunta voce che l’esaminatrice fosse un’anziana professoressa piuttosto sorda e distratta. Ciò mi fece sentire autorizzata a scrivere l’indice di tutti i capitoli con le pagine di riferimento dietro la copertina del libro, che mi affrettai a coprire per il mio stupido intento con una sovraccopertina trasparente. All’inizio l’esame andò benissimo: ad ogni domanda io davo un’occhiata alla pagina in cui avrei trovato l’argomento, aprivo il libro e tranquillamente sintetizzavo la risposta mentre la professoressa sonnecchiava. Poi, però, portarono il caffè e… i suoi occhi ben desti scoprirono l’inganno e con fare aspro mi intimò di lasciar perdere e di andare alla lavagna per copiare un disegno. Si trattava di una donna in primo piano con un’anfora tra le mani. Non mi riuscì assolutamente di contenere l’intero braccio destro nei limiti della lavagna e così anche gran parte dell’anfora. La prof. ebbe un moto di stizza, non seppe trattenere un urlo belluino per invitarmi ad andare via. Obbedii a testa china, vergognandomi soprattutto perché sentivo dentro di me il tuo sguardo di amara disapprovazione, e ti scorsi in fondo all’aula e mi parve di sentirti mormorare sconsolato: ‘Chi gabba Gabba non gabba Gabba ma gabba chi gabba Gabba’.

Sì, io avevo commesso un grave errore di presunzione, sottovalutando l’esaminatrice e raggirandola nella maniera più sleale possibile. Il tuo bilancino pendeva tutto dalla parte della mia colpevolezza. Se fossi stato davvero presente ti saresti mortificato, mi avresti severamente rimproverata con lo sguardo ed io sarei davvero morta di vergogna.

Creai nella Commissione “un vero caso di coscienza”, come ebbe a dire il preside a babbo alcuni giorni dopo. Alla fine fui promossa con ottimi voti in italiano e nelle materie umanistiche e con appena la sufficienza in tutte le altre. Dovette piegarsi anche la inviperita professoressa da me raggirata. Il preside confidò a babbo che la Commissione d’esame aveva dovuto “tappare tre grosse falle”, con addirittura un 2 in Storia dell’Arte, ma nessuno si era sentito in cuore di rimandare un’alunna che aveva scritto un tema che era un saggio di critica letteraria e aveva sostenuto in italiano un esame orale brillante, facendo simultaneamente agganci con la storia, la geografia, la filosofia, la psicologia, ecc. ecc.

(“Per riuscire a farsi strada nella vita ci vogliono Testa, Testone e un Diavolone. La testa è la tua intelligenza, il testone è l’intelligenza chi ti giudica, e il diavolone è la potenza di chi deve raccomandarti a chi ti deve giudicare oppure semplicemente la fortuna”, avevi continuato a ripetermi tu dopo gli esami di terza media perché avevi sentito che senza raccomandazione non si andava da nessuna parte. Lizia aveva smentito quella diceria, io invece l’avevo convalidata all’incontrario: “non c’erano state per me raccomandazioni” e neppure “un colpo di fortuna”. Volevi difendermi. Difendere l’indifendibile. Sapevamo entrambi che ero stata rimandata perché avevo ignorato libri ed esami. E che aborrivamo in famiglia qualsiasi tipo di raccomandazione. Ora, dovesti ricrederti: avevo superato gli esami di maturità solo con Testa e Testone perché Diavolone fu sempre e comunque la mia testa, con la mia incoscienza certo, ma anche con la mia innata capacità di leggere criticamente i versi di qualsiasi autore. Era un dato di fatto inconfutabile. Un dono piovutomi dal cielo. Un dono di cui non avevo e non ho alcun merito. Non una faticosa conquista, dunque, ma uno squarcio d’azzurro e un brulichio di stelle e di onde e di corolle fiorite nella mia testa. Al posto delle vecchie formiche, mosche e cicale.  Al posto dei miei ingarbugliati pensieri tra le nuvole. Persino a mia insaputa).

Poggiai il mio piede nel vento

E questo mi sostenne

(Hilde Domin, Solo una rosa a sostegno, Fischer-Verlag, Frankfurt 1987, trad. it. Vito Di Chio, nel suo profondissimo e dettagliato libro/saggio Bisogno di Maestri, purtroppo non ricordo più la Casa editrice e l’anno di pubblicazione e non ho in questo momento il libro a portata di mano). Riconquistai l’autostima perduta, nonostante la mia incredulità. (non mollare mai non mollare anche quando tutto sembra andare a rotoli non mollare tutto passa e tutto resta, resta quello che sei passa quello che gli altri pensano di te che non sarà mai quello che realmente sei, neanche tu sai realmente quello che sei, ma non mollare mai non perdere mai la fiducia in te stessa non perderla di nuovo… la mancanza di amor proprio ti blocca e ti fa perdere la capacità di scegliere, di osare, di andare avanti…). Mi dissi. E mi convinsi che meglio di così non avrei potuto fare. E probabilmente era vero. Vissi, infatti, il mio momento di gloria e di celebrità. Fui invitata a turno dai miei docenti a fare quattro chiacchiere con loro sugli studi da intraprendere dopo il diploma. Non ne avevo idea. Non avevo mai messo in conto di frequentare l’Università. Non m’interessava. Non avrei mai voluto insegnare. Non avevo ambizioni di sorta. Mi piaceva scrivere e basta. Solo scrivere e magari raccontare… Ma ero costantemente pungolata da alcuni professori (non soltanto della mia classe e della mia scuola), con i quali, d’estate, avevo la dis-avventura di incontrarmi al mare. Ormai si era a fine luglio e, sotto l’ombrellone, al “Lido Tricarico”, si parlava purtroppo di università e di indirizzi da prendere in considerazione: letterario, filosofico o psicologico, dato che avevo dimostrato del talento, dicevano, per la scrittura e per i fondamentali problemi dell’uomo e della sua psiche. Fui anche spesso invitata dal mio professore di filosofia a “discettare” sui vari filosofi contemporanei che non avevamo potuto studiare a scuola. Si divertiva con me ad aprire ampie conversazioni su Nietzsche perché trovava interessanti le mie disquisizioni, dettate più dalla mia irruenza e incompetenza che dalle teorie codificate nei libri di critica di quegli ultimi anni e che io ignoravo del tutto. Curioso come un gatto, si divertiva a farmi domande, aspettando con malcelato interesse le mie risposte, che accoglieva con una faccia compunta e assorta, ma trapuntata di sorpresa e dubbi e punti interrogativi. Si divertiva. E mi divertivo anch’io a guardare le facce che faceva nell’attento ascolto delle mie balordaggini. Anche lui mi sollecitava a non abbandonare gli studi. E non li abbandonai. Grazie non agli interventi del preside o dei vari professori, ma solo grazie a Primo che aveva deciso di iscriversi alla Facoltà di Lingue nel nostro capoluogo ed io volevo stare con lui. Solo per amore, dunque. Ancora una volta, solo per amore! Non degli studi, di cui non m’importava un bel niente, ma del mio amore, di cui non avrei sopportato la lontananza.

Dammi la tua mano…

Vedi?

Adesso tutto pesa la metà…

(Leo Delibes)

… La cosa più bella del nostro amore

è che esso cammina sull’acqua

e non affonda.

(Nizar Qabbani)

E mi fermo qui. Avete scritto o reperito qualche bel testo (in prosa o in poesia) per domani 8 marzo? Io vado a cercarlo sulla vostra pagina FB. Grazie. Angela/Lina

  

Nessun commento:

Posta un commento