venerdì 3 dicembre 2021

Venerdì 3 dicembre 2021: Poesia è un lungo canto per una sola Donna: mia MADRE...

… Ho nostalgia del pane di mia madre del caffè di mia madre della carezza di mia madre. Diventa grande in me l’infanzia giorno dopo giorno e mi attacco alla vita perché se dovessi morire sarei mortificato per il pianto di mia Madre…
(Mahmud Darwish, stralcio della poesia “A mia madre”)

E desidero dedicare a lei quanto tempo fa scrissi sulla maternità e sulla paternità per dare origine a una vita, attraversando tutti gli stati d’animo di una madre prima di stringere tra le braccia il suo bambino. Stati d’animo anche da me attraversati come figlia e come madre:
La VITA si mantiene in vita grazie alla donna. Il miracolo dell’eternità nel suo grembo. E nel cuore che batte di un bimbo, che non sa ancora la luce.
Maternità: un lievitare di cellule vestite di speranza. L’amore che bussa all’esistenza e chiede di nascere e rinascere. Dal non essere all’essere: questo il miracolo della vita. Deflagrazione di un inizio che prorompe in miliardi di possibilità, in altrettanti possibili percorsi con trame infinite di incontri, di scontri.
Il bene e il male, concentrati nell’attimo in cui si origina una vita. E nello spazio di un agglomerato di cellule, un feto, fragile e indifeso, ma pur determinato a nascere, a crescere, a vivere: a farsi bambino, fanciullo, ragazzo, giovane, uomo. E andare incontro alla vita.
La sua avventura esistenziale è un’ansia negli occhi chiusi di sua madre su un antico sgomento che lei non osa dire: “come sarà mio figlio? Cosa ne sarà di lui?”.
Endimione sopravvisse alla realtà perché per trent’anni, sul monte Latmos, tenne gli occhi chiusi e continuò a sognare.
La madre sogna che il suo bambino non scopra mai la realtà. E la realtà è solo un pensiero d’amore sgomento negli occhi chiusi di sua madre: “nascerà sano mio figlio? Saprò prendermi cura di lui e preservarlo da ogni male? Saprò indicargli la giusta via dell’amore e della tenerezza perché sia un vero uomo nella libertà di piangere, di ridere, d’amare?”.
E il piccolo nasce. Prima strilla, poi si acquieta tra le braccia d’amore di sua madre.
E la realtà è solo un sogno/bisogno negli occhi grandi del bambino a cercare il volto materno, l’unico tra tanti volti. Il solo a dargli sicurezza. Nei loro occhi di abbandono condiviso la vita che sa la vita e la vita che ignora la vita. La mamma sa ma preferisce ignorarla. Il bambino la ignora ma desidera scoprirla, giorno dopo giorno, nei giochi di conquista delle sue mani bambine, nei giochi di scoperta dei suoi incerti piedini.
Sogno-realtà: il doppio volto della vita nei suoi incastri tra progetti e ricordi.
Sul ponte del presente: il passato e il futuro intrecciano incontri e sentimenti. Positivi. Negativi. Controversi. Ambigui. Con mille dubbi e poche certezze. E nessuna verità. O forse tantissime verità apparenti e una sola vera Verità. Spesso ignorata.
E il padre? Ha posto in questa diade, “involucro d’amore” (E. H. Erikson), il padre?
Certo, anche la presenza del padre è importante per la tensione che lo sostiene a realizzare per suo figlio una realtà migliore senza troppo indugiare nel sogno. Per proteggerlo e dargli sicurezza. Per difenderlo e incoraggiarlo. Per sollecitarlo ad accettare e a rispettare le regole. Per guidarlo a muovere passi più concreti e fattivi nella giungla del mondo. Con forza e coraggio.
La madre è penombra di mistero con una tenerezza di luce fra le sue carezze. Testimonianza di sorriso che illumina e riscalda il cuore. La dolcezza del canto e dell’incanto.
Il padre è il giorno certo, la via maestra da seguire, l’audacia della scoperta di orizzonti sempre più lontani. Il viaggio senza canto, ma con piedi lesti che vanno e sanno dove andare e quali ostacoli superare, i nemici da affrontare.
Testimonianza di lealtà e dignità nella forza delle braccia e nella chiarezza delle mete.
E la Vita procede con le sue luci e le sue ombre mentre le generazioni passano...


Emozione inesprimibile per l’incanto e lo stupore della vita che rinnova la vita: meraviglia degli universi che si rigenerano anche attraverso un uomo e una donna. Il loro amore.
(Nella Donna-Sorgente ancora una volta
cade una goccia dell’Uomo-Acqua,
dà vita, all’incontro, alla Pioggia-Bambino
(“La pioggia-bambino”, da Canto Navajo)

Oltre l’oblio, solo l’AMORE resta a fare spazio alla memoria…
Ed è memoria ancora e sempre di te, Madre mia. Certo, occorre cominciare dal primo giorno, seguendo il cammino di chi ci ha atteso e guidato fino a quando si diventa in grado di camminare da soli. Poi si ricomincia. E ogni nuova generazione prova con impetuosa curiosità a superare la linea tracciata da quella che l’ha preceduta per andare oltre. E la preghiera dei vecchi, come ben sai, è che i giovani non perdano mai la buona stella che vince il buio. Che quella luce rischiari ogni inevitabile notte del cuore e della vita. E in ogni inevitabile notte del cuore e della vita tu ci sei. Mi rimane, però, di te feroce questo tormento e il rimorso di aver per anni rimandato all’infinito i nostri rari incontri: per un lavoro ingrato/amato che mi attanagliava, logorando/divorando i miei giorni. Non avevo tempo neppure per te e sistematicamente deludevo la tua ansia di vedermi. Mi riprende anche oggi lo sconforto di aver ignorato i tuoi giorni di solitudine. E di attesa dei miei passi a confortarti di un ritorno. Mi rimangono le carezze alla tua mano, quando un soffio di tempo e di nostalgia mi riportavano da te in una fretta di minuti che ignoravano le ore. “Avremo tempo”, ti dicevo, tra lacrime non piante. Non c’è stato più il tempo. Solo il ricordo. Presente come la tua anima ai miei giorni.

E chiudo qui. Sulla mia pagina di FB la poesia che ti ho dedicato, Mamma, sintesi di questi miei ricordi. Di tutto il mio rimpianto. Per questo io ancora ti canto…

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