martedì 14 dicembre 2021

14 dicembre 2021: "Ho conosciuto il dolore": vogliamo parlarne?

Oggi vorrei parlare del dolore sempre presente alla nostra vita, senza distinzione alcuna. Non c’è persona al mondo che non l’abbia conosciuto nelle sue innumerevoli forme fisiche, psicologiche, spirituali e vissuto in vari modi del tutto personali: chi tacendo, chi urlando, chi pregando, chi bestemmiando; chi con paura, chi con coraggio; chi subendolo stoicamente, chi ribellandosi e adottando tutti i mezzi per debellarlo. Ma anche una volta sconfitto esso ritorna e ritorna ancora, come l’alta marea, come la risacca alla battigia, come il pianto del bimbo nella culla. Anche la ricerca della felicità è una strada lastricata di pietre d’inciampo che fanno male. L’Arte, a mio parere, in qualche modo ci salva. C’è chi si distrae dalla sofferenza cercando rifugio nella musica, chi gettando colori su una tela, chi costruendo un puzzle, chi usando parole per gioco, passione, necessità, scrivendo un romanzo o poesie, chi esercitando la mente a pensare, leggendo e rileggendo il pensiero dei grandi filosofi dell’antichità o del cristianesimo e, via via, fino ai nostri giorni. Chi scrivendo a tale riguardo un saggio. Chi amando il teatro come attore o come spettatore. Ognuno impara strategie di sopravvivenza pur di non soccombere al male. È il nostro stesso spirito di conservazione o “slancio vitale” a darci la forza di tentare tutte le strade per venirne fuori. Fino al prossimo assalto. Non ho le conoscenze e le competenze giuste per poterne parlare a livello filosofico o scientifico. In letteratura forse. Ma in letteratura infiniti sono gli esempi di autori che hanno parlato del dolore, essendo uno dei temi più presenti in tutte le opere letterarie dell’intera umanità. Persino quando gli scrittori si propongono di far ridere a bel guardare non possono che filtrare la risata attraverso il pianto. Dovrei scrivere trattati e in un blog manca lo spazio e il tempo, manca anche la pazienza e la perseveranza dei lettori a leggere testi lunghi, come mi ammoniscono i miei figli ogni volta che scrivo una pagina che si moltiplica per quattro o più. E allora non mi resta che fare riferimento ai poeti e scrittori contemporanei, a quelli che conosco, che incontro su FB, che mi permettono ricerche brevi e a portata di mano, che però abbiano qualcosa di incisivo da dire e che quel qualcosa susciti emozione, empatia, condivisione. Regalandoci la possibilità di essere insieme e di sentirci meglio. Superare, in questo caso, per la frazione di un attimo, i nostri inevitabili dolori. Già parlarne è, a mio parere, catartico. E comincio dalla canzone di Vecchione “Ho conosciuto il dolore” perché mi ha dato lo spunto per parlarne: Ho conosciuto il dolore/ (Di persona, s’intende)/ E lui mi ha conosciuto:/ Siamo amici da sempre,/ Io non l’ho mai perduto;/ Lui tanto meno,/ Che anzi si sente come finito/ Se, per un giorno solo/ Non mi vede o non mi sente./ Ho conosciuto il dolore/ E mi è sembrato ridicolo,/ Quando gli do di gomito,/ Quando gli dico in faccia:/ “Ma a chi vuoi fare paura?”/ Ho conosciuto il dolore:/ Era il figlio malato,/ La ragazza perduta all’orizzonte,/ Il sogno strozzato,/ L’indifferenza del mondo alla fame,/ Alla povertà, alla vita…/ Il brigante nell’angolo/ Nascosto vigliacco battuto tumore/ Dio che non c’era/ E giurava di esserci, ah se giurava di esserci… e non c’era./ Ho conosciuto il dolore/ E l’ho preso a colpi di canzoni e parole/ Per farlo tremare,/ Per farlo impallidire,/ Per farlo tornare all’angolo,/ Così pieno di botte,/ Così massacrato stordito imballato…/ Così sputtanato che al segnale del gong/ Saltò fuori dal ring e non si fece mai più/ Mai più vedere./ Poi l’ho fermato in un bar,/ Che neanche lo conosceva la gente;/ L’ho fermato per dirgli:/ “Con me non puoi niente!”./ Ho conosciuto il dolore/ E ho avuto pietà di lui,/ Della sua solitudine,/ Delle sue dita di ragno/ Di essere condannato al suo mestiere/ Condannato al suo dolore;/ L’ho guardato negli occhi,/ Che sono voragini e strappi/ Di sogni infranti: respiri interrotti/ Ultime stelle di disperati amanti/ - Ti ho vuoi fermare un momento? – Gli ho chiesto -/ Insomma vuoi smetterla di nasconderti?/ Ti vuoi sedere?/ Per una volta ascoltami! Ascoltami/ … e non fiatare!/ Hai fatto tutto/ per disarmarmi la vita/ E non sai, non puoi sapere/ Che mi passi come un’ombra sottile/ sfiorente,/ Appena-appena toccante,/ E non hai via d’uscita/ Perché, nel cuore appreso,/ In questo attendere/ Anche in un solo attimo,/ L’emozione di amici che partono,/ Figli che nascono,/ Sogni che corrono nel mio presente,/ Io sono vivo/ E tu, mio dolore,/ Non conti un cazzo;/ Non conti un cazzo di niente.// Ti ho conosciuto dolore in una notte d’inverno/ Una di quelle notti che assomigliano a un giorno/ Ma in mezzo alle stelle invisibili e spente/ Io sono un uomo… e tu non sei un cazzo di niente. Un pugno nello stomaco davvero. Ecco, Vecchioni reagisce a muso duro per tenere a bada il dolore e, da uomo che sente ancora emozioni e vive ancora sogni e dignità di uomo solidale, è sicuramente vincente. Come vincente è Assunta Braì che scrive “Notte”: Stendi le mani/ e dammi una carezza/ amica notte/ e versa sul mio capo/ i raggi della luna/ bianca dea/ consegnami ai ricordi/ di una bimba/ senza ricordi/ se non quelli di giochi/ e d’innocenza/ che dicono trascorsa/ tu che di nero oblio/ ricopri il mondo/ tu che riposo dai/ a tutti i viventi/ donami requie/ e ritrai dal cuore/ crudeli artigli/ che da tanto tempo/ fanno male/ e fanno male atroce/ dammi il silenzio/ e poi che tutto tace/ placa il travaglio lungo/ che mi cinge/ prendi i ricordi miei/ portali via/ ricacciali nel buio/ tuo profondo/… lasciami solo il suono/ di una voce/ e sarà pace. Non così per Mariateresa Bari in “A perdersi”: Non muore la penombra/ nell’opaco di uno smalto// Stanco crepuscolo/ misero nella miseria/ di due nuvole spaiate/ si slabbra a perdersi/ ma non muore// Nell’ossatura della notte/ invisibili frammenti/ di un’occulta deflagrazione/ sisma che smuove// Ma il buio non muore ; e, ancora, “Contrabbando di ombre”: Smania il fuoco d’assolo/ abietta resta la materia// Siamo fantasmi / persi nel cunicolo . E, poi, il tanto rimpianto Giovanni Gastel con la sua speranza nella carezza di Dio a calmare ogni dolore: “Se come neve potesse/ la pace del cuore/ scendere su di noi./ Se il vuoto accogliesse/ il nostro dolore/ le nostre assenze/e restituisse presenza e gioia”./ Così mi hai detto/appoggiata alla notte./E non ho saputo rispondere/ ma ho pregato lo spirito del dolore/di alleggerire il nostro cammino./ Come angeli caduti/vaghiamo nel mondo/ aspettando il Dio che ritornerà/ a placare questa terribile solitudine/dell’anima./ Basterà una sua carezza a dare/ senso ad ogni cosa. Anche Eli Stragapede vede nella fede la possibilità di superare il dolore. Ed è una commossa invocazione a “Santa Lucia” perché dia forza e luce a chi non ha un tetto e si affida a una triste e buia strada d’inverno: Ci sono occhi nel piatto/ che non possono sopportare/ identità imposte/ a occhi che/ su di un marciapiede/ non ci vogliono stare./ Lo vedo pure io che/ nata sul lato opposto della strada/ col dito puntato a divinità/ invoco qualche cosa/ per quella miserella che non osa/ che occupa cartoni da abusiva/ e non si lascia tangere/ né da pubblicità/ né dal via vai convulso delle festività./ subisce il suo martirio/ con scura dignità. E di Mattia Cattaneo rubo dalla sua pagina FB ancora un accorato richiamo a non usare più violenza (uguale dolore disumano) alle donne. “STOP ALLA VIOLENZA SULLE DONNE” è il titolo: da questa finestra/ i segni lasciati dalle tue mani/ brucianti fuochi/ e una sera come tante// vene rotte/ di una follia impigliata/ nei respiri,/ lo svuotarsi/ lasciandoti andare alle urla// il canto muto delle stanze/ scendeva tra gli occhi/ pieni di spavento/ e io morivo da seduta// conosco il buio/ del non abitarsi più.
E il distico conclusivo è una pozza di inarrestabile dolore... E qui non c’è consolazione che tenga. Ma ritorneremo a parlare del dolore e delle possibili vie d’uscita. Anche il dolore si nutre di speranza e fa affidamento sull’amore. Alla prossima…

1 commento:

  1. "Il dolore ritorna e ritorna ancora, come l’alta marea, come la risacca alla battigia, come il pianto del bimbo nella culla"... Quanta dolce poesia in queste tue riflessioni, Angela! Perché gioia e sofferenza sono la trama e l'ordito di quella splendida tela che è la nostra esistenza!
    Ti lascio alcuni versi nati la scorsa notte e ti abbraccio grata 💓
    Frana il dolore

    Schianto di neve incandescente
    una stilla di tramonto
    che incendia lanterne all'orizzonte

    Frana in un riverbero di parole
    il dolore
    e travolge il cuore

    Si offusca l'ora di lacrime

    Mariateresa

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