Ieri abbiamo ricordato la giornata dei Diritti
dell’Infanzia, voluta dalla Convenzione ONU e approvata dall’Assemblea delle
Nazioni Unite il 20 novembre 1989. Ma già 120 anni fa, la scrittrice svedese
Ellen Key scrisse Il secolo del bambino che condusse alla
scoperta dell’infanzia (dopo l’antesignano Rousseau che aveva pubblicato Emilio
o dell’educazione - 1762 - romanzo pedagogico di grande importanza per
la scoperta dei bisogni infantili) da parte di psicologi, pedagogisti,
insegnanti, genitori. Sappiamo, comunque, che a distanza di oltre un secolo
tali diritti non ancora sono stati raggiunti neppure in Italia, men che mai a
livello mondiale. Eppure il Novecento fu dichiarato proprio “il secolo del
bambino”. Oltre 200 anni di storia non sono bastati a dare ai piccoli le
fondamentali risposte politico-socio-culturali ai loro reali bisogni di
crescita e autoaffermazione personale in vista di un futuro da vivere da
protagonisti e mai più come esseri invisibili, ignorati o molto più spesso
vittime sacrificali della violenza degli adulti (dallo spartano monte Taigeto
alla romana rupe Tarpea fino al parricidio di Vetralla dei nostri giorni). Voi
mi chiederete: cosa c’entra tutto questo con la parola TALENTO, di cui dobbiamo
occuparci oggi? Credo che sia il giusto preambolo a quanto andremo ad
analizzare, sempre partendo dalle chiare e puntuali riflessioni del nostro
Simone Cristicchi che, a sua insaputa, ci sta facendo da guida e da maestro in
questo affascinante percorso alla ricerca della felicità. Ebbene Simone, al
riguardo, scrive: Ci sono cose che non si possono comprare. Sono
inacquistabili addirittura nell’attuale mondo mercificato, fuori dalla portata
dei miliardari e delle carte di credito placcate. Semplicemente non sono in
vendita: le puoi avere solo se le conquisti, non se le acquisti. Con i soldi
puoi comprare una casa, ma non una famiglia. Puoi comprare un letto, ma non il
sonno. Puoi comprare un orologio, ma non il tempo. Puoi comprare un libro, ma
non la saggezza. Puoi comprare una posizione sociale, ma non il rispetto. Puoi
pagare un medico, ma non la salute. Puoi comprare il sesso, ma non l’amore.
Puoi comprare il successo, e spesso anche chi te lo riconosce, ma non il
talento. Ecco la parola magica. TALENTO! Cos’è i talento? Leggo dalla
Treccani che etimologicamente Talento deriva dal greco “tàlanton” che significa
“piatto della bilancia, peso, somma di denaro”. Poi scopro da altre fonti (vocabolari,
riviste di psicologia e cultura generale, ecc…) che ha assunto, nel tempo, il
significato di “inclinazione” (dal piatto della bilancia appunto) e, infine, di
“talento”, secondo il significato evangelico (dalla parabola dei talenti del
Vangelo di Matteo: parabola, che a me piace molto perché anche molto
esplicativa e formativa). Dunque, talento come inclinazione, dote innata,
propensione a fare facilmente alcune cose che ad altri risultano difficili,
genialità, vocazione, necessità, e così via. I genetisti affermano che è innato
ed ereditario; gli ambientalisti sostengono il ruolo primario dell’ambiente
nella sua scoperta e nel suo potenziamento. Ritengo che entrambi abbiano
ragione. Ma probabilmente il talento è anche molto di più. Simone continua: Il
talento è gratis, te lo regalano, nasce insieme a te. Ecco l’attinenza con
i bambini e l’infanzia. I bambini sono dei creativi e “visionari” per
eccellenza (“la scopa che diventa cavallo” - “l’amico immaginario”…). Bisogna
scoprire per tempo i loro talenti e aiutarli a potenziarli e a utilizzarli per
fare grandi cose in un solo o in più campi. Non è un caso che questo dono
immenso, più della stessa vita, come andrò a chiarire secondo il mio punto di
vista, ci sia stato misteriosamente e prodigiosamente dato. A chi più, a chi
meno. Probabilmente chi lo ha ricevuto in piccola misura è chiamato alle scelte
quotidiane della vita; chi lo possiede in grande misura è destinato a
perseguire un fine nobile per quanti lo circondano o per l’intera umanità. Sono
personalmente convinta che la vita senza creatività può scorrere in maniera
banale, sempre uguale e persino piena di sofferenza e insoddisfazione perché
ritenuta, a torto, immodificabile. La creatività ci permette di modificarla a
nostro piacimento, magari colorandola solo col pensiero, in quanto è quella
qualità della mente che ci fa “rinascere infinite volte” (Fromm). Se essa poi
si identifica con il talento in uno o più campi della nostra operatività
esistenziale, allora possiamo veramente ritenerci fortunati. Cristicchi scrive
ancora: È un’app già installata nel nostro sistema operativo, va solo
trovata la password. C’è chi impiega una vita a scovarlo e chi muore senza
neanche averlo cercato. Altri ancora dimenticano di possederlo, come capita
alle anatre domestiche: non volano, eppure potrebbero. Esempio diretto
alle generazioni della comunicazione virtuale, propria del nostro tempo. Molto
calzante anche l’esempio delle anatre domestiche, che non riescono più a volare
pur essendo dotate di ali. Come dargli torto? L’esempio opposto è quello
dell’albatro di baudelairiana memoria che è goffo sulla terra, ma invincibile
nell’eleganza e nell’altezza del volo. Una tenera via di mezzo la troviamo
nella gabbianella a cui un gatto insegnò a volare del mitico Luis Sepùlveda.
Occorre favorire per tempo la scoperta del talento. L’analisi delle
“intelligenze multiple” di Howard Gardner (visuo-spaziale, linguistica,
interpersonale, musicale, corporeo-cinestetica, intrapersonale,
logico-matematica, naturalistica, esistenziale…) ci dovrebbe aiutare, partendo
dall’assunto fondamentale che “l’intelligenza è la capacità di comprendere il
mondo in cui viviamo e di risolvere i problemi ambientali, sociali e culturali
che ci vengono posti in ogni momento della nostra esistenza” (Gardner). Ma
anche, da “intus legere”, l’intelligenza è prima di tutto la capacità della
mente umana di penetrare nelle cose, “leggere dentro” profondamente: in noi e
fuori di noi. Quanto tempo perso in tentativi ed errori nell’apprendimento si
eviterebbe se per tempo dessimo ai nostri bambini gli strumenti per scoprire
l’area principale del proprio talento per avviarsi più speditamente verso la
conoscenza di sé stessi e del mondo circostante! Quanti momenti bui di
disistima, scoramento, rifiuto di apprendere e fuga dalla scuola e dalla vita
(in casi estremi ma non rari) eviteremmo ai nostri bambini e adolescenti se li
aiutassimo a comprendere per tempo il proprio potenziale intellettivo e a far
leva su quanto più desta in loro interesse e la forte motivazione ad
apprendere “operativamente”, facendo cioè leva sulla capacità/volontà di
scoprire, attraverso la personale ricerca, il sapere, facendo leva anche sulla
“transitività cognitiva” che permette agevolmente di passare da una conoscenza
all’altra senza intoppi. quando, invece, noi perdiamo di vista le
nostre potenzialità, quando ci infiliamo nel gregge, nel flusso modaiolo,
nell’andamento generale, noi rinunciamo a volare, dice ancora Simone. Ed io
aggiungo rinunciamo a noi stessi. Ad ESSERE, ad ESSERCI! Certo, è una
bella responsabilità farsi carico del proprio talento, appunto perché non lo
scegliamo. Non è un’attitudine, è una dote. Da Platone a Hillman, in molti
hanno parlato di “daimon”, una specie di spirito guida, un compagno invisibile
portatore del nostro destino, che è la nostra componente originaria, il nostro
codice da decifrare, attuare e onorare.
Ho saccheggiato abbondantemente Simone Cristicchi perché la
penso esattamente come lui. E per oggi mi fermerei qui, ma desidero aggiungere
un piccolo riferimento a questa giornata, 21 novembre, “Giornata dell’Albero”.
È una giornata che mi piace molto perché segna il nostro contatto con la
natura, il rito di piantare gli alberi di cui si fanno carico la Scuola
dell’Infanzie e la Scuola primaria per educare i piccoli e i ragazzi all’amore
per la natura, al rispetto per i generosi alberi che danno tutto di sé senza
nulla chiedere in cambio se non un minimo di cura per non appassire. Ritengo
che per tutte le cose occorra partire dalle origini, dalla natura, che è la
madre primaria della nostra esistenza, fonte del nostro quotidiano
sostentamento. Se poi nella natura vediamo tutte le Creature di un Creato
voluto da un Creatore, allora anche in un albero potremmo vedere l’immaginaria
fonte dei nostri talenti: le radici che affondano nell’humus della terra; il
tronco che cresce verso l’alto e mette rami e foglie e germogli per dare i suoi
frutti in base al suo codice, che fa di un albero quell’albero e non un altro.
Albero, che verdeggia e fa ombra o dà i frutti non per sé stesso ma per gli
altri in una continua offerta di sé per il benessere di tutti. E i rami più
alti sembrano forare il cielo alla ricerca, non sempre vana o illusoria, della
carezza rassicurante di Dio. E, chiedendo scusa per l’autoreferenzialità,
chiudo con una mia, purtroppo lunga, poesia: Chi di rosa e d’azzurro/ a
mia insaputa/ ha dipinto il cielo/ di questo tramonto di fine novembre,/ quando
per i bimbi comincia/ l’attesa del Natale e delle fascinose/ luci che scaldano
il cuore/ a grandi e piccini?// Un raggio d’azione/ più ampio ha il sole/ al
perielio/ raffreddando i suoi raggi/ e il calore della Terra./ Rabbrividiscono/
i rami degli abeti/ e lunghe code d’uccelli/ vibrano al vento di tramontana.//
Chi lascia che il verde conforti/ tra farfalle di neve/ l’attesa e la
speranza?// Chi depone al mattino/ di quasi primavera/ sulla fogliolina di
prato/ una goccia che trema/ di rugiada?/ Chi colora il sole arancione/ sul
mare di miele/ in un tramonto d’estate/ e l’alba turchina/ coi suoi lunghi capelli/
a sfidare onde e maree/ e fiori di bosco e collina?/ Chi rivernicia il nero
notturno/ del mare/ di verde e d’azzurro/ con riflessi d’argento e di luna/ per
incantare gli occhi/ di mille amanti?// Chi bruciò sarmenti di porpora/ per il
sorriso acceso dei sogni/ di due ragazzi innamorati/ su distesi orizzonti/
persi d’infinito?/ Chi ha ricamato d’autunno/ i veli trasparenti di nuvole
leggere/ sull’altare di trepidanti spose/ di settembre?// Chi sollecitò ombre/
di rimpianto/ sul finire del tempo/ aggrappato ai ricordi/ testarda quercia/
culla di nidi/ in esplosione di nuova vita/ e urna di volti/ spariti nelle
nebbie/ di un passato acceso nell’anima?// Chi mi regalò/ un manto di stelle
lucenti/ più di mille diamanti/ a ridarmi gli anni perduti e mai dimenticati/
di mille prodigi/ tra lacrime e risate/ e un firmamento acceso/ contro il buio
di ogni tormento/ CHI?
E nuove testimonianze ci attendono…
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