domenica 28 marzo 2021

Domenica 28 marzo 2021: le Palme... la Pace... la Poesia...

 È una giornata particolare che ho molto a cuore perché mi riporta al passato, ai riti della quaresima vissuti con i nonni con grande partecipazione emotiva e ricca di genuina fede. Ma prima di ricordare quei riti, ho bisogno di fare una doverosa correzione a quanto scritto una settimana fa parlando di “gratitudine” e di salutare percorso per imparare a praticarla con consapevolezza di sé e con gioiosa e sincera riconoscenza verso gli altri, la stessa vita e il suo Creatore. Ebbene, per quanto riguarda le “intelligenze multiple”, mi riferii a Popper che non c’entra un bel nulla, essendo un matematico e un filosofo che ha affrontato magnificamente il problema del “fallibilismo” persino delle scienze, ma certamente non quello delle diverse intelligenze umane, la cui paternità occorre farla risalire a Howard Gardner e ai suoi vari saggi tra cui Formae mentis, in cui ha teorizzato ben nove forme di pensiero: 1. Intelligenza Linguistica; 2. Intelligenza Logico-matematica; 3. Intelligenza Musicale; 4. Intelligenza Visuo-spaziale; 5. Intelligenza Corporeo-cinestetica; 6. Intelligenza Interpersonale; 7. Intelligenza Intrapersonale; 8. Intelligenza Naturalistica; 9. Intelligenza Esistenziale. Con altre sottocategorie che definiscono meglio la molteplicità della intelligenza e le interconnessioni che la sostengono e la differenziano. Ecco, finalmente mi sento risollevata. Sorprendendomi, infatti, per il numero elevato dei lettori sulla pagina specifica, sono andata a rileggere quanto scritto, rilevando immediatamente l’errore, dato che per oltre trent’anni ho masticato queste teorie, essendo stata preparatrice di Concorsi per il reclutamento dei docenti e dei dirigenti scolastici nella scuola di ogni ordine e grado. Ho dovuto constatare amaramente che la mia proverbiale memoria di ferro comincia a fare abbondantemente cilecca, e così vi chiedo venia. Cercherò di fare più attenzione da ora in poi. E, ancora una volta, cercate di perdonarmi: l’età non perdona. Quando rilevate i miei errori, cercate correggermi, ve ne prego. Altrimenti non si migliora mai. Ed ora, rinfrancata, passiamo ai ricordi di tempi più verdi in tutti i sensi…                       

Dunque, i riti pasquali. E la prima persona cara che mi torna alla mente, risalendo dal cuore, è zia Maria, la moglie di zio Michele, fratello amatissimo di mia nonna Angelina.

… Zia Maria, a Pasqua, era solita regalarci “rə scarcéddə”: bamboline, coniglietti, campane, angeli, gallinelle di pasta dolce con uovo sodo al centro e tanti minuscoli confettini bianchi, argentati, rossi, rosa, azzurri, dorati a ricoprirle. Una voluttà! Io le mangiavo con gli occhi e me ne tornavo a casa felice per quel ricco bottino. Ma era la Pasqua vissuta nella nostra casa che ricordo con grande nostalgia dopo tutto il magro e triste periodo della quaresima, fatto di digiuni, rinunce, via crucis, preghiere, silenzi per purificarci del divertimento sfrenato (!) del Carnevale e diventare degni del perdono di Cristo risorto. E ancora prima della Pasqua la Settimana Santa. Ho ricordi vividissimi della Settimana Santa e dei suoi riti perché ero già più grandicella e perché rendono presente ai miei giorni la fede certa, tua e della nonna. La vostra fede di straordinaria umanità. Fede generosa e pura. Ricordo dolcissimo che si ripropone nelle nostre sporadiche o quotidiane chiacchierate. Dialogo mai interrotto tra me e te sul nostro paese, le case, le cose, il colore, il profumo, il sogno, le credenze, che caratterizzavano la nostra terra di quegli anni: quasi un canto antico, recupero di parole, di modi di dire, di voci mai spente. La voce della nonna che ci esortava ad andare in chiesa per la messa delle sette per il primo venerdì del mese (con indulgenze plenarie annesse) (amà sciè alla mèssə də rə séttə ca jèjə la prìma mèssə u prémə pənzìrə àva jéssə a crìstə…) (dobbiamo andare alla messa delle sette che è la prima messa il primo pensiero deve essere rivolto a gesù cristo…).

“Ma è mai possibile che pure quando è festa a scuola ci devi costringere ad alzarci presto?”

“Ècchə jè sémbə jèddə ch’avà parlà cə sə nòn nàn ‘zə séndə chəndéndə, sò dìttə a rə séttə e a rə séttə amà stà jìndə a la chièsjə… pə guadagnànnə u paradèsə…” (“Ecco è sempre che lei deve parlare altrimenti non è contenta, ho detto alle sette e alle sette dobbiamo essere in chiesa per guadagnarci il paradiso”…).

Poi si doveva andare in chiesa per la via crucis, per i “sepolcri” e per tutti gli altri riti della santa Pasqua, attesa non soltanto per sfoggiare l’abito nuovo, inno alla primavera (trionfo di gonna a campana di panno-lenci azzurro come la lacca del cielo d’aprile e di gonna plissettata di un verde prato da far impallidire le siepi del nostro

giardino e camicette bianche come leggere nuvole di orli ricamati), ma anche per rivivere quel mistero di morte e di resurrezione vecchio di millenni, e riscoperto ogni anno nella commozione del cuore, come esigenza di rinnovato perdono. Per i veri cristiani la Pasqua era davvero una rinascita d’amore. Un atto di umiltà nella certezza del perdono. (Oggi il rito delle ceneri è per me solo un ricordo lontano. Una riflessione più o meno amara sulla nostra precarietà. Tutto passa, appunto. Il bene e il male. La gioia e il dolore. Considerazione banale ma non troppo. Oh se tutti pensassimo alla nostra precarietà e alla nostra fragilità, al nostro essere granelli di sabbia infinitesimali

nei tanti multiversi che ci comprendono per lo spazio di un lampo appena… saremmo tutti migliori e affratellati in un unico credo: la solidarietà che è di per sé sinonimo di Pace! Di Alleanza tra Dio e gli uomini. E degli uomini tra gli uomini. E invece…).

Squarcio di festosa serenità era la Domenica delle Palme con gli ulivi benedetti e il bacio affettuoso di autentica rappacificazione. Tu portavi in chiesa, sempre alla messa delle sette, un gran fascio di rami d’ulivo per farli benedire e per poi distribuirli a parenti, amici, conoscenti, vicinato (la pace sia con voi… e con il tuo spirito!, ad ogni

scambio di bacio con rametto di ulivo benedetto…).

Nell’aria c’era il profumo di peschi, mandorli e ciliegi in fiore in netto contrasto con l’intenso odore d’incenso che respiravo nelle chiese: fuori, esplosione di sole e di vita a mettermi una pazza allegria nelle vene; in chiesa, la penombra silenziosa e incombente di un Dio punitore che piegava in ginocchio i miei pensieri di libertà.

E fiati di donne e uomini che il digiuno rendeva pesanti. I miei atroci peccati? Qualche bugia detta a nonna Angelina per andare a giocare con le amiche o, più tardi, per poter uscire con gli amici, magari per andare al cinema oppure per fare quattro salti alla buona, così, tra noi ragazzi; i rari litigi con Lizia; “i pensieri cattivi” che cominciavano a frullarmi per la testa e, ancora, il disinteresse totale per la scuola e molti atti di vanità e presunzione che mi riconoscevo (sono bella finalmente capisco tutto non c’è bisogno di studiare tanto le cose ormai le so...), tante impennate di ribellione (non mi alzo non ci vado non lo faccio non te lo dico non studio non studio non studio…). Per quel perdono barattavo la mia libertà con una settimana santa densa di genuflessioni e giaculatorie e rosari. Ma era sempre nonna Angelina a sollecitare i miei pentimenti…

Stralcio tratto dal mio romanzo Le piogge e i ciliegi, vol. I (SECOP edizioni, 2018), una trilogia ferma al secondo volume, ma che sto completando perlopiù di notte perché è una promessa che ho fatto a me stessa e ai miei Angeli che ancora mi proteggono (ciascuno di noi ha le sue nicchie di rifugio, di sopravvivenza, di salvezza…).

Continuerò nei prossimi giorni a ricordare. Mi fa stare meglio in questo periodo difficile, in cui anche la salute mi sta dando qualche problema. Ma non voglio affliggervi. Pensiamo piuttosto a questi giorni di quaresima e di attesa della Pasqua e della rinascita primaverile e spirituale. Se avete componimenti (prose, poesie…) mandatemele. Le mettiamo in queste pagine. Che ne dite? Io sono sempre possibilista.

Serena domenica delle Palme e che la Pace sia dentro e fuori di noi. Vi abbraccio con un rametto virtuale di ulivo benedetto.

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