Foto di Luciano Anelli
Mauro Massari è un giovanissimo
talento della parola poetica e della musica. Scrive e canta ballate e canzoni
meravigliose. L’ho conosciuto due anni fa, quando con la SECOP edizioni
pubblicò la sua prima raccolta di poesie e ballate, Tobacco (Tabacco), di una bellezza davvero da catturare il cuore. Tanto Bob Dylan, moltissimo Mauro Massari. Mi
colpirono i suoi versi e mi ferì la sua voce: triste, antica, solitaria. Quasi avesse
molti più anni e un solo cuore. Di ieri e di oggi. Non gli ho mai chiesto il perché
di tanta tristezza, sperando che, fidandosi di me, fosse lui a parlarmene, ma
non è mai accaduto. Anche perché, pur seguendolo sempre con i pensieri e con l’anima dovunque facesse un concerto, abbiamo avuto, dopo Tobacco, poche
occasioni di incontro. Lui, viandante solitario, in giro per altri orizzonti,
oltre sé stesso. Io sempre più sedentaria e sempre meno autonoma. Ma qualche volta è accaduto. Ed è stato sempre bello
incontrarci. Con me, generoso ogni possibile aspettativa. Alcuni mesi fa si
offrì, anticipando persino la mia richiesta, di fare qualche intermezzo
musicale durante la presentazione del mio quasi romanzo, Le piogge e i ciliegi, presso l’Università Popolare Santa Sofia
di Trani, e giovedì scorso ci siamo ritrovati nel prestigioso Palazzo Sagges
(in Bari antica), sede della Sopraintendenza Archivistica per la Puglia e la
Basilicata, per una nuova presentazione del mio libro. Questa volta sono stata
io a proporgli, solo due giorni prima, di venire a cantare qualche sua ballata,
dietro suggerimento della presidente dell’Associazione “Porta d’Oriente”, la
carissima amica Cettina Fazio Bonina, “volitiva”
(e cito Luciano Anelli) organizzatrice della serata, positivamente catturata in precedenza dalla sua bravura.
Ancora una volta mi ha detto di sì senza esitare. E “La
ballata in sol” ha incantato l’attento pubblico. Di Mauro Massari Luciano
Anelli ha scritto: “Ha chiuso la serata il suono soave di una chitarra
magistralmente sfiorata”. Sono felice per il mio giovane menestrello.
Ieri gli ho detto che, per
ringraziarlo, gli avrei dedicato qualche pagina del mio blog, di cui vado fiera
per i 20.000 lettori che lo/mi leggono (lo so se avessi fatto pubblicità a indumenti
intimi - avendo il fisico, l’età e una buona dose di esibizionismo - avrei
milioni di follower, ma ognuno nasce con una passione e un karma), e gli ho
chiesto di mandarmi qualche notizia sulle sue molteplici attività di poeta,
musicista, cantautore. Lo ha fatto prontamente, come è suo costume, ma è una
lettera strana di quasi confessione e quasi introspezione. Una sorta di flusso di
coscienza e un glissare sulla realtà dei suoi giorni. Ma io rispetto sia i suoi
silenzi sia le sue parole. Mi piacerebbe solo potergli disegnare (non saprei farlo!) il sorriso bambino
che mai mi è capitato di leggere sul suo volto. Lo stupore sempre. Ma come lontano. come mille navi che gli scompigliano i pensieri per spingerlo oltre la rada. Come un cavallo alato che insegue sogni mai realizzati. Come filo di aquiloni mai posseduti…
"Angela cara, mi chiedi mie notizie ed
eccomi qui.
Tobacco è stato un vero e proprio spartiacque. Due
anni dopo la sua pubblicazione, posso dire abbia segnato un punto importante,
di rottura tra un periodo e un altro della mia vita. Partendo proprio dal
tabacco stesso, fedele e cattivo compagno sin dall’adolescenza, passando alle
notti insonni trascorse a battere sui tasti della vecchia macchina da scrivere
di mio nonno, fino ad arrivare a stasera che ti scrivo con accanto un pacchetto
iniziato e mai finito di American Spirit,
mentre fumo una sigaretta dei giorni nostri, di quelle tecnologiche. “Riscalda
il tabacco ma non brucia”, recita la pubblicità. Dovrebbe far “meno male” di
una normale sigaretta. Sarà vero? Ma poi chi decide cosa fa davvero male e cosa
no? Il medico? I giornali? Noi stessi?
Presto o tardi ritornerò ad usare l’accendino,
o almeno questa è la sensazione che ho.
Punto di rottura dicevo. Di rottura tra il
passato ed un futuro che sembra essere fin troppo presente.
In questi due anni ho rotto con un amico, e ne
soffro. Ho rotto con la donna che ho amato forse più di me stesso, e che ha
fatto uscire dal mio petto quasi tutte le parole che ho scritto, come avessi
una lacerazione verticale di 10 cm all’altezza del cuore, flussi costanti di un
dolore che non accenna ad andar via. E ho rotto con Matteo, il mio compagno di
palco, di vino, di silenzi. La metà buona di me, dico sempre, che ho incontrato
per caso nel via vai quotidiano di facce, parole, strette di mano e grigiore.
Ha fatto una scelta di vita importante: è
volato con la sua compagna in Canada, Vancouver, per cercare la sua strada
sotto un cielo diverso.
Solo un arrivederci, forse. Per adesso è
lontano e mi manca tanto.
Dalla sua partenza ho cercato nuovi stimoli
attorno a me, nuove risorse che mi aiutassero a motivarmi sulla difficile
strada artistica che attraversa la mia vita. Confesso la mia debolezza,
confesso che più di una volta ho avuto la tentazione di mollare. Chiudere una
volta per tutte la custodia della mia chitarra, riportare la vecchia macchina
da scrivere di mio nonno, nella sua bella valigetta nera, nella casa in cui
l’ho trovata.
Poi ho capito che non è una cosa che si
sceglie ciò che si è. Io sono quello che sono, non lo Faccio.
Fare qualcosa ed esserlo sono due cose molto
diverse. Scrivere e suonare è ciò che sono. Non è un Hobby, come INVECE direbbe
mio padre.
Collezionare monete è un hobby, costruire
modellini di aerei è un hobby.
Quello che scrivo e che canto è il mio sangue.
Ho deciso così di tornare nell’unico
posto in cui sapevo di poter ritrovare voglia e ambizione, Londra.
Ho trascorso buona parte del mese di novembre
prima, e gennaio poi, lì.
Ho fatto concerti, mi sono esibito su
tanti palchi, ho conosciuto musicisti provenienti da ogni parte del mondo.
E ho ripreso a scrivere.
Sì, perché
dopo Tobacco mi sono preso del tempo
per staccare un po’ dalla scrittura.
Credo che dopo aver messo tanto di me in
quel libro fosse giusta una pausa, un po’ di tempo per rimettere in ordine i
pensieri e i sentimenti. Per non cadere nel rischio, in cui tanti prima di me
sono caduti,di essere ripetitivo.
Sto lavorando su qualche idea,
continuo a scrivere poesie e mi sta venendo voglia di dedicarmi a dei racconti
o ad un romanzo breve.
Ho delle storie da raccontare e presto o tardi le
racconterò.
Ti allego una delle mie ultime poesie
e la tua cara “Ballata in Sol”.
Che lunga storia ha quella canzone. Mi
dicono che 6 minuti e 30 siano troppi per una canzone. Forse è così. Ma sfido
chiunque a far entrare 12 anni in 6 minuti e 30. Se qualcuno riesce a far
meglio, la canzone è sua! Gliela regalo.
“Quello che il tempo prende, non
tornerà”, dice il ritornello. Ed è proprio vero.
Una delle parole che più mi
gira in testa ultimamente è “Perdenza”. Un arcaismo del verbo perdere. Iacopone
da Todi, poeta francescano del 1200, la usava in relazione alla dannazione,
alla perdita dell’anima. Quindi, perdere qualcosa non di materiale, di fisico,
ma di spirituale.
E cosa c’è di più spirituale dell’Amore?
Scrivere mi ha
sempre portato ad osservare molto (o forse viceversa) e, quindi, a credere di
saper guardare bene dentro le persone; sapere, con un solo sguardo, chi ho di
fronte. Magari mi sbaglio, ma non credo sia così.
Solitamente, quando sbaglio, lo faccio
con me stesso.
BALLATA
IN SOL
I treni camminano lenti all’ombra dei nostri
ricordi
Tu portavi più lunghi i capelli ed io ti
provavo a spiegare
Che non mi importa la strada che hai fatto
ormai
Mi importa quella che prenderai
E ancora quante notti la sua voce mi parlerà
Era il mio unico vero amore
Diceva sempre Quello che il tempo prende non
tornerà
Come foglie sotto il vento d’ottobre così i
tuoi occhi sui miei lasciavi cadere
Ed io rimanevo in silenzio mentre un cane
fuori abbaiava alla sera
Come mai avrei potuto toglierti quello che
ami?
Io ti davo le spalle e tu piangevi piano
E ancora quante notti la sua voce mi parlerà
Era il mio unico vero amore
Diceva sempre Quello che il tempo prende non
tornerà
Domani è una promessa che io non ti ho fatto
mai
e adesso non posso mentire per sapere dove ti
sveglierai
sento navi veloci viaggiare nella mia mente
tu mi stringi più forte e mi dici per sempre
E ancora quante notti la sua voce mi parlerà
Era il mio unico vero amore
Diceva sempre Quello che il tempo prende non
tornerà
Ogni volta che dicevo rimani non era per farti
del male
ma adesso non voglio più dirti cosa è giusto e
cosa no
sono solo qui in piedi a chiedermi perché
se mi guardo allo specchio mi vedo con te
E ancora quante notti la sua voce mi parlerà
Era il mio unico vero amore
Diceva sempre Quello che il tempo prende non
tornerà
L’ULTIMA SIGARETTA
L’ultima, ti ho detto
Accendendo la sigaretta
Con mano incerta
Sull’innocente veranda
Quando le tue parole sembravano le mie
E ti rivedevo nello specchio
Cantare vecchie canzoni alla radio
Quali non ricordo, davvero
Non ricordo.
Solo dieci minuti, mi hai detto
Mentre il letto
È una brace senza tempo
E la notte
È confusa con il giorno
E la morte
Non è mai stata più lontana.
E ti tocco la bocca
La tocco e la disegno
Come se uscisse dalle mie mani
E ti appartengo, e mi appartieni
Per il
tempo di un bacio, piccolo"GRAZIE, Mauro, per quello che sei. Per il sangue che versi in ogni poema che sostanzia la tua vita. Per la tua anima gentile e solitaria. Per la trasparenza bianca del tuo Amore, cristallo immortale, in cui e con cui anche tu ti immortalerai. Angela
Di Mauro Massari sentiremo parlare ancora e tanto. Perché Quello che il tempo gli ha preso, prima o poi, ritornerà...
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