sabato 16 marzo 2019

Convivere a scuola- Atmosfere pedagogiche di Valeria Rossini


Convivere a scuola- Atmosfere pedagogiche di Valeria Rossini
Saggio pedagogico-poetico
È un saggio pedagogico a tutti gli effetti il libro di Valeria Rossini, ricercatrice in Pedagogia generale e sociale presso il Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, dove insegna anche Pedagogia generale e Pedagogia della marginalità. Ma è un saggio anomalo, nonostante sia inserito nella prestigiosa collana “il mestiere della Pedagogia” del noto editore FrancoAngeli, e sia stato sottoposto a referaggio a “doppio cieco”. Questo la dice lunga sulla validità scientifica di “Convivere a scuola”. E su questo non avevamo dubbi. Ma già dal sottotitolo “Atmosfere pedagogiche” esso si discosta dal rigore scientifico perché “atmosfere” connota un che di vago, di non bene definito, che si smargina e che mal si adatta alla finitezza e chiarezza di un saggio scientifico.
E allora?
Si tratta, a mio parere (ed evidentemente non soltanto mio, ma dello stesso qualificato Comitato di valutazione e, in primis, del Presidente di Collana), di un valore aggiunto, in quanto un testo altamente pedagogico si ammanta di atmosfere poetiche a tutti gli effetti. E dopo analizzeremo il perché.
Intanto, occorre precisare che Valeria Rossini, oltre ad essere una docente amatissima dagli studenti che seguono i suoi Corsi e Relatrice in vari Convegni pedagogici nazionali e internazionali, è anche una Donna innamorata della poesia, che sin da giovanissima ha coltivato, pubblicando alcuni suoi testi poetici in varie riviste letterarie e culturali di ampio respiro. Oggi ha messo un po’ a latere questa sua vocazione per mancanza di tempo, ma in ogni suo scritto, in ogni suo saggio la poesia è presente e rende più catturanti ed emozionanti le sue teorie pedagogiche, che sempre più si vanno affermando e consolidando. Ne fanno fede i numerosi saggi e articoli pubblicati in Italia e all’estero e, tra quelli più recenti, la monografia Educazione e potere. Significati, rapporti, riscontri (Milano, 2015),   insignita del Premio Siped 2016.
C’è da aggiungere che Valeria Rossini è giovanissima, bellissima, elegantissima, sportivissima e chi più ne ha più ne metta. È una creatura baciata dal buon Dio. È moglie e madre felice di due splendidi ragazzi (una fanciulla in fiore e il suo fratellino che promette molto bene), ma non sempre la sorte le è stata benigna. Anche lei, come tutti gli esseri umani, ha avuto sofferenze e ostacoli sul suo cammino, ma ha saputo sempre affrontarli e superarli, con coraggio e volitività, grazie anche al suo amore per la Poesia e per la Scrittura in genere.
L’ho conosciuta appena undicenne, come mia alunna in prima media ed è stata “corrispondenza di amorosi sensi” a prima vista. Un sentimento che ci lega a doppia mandata, nonostante gli anni, i lunghi silenzi, gli impegni professionali (e non solo) di entrambe.
È stata un’alunna dotata di una sensibilità speciale e di tanta voglia di conoscere, d’imparare.
Oggi sono fiera di lei. Orgogliosa oltre ogni dire e la seguo, come posso, attraverso   i suoi saggi e i suoi successi, con cuore di madre sempre, come mi è capitato diverse volte con alunni particolari che, in momenti difficili della loro vita, vissuti in tenera età, si sono fidati di me e affidati a me, soprattutto per la poesia e con poesia.  
Anche per tutto questo esiste tra noi quel fil rouge (in termini goethiani) che ci unisce ancora e che, ne sono certa, non si spezzerà mai.
E torniamo al saggio, che Valeria mi ha dedicato con i seguenti versi: Ad Angela/ per con-vivere nel cuore/ respirando poesia/ costruendo magia/ tra ricordi e parole/ Valeria.
Dicevo delle “atmosfere”. Ebbene, queste si definiscono, nell loro significato poetico, attraverso il titolo di ogni capitolo:
Il primo: Atmosfere stellari: itinerari di ricerca
Il secondo: Atmosfere planetarie: progettualità educative
Il terzo: Atmosfere terrestri: suggestioni tematiche
Ed è già una sorta di climax, nel nostro caso, discendente, che nulla toglie alla intensità poetica delle tre definizioni, le quali sintetizzano magnificamente, ma anche cripticamente, visto che si tratta di tre metafore, i contenuti dei tre capitoli e dell’intero volume.
Sappiamo, comunque, che si parte dalla ricerca (la procedura più alta e complessa per conoscere epistemologicamente una disciplina o un campo disciplinare, affiancandola spesso alla esperienza pratica per saggiare la validità dei   fondamenti della ricerca stessa) per giungere alla progettualità (della pratica metodologico-didattica da mettere in atto) e concludere con le problematiche da affrontare nella scuola contemporanea, legate all’attuale società, sempre in funzione di quanto sia possibile prevedere e fare in relazione agli scenari socio-pedagogici del prossimo futuro.
Ma già nell’Introduzione, che fa seguito alla dotta Presentazione del Professor Giuseppe Elia, Direttore del Dipartimento di Scienze della Formazione, Psicologia e Comunicazione, e di cui Valeria è stata la beneamata “allieva” nel suo percorso come ricercatrice specializzanda, l’Autrice ci fa dono di un esergo bellissimo,   altamente poetico e filosofico, di William Golding:
 La prima cosa a cui ci abituarono fu il ritmo del lento passaggio dall’alba al rapido crepuscolo.
Accettavano i piaceri del mattino, il bel sole, il palpito del mare, l’aria dolce, come il tempo adatto per giocare, un tempo in cui la vita era così piena che si poteva fare a meno della speranza.
Stupenda citazione che ha, a mio parere, la duplice valenza di connotare sia la lunga alba della vita di ciascun essere umano, che vive da bambino una tale pienezza di giorni, di scoperte, di giochi, di conquiste da fare proprio il mondo tanto da incarnare la stessa speranza, di cui i piccoli non avvertono il richiamo, necessario per continuare a vivere. E questa è l’accezione più bella e lieta e confortevole. Ma, poi, ne esiste un’altra, più amara e dolente, che fa da contraltare e che indirettamente si riferisce alla società attuale, così diversa dalle società antiche che diedero il senso dei valori eterni: a partire dalla contemplazione della natura e del suo incanto, e dal rispetto per i ritmi naturali dei giorni e delle stagioni, in una ricchezza di vitalità che era di per sé compiutezza e appagamento che escludeva il bisogno della speranza.
Neppure oggi esiste più la speranza, ma per motivi completamente opposti. Soprattutto in relazione a “una fase storico-culturale nella quale è saltato il meccanismo che regola il rapporto tra diritti e doveri, tra   possibilità di desiderare e il riconoscimento dei limiti che la realtà e le relazioni ci chiedono (…) nel tempo della frammentazione etica, della riduzione di scelte valoriali e di incoerenza dell’agire…” (Giuseppe Elia, “Presentazione”).
Non solo, dunque, la scienza pedagogica, con le sue “scelte alternative”, ci viene incontro per riprendere a sperare, essendo venuta meno la incarnazione della speranza in ciascuna vita umana, ma anche la poesia può rappresentare una valida alternativa alla desertificazione del cuore e alla “liquidità dei sentimenti e dei rapporti umani” (vedi Bauman).
Non a caso, il mio grande amico, professor Vito di Chio, ma anche attento studioso di pedagogia, profondo e sensibile critico letterario, amante della poesia e della scrittura, nonché scrittore egli stesso, nel suo pregevole volume BISOGNO DI MAESTRI - Una proposta formativa (Armando Editore, Roma 2010), afferma sin dalle prime pagine che “Chi educa, deve educare nella speranza…”, rifacendosi all’Evangelista Luca, e soprattutto allo scrittore V. Chiari, che in un suo libro fa “una lunga riflessione sulla speranza, ma anche un’analisi acuta e appassionata della realtà educativa di oggi” (Vito di Chio).
Quanta speranza e quanta poesia incontriamo nel libro BISOGNO DI MAESTRI!
E cosa ci può essere di più poetico del paragonare gli itinerari della ricerca a dei luminosi percorsi stellari, che ricamano il cielo e ci invitano a prendere il volo per puntare sempre più in alto? Un volo, che appaghi la nostra sete di conoscenza per conquistare orizzonti sempre più ampi tra le stelle e oltre, sfidando pianeti e satelliti e buchi neri, per ritrovarci ad ascoltare il suono armonioso dei multiversi che si rigenerano senza fine… E l’armonia è bellezza. È quel riconoscimento della nostra umanità più vera, a cui aneliamo per riprendere il cammino non al buio, ma illuminati dalla luce dei grandi Maestri e delle grandi Verità. Che non si riducono mai, queste ultime, ad una verità ma offrono una vasta possibilità di scelte per realizzare i nostri sogni e desideri (de-sidera: intorno alle stelle, appunto!), i progetti e i percorsi di vita al meglio di quello che siamo e che possiamo essere e dare a noi stessi e agli altri.
Per questo è necessario imparare nuovamente a “con-vivere”: nella famiglia, nella scuola, nella comunità di appartenenza e nella più ampia società umana.
Ma, il punto di partenza, per quel che riguarda essenzialmente docenti e studenti, è la scuola: nucleo fondante di ogni altro discorso afferente ad essa.
E una nuova possibilità di imparare a “stare bene insieme a scuola” (vedi D. Francescato, A. Putton, S. Cudini) può realizzarsi forse solo attraverso “itinerari di ricerca che fungono quasi da ‘filtro’ per la convivenza scolastica: così come l’atmosfera permette alla luce e al calore del Sole di raggiungere il pianeta, ma impedisce che le radiazioni solari nocive arrivino in grandi quantità, allo stesso modo la relazione tra insegnante e allievo, il ruolo del docente che si estrinseca nel suo potere pedagogico e nel proprio stile educativo, e le dinamiche comunicative tra adulti e minori e tra compagni, costituiscono una rete di supporto e protezione per il percorso educativo del singolo alunno e del gruppo classe.” (Valeria Rossini, “Introduzione”).
È chiaro che tutto questo è sotteso alla ricerca che offre appunto quella “rete di protezione” teorica da tradurre in pratica nella quotidiana prassi dell’insegnamento-apprendimento per superare le “atmosfere” negative che potrebbero venire a configurarsi, come di fatto avviene, nelle varie realtà (scolastiche e non) dei nostri giorni.
Non a caso, Valeria spiega il significato etimologico di “atmosfera”: dal greco “atmos”, ossia “vapore”, e “sphàira”: “sfera”, ossia “Terra”.  E, così, essendo l’atmosfera quell’“involucro gassoso di varia composizione e natura che circonda la Terra e altri pianeti, o estensivamente l’aria che si respira in un luogo, diventa evidente l’importanza che essa assume nella vita della scuola” (ivi).
Ma, tutto lascia presupporre che prima si salga, con la ricerca, a scoprire la luce delle stelle per, poi, ridiscendere perché quella luce illumini i percorsi scolastici dei singoli allievi e dei gruppi nel pianeta-scuola.
Nel secondo caso, infatti, le “atmosfere” diventano “planetarie” perché riguardano “le progettualità educative, cioè i vari progetti che, senza sollevarsi più di tanto ma ritornando sul nostro pianeta, le scuole mettono oggi “in fieri” e poi in atto (con le programmazioni specifiche) per la realizzazione di percorsi formativi sempre più individualizzati e personalizzati in riferimento alle reali esigenze cognitive di ciascun alunno, ma anche agli individuali ritmi e stili di apprendimento, tenendo conto delle risorse professionali, strumentali e ambientali che ogni singola scuola possa offrire, in base anche al principio dell’Autonomia.
Valeria Rossini identifica questa seconda parte con le atmosfere inquinanti che si respirano nella scuola contemporanea, in cui sempre più spesso si avvertono conflitti di convivenza tra educatori e alunni o tra questi ultimi e i loro compagni, ma anche tra le famiglie e gli insegnanti. E la cronaca dei nostri giorni è piena di esempi devastanti e demoralizzanti in tal senso.
“L’atmosfera che circola in aula è ciò che distingue una classe dall’altra, ed è anche la principale fonte della vita di gruppo. Del resto, la presenza di ossigeno libero è prerogativa unica dell’atmosfera della Terra, dato che in tutte le altre atmosfere di pianeti del sistema solare studiate finora non se ne è trovata traccia. Essa è conseguenza dell’attività biologica delle piante, grazie a cui si presenta come sottoprodotto della fotosintesi.” (ivi).
In pratica, l’ossigeno della libertà, se ben guidata, può rendere l’aria di una classe respirabile, altrimenti diventa davvero impossibile la convivenza.
Alcuni decenni fa, dopo l’emanazione dei Decreti Delegati (1974) e dopo la Legge 517 del 1977, Luciano Corradini scrisse un libro illuminante sulla “difficile convivenza” scolastica, che si stava prefigurando e poi sempre più attuando tra genitori e insegnanti, fra gli stessi docenti tra di loro e dei docenti con gli alunni e, infine, tra questi ultimi e il gruppo dei pari. Troppe innovazioni piovute dall’altro (e non capite dal basso) fecero sì che le atmosfere scolastiche diventassero sempre più “terrestri” e complicate con ampie problematiche (anche di “mortalità scolastica) che si sono ingigantite in questi ultimi decenni per via dello sviluppo senza pari della scienza e della tecnica, dei mezzi di informazione e comunicazione, dell’elettronica, della cibernetica e di una società sempre più complessa e alla deriva. Ormai siamo tutti naufraghi su questo pianeta (cfr. Serge Latouche, La società dei naufraghi).
Le atmosfere, pertanto si fanno specificamente più a livello di suolo e di sottosuolo, non si può più volare o progettare, ma bisogna fare i conti con le difficili realtà dei nostri giorni, che rendono ingovernabili la scuola, i rapporti educativi, le relazioni sociali, le interazioni umane. Si tratta di esperienze, a volte persino destabilizzanti, che bisogna tentare di arginare non tanto con le “strategie” immediate, di cui si è tanto parlato negli ultimi decenni del secolo scorso, ma di ponderare e riflettere sugli interventi educativi per renderli veramente efficaci, e non soltanto per rendere più efficiente la scuola (Cfr. a tale riguardo tutta l’ampia produzione pedagogica deweyana, che fece capo al Pragmatismo americano dell’intero XX secolo).
Ed ecco il fenomeno delle immigrazioni con i conseguenti problemi dell’accoglienza, inclusione, integrazione. La corresponsabilità fra scuola e famiglia a partire dal “nido” e dalla Scuola dell’Infanzia per percorrere tutti i gradi della scuola dell’obbligo. L’importanza della educazione alla cittadinanza in una società sempre più multirazziale e interculturale. I problemi ormai macroscopici del bullismo in classe, ma anche attraverso i social, dominanti e dilaganti a livello di dipendenza e di necessità, quasi fossero una droga, nella società di internet, del Web e dei tablet. Fino alla “cura del disagio e alla ricerca del benessere”, di non facile realizzazione. E le atmosfere, quelle che si costruiscono quotidianamente nella famiglia, nella scuola, in ciascuna comunità sociale e umana, non sono più soltanto una metafora poetica che si smargina e si dilata e prende spazio e volo, ma sono soprattutto il prodotto della nostra parte più intima e profonda, della nostra personalità, dell’amore per il nostro lavoro, per la vita, per gli altri; sono il prolungamento di noi, del nostro modo di relazionarci con i tanti interlocutori, che incontriamo sulla nostra strada, siano essi adulti o bambini, giovani o anziani, allievi o colleghi, genitori degli altri e nostri. Esse ri costruiscono, giorno dopo giorno, attraverso la capacità empatica o meno di rapportarci agli altri o di interagire con ogni singola persona. E diventano importanti, anzi fondamentali in ogni ambiente educativo e in ogni processo formativo. Per tentare di migliorare la percezione che abbiamo di noi e del nostro ruolo e quella dei nostri allievi nelle varie fasi della loro crescita e maturazione in un mondo che cambia con ritmi vertiginosi.
Si conclude così il saggio con altri apporti professionali e con una ricerca empirica in due scuole pugliesi. Ma si conclude per davvero?
In realtà, si perde un po’ l’incanto poetico che ha sorretto tutta la struttura del libro, ma era inevitabile, dati gli argomenti che si sono dovuti affrontare nell’ultimo capitolo. E la stessa indagine laboratoriale non ha consentito spazi ai voli pindarici della fantasia e della creatività, se non nello stretto contatto empatico (si spera) degli insegnanti con i propri alunni.
Sta di fatto che la conclusione tenta di riprendere ancora il volo, se non propriamente poetico quantomeno letterario citando soprattutto George Orwell, e, in seconda battuta, Pirandello, che sintetizza lo scopo e il fine del saggio di Valeria Rossini nella sua affermazione: Io sono vivo e non concludo. La vita non conclude”, perché è solo alla morte che spetta questo compito.
Già, un libro di ricerca pedagogia non può avere una conclusione perché percorre un cammino quanto mai vitale e aperto a nuove indagini, nuovi orizzonti di saperi e conoscenze, legati alla psiche umana e alla formazione di nuove coscienze in situazioni socio-culturali nuove affinché il “bene” coincida con il “buono” in una “missione” che necessariamente è destinata a “rimanere inconclusa”.  
Ma qui ipotizziamo un nuovo viaggio verso le stelle per riafferrare le vie del cielo e sperare in un mondo migliore, grazie anche ai nostri frammenti di luce, che abbiamo continuamente cura di conservare nelle tasche del nostro cuore e della nostra anima perché non ci sfuggano mai di mano.
È quanto riesce a fare quotidianamente Valeria Rossini con i suoi imperdibili saggi pedagogici.
E mi piace tentare una quasi conclusione che conclusione non sarà, riportando qui una poesia che Valeria mi dedicò quando aveva appena 15 anni e che io feci pubblicare sulla rivista letteraria <La Vallisa>, in cui per molti anni ho militato:

VERRO’ DA TE
                 (Ad Angela De Leo)
Erano tempi senza paura
quelli tra le tue braccia,
solo per avere un sorriso.
Ora che il sole non brilla
ho bisogno di calore
      senza certezza alcuna.
Sei un ramo che il vento non inclina
    (anche se non sembra)
e io voglio arrampicarmi
per trovare un ultimo nido
forse rubare un fiore
o gocce di dolcezza
           a colmare l’abisso.
Mi vedrai venire
con gli occhi stanchi
e la rabbia nel cuore
per costruire con te
sogni e delusioni
della mia infanzia.
Piccola ritorno
a bussare alla tua porta
con un fascio di poesia
tra le dita
e spero intensamente
di trovare aperto
almeno uno spiraglio
                             Valeria Rossini
                                  (15 anni)

                                                                                           


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