La giornata della
donna non mi vede sulle barricate delle rivendicazioni dei nostri diritti. Sono
battaglie già fatte. Non mi vede puntare il dito contro gli uomini per la loro
violenza e le loro frustrazioni che la alimentano. Non tutti gli uomini sono
frustrati e non tutti gli uomini sono violenti. Non mi vede inneggiare alle
nostre qualità contro le loro deficienze e inadempienze. Non mi vede firmarmi
la “poeta”, come dal Sessantotto in poi tutte le poetesse femministe
cominciarono a chiamarsi per rivendicare la loro identità e libertà di donna,
non rendendosi conto, non ho mai capito il perché, data la loro intelligenza e
cultura, come un nome maschile, che non le rivendicava affatto, con quell’articolo
femminile stonasse cacofonicamente e maledettamente, rinunciando al
femminilissimo e bellissimo “poetessa” che dava un sapore di maggiore morbidezza
e di una estensione di sé più lunga e perciò più estesa verso orizzonti altri… Non
mi vede, oggi più che mai, fare delle generalizzazioni che non mi appartengono.
Occorre sempre fare dei distinguo perché ogni essere umano è “unico e
irripetibile” e non potrà mai essere inserito nella massa anonima e amorfa di
genere, comunità, gruppo, partito, sistema. Persino la stessa categoria
potrebbe essere una generalizzazione. La tentazione è spesso forte: accomunare
tutti negli stessi pregiudizi, negli stessi slogan, nelle stesse astrazioni
mentali. È più facile, semplice, veloce. Ci impedisce di pensare, riflettere, “sentire”
intimamente le emozioni a pelle che l’altro ci sollecita. Ci evita di riportare
alla memoria importantissimi studi psicologici (cosa a molti indigesta per via
della pessima fama degli “strizzacervelli”), che potrebbero aiutarci a
comprendere il valore di ciascuna persona, le conseguenze dei molteplici
condizionamenti endogeni ed esogeni che fanno di una persona quella persona e
non un’altra e un’altra ancora, col rischio di omologarla in un tutto nebuloso
e indistinto. Un agglomerato di inesistenti realtà umane.
E, allora, mi piace
oggi parlare delle due metà del cielo, quasi fossero i due lobi del nostro
cervello, decisamente diversi per funzioni e contenuti, ma sicuramente
complementari, a formare l’intero. Un lobo è razionale, l’altro è creativo, ma
entrambi s’incontrano a metà strada per lo scambio reciproco della mente e del
cuore per dare consistenza e volo all’anima, perché singolarmente i due
emisferi, come i due cieli, sarebbere mancanti di qualcosa di essenziale per
essere completi e per completarsi. L’anima è molto di più della mente e del
cuore uniti. C’è una fusione che dà prodigiosamente le ali fino a forare lo
stesso cielo e andare oltre, dove è possibile persino incontrare Dio. La
razionalità senza creatività potrebbe risultare fredda e arida e incolore. La
creatività senza la razionalità potrebbe essere un illusorio fuoco d’artificio
di breve durata. Certo, ci sono le eccezioni che confermano in certo qual modo
la regola. Esistono, per esempio, i mancini: segno che l’emisfero destro è
diventato preponderante su quello sinistro. Ma ciò non significa dover
contrastare il mancino perché raddrizzi ciò che non va per il verso giusto
nell’emifero incriminato; per me significa valorizzare al meglio quello che
l’emisfero offre per ottimizzare il prodotto finale. Lo stesso vale per le due
metà del cielo. Anche qui le eccezioni potrebbero confermare la regola: gli squilibri
che purtoppo accadono per troppi vuoti o troppi pieni. Ma quella del vuoto e
del pieno ci porterebbe a riflettere su un’altra mia ipotesi che dà maggiore
valore al vuoto che non al pieno. Il primo si dovrebbe riempire (e, dunque,
equivale all’azione del costruire), mentre il secondo sarebbe da svuotare (e,
cioè, occorrerebbe togliere, distruggere), ma questo è un altro discorso, per
me molto affascinante, che potremmo affrontare, avendone voglia, un’altra
volta. Si potrebbe, comunque, forse raggiungere un nuovo equilibrio e
avremmo, forse, unioni sempre più proiettate a migliorarsi per migliorare
l’intero cielo. Dunque, singolarità e identità + diversità e complementarità:
reciprocità: armonia: felicità. Badando a superare i troppi vuoti e i troppi
pieni. Non è impresa facile: ci diciamo perplesse per via delle nostre
esperienze personali, e spaventate per via di quanto apprendiamo dai mezzi di comunicazione
e di informazione. Ma non per questo dobbiamo abbandonare l’impresa: cioè
tentare di capire cosa interrompe il possibile equilibrio. Personalmente,
ritengo che molto possa dipendere proprio dall’incontro: non sempre è vero che
s’incontra “l’anima gemella”, quella giusta per noi. Mi è capitato spesso, dati
i miei lunghi anni, di vedere le stesse coppie comportarsi in maniera del tutto
diversa con partner diversi, in momenti diversi della loro vita. Dunque, è
possibile che sia necessario incontrare proprio la persona giusta per noi e
viceversa. E, poi, sono convinta (e questa è davvero una convinzione, l’unica
della mia vita, e non più una ipotesi!) che è l’AMORE (quello vero con la A
maiuscola, quello che è rivolto all’altro e mai a sé stessi, che non fa conti
di dare e avere, ma fa sconti sulle debolezze dell’altro, sulle sue fragilità,
sulle sue miserie umane!) a tenere insieme in armonia due o più persone. Se c’è
AMORE, c’è rispetto, passione, tenerezza, comprensione. Ci sono carezze per il
corpo e per l’anima. E tutto viene vinto, tutto superato nel reciproco aiuto. E
l’amore
può durare un giorno o una vita e andare oltre la vita. Quando c’è, nel momento
che lo sentiamo palpitare dentro, è pienezza, compiutezza, appagamento,
sicurezza. Lealtà. Forse Verità. riconoscimento vero di sé e dell’altro da sé. Laddove
viene a mancare l’amore, l’altro ci divena indifferente, sconosciuto, disturbante,
forse anche nemico. Si diventa ostili, diffidenti, permalosi, ottusi ad ogni
richiamo, amoroso o meno.
Ma per fortuna
i sentimenti forti ritornano e ci salvano.
E, a questo
proposito, mi piace riportare qui quanto ho scritto nel secondo volume del mio
quasi romanzo Le piogge e i ciliegi (SECOP edizioni) che tra non molto sarà
pubblicato:
“Anche quando
inevitabilmente ci lasciano ferite perché sono tanto grandi da segnarci per
sempre e tanto fragili da non resistere, a volte, alle ingiurie del tempo.
(Forse un
rapporto dura nel tempo se viene bruscamente interrotto e non si realizza
appieno, lasciando uno strascico d’incompiuto; oppure se ci si “consegna”
reciprocamente per essere in due nella condivisione di ogni esperienza di vita. Gli stessi universi ce
lo dimostrano: si rigenerano nel loro eterno e reciproco innamorarsi per tenere
coeso il Creato... nella circolarità che disegna l’Infinito. Niente di
scientifico, per carità! Terreno minato per me. Ma mi piace pensarlo. Nell’uno
o nell’altro caso “l’amore basta all’amore”, come mi pare abbiano scritto
Khalil Gibran e altri poeti famosi, rifacendosi soprattutto al Cantico dei Cantici di Salomone,
meraviglioso inno alla vita contenuto nella Bibbia, in cui l’amore vive e
palpita di spiritualità, ma s’inebria di profumo materico e di sensualità).
A tratti, ci
ritrovavamo nelle nostre perdute sintonie o nel desiderio di noi che
improvvisamente si riaccendeva per farci sentire ancora vicini e innamorati.
Poi ci percorrevano nuove distanze. E nuovi silenzi.
(Ma
probabilmente accade a tutte le coppie che vivono a lungo insieme senza, però,
giungere alla tarda vecchiaia. Diventa naturale, negli anni, distaccarsi
emotivamente. Vivere senza più incontri serrati di corpi e di anime. Altri
forse si rassegnano. Io ho avuto il torto di non rassegnarmi mai, di non
smettere mai di sognare.
Di sentirmi viva, sempre e comunque…
Ora, però, so
che, se si ha la fortuna di superare il giro di boa degli “anta” in due, allora
è facile che ci si ritrovi in quella rinnovata comprensione di lunghi anni di
quotidianità condivisa, spesso amara, ma addolcita da un affiatamento nuovo,
nella consapevolezza di essere giunti al guado dei comuni problemi di salute.
Bisogna tendersi reciprocamente la mano per andare oltre. Nasce un modo nuovo
di stare insieme in quell’incontro di sguardi sulla propria intimità che solo a
quell’uomo o a quella donna conosciuti da sempre è possibile affidare. Si
impara ad accettare sul volto del partner le rughe e le offese al suo corpo,
che diventano respingenti su un corpo e su un volto datati ed estranei. E
s’impara ad offrire la propria spietata vecchiaia agli occhi, che un tempo non
perdonavano o ignoravano e che, dopo, nella comune quieta rassegnazione,
rispecchiano un’ affettuosa
accettazione).
Oggi ritengo
che anche per te e la nonna o per mamma e babbo sia stato così. Per tutti forse
giunge il tempo della rinnovata carezza a lenire un dolore che non è più
neppure tale. E non si sa dare nome a quel filo di ricordi riannodato alla
necessità di riscoprirsi uniti contro i propri mali e tutti i mali del mondo.
Senza più l’attesa di un esaltante accadimento.
Dopo tanto frastuono di voci altre, la tregua del cuore.
La tregua non
è disarmo. È pausa di riarmo. Per trovare nuovi appigli. E scoprire che si può,
si deve ricominciare. E l’amore necessario si ripropone. Servono parole vere.
Pronunciate a fior di labbra e già ascoltate dentro, ma con una compiutezza
nuova perché dai passati errori si scoprono i punti di forza da valorizzare e
le debolezze da superare.
E si è finalmente “noi”
È così che il
cielo, ora presente, rimescola le carte e non fa più rumore del filo d’erba che
rinasce nel prato dopo tanto gelo e tanta neve. Le coppie di lunga navigazione,
allora, imparano a guardare con tenerezza i reciproci paesaggi innevati, fisici
e mentali, riscoprendo il ricordo di altri più verdeggianti e fioriti
orizzonti, attraversati nel tempo e mai sfioriti del tutto.
Imparano a
mettere la giusta distanza da tutto ciò che ha fatto e fa male. O quasi. Sono
convinta che, se fossimo vissuti più a lungo insieme, anche io e Primo ci
saremmo salvati dai rami spogli dell’inverno nella dolcezza di rinate primavere”.
Ma, infine, nella
coppia (senza voler escludere ogni altra forma di coppia), la donna è la Luna
in tutto il suo splendore, fascino e mistero, ma non è mai satellite del Sole,
solo un corpo celeste a sé stante di cui il Sole è eternamente innamorato e nel
cui amore la Luna è felice di rispecchiarsi…
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