giovedì 4 gennaio 2018

L'ALBA DEL NUOVO ANNO


E ci sorprende l’alba del Nuovo Anno con sfilacci di nuvole che ricamano il cielo e lasciano uno stupore di luna affacciata ai balconi della notte in attesa di sapere i destini degli uomini che hanno gridato auguri! Buon anno! Sii felice! E hanno brindato e acceso lanterne in volo verso il cielo in una esaltazione di botti, di luci, di fuochi d’artificio a gareggiare con le lontane stelle, silenziose, misteriose, estranee forse alle umane vicende, ma vicine al cuore di ciascuno, che s’illumina di taciuti sogni e di intimi desideri (de-sidera = intorno alle stelle!). Per vincere ogni dolore ogni perdita ogni delusione. E le illusioni rinascono con l’ultimo tocco della mezzanotte, con il primo battito del primo minuto del giorno che verrà. E tutto ci sembra possibile. Tutto ci appare nuovo (come la mente si finge) e tutto diventa un tempo e un luogo da attraversare per esplorare, scoprire, conoscere sapere capire. E il gioco riprende in una fuga di giorni che sanno l’attimo e ignorano il tempo. Quasi tutti, però, riprendiamo il cammino tracciato dalle vecchie abitudini e convinzioni, dai vecchi impegni e dalle vecchie prigioni.
Il nuovo ci sorprende e ci spaventa. Lo guardiamo con la meraviglia dell’attesa e lo accantoniamo con la codardia di chi lo teme e se ne allontana. Le vecchie certezze si risolvono in nuovi rifugi per non rischiare di naufragare senza un solo appiglio. E tutto si ripropone.
Eppure…
Basterebbe forse il coraggio dei sogni o il sogno del coraggio per capovolgere il mondo e seguire nuovi richiami, scoprire nuove vie, rileggere gli antichi sentieri con occhi bambini e rinnovate stelle comete ad indicare un grotta, una verità prima ignorata o perduta e riapparsa in tutto il suo splendore d’essere.
Forse il solo augurio potrebbe essere questo: avere un cuore bambino sempre.
Perché ogni giorno sia il primo giorno dell’anno e della nostra vita. Anche se ogni giorno ci regalerà un nuovo dolore e un nuovo incanto. Nuovi dubbi e nuove certezze. Nuove contraddizioni. Nuove emozioni. E il mistero ci prenderà per mano e ci condurrà dove la mente si ferma nell’indistinto buio delle mancate dimostrazioni, mentre l’anima procede verso la luce dove è la sua dimora e il suo canto…
Tra i tanti messaggi di auguri ecco venirmi incontro una poesia beneaugurale, inviatami alcuni mesi fa dal mio amico e poeta Alberto Tarantini non per il nuovo anno naturalmente, ma per il mio compleanno.
La rileggo e la trovo decisamente appropriata per questo giorno di nuovo inizio. La trovo, anzi, prodigiosamente appropriata. Quasi un segno. Uno squarcio di luminosa sonorità nel silenzio che sopraggiunge nel cuore e nell’aria dopo il frastuono della festa e l’allegria. Un invito a riflettere. A non far passare invano un giorno che promette molto nel nostro immaginario per rivelarsi magari un giorno come tutti gli altri. Con uno sgomento di giorni in più.
Ecco il testo:
L’uomo e le stelle
Nel freddo firmamento -/che tale è:/riserva d’oppio di pazzi/ e poeti! -/non ravviso fattezze/ umane o amiche,/il caldo abbraccio/ d’un creatore/che volle farci felici./Le costellazioni non portano/ nomi di santi; di là mai passarono./Eroi, regine, qualche/ strambo/ animale… ma santi/ proprio no./Altri imperi imperano/
e vi si piantano bandiere/ con scritto che la morte/ fu vinta; e le formule/ si sprecano negli annali /dell’Universo./ Forse siamo noi il tocco/ d’autore,/ l’intarsio dell’artigiano,/ la sbavatura del colore,/ la pregiata/ imperfezione,/ la nota volutamente/ steccata/ che ci avvicina un po’ a/ Dio.
Mio caro Alberto, ti ringrazio per il tuo dono che ora mi torna utile più che mai per concludere queste mie povere riflessioni sull’“anno che verrà”.
Bello il titolo, che mi riporta alle mie amate stelle e alla loro luce, offuscata purtroppo dalle nostre luci artificiali che le impoveriscono fino a farle sparire alla nostra vista. Eppure ci sono. Sono là da miliardi di anni luce. Si spengono e rinascono come i nostri sogni, i nostri progetti e desideri che tali rimarranno “finché il sole risplenderà sulle sciagure umane”.
Certo, come sostieni giustamente tu, gli astri sono freddi e lontani e non si danno affanno dei mali degli uomini. Vivono in galassie e formano costellazioni, ma sono un inganno perché il tempo che li contiene si conta in milioni di anni e lo spazio è siderale. Dunque, vediamo ciò che è lontanissimo nel tempo e nello spazio. Dunque, vivono in solitudine e rendono solitario l’Universo che li contiene, privandoci di santi e di miracoli, persino di un creatore che mai si disvela. Lasciandoci in un deserto senza oasi e senza miraggi. Assetati come siamo di certezze e verità.
Pure… in tanto disperante vuoto persino di volti d’uomini e delle loro “fattezze” umane, rimane un “forse” che forse ci sostiene e ci salva.
Forse siamo proprio noi, così sghembi, stonati, smarginati nel colore e nella forma, nei pensieri e nei comportamenti, nei rimpianti e nelle speranze, nelle innumerevoli contraddizioni che ci lacerano e ci rendono unici, “l’intarsio dell’artigiano”, “il tocco dell’autore”, “la pregiata imperfezione”.
Siamo noi pulviscolo di stelle a illuminare i multiversi che continuano a rigenerarsi nello spazio/tempo senza fine.
Siamo noi il miracolo della vita pensante nell’Universo (e tu, caro Alberto, sei testimone operativo quotidiano di questo miracolo che si fa carne e sangue e vagiti di protesta e braccia d'amore). Siamo noi la moltitudine di voci che si danno una voce e parlano,  pregano, cantano.
Siamo noi intrecci di mani...
Siamo noi a colmare il vuoto di senso che avvertiamo, sgomenti, e in cui facciamo naufragio ogni giorno. Siamo noi con la magia del nostro sguardo a colorarci dei colori del mondo: a renderlo immaginato, guardato, scoperto, conosciuto, modificato, mortificato, lacerato, umiliato, offeso, distrutto, ricostruito, inventato, amato e perduto e ritrovato nel nostro sogno che potremmo tentare di rendere realtà.
Perché gli apparteniamo…
E forse in questa ansia di pienezza e di eternità siamo molto più vicino a Dio di quanto la nostra mente non sappia, il nostro cuore non brami, la nostra anima non ritorni a sfiorare la Sua mano, nel cui palmo s’acquieta…
Ma, testardi noi, continuiamo a contare i giorni e a riporre le nostre speranze e i desideri nelle luci che accendono nel buio le città addormentate…
ed io imperterrita continuo a dire Buon Anno!

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