Filo
è una parola breve, che dà subito l’idea del suo essere sottile, quasi di poco
conto, di scarsa durata e di cui si può fare anche a meno. E, invece, è di una
incredibile utilità. Serve. A cucire due lembi di stoffa separati ma
combacianti; a legare tanti steli di fiori per farne un bouquet; a ricamare
lenzuola da sposa e tovaglie per i giorni di festa; a stringere altri fili o
tutto quello che va messo insieme e tenuto ben unito. Il filo regge un
palloncino o un aquilone. Se è di perle, diventa ornamento. Se è di olio, diventa
nutrimento. Se è di parole, diventa discorso. Se è colorato, diventa segno di
confine. Se è di sangue, diventa incidente, malessere, timore, paura. Se è di
corrente, diventa luce. Se è del telefono, diventa comunicazione a distanza. Se
è di lana, diventa un maglione o un cappellino. Se è un rossetto, diventa un
papavero sulle labbra e accende un sorriso. Se è sospeso tra due muri, diventa stendipanni
con tante nuvole bianche prigioniere di mollette quasi becchi affamati di
uccelli senza volo; se si tende su case e vallate, diventa l’ardimento del
funambolo che cammina sul filo del suo
sogno…
Ma il
filo può anche legare due polsi e unire due persone, due pensieri, due cuori,
due sentimenti, due percorsi di vita in uno. Ed è bello pensare che un esile
filo possa diventare così resistente da legare due vite, con tutto quello che
in una vita è compreso, moltiplicato due o anche dieci cento mille volte.
Basta
un filo e sembra quasi che si possa andare alla conquista del mondo: del cielo
e della terra, del gioco di un bambino, del lavoro di un adulto.
Ma il
filo, se è di semplice cotone o di preziosa seta, può anche spezzarsi e
riannodarsi. Nel primo caso, separa ciò che aveva unito; nel secondo, ripropone
la cucitura, il ricamo fiorito di bianco o di innumerevoli colori, il legame tra
due o più persone e lo rafforza perché offre, a chi lo possiede e ne fa uso, la
consapevolezza della precarietà della sua consistenza e resistenza, sollecitando
all’attenzione e alla cura per salvaguardare la sua forza, la sua generosa
solidarietà.
Se si
spezza, è importante ricorrere al nodo.
E il
nodo può essere un legame più forte, ma anche un ostacolo. Una promessa o solo un
ricordo. Diventa la misura del tempo e dello spazio. O il punto fermo.
Se,
poi, è anche rosso, diventa dialogo, filo diretto, che crea consuetudine,
intimità, riconoscimento, amore, allegria. Ma anche errore di poco conto,
peccato veniale o, piuttosto, ferita.
Se,
infine, è di lana ed è rosso, allora diventa inequivocabilmente il libro “Un
filo di lana rosso” di Raffaella Leone per i tipi della Secop Edizioni con
illustrazioni di Massimiliano Di Lauro.
E il
libro di Raffaella Leone è un racconto lungo che si dipana in un percorso che
dalla Puglia porta a Milano e ritorno, legando due polsi in fuga, che si
attraggono e si respingono senza tregua e senza sosta, perché sono uniti non
solo da quel filo di lana che si spezza e viene riannodato, ma da un sentimento
d’amore che lega quasi novant’anni di vite, l’una nell’altra; di gioco,
confidenze, voglia di libertà e rifugio sicuro del cuore perché non c’è
distanza che tenga, né altro divario o dissonanza quando è semplicemente una
storia d’amore indissolubile, oltre ogni possibile apparenza. A raccontare
questa storia affascinante è pur sempre il filo rosso, che segna un limite e la
misura di ogni possibile rapporto umano. Che è, a volte, senza limiti e senza
misure, perché riguarda sentimenti che vivono di vita propria oltre il tempo e
lo spazio anche se si nutrono di tempo (gli anni) e di spazio (la propria casa),
da cui sconfinare aiutati da quel semplice filo, che un’autrice straordinaria ha dipinto di
rosso appassionato come il suo cuore e che sa riannodare continuamente perché
non si spezzino mai i capi e non si disperdano mai quegli amori “unici”, che
hanno profonde radici nell’anima.
E
tutto ricomincia… anche ritornando a
leggere dalla prima pagina il libro perché non se ne perda neppure una parola. Nel
tentativo di scoprirne il senso, la profonda verità.
Danzare sul filo steso sul paradosso che va dalla Indissolubilità dell'Amore divino e la fragile resilienza umana. Brava! Tuo Peppe
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