martedì 29 agosto 2017

IL GIORNO CHE LE PIETRE DECISERO DI PARLARE

L’alba si svegliò una frazione di secondo prima, perché ci si avviava verso la primavera. Era di latte e di miele, che il sole dipinse di sole non appena fece capolino oltre la siepe. Gli uccellini, appena nati, bisbigliavano sotto i tetti, nel rifugio caldo dei loro nidi, raccontandosi i sogni della notte e l’urgenza di cibo con i becchi spalancati.
Le pietre della casa da qualche giorno stavano lì ad ascoltarli, da quando, cioè, il silenzio dell’alba era stato interrotto da quel festoso parlottio e da quel tripudio di pigolii.
Decisero allora di parlare pure loro. Si fecero coraggio. Non era facile. Non erano abituate.
Avevano sentito dire agli uomini che le pietre cantano.
Avevano sentito dire agli uomini che le pietre raccontano.
Avevano sentito dire agli uomini che le pietre conservano la memoria del tempo. Nel tempo. E alcune di loro erano millenarie.
Le loro parole rimbombarono come nel giorno della Creazione le parole di Dio, e gli uccellini si spaventarono con tutto il resto del Creato.
E, forti della loro millenaria esperienza, raccontarono degli anni e delle stagioni, delle cose e del loro mutamento, del mare e delle sue onde.
Poi parlarono del cielo che si perdeva nell’immenso, e della bellezza inafferrabile e lontana delle stelle. Della follia della luna e della pazienza del sole. Del suo donare a tutti luce e calore.
Parlarono delle nuvole dispettose e del vento frettoloso e della pioggia che cantava sui davanzali dei balconi, che dissetava i fiorellini appena sbocciati, e danzava tra gli alberi, o batteva insolente, insistente, sulle loro sorelle più povere, che lastricavano le strade e venivano sempre calpestate dall’indifferenza degli uomini, Poi finirono col parlare solo degli uomini, e dei loro passi a percorrere anche strade sconosciute per scoprire il mondo e andare lontano. Delle città e delle loro dimore. Dei problemi e dei sogni. Delle cadute e delle rinascite.
E si fermarono a chiedersi del loro cuore. Cuore di pietra o di rose e di spine? Cuore intriso d’amore o grondante odio e dolore? Cuore due volte cuore o cuore senza cuore? Troppo ingarbugliate le vie del cuore per capirci qualcosa.
Le pietre si persero in quel labirinto senza via d’uscita.
Gli uccellini, stanchi di ascoltare storie più grandi dei loro pigolii, si erano riaddormentati.
E le pietre smisero di raccontare. Rispettando il mistero di quell’infanzia di piume e d’innocenza.
Troppo lunga la storia degli uomini per essere capita. Troppo difficile per tutti addentrarsi in quel groviglio di pensieri, di sentimenti, di ambizioni, di potere, di violenza, di tenerezza, di passione, d’indifferenza, di vittorie, di sconfitte. Troppi egoismi per non lacerare intese. Come aiutarli a diventare migliori?
Persino le pietre si sentirono scoraggiate.
Meglio il silenzio. Gli uccellini tra poco avrebbero imparato a volare. Avevano le ali e prima o poi avrebbero spiccato il volo. Guadagnato il cielo.
Spettava a loro farsi sentinelle almeno dei loro nidi. E salvare così ogni nuova primavera.
Sospirarono e tacquero. Piegandosi all’ineluttabilità delle cose del mondo, all’insondabilità dei pensieri degli uomini, all’imponderabilità delle  contraddizioni della vita.
Si stava facendo sempre più tardi e l’alba era stata vinta già dal mattino.

Altre voci avrebbero colmato il giorno.

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