L’alba si svegliò una frazione di secondo prima,
perché ci si avviava verso la primavera. Era di latte e di miele, che il sole
dipinse di sole non appena fece capolino oltre la siepe. Gli uccellini, appena
nati, bisbigliavano sotto i tetti, nel rifugio caldo dei loro nidi,
raccontandosi i sogni della notte e l’urgenza di cibo con i becchi spalancati.
Le pietre della casa da qualche giorno stavano lì ad
ascoltarli, da quando, cioè, il silenzio dell’alba era stato interrotto da quel
festoso parlottio e da quel tripudio di pigolii.
Decisero allora di parlare pure loro. Si fecero
coraggio. Non era facile. Non erano abituate.
Avevano sentito dire agli uomini che le pietre
cantano.
Avevano sentito dire agli uomini che le pietre
raccontano.
Avevano sentito dire agli uomini che le pietre
conservano la memoria del tempo. Nel tempo. E alcune di loro erano millenarie.
Le loro parole rimbombarono come nel giorno della
Creazione le parole di Dio, e gli uccellini si spaventarono con tutto il resto
del Creato.
E, forti della loro millenaria esperienza,
raccontarono degli anni e delle stagioni, delle cose e del loro mutamento, del
mare e delle sue onde.
Poi parlarono del cielo che si perdeva nell’immenso,
e della bellezza inafferrabile e lontana delle stelle. Della follia della luna
e della pazienza del sole. Del suo donare a tutti luce e calore.
Parlarono delle nuvole dispettose e del vento
frettoloso e della pioggia che cantava sui davanzali dei balconi, che dissetava
i fiorellini appena sbocciati, e danzava tra gli alberi, o batteva insolente,
insistente, sulle loro sorelle più povere, che lastricavano le strade e
venivano sempre calpestate dall’indifferenza degli uomini, Poi finirono col
parlare solo degli uomini, e dei loro passi a percorrere anche strade sconosciute
per scoprire il mondo e andare lontano. Delle città e delle loro dimore. Dei
problemi e dei sogni. Delle cadute e delle rinascite.
E si fermarono a chiedersi del loro cuore. Cuore di
pietra o di rose e di spine? Cuore intriso d’amore o grondante odio e dolore?
Cuore due volte cuore o cuore senza cuore? Troppo ingarbugliate le vie del
cuore per capirci qualcosa.
Le pietre si persero in quel labirinto senza via
d’uscita.
Gli uccellini, stanchi di ascoltare storie più
grandi dei loro pigolii, si erano riaddormentati.
E le pietre smisero di raccontare. Rispettando il
mistero di quell’infanzia di piume e d’innocenza.
Troppo lunga la storia degli uomini per essere
capita. Troppo difficile per tutti addentrarsi in quel groviglio di pensieri,
di sentimenti, di ambizioni, di potere, di violenza, di tenerezza, di passione,
d’indifferenza, di vittorie, di sconfitte. Troppi egoismi per non lacerare
intese. Come aiutarli a diventare migliori?
Persino le pietre si sentirono scoraggiate.
Meglio il silenzio. Gli uccellini tra poco avrebbero
imparato a volare. Avevano le ali e prima o poi avrebbero spiccato il volo.
Guadagnato il cielo.
Spettava a loro farsi sentinelle almeno dei loro
nidi. E salvare così ogni nuova primavera.
Sospirarono e tacquero. Piegandosi
all’ineluttabilità delle cose del mondo, all’insondabilità dei pensieri degli
uomini, all’imponderabilità delle
contraddizioni della vita.
Si stava facendo sempre più tardi e l’alba era stata
vinta già dal mattino.
Altre voci avrebbero colmato il giorno.
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