martedì 2 settembre 2025

Martedì 2 settembre 2025: LE AUTRICI CHE SCRIVONO LA LETTERATURA DEL TERZO MILLENNIO...

Trascorse le vacanze con l’ultimo sole si agosto e le prime piogge di settembre, eccoci di nuovo insieme e, questa volta, per approfondire i Libri di alcune Autrici- SECOP, di cui ho già parlato, ma che, ad una nuova lettura più approfondita, appena tornata al “lavoro usato”, mi hanno dato nuovi spunti di riflessione da condividere tra noi e magari farne oggetto di dibattito. Ma, prima di cominciare, vale la pena di indicare tra le donne che hanno scritto romanzi e poesie, guardando in una quarta direzione (col suo “Sguardo obliquo” e “l’obliquità del suo cielo”) le parole delle donneParlo di Sylvia Plath (“V’è un muro bianco, obliquo al cielo, sopra il quale il cielo si crea l’infinito, verde, assolutamente intoccabile. Gli angeli vi nuotano, e le stelle, anche loro indifferenti, sono il mio medium”). L’ossessione di Silvia Plath nel suo cielo obliquo è cercare, in un mondo fatto di soli uomini, le parole delle donne, una lingua che sia veste della loro inquietudine e solitudine, delle loro passioni silenziose o addomesticate, del loro dolore per il parto o, peggio, un aborto. Gli uomini disprezzeranno le sue parole, ma lei continuerà a scriverle come unico riscatto e rifugio alla innegabile creatività del mondo femminile.

Sylvia Plath, ancora giovanissima, morirà suicida, lasciando a noi donne tutte le parole che ci connotano e ci definiscono nella nostra immarcescibile creatività contro un universo maschile più superficiale, più rivolto alla realizzazione di sé a livello scientifico, politico, sociale. Non a caso, si presuppone che l’universo femminile sia notturno e misterioso come le stesse facce lunari che ne definiscono cambiamento e follia, mentre quello maschile si realizzi alla luce del giorno, dove non vi sono ombre né fughe d’alberi con il loro verde spietato contro il sole, ma la nuda e cruda realtà quotidiana. A meno che non si nasca poeti. Garcia Lorca amava “sfogliare la luna” e camminare in compagnia delle stelle. In realtà, egli scrive: chi cammina non vede le stelle”, ma in “Notturno”   sostiene: “Guardo le stelle sul mare. Oh, le stelle sono d’acqua, gocce d’acqua. Guardo le stelle sul mio cuore. Le stelle sono di aroma! Grani d’aroma. Guardo la terra piena d’ombra. E Lorca fu fucilato per la sua visionarietà? La sua ambiguità? Chissà. Forse.

Ma, ritornando alle parole delle donne, è possibile scoprire in queste anche una quarta-quinta-sesta dimensione, soprattutto se ci rifacciamo alla “Teoria della Relatività” di Albert Einstein, in cui si afferma che non esiste un tempo assoluto, unico per tutti, ma esclusivamente per ogni singola persona e questo dipende da dove si trova, da come si sta muovendo. Il tempo, inoltre, si dilata con l’avvicinarsi alla velocità della luce. Ma la formula completa è molto più complessa, per cui io mi astengo dal fare ulteriori ricerche in mancanza assoluta di competenze al riguardo, ma mi piace pensare che noi esseri umani, soprattutto se donne, siamo già in un “Altrove” che vada oltre lo stesso infinito. Non a caso, Alda Merini si fa paladina delle parole delle donne attraverso i suoi tanti versi dedicati all’Amore, che è fonte di dolore, ma anche di tanta luce per orientarsi nel buio e per salvarsi sempre. Sì, soprattutto Alda fa parte di quella creatività che ci connota nella nostra “umanità” più bella e vera, fonte di Bellezza, di Armonia e di Speranza… Ma ne sono testimonianza anche le tante Autrici di Casa SECOP e delle Edizioni FOS, a cominciare dalle loro ultime opere, quelle meno datate, per giungere a quelle dei nostri giorni, e di cui si stanno tenendo le prime presentazioni.

E mi piace ricordare le tenerissime poesie dedicate a sua madre da parte di Mariella Bettarini, una delle più grandi poetesse italiane viventi, POESIE PER MAMMA ELDA (SECOP edizioni, Corato-Bari 2019, pp. 56, euro 10,00); I MUSICI DI HAYDN della delicatissima, prezioso cristallo fragile e forte, poetessa molfettese Ada De Judicibus Lisena (SECOP edizioni, 2015, pp.101, euro 10,00) con i saggi introduttivi di Angela De Leo e Gianni Antonio Palumbo; LAVANDA PER L’ORCO della grande e inimitabile Roberta Lipparini (SECOP edizioni 2023, pp. 119, euro 12,00); i luminosi versi della solare Dina Ferorelli in MATTINO DI GIRASOLI (SECOP edizioni, 2015, pp. 92, euro 10,00); la sorridente e divertente Autobiografia di Ombretta Leone ne L’abbondanza del cappero (Edizioni FOS 2023, pp.189, euro 15,00), in cui tutto viene stravolto, dalle sezioni connotate dai disegnini dell’Autrice, alle note rappresentate dai suoi originalissimi fumetti, fino a giungere alle conclusioni che, manco a dirlo, si traducono in “Sconclusioni”, il tutto condito da sorprendenti e catturanti risate, per vivere la vita con “leggerezza” calviniana e con la passione di chi sa mettere a fuoco con umiltà e tranquilla sicurezza i propri talenti. Altrettanto dicasi di Daniela Leone e Raffaella Leone: la prima, Daniela, ha cominciato a scrivere appena ragazzina racconti, che furono pubblicati nel lontano 2001 da una SECOP edizioni agli albori del suo progetto di diventare Casa editrice tre anni dopo, il 2004. I racconti si intitolavano diciottosettembresettantasei (quasi un soliloquio), scritti all’insegna della originalità e delle sue ALI pronte a spiccare il volo, planando ultimamente su un racconto lungo L’unghia e l’unghiata, il graffio che scortica e fa male, che varrà la pena di pubblicare quanto prima. Raffaella Leone, invece, ha al suo attivo numerose pubblicazioni per bambini e adolescenti ed è scesa ultimamente in campo con un libro di tutt’altro genere, riguardante la sua attuale “avventura scolastica” come insegnante di sostegno. Il libro s’intitola ironicamente UNA MAESTRA MA NON TROPPO (Viaggio alla ricerca di una identità professionale L’insegnante di Sostegno), SECOP edizioni 2024. Ma siamo di fronte a un titolo con una grafica sorprendente, ideata dalla stessa Autrice, tutta in rosso e con una M di Maestra pericolante come dovesse cadere in un abisso fumogeno in cui la identità di Maestra di Sostegno precipita senza appigli o ancore di salvezza. Bisogna necessariamente leggere il libro per venirne a capo e comprendere realmente questa figura così importante per recuperare e salvare i tanti alunni con problemi di apprendimento, riconosciuti e non…

Ma ecco giungere ai nostri giorni, con presentazioni in atto prima e dopo le vacanze estive.

Occorre, però, ricordare i versi sognanti e mai scontati, ricchi di visionarie parole che fioriscono tra l’erba, di Elina Miticocchio in Alle radici dell’erba (SECOP edizioni, Corato-Bari 2020, pp. 161, euro 12,00); Sentieri le ferite (SECOP edizioni, Corato-Bari 2024, pp. 103, euro 12,00) della eterea e funambola Mariateresa Bari sempre in bilico alla ricerca della parola che possa aiutarla a ritrovare sé stessa. Luminosa e illuminante la Prefazione di Mario Sicolo (alias Apulo Scriba) e con le Tracce conclusive di Angela De Leo; Ti ruberò una promessa d’amore della dirompente, grintosa e appassionata Giulia Basile (SECOP edizioni, Corato-Bari 2025, pp. 96, euro 14,00) con i favolosi Disegni di Giampiero Gigante e l’Introduzione dell’impagabile Osvaldo Capraro.

E, poi, giungiamo ai nostri giorni con la poesia sorprendente, tra il mistico e il profano, della straordinaria Rossella Piccarreta, in CARNE SACRA (SECOP edizioni, Corato-Bari, euro 12,00); i sei racconti + uno di Rita Lopez in La nostalgia dolcissima e bastarda per ciò che non è stato (SECOP edizioni, Corato-Bari 2025, pp. 124, euro 12,00). Le presentazioni del Libro sono cominciate circa una settimana fa nella bellissima Libreria “I funamboli” di Barletta e continuano con grande partecipazione emotiva dei tantissimi lettori che fanno a gara per leggere i suoi tantissimi racconti quotidiani, tutti di ottima fattura. E giovedì 4 settembre, alle ore 18,00 ci sarà a Bari, in via Crisanzio n. 16, una nuova presentazione con Tiziana Schiavarelli e la fedelissima Mariella Medea Sivo, curatrice del libro, insieme al suo compagno Nicola Rizzi. Giovedi, inoltre, la presentazione avverrà nella nostra Corato-Bari, in via Cadorna, n.3, alle ore 19,30. Rita sarà, ancora una volta, intervistata dalla bravissima Mariella Medea Sivo.

Vanno, infine, tenute presenti alcune voci molto forti, anche se non hanno pubblicato con la SECOP edizioni, ma hanno già una profonda e alta collocazione tra le scrittrici che già scrivono quotidianamente la storia letteraria del Terzo Millennio. Mi riferisco ad Angelica Grivel Serra che, dopo il suo Romanzo d’esordio L’estate della mia Rivoluzione, pubblicato dalla Mondadori, sta consegnando alle stampe il suo secondo romanzo e io conosco perfettamente il valore della scrittura di Angelica perché da qualche anno la seguo in ogni racconto che scrive, in ogni testo che, con molta umiltà ma altrettanta determinazione, affida a giornalisti noti sia nella sua Sardegna tanto amata sia nel “Continente”. E ha solo 26 anni. Laurea triennale e poi quella Magistrale in Filosofia, con il massimo dei voti cum laude. Personalmente ho introdotto nel mio saggio La coccinella dalle sette punte (SECOP Edizioni 2024) sul grande cantautore Simone Cristicchi, il suo bellissimo racconto “JACOPO E VITALIA, UNA STORIA D’AMORE”, con la seguente conclusione: “E Angelica Grivel Serra, tenera figlioccia di Giovanni Gastel, l’immenso fotografo e poeta, nonché il tanto rimpianto amico, è pienamente consapevole della sua scrittura, che nulla concede al pressappochismo, alla distrazione, all’inesattezza. Tutto si incastona meravigliosamente tra forma e contenuto non per doveroso calcolo, ma per libertà di scelta, creatività, talentuoso sentire dell’anima”. Poi, ecco l’originalissimo romanzo/diario (misto di prose e poesie) Raccontami del vento di una giovane e grintosa scrittrice/poetessa/fotografa che conosce molto bene l’arte dello scrivere assecondando quel ritmo interiore, che è tumulto ancestrale del cuore e intensa profondità dell’anima, con la musica che la abita e la rende felice. Parlo della carissima Graziella De Cillis (EDIZIONI LATERZA, Bari 2024). Anche la sua scrittura merita una continua rivisitazione.

Infine, un discorso a parte meritano i versi di Francesca Palumbo ne Le ore invisibili (besa/muci, Nardò-Lecce, pp.141, euro16,00). Francesca è ormai da anni sul podio della scrittura creativa, che si può riassumere, ma è molto limitativo, con gli intensi suoi versi che troviamo sul primo risvolto di copertina: Battiti/ in-versi/ conforto e rimbalzo/ tra la gola e il cuoreE tutto è vissuto in sospensione di giudizio e tutto langue e si rinnova senza tregua, avendo Francesca gli occhi sempre rivolti all’immensità del cielo, suo habitat naturale Ma di lei e delle sue tantissime attività culturali (e non solo) parlerò ancora e ancora… A prestissimo di nuovo insieme. Angela/lina 

mercoledì 6 agosto 2025

Mercoledì 6 agosto 2025: RITA LOPEZ e il suo Libro "La nostalgia dolcissima e bastarda per ciò che non è stato"...

Simile a un dio mi sembra che sia

E forse più di un dio, vorrei dire,

che, sedendoti accanto, gli occhi fissi

                            ti ascolta ridere

                                dolcemente

                            (Catullo)

Un libro di Rita Lopez, originalissimo già nel titolo, nella copertina (in insolita e fascinosa continuità con il retro-copertina), nella Premessa, (scritta a mano e con una cifra tutta sua da Mariella Medea Sivo, curatrice, insieme al suo compagno Nicola Rizzi, con una consolidata esperienza come fotoreporter ed eccellente disegnatore). Un libro, insomma, che non finisce mai di stupire oltre ogni apparenza di verità-non verità. Si tratta di sette racconti che parlano di “Sette amori impossibili. Sette relazioni complicate. Sette racconti che si pongono esattamente a metà tra la memoria e l’immaginazione…”.

A cominciare da “La madre di Carla”, che è una sequenza filmica di una storia amarissima e tenerissima, in cui ci si ritrova immersi insieme ai protagonisti, con il desiderio coinvolgente e sconvolgente di intervenire per far quadrare il cerchio. È, infatti, una storia sapientemente costruita su l’apparenza che spesso inganna e sull’inevitabile pettegolezzo che nasce quasi sempre dal pregiudizio, dall’ignoranza dei fatti, dai preconcetti, basati su stereotipi che generano atteggiamenti negativi o presuntivi (e presuntuosi) privi di fondamento. Fino alla resa dei conti. In un bilancio niente affatto scontato, ma intensamente raccontato.

Più legato alle nostre credenze e tradizioni è il secondo racconto “U lupòmn”, in cui si penetra profondamente nella nostra baresità, nei luoghi del cuore e della memoria, se non più vi abitiamo. Qui incontriamo la magia della luna piena e la mostruosità del lupo mannaro, nel catturante racconto del nonno che, inconsapevolmente, ci conduce per mano alla scoperta delle nostre origini greco-latine e della nostra storia più intima e magica. Fino a una conclusione fantastica, tra l’onirico e l’intensamente suggestivo per il prodigio di un sentimento che può rendere eterno il fluire dell’esistenza… in un intreccio di storie antiche e nuove che coinvolge il lettore in un pathos crescente che si placa soltanto nel silenzio di un tempo millenario, riproposto sulle ali di un tempo/spazio che ci appartiene e che fa preziose e magiche le nostre radici.

Fiorellino” è un racconto basato anch’esso su particolari comportamenti umani, derivanti da disistima, confronti inadeguati, riluttanza ad accettarsi per quello che si è e per come si è, fino a quando… ecco subentrare la svolta della consapevolezza esistenziale affrontata con coraggio e determinazione da uno dei protagonisti, Michele, definito “fiorellino” dai ragazzacci che ogni giorno lo aspettano al varco, sulla spiaggia, per deriderlo.

Essenza della maturazione dell’IO cosciente contro l’EGO che immobilizza persino il diritto di esistere e di assaporare realmente la pienezza contagiosa della libertà di essere quello che si è.

Don Mario” è la storia di un prete, giovane, appassionato, attento ai parrocchiani e alla sua missione di sacerdote fortemente coerente con i dettami della Chiesa, ma è soprattutto la storia della “Signora Gilda”, una maestra in pensione, compiaciuta di sé e della sua voglia/illusione di piacere ancora. Anche qui le due storie s’intrecciano magnificamente, grazie alla penna di Rita Lopez, “maestra” di fraintendimenti allusivi, ammiccanti, incalzanti fino al punto di arrivo, alla soluzione strategica che sorprende, illumina, canta nell’anima come un “sorriso bello” che sa di “primavera”.

Ne “Il confine” scopriamo Ovidio che, nelle sue Metamorfosi, parla “dell’amore sfortunato tra Piramo e Tisbe”. Anticipa di oltre un millennio la storia di Giulietta e Romeo di William Shakespeare. Molto interessanti tutte le disquisizioni della nostra Autrice sulle diversità spazio-temporali del “diventare adulti” nella piena consapevolezza di “chi” amare. E così le tragedie si consumano ancora oggi, nel Terzo Millennio, soprattutto tra la gente del Sud. È, dunque, la storia di Gaetano e di Vittorio, legati da un “tragico destino” perché omosessuali. In entrambi, benché colti e intelligenti, c’è sempre un “troppo poco”, come suggerisce acutamente Rita, che fa di questo racconto un grandioso inno catulliano sulla magnificenza dell’amore corrisposto, contro ogni “troppo poco” a marchiarli a vita. E la tragedia ha inizio tra le mura domestiche, che dovrebbero essere protettive e invece si rivelano respingenti. Il resto è un binario di treni che percorrono Bari senza fermarsi mai, neppure negli occhi del professore, pieni di lacrime a impedirne il cammino.

Infine, ecco “Bonnie @ Clyde”, una storia di perbenismo, snobbato da due innamorati dell’ultima generazione. Due innamorati che scappano via e imparano a delinquere per essere sempre insieme senza arte né parte. È la bellissima storia conclusiva che offre alla Scrittrice l’idea del titolo dell’intera raccolta. In cui ciò che “non è stato” è immensamente più importante di “ciò” che rimane. E la contraddizione, come Simone Weil c’insegna, vince alla grande. E non poteva essere altrimenti con una scrittrice che fa persino della sconfitta un inno alla vita e alle risorse fisiche e psicologiche che è capace di inventarsi con un pizzico di malinconia, tanta ironia, tanta inventiva e immaginazione.

Ancora una volta, i libri di Medea e Rizzi hanno un racconto maschile impaginato all’incontrario, con delle soluzioni originali, connotative, straordinariamente inusuali e felicemente catturanti, che fanno della coppia Medea-Rizzi un duo decisamente vincente nel panorama della Letteratura e della Cultura letteraria italiana, e non solo. E anche l’Editore, Peppino Piacente, della SECOP edizioni, si sente fiero, appagato, soddisfatto per aver riposto la sua totale fiducia in questi due talentuosi “ricercatori di pepite d’oro” (vedi il Libro di Rita Lopez) tra tante “ciofeche”, che purtroppo oggi vanno per la maggiore, sdoganate anche dai social e quant’altro, su cui non voglio indagare, perché non mi piace e non ho “i ferri del mestiere” per farlo con assoluta etica onestà.

Questa volta si tratta del racconto del noto regista e sceneggiatore, di pretta marca barese, Gennaro Nunziante. Intensa e divertente descrizione di un agosto vissuto tra la libertà del mare e “l’acchiappo” delle fanciulle in fiore sulla battigia delle nostre azzurre acque, tra il Lido San Francesco e Palese.

Anche qui la storia si conclude con un nulla di fatto ma con il sapore di un bacio strappato all’ultimo minuto per poi scappare a gambe levate con il rischio di una brutta fine. Meglio rimanere a casa anche di Ferragosto? Ai lettori “l’ardua sentenza”.

Ma sospette ellissi di quotidiana anormalità è il dono più bello che Rita Lopez possa fare a noi lettori, stregati dalle sue parole, quasi riserva di salvezza per ogni fragilità che ci rende imperfetti ma veri (ma questa è soltanto una mia interpretazione…).

                                                                         Angela De Leo

E ora vi lascio, miei carissimi lettori, perché è davvero tempo di vacanze e di riposo per tutti, per me e per noi. A risentirci verso la fine di agosto e i primi di settembre. Mi mancherete. A voi non potrò mancare perché vi lascio un pezzo del mio cuore e… “non si attende chi si possiede già”. La vostra Angela/lina.   

giovedì 31 luglio 2025

Giovedì 31 luglio-Venerdì 1° agosto: Piena estate e a breve andrò anch'io incontro al MARE...

Le azzurre acque

Devo dire che c’era un vento freddo che infuriava

con il mare.

Devo dire che tu non c’eri e non c’era neanche

il mare. (Umberto Bellintani)

Amo il mare in tutte le stagioni, ma il mare d’estate è sorriso di sole, sfida di vele a forare l’azzurro, ricordo lontano di onde a carezzarmi i fianchi, i seni, a sommergermi di risate. Ed ecco alcune mie poesie in suo omaggio…

Qui dove il mare

Qui

dove il mare è dono di cristallina luce

qui vorrei riposare

alle onde lasciando stanche membra

e tra ciglia un desiderio di sole

C’è stato un tempo di corse alla battigia

e canti d’amore a vele spiegate

a gola piena le risate

Oggi mi stanca un ricordo

di stanca nostalgia

(solo il mare immutato ha sorriso

                    d’eternità)

Ansia di velieri

Spariti tutti i velieri,

persi battelli e navi da crociera,

superstiti barche di carta e sogni,

sono zattera alla deriva

di tutti gli oceani battuti da venti contrari.

Invano un faro o una stella

cerco

per un approdo al riparo

da marosi e tempeste che fecero fragile

il mio incerto andare alla conquista

di briciole di sole.

E resero di sangue orme di sconfitta

su scogli aguzzi di passi e di dolore

che un tempo risero delle nostre risate.

Nel gioco delle parti mi si dice vincente

e forse sarà vero

Pure…

è mio soltanto

questo abisso d’azzurro

perso fra lacrime di cielo.

 (nel buio di questa mia notte accendi tu

una luce d’ironia prima che faccia naufragio

anche l’ultima stella del mio ultimo appiglio)

 Pensieri vele

Vele i pensieri

Vanno alla velocità del vento

Libertà di onde

che arano il mare

sfiorano l’azzurro di un sogno

remoto

sorriso di giovinezza

fugato da furia di nembi

e fragori lontani

Il cielo si perse negli occhi

di tristezza

e un disincanto senza fine

divorò coralli e frantumò il cuore

Altro tempo allora che la riva

aveva orme di passi vicini

e i ti amo sulla sabbia

erano firma d’incancellabile amore

Eterno

Unico

il solo a bastarci vivere

e sapere di noi

alga e scoglio

onda e veliero

vela e timone

per tentare una rotta che non fosse

dimora di stazioni sbagliate

di treni persi alle fughe solo pensate

Al coraggio di nuove rive

opponemmo tutti gli orizzonti di casa

àncore e catene

e tutti i naufragi che dilatarono il viaggio

e lo resero infido e pericoloso

oltre l’infinito

E sono qui

raggomitolata in un pugno di rabbia

che non vuoi capire

e non offre via d’uscita

ai pensieri-gambero che temono

il mare lo scoglio la risacca

il tempo a imbuto

la determinazione a restare

(fu solo inganno il sogno di partire…)

Il canto del mare

Era un canto di barche e di marinai

quell’anno che con chitarre

solcammo il mare per scoprire la libertà

oltre la riva.

C’erano i miei diciotto anni

e i tuoi baci,

un brulichio di stelle in gara

con i sogni e le azzurre acque

ad inventare l’amore

(avresti voluto offrirmene

            il brevetto…)

Voglio tornare al mare

Richiamo d’azzurro in questa tregua

di giorni di pioggia e di vento

presenti alla collina.

M’invita il mare ad ogni squarcio

di nubi radenti e una briciola di sole.

Portami dove la sabbia è d’oro fino

dove mi viene incontro

il tuo cuore bambino

che sogna sulla battigia l’antico

castello della festa

e un volo d’aquiloni a ridere di cielo.

Tra il frinire di cicale e siepi di ligustro

ai miei fragili sogni offri riparo

e una vela bianca a portarmi

                       dove finisce il giorno.

 Quando andrai al mare

non dimenticare i miei occhi

a riempire panieri di onde

fiorite di lapislazzuli e stelle marine

per gl’inverni che verranno.

L’abbraccio di sale sulla pelle di sole.

Il tempo che rimane

e quello che sogni di conchiglie

ed echi di mare ha trascinato

con la sua rete di frodo.

La nenia delle barche il rombo dei motori.

Le mani a nido sul volto levigato

e gambe a falce tra spruzzi di panna

a navigare allegria.

Oggi abisso di rimpianto è il mare

di piedi nudi disuguali e una scia

d’azzurro senza più la libertà di osare

eppure gli occhi sono ancora

approdi d’oceani alla sconfitta dei giorni

su passi dimentichi della riva

(faro e conchiglia per rinascere schiuma)

 Nutrimi di mare

Portami nel secchiello ancora il mare

perché possa sentirne la carezza l’odore

Raccogli per me bianche conchiglie

addormentate nella sabbia dorata

sognanti fanciulle in attesa di un castello

e del principe azzurro e il primo bacio

Nutrimi di mare

Dissetami di onde e di alte maree

(da qualche parte ha pensieri di perle

e conchiglie canto notturno la luna)

Se oggi sogno un porto sicuro

non dirmi che sono stanca di navigare

Nel guscio di noce che mi finsi barchetta

bianca vela di carta leggera incollai

per non andare lontano in cerca

di facili approdi al riparo di un faro

Persa nei miei sogni di bambina

che attraversava tutti gli oceani

ad un passo dalla riva

C’è stato un tempo che il mare

era suono di chitarre nenie di sirene

 e verdi vele a osare il cielo di lacca

o delle rinate stelle ad ogni buio

cielo incantato dalla mia risata

tintinnio di mille forzieri e un solo soldino

per tentare a testa o croce la sorte

tra fondali di corallo e una sfida di baci

E la riva guardata da lontano

e il puntino nero l’ansia di mia madre

all’orizzonte rovesciato di ombrelloni

a spicchi di sole su giochi bambini

con fiabe colorate da ascoltare

Oggi più non m’appartiene il mare

ma sussulto d’acque e d’antichi richiami

è il nastro azzurro oltre i campi e le case

che i miei occhi a festa cinge con sventolio

di mani nei giorni vestiti di silenzio

sulla terrazza assolata della mia casa

(sì è ancora lì a sorridermi il mare…)

E per oggi vi lascio così perché ho fretta di raggiungere, con la mente e il cuore, il mio mare e il suo sorriso. Di tanto in tanto, ne parleremo ancora. Spero che queste poesie vi siano piaciute. Buon mare a quanti sono già tra la spiaggia e la riva o baciati dalle onde. Angela/lina 

domenica 27 luglio 2025

Domenica 27 luglio 2025: ancora di ROSSELLA PICCARRETA e della sua Silloge poetica "CARNE SACRA"... (ultima parte)

E vediamo di scoprire insieme questo suo diario così suggestivo e così intimo e scoperto attraverso le parole della bravissima Chiara Cannito, che mi ha affiancato giovedì scorso nella presentazione della Silloge, facendo un lavoro certosino di ricerca, attraverso le poesie, che ha sottolineato e letto con vera passione, gli argomenti su cui ha voluto porre alcune domande all’Autrice. Partendo, senza averlo concordato tra noi due dalla copertina e dal titolo del libro. Rossella è stata ben lieta di rispondere, e di approfondire alcune tematiche a lei care, riguardanti soprattutto il suo amore per i classici greci e latini e per il Teatro, forma d’Arte a lei molto congeniale. Il serrato dialogo tra Chiara e Rossella ha avuto nella voce recitante di Giovanni Botticella, caro amico della nostra Autrice, un felice riscontro, facendoci ulteriormente scoprire la bellezza dei versi presi in considerazione un po’ da tutte noi. Io, personalmente avevo scelto “De profundisis” (p. 43) perché si parla di portare alla superficie ciò che siamo nella nostra profondità più intima e più vera. Del resto, “De profundis” ci ricorda il Salmo 130 della Bibbia (famosissimi i versi “… L’anima mia attende il Signore/ più che le sentinelle l’aurora./ Israele attende il Signore,/ perché presso il Signore è la misericordia/ e grande presso di lui la redenzione…”). Ma è anche il titolo di una tra le più sofferte opere di Oscar Wilde, una Lettera che scrisse a “Bosie” (Lord Alfred Douglas), il suo amante, dal carcere di Reading, nel 1897, disperato e distrutto tre anni prima di morire, dopo essere stato condannato per “indecenza” e “atti osceni tra adulti di sesso maschile”. È una lettera struggente con richiesta di perdono al Signore, faro e luce della sua Redenzione. In “De Profundis” io ravviso lo stesso tema della speranza nel perdono, da dare, da ricevere, attraverso il “divino” che vive in noi, come in tante altre poesie che Rossella ha scritto e ama scrivere sul dolore profondo e sulle possibilità infinite di potersi redimere. Infatti, in “De Profundis” siamo in inverno, e tutto si fa bianco come un sogno, e tutto è silenzioso come il tormento del cuore, tutto è immobile e tutto precede un unico movimento per dare un addio a un amore di breve durata, che però ha lasciato una lunga scia di sofferenza, che Rossella ha avuto il coraggio di superare per amore dell’amore, di sé stessa e della vita.  E tutto questo scoperto e definito anche da Chiara a chiare lettere come solo lei è in grado di fare. Ottimo anche l’intervento, una vera e propria incursione, del carissimo amico Antonio Stragapede, che ha rivolto a Rossella una domanda a bruciapelo sulla coerenza della sua poesia con la sua vita o il contrario, auspicando una presentazione tra settembre e ottobre, se non ricordo male, da lui realizzata in veste di interlocutore. Rossella Piccarreta, divertita, ha accettato con entusiasmo. Ma con entusiasmo ci ritroveremo in autunno anche con chiara Cannito per parlare ancora di Poesia. Con tanta POESIA.

Ma, non a caso, la primavera ritorna (“Rondini e vento”, p. 60) ad ogni primavera, inseguendo il flusso di luce che la parola rischiara e coinvolge. Il dono della parola che ri-crea, ricreando, la stessa coscienza della parola. Il Logos illumina tutte le coscienze: dalla cellula più piccola del nostro corpo alla più semplice parola che pronunciamo. In pratica, il Logos è pensiero che si traduce in parola. Siamo tutti presenti alla coscienza nella consapevolezza del Logos che illumina. Percepito, dunque, come luce intensa, dorata, che illumina, guarisce, o ri-crea, o ri-vive collegandola al primo istante in cui fu creata la vita. E la poesia la trasmette intrecciandola in una relazione universale che ri-parte dalla poetessa e la ricollega a tutti con tutto il Creato. La parola, pertanto, guarisce tutti e tutto… acciacchi ... problemi esistenziali ... limiti di ogni genere ... Basta un “soffio di vento”. Bastano “le rondini nei capelli” e le “formiche tra i piedi”… Basta fare silenzio ed è facile avvertire il cuore “che anela/ al vuoto sacro/ di un tempio (p. 61). Ed è qui che Rossella Piccarreta scopre “la santità delle radici”, che è stata scelta e letta anche da Chiara e commentata dall’Autrice. “Corrispondenza di amorosi sensi” tra noi? Sì, corrispondenza di amorosi sensi! Pensiamo a un albero, le cui radici affondano nell’humus della propria terra, ma ha il tronco e rami e foglie che si elevano verso il cielo e dalla loro cima disvelano nuovi orizzonti, nuove prospettive, moltissime nuove possibilità di incontri. E noi siamo completamente in quegli incontri perché siamo completamente negli sguardi degli altri. Altrimenti non saremmo, quasi non fossimo mai esistiti. È qui che Rossella Piccarreta scopre la sacralità del corpo, e la sanità della sua anima alla mensa dei suoi antenati che la vollero danzatrice in un Teatro greco e baccante in onore di Dioniso, il dio del piacere, dell’ebbrezza, della follia, della fuga negli Inferi e del suo riemergereper rinascere al miracolo della prima gemma sul ramo (“Evoè”, p.73). Non a caso in questo suo annotare le stagioni e i giorni e i mesi e gli anni, in continue cadute e scoramenti e in continue rinascite e riprese, l’Autrice fa, ad un certo momento della sua vita, il punto della situazione, scoprendo, per esempio, in “Così” (p. 84) un momento di serenità, di pace, di armonia. Con sé stessa. Con gli altri. Ma non dura molto. La sua anima inquieta la porta continuamente a vivere tra incontri e addii, tra la fine e un nuovo inizio. Al buio di una notte insonne, alla luce di un giorno ancora tutto da vivere. (leggere la poesia di Albert Camus: Nel bel mezzo dell’odio/ ho scoperto che vi era in me/    un invincibile amore.   // Nel bel mezzo delle lacrime/ ho scoperto che vi era in me/   un invincibile sorriso.   / Nel bel mezzo del caos/ ho scoperto che vi era in me/ 

  un invincibile tranquillità.   // Ho compreso, infine,/ che nel bel mezzo dell’inverno,/ ho scoperto che vi era in me/   un’invincibile estate   // E che ciò mi rende felice./ Perché afferma che non importa/ quanto duramente il mondo/   vada contro di me   / In me c’è qualcosa di più forte/   qualcosa di migliore   / che mi spinge subito indietro).

Rossella Piccarreta giunge, così, a un grido di speranza per la natura offesa, il genere umano violentato da tanta violenza e da tanta ignoranza, sopraffazione, perdizione: “Restiamo umani!”. Per ritrovarsi sempre come “Alice nel paese delle Meraviglie”, nell’abito amato che più le appartiene. E ritorno, per un attimo, in una commistione di già detto e di alcune riflessioni ancora da dire, all’immagine di copertina e alle labbra rosse, chiuse o appena dischiuse, come segni di impavida offerta della propria carne che sarebbe oscena, secondo vecchi canoni etici ormai desueti, se non avessero, nello stesso tempo, la sacralità della chiusura in un mistero di sé stesse, della comune femminilità: intima e preziosa, ma anche, nuda, spavalda, coraggiosa, intera, intensa, come il cambiamento della rinascita richiede. Ma le letture di questo inquietante e innocente dipinto possono essere tante e tutte realizzate attraverso frammenti delle esperienze di bene e di male vissute dall’Autrice in ogni pennellata, in ogni “spatolata” di dinamica eleganza, nel gioco di luci e di ombre per renderci complici di raffinatezza e di forte impatto estetico e misterico. Di perdizione e salvezza. Di qui anche la bellezza del titolo nella sua ossimorica sacralità.

Conclude meravigliosamente Mariella Medea Sivo con la sua Postfazione, insolita, attenta, ricca di richiami colti e appassionate e appassionanti deduzioni, che non fanno una grinza. A partire dal gioco dei “se fosse”, tutto da leggere per assaporarlo fino in fondo perché nessuno, fino ad oggi, ha saputo giocarlo come lei. Persino quando scopre nei versi della Piccarreta la magia del silenzio come “forma estrema di autodifesa e di ribellione” perché, alla fine, “tenace è il suo autobiografismo, sicché la sua opera è come un diario steso per fissare il corso dei pensieri e delle emozioni”. E qui combaciamo perfettamente, io e Mariella, nello scoprire non solo una Silloge di poesie, ma il diario che la accompagna lungo gli impervi sentieri della sua vita. Lo stesso diario è un modo dell’Autrice di praticare il Kintsugi, l’antica arte giapponese, che mirabilmente ripara oggetti di ceramica o porcellana rotti, per decorare le crepe con polvere d’oro e d’argento, come simbolo di continua rinascita. Anche attraverso la bellezza di ogni frantumazione e riparazione. Araba fenice, Rossella, che sempre risorge dalle sue ceneri.

Non a caso, facendo in chiusura una “virata a U”, il suo primo libro, datato il 2015 per i caratteri della Nuova Palomar, si intitola (R)ESISTENZA, sottolineando il suo smisurato amore per la vita che si ribella persino al Karma o Destino che dir si voglia. E lo fa, ancora oggi, con l’estrema appassionata forza e lo straordinario coraggio che la POESIA le dà...

Ancora grazie. Ancora grazie. Ancora buone vacanze. Ancora e ancora Angela/lina                                                  

 

venerdì 25 luglio 2025

Venerdì 25 luglio 2025: ancora di ROSSELLA PICCARRETA e della sua Silloge poetica CARNE SACRA... (prima parte)

Mi arrivano versi

dal remoto

senza tempo.

Lontano.

(Prologo)

Rossella Piccarreta CARNE SACRA (SECOP edizioni Corato-Bari, giugno 2025, £ 12 i.i.)

Avverto la necessità di riprendere quanto ho scritto esattamente un mese fa sulle poesie di Rossella per rinverdire, in sintesi, emozioni e richiami alla Prefazione del grande musicista Pierluigi Balducci, per la tenerezza che si avverte nel suo sentire profondamente la musica interiore, promanata dai versi della nostra Autrice, e per la sacralità scoperta nelle sue parole che si velano continuamente di mistero e sembrano danzare “tra gli Opposti” quasi a spiccare il volo verso l’Infinito che le palpita dentro e si spiritualizza nel “divino” che le appartiene e appartiene a tutti noi, come esseri umani, mai dimentichi delle nostre origini “divine”. Come mi piace pure riproporre brevissimamente quanto Mariella Medea Sivo abbia scritto nella Postfazione, con un incipit insolito, colto, stravagante, eccezionale, da cui emergono tutto l’affetto e la sincera ammirazione che nutre per la straordinaria poetessa, sua amica. Non posso che condividere e cercare i punti di congiunzione, scoperti da entrambi, per entrare con loro in sintonia nei vari testi poetici. Fondamentale è la sintonia, che ci permette di scoprirci nello stesso suono, di vibrare con la stessa musica. Di assecondare lo stesso movimento che ci rende unici nella nostra identica identità ed eternamente cangianti. Fatti, dunque, di coralità e di individualità insieme. E prendo subito ispirazione dal “Prologo” che dà un senso a tutta la raccolta perché indica a chiare lettere l’urgenza che avverte la poetessa di “scrivere poesia”: dono che giunge da lontano e che si fa “voce”, che lei segue “muta e rapita” come ferita d’amore incisa sulla pelle, come “graffio o carezza”, che può condividere, sicura di essere compresa e accolta, solo da “chi sa vedere”. Fondamentale è essere “consonanti”. Anche negli “Smarrimenti”, come suggerisce il primo spazio di liriche o la prima sezione. Rossella Piccarreta è, infatti, una donna che, come tutti gli esseri umani, vive la contraddizione e di contraddizioni, ineludibili in ciascuno di noi, e ancora di più nelle persone particolarmente sensibili, non come sconfitta della propria logica, ma come vittoria sulle fragilità che accompagnano la nostra esperienza esistenziale, in quanto è il cuore che risorge da ogni debolezza e da ogni smarrimento, perché è sempre colmo di “tenerezza”, palpita sempre d’amore dato e ricevuto, anche se, a ben guardare, gli uomini sono purtroppo impastati anche di violenza, invidie, rancori micidiali, che decretano carneficine, guerre, lutti, dolore, senza più un’etica a salvaguardare la nostra uguale umanità. Eppure lontano/ un suono: il mare./ Uguale per te e per me./ Eppure in alto l’azzurro./ Uguale per me e per te (“Snake of war”. Ma anche “snake of war in the soul”, pp. 13-14). E i versi si inazzurrano come la nostra anima. Solo per poco, perché “stormi neri” incombono e a nulla valgono “urla contro il cielo”. Presagio di morte e distruzione, come già in Giosuè Carducci (in San Martino) o in Paul Celan, in una commovente poesia, in cui descrive la disumanità della Shoah, in lingua tedesca a eterna vergogna della sua terra d’origine. Forse occorrono preghiere per sventare ogni timore, reso realisticamente vero e spaventoso dalle “ali giganti/ nere e pesanti”. Non a caso, ancora la contraddizione ad allarmare la voglia di vivere e di amare. In eterno contrasto.  Vita e Morte. Eros e Thanatos. Origine e Fine. Odio e Amore. Tutto e Nulla. Simone Weil ha studiato a fondo l’inevitabilità della contraddizione persino nell’apparente pacifica quotidianità. Ne ha fatto una teoria filosofica, psicologica ed etica, pur essendo partita dalla matematica, da una scienza esatta che non ammette il contrario. Rossella cerca di vincere le innumerevoli contraddizioni che la abitano e la agitano, tra “lo strazio del niente./ Il soffio del tutto”, alla ricerca di un equilibrio che dia leggerezza ai pensieri e ai giorni come in Italo Calvino. Una leggerezza pensosa, certo, alla ricerca di un maggiore equilibrio, di una serenità mai vissuta prima e che sempre più le sembra una necessità dell’anima, perfettamente consonante con le inevitabili dissonanze della vita, dovute innanzitutto alla nostra natura umana, e alla nostra arroganza nell’affermare senza mezzi termini l’individualismo con il vivere continuamente, tra sincerità e ipocrisia, realtà e finzione, libertà e catene, di cui spesso non si riesce a fare a meno.

La seconda sezioneEros, Anteros, Himeros” è meraviglia di occhi innamorati, ritorni concentrici di desideri, accesi spenti ritrovati spenti, nel giardino più o meno segreto, in cui Rossella coltiva rose e cerca di occultare le spine in una danza, che è recupero di amore carnale e divino perché sacro è l’amore in tutte le sue espressioni e manifestazioni. È “traccia chiara/ di una segreta divinità”. E di “innocenza”. Ma continuano anche qui smarrimenti e paure, dubbi e contraddizioni, assenze e vuoti di presenze desiderate: attese, rimpiante. Ma rinasce sempre l’amore in ogni luna attraversata. Ed è pacificazione di cose e di anime, unite per sempre. “Malgrado tutto”. E le contraddizioni, man mano che sono passati gli anni, sono aumentate, spenti i bollenti spiriti della passione, in un crescendo di perdita di sé e dei sogni. Ora tutto sembra inventato, persino l’amore che pure un tempo era stato vero. Fugge il tempo, purtroppo, portandosi con sé amori, illusioni, “ardore e tenerezza”. Gli stessi “eterni ritorni” nei “valzer degli addii”. Rossella conserva, però, nelle sue mani tutte le meraviglie di Alice e testardamente crede nei sogni e nell’amore e a tutto ciò che è stato o non è stato, ma potrebbe ancora essere. Osa continuamente scendere negli abissi della disperazione e risalire con nuova fioritura di poesie e di preghiere, che fanno bene al cuore esacerbato e stanco, ma sempre pronto a rinascere anche “nel buio di un frammento” per continuare a cantare “all’infinito”. E il poeta è salvo. E con lui anche Rossella perché c’è in lei il respiro della Poesia. Un ritrovarsi sempre e comunque.

Ecco perché la terza sezione tratta di “Ritrovamenti”. E tra questi è sempre il cuore in primo piano. Poi il cielo con il suo azzurro e le sue nuvole, e la carezza forte/dolce delle parole poetiche, che abitano il “Tempio Sacro della Poesia”, mai del tutto perso e in cui è bello e salvifico rifugiarsi. Non importa se, alla fine, rinascere sia un tornare a ridere ancora di un “tutto/ fatto di niente”. E ripercorrere le stagioni: metafora della vita stessa. Sempre ossimorica.

La quarta sezione è fatta di “Notturni” ed è un inno al pensiero femminile che germoglia nella notte perché carica di mistero che solo il buio genera, sa e conosce. Il pensiero maschile, invece, è fatto della chiarezza del giorno, è fatto di cose pratiche e di problemi da risolvere nella comunità di appartenenza, nella società, nel mondo politico. Niente è oscuro, velato, misterioso. Non a caso, Rossella scrive: Epifania del sonno/ è un segreto/ nascosto tra le stelle,/ un rantolo nel buio,/ un’inquietudine lieve/ celata dal lungo frenetico/ frinire del giorno,/ un’apnea sospesa/ nel silenzio nero della notte… (p. 77). Ma anche dalla notte si emerge alle prime luci dell’alba e al bagliore del sole che tutto risana e ci restituisce alla realtà del giorno. E alle sue verità.

La quinta sezione si intitola “Memento mori”, in cui tutto si fa ansia di vivere, sia pure nelle mille contraddizioni che la vita ha insegnato alla poetessa giorno dopo giorno. Disperante è per lei, e probabilmente per tutti, “la vanità”, l’inconsistenza delle cose a cui ci aggrappiamo come incoercibile anelito alla vita. Ma Rossella Piccarreta ha versi d’amore per tutti, segno di grande umiltà e di immensa forza d’animo: per le donne e per ciascuno di noi, facendo appello, con tutte le sue forze, all’ac-cor-darci, cioè a mettere il nostro cuore insieme, per vincere il male che si annida in questo mondo così difficile da vivere ai nostri giorni e sempre, e per fare trionfare il bene e la speranza in un mondo migliore, in una prospettiva salvifica per tutti: siamo fratelli sotto lo stesso cielo che ci vede nascere e morire… Ho i denti che battono/ e identiche ferite/ e identico sole sul capo./ Riempiamo d’oro le crepe/ facciamo un sogno nuovo./ Restiamo umani

Ma, oggi, prima di parlare del libro, desidero dare un’occhiata alla copertina, che lo straordinario Graphic Designer Nicola Piacente della nostra Casa editrice ha composto, rifacendosi a un’opera pittorica molto suggestiva e significativa della stessa Autrice. Ed ecco tre donne con la loro nudità, il loro essere insieme, quasi a proteggersi, a darsi manforte, a sostenersi. Non a caso, il braccio protettivo di una di esse in primo piano. I toni marmorizzati tra il nero e il grigio con pennellate di azzurro e di blu e i volti con gli occhi chiusi su lunghe ciglia rammemoranti momenti di smarrimento e momenti di riscoperta di sé. Confermati dalle labbra rosse, chiuse o appena dischiuse, come segni di impavida offerta di sé e, nello stesso tempo, di chiusura in un mistero di sé stesse, della comune femminilità: intima e preziosa, ma anche, nuda, spavalda, coraggiosa, intera, intensa, come il cambiamento della rinascita richiede. Di qui anche la bellezza del titolo nella sua ossimorica sacralità. CARNE SACRA, infatti, fa parte, secondo me, delle scritture intime, dove si riflette profondamente l’anima della nostra Autrice allo specchio, quasi fosse un Diario intimo ma non segreto. Diario, perché ci sono tutte le stagioni dall’inverno all’autunno alla primavera, e tutte le ore del giorno, in cui accadono avvenimenti solari e notturni, ricchi di desideri e rimpianti, sogni e nostalgie e in cui si fanno spazio i ricordi in un viaggio lungo quanto un’intera vita, intessuta di musica, sua antica e sempre nuova passione, come sostiene anche, con le sue vibrazioni sonore, nella Prefazione alla Silloge, il grande musicista e compositore Pierluigi Balducci. Sono pensieri, aspirazioni, progetti, attese, speranze, pulsioni ormonali che creano stupore, ansia, dispersione di sé e un bisogno di ritrovarsi nel sé che la abita dentro. Una sorta di alter ego, il suo io allo specchio, in una immagine io-non io, riflessa, rovesciata che esime l'io vero dal provare sensi di colpa o di vergogna: una specie di straniamento che rende oggettiva la realtà soggettiva e permette la riflessione e la confessione di sé a sé, nella illusione/realtà di raccontarsi la verità e di decantare ogni problema, ogni sofferenza, ogni paura. È il proprio “giardino segreto”, quello della Poesia, che mette al riparo da occhi indiscreti e dal mondo per concedersi solo agli occhi “di chi sa vedere”. (p. 7) Una stanza tutta per sé, scriverà Virginia Woolf, la madre di tutte le donne con l'amore per la scrittura e l'ambizione di scrivere per lasciare traccia di sé. Purché si superi il ribaltamento di sé nello specchio, che rende difficile la lettura. Bisogna procedere all’incontrario per rivelarci a noi stessi e agli altri, in una forma, però, sempre incompiuta di noi. Il diario, allora, è una forma di scrittura che è più vicina al “disvelamento della coscienza”, ma è anche la conferma del sé imprendibile dal mondo circostante e afferrabile in tutto ciò che è e non è, fino alla scoperta dell’Io-Sé nella propria anima. È come se Rossella fingesse di essere Eva, la prima donna apparsa sulla terra, e di aprire gli occhi di fronte ad un mondo del tutto sconosciuto, in cui sente il bisogno di scoprire sé stessa nella confusione della visione delle cose che avviene

 per la prima volta, lasciandoci pagine di versi di grande suggestione, intensità e bellezza. Diventa, così, la sua Silloge, un viaggio multisensoriale nel tempo e nello spazio, suggerendo una “danza” che contiene in sé, nei tanti ritorni mescidati di note che si ripropongono in altre pagine, una vera orchestra che parte dalla natura per giungere al senso del ritmo interno che Rossella porta con sé, in sé, quale nutrimento della sua anima che vibra in un volo cosmico in cui tutti i sensi sono accesi, fino al sesto senso e oltre, superando il mondo, quello attuale, che non sa più vivere di emozioni, sia in senso orizzontale, sia in senso verticale. Si tratta, infatti, di una società individualista e indifferente all’altro. Una società, che conosce meglio il linguaggio della violenza e ignora quello della fratellanza. Soprattutto noi donne avvertiamo ancora, nonostante i tempi decisamente mutati, le difficoltà di vincere un residuo maschilismo, soprattutto nei paesi del Sud, per porci e imporci come donne libere, volitive, coraggiose nelle scelte, nella consapevolezza dei propri “punti di forza” e delle inevitabili “fragilità” di ogni essere umano, per evitare l’arroganza della perfezione, che blocca e impedisce qualsiasi salutare evoluzione della propria personalità (leggere “Lasciateci vivere” a p. 99).  

E per oggi mi fermo qui. Non voglio approfittare del vostro tempo e della vostra pazienza. È estate, tempo di vacanza, di relax, di sole, di mare, colline, monti, laghi, mare. Dobbiamo lasciare riposare la mente… Ma… la poesia non può aspettare. Lunedì ci sarà la seconda e ultima puntata. Poi… facciamo una pausa estiva. Grazie, sempre. Un abbraccio a tutte e tutti. Angela/lina

venerdì 18 luglio 2025

Venerdì 18 luglio 2025: CONCORSO BITLIBRI 2025: 25 POESIE + 12 FOTOGRAFIE da valutare e premiare...

Sì, accogliamo la Meraviglia

che, quotidianamente,

il mondo ci regala per

farne dono a noi stessi e agli altri.

             (a.d.l.)

E oggi mi sembra giusto parlare della bellissima esperienza vissuta a Bitritto, lunedì 14 luglio, dalle h. 20 in poi, in Piazza Leone, nell’incanto, di un paese dell’entroterra barese, Bitritto, che coniuga la vecchia pietra delle antiche case con le nuove costruzioni che fioriscono nel rispetto delle passate stagioni. Qui si è sempre più sviluppata e consolidata, da decenni ormai, una comunità che si prodiga per realizzare incontri culturali (Rassegne, Convegni, Concorsi e Premi letterari) che ne stanno tessendo la storia affidata ai Libri da leggere, da scrivere, da presentare come rinnovato baluardo di una cultura creativa e umanizzante, che mette al centro la gentilezza (tema di quest’anno) e la solidarietà inclusiva (tema che permea di sé queste manifestazioni), perché non vada perduta la storia dell’uomo, nonostante i disastri di quest’ultimo millennio, di cui stiamo percorrendo già un quarto di secolo, con alterne vicende, devastanti da un lato, ma per fortuna edificanti dall’altro. Merito di un team di organizzatori, al maschile e al femminile, motivato, affiatato, ricco di passione e di voglia di fare, di progettare, di realizzare. A capo, la straordinaria Cristina Maremonti, che mi è entrata nel cuore immediatamente, per la delicatezza delle sue proposte, della sua accoglienza, dei suoi interventi, del prendersi cura di tutti e di ciascuno. Cristina, tra l’altro, col suo nome, mi ricorda il carissimo amico Cris Chiapperini, ottimo attore, collega e amico del carissimo e bravissimo Lino De Venuto, e persona dal cuore grande, che abita ormai tra le stelle, e, nel cognome Maremonti, i due elementi naturali che più amo: la distesa azzurra delle acque sotto un cielo che in esse si specchia, e la verticalità delle montagne che segnano un percorso di grande spiritualità, a cui si accede vincendo inevitabili solitudini, con la forza e il coraggio che occorrono nelle imprese titaniche verso orizzonti sempre più ampi, in cui si distendono le nostre “moltitudini” (Walt Whitman), che ci avvicinano a Dio, confine sconfinato di ogni orizzonte possibile.

Ebbene, lunedì sera ho avuto contezza di tutto questo, in una serata letteraria che ha saputo, grazie a Cristina e a Margherita Diana, le antesignane di BitLibri (2018), intrecciare sapientemente i Libri con la Musica, la Pittura, la Scultura e tutte le Arti in genere che si avvalgono della Bellezza e dell’Armonia, in un’unica felice soluzione/condivisione. Di qui il successo di una serata con un pubblico assiepato fino a tarda ora per ascoltare e conoscere i grandi nomi di scrittori, scienziati, giornalisti, che hanno reso l’atmosfera incandescente e estremamente interessante. Con la presentatrice ufficiale Alina Liccione accompagnata da Alan Palmieri, gli intermezzi musicali del sax Akeem Dosso, le fotografie di Marco De Giosa e la voce narrante di Paola Martelli, si sono alternati Cristina Maremonti in sorridente dialogo con Antonia Chiara Scardicchio sul tema della Gentilezza e dei Libri e delle Arti “che possono renderci migliori”; il monumentale scienziato Prof. Antonio Moschetta, (medico e professore ordinario di Medicina interna all’Università di Bari e molto altro ancora) ha dialogato con il Prof. Filippo M. Boscia su PARLIAMO DI PANCIA, pubblicato ultimamente dal Prof. Moschetta con la Mondadori;  c’è stato poi il nostro bravissimo Autore Jean Paul Stanisci che ha dialogato con la giovanissima attrice Guendalina Losito sui visionari, ma anche realistici Racconti in 16:9, con la suggestione cinematografica che tanto appassiona l’instancabile viaggiatore Jean Paul, cronista e reporter di larga fama; e, infine, la scrittrice Erica Mou che ha dialogato a lungo appassionatamente con la prof.ssa Antonella Daloiso sul bisogno di convivere con il dolore e farsene una ragione, nel tempo, per crescere nella completezza di sé, in tutte le sfaccettature della propria personalità di madre, di figlia, di donna, di scrittrice.

E più tardi finalmente la premiazione dei vincitori del Concorso letterario, improntato soprattutto al tema della gentilezza (25 + alcune altre poesie) e fotografico (12 foto), di cui bisognava scegliere due per ciascuna sezione. Hanno vinto, il Primo Premio: per la Fotografia Antonio Duilio Puosi, e per la Poesia Valeria Maranò. Al secondo posto: per la Fotografia Ilaria Colacicco, e per la Poesia Crescenza Caradonna. In qualità di Presidente di Giuria, sono stata invitata ad avvicinarmi al palco dove hanno trovato posto tutti i partecipanti delle due sezioni per le fotografie di rito. Ero molto stanca a causa dell’ora tarda e della mia disabilità, ma sono stata felice di vedere tanti giovani entusiasti e partecipi nel contribuire sempre più a rendere Bitritto una comunità ricca di talenti o semplicemente di giovani di buona volontà che amano cimentarsi con le Belle Arti in senso lato, offrendo a tutto il coraggioso e coinvolto pubblico il bellissimo senso di appartenenza alla comunità. Appartenere sottintende il “prendersi cura con amore” e non possedere, magari con l’arroganza di chi non dà importanza all’ospite, alle cose, sia pure minime, al nido degli uccellini lungo le pietre del maestoso portone della casa comune, il Comune appunto. Delicatezza e premura che ho notato in Cristina Maremonti nel fare spazio a tutti, anche a quelli “debordanti”, nonostante il tempo scandito per ciascun ospite inderogabilmente legato alle tante presentazioni, ai pianificati momenti musicali e alle declamazioni delle poesie o dei brani di prosa presenti nei libri dei vari Autori. E tanto altro ancora. Roba da perdere la testa e il cuore. Ma questo non è accaduto grazie alla professionalità e al coraggio di Cristina, preoccupata fino alla fine di mettere tutti a proprio agio, a costo del personale sacrificio. Grazie di vero cuore, Cristina! E grazie a tutto lo staff che sta condividendo con te questi giorni frenetici, stressanti ma anche esaltanti.

E vorrei concludere con l’evidenziare le motivazioni alla base della scelta delle opere vincitrici: per “ANDREA” (1° Premio - Poesia -) = “Per Andrea” è un inno ai miracoli che compie l’amore quando è così forte da far superare alla donna ogni fragilità. Tenero richiamo per l’uomo amato senza riserve, in un abbandono totale di sé da parte della poetessa che trova sicuro rifugio sul petto di lui. E non desidera altro che restare così, per eternare l’attimo perfetto. “FONDALE MARINO” (2° Premio - Poesia -) = Poesia vibrante di un’anima che anela ad immergersi nella solitudine degli abissi del mare, che nasconde tesori inauditi per ritrovarsi fuori dal clamore assordante del mondo che lacera il cuore e ci rende estranei a noi stessi…  Foto n.7 (1° Premio): La gentilezza è anche una immersione in due nella natura per percorrere insieme il sentiero della vita, tenendosi per mano e sostenendosi con amore. Immagine di spalle: profonda, emblematica, efficace. Fono n. 12 (2° Premio): Educazione a vivere insieme la gentilezza con allegria sin dall’infanzia perché venga praticata con rispetto e amore per tutta la vita. Foto molto significativa e suggestiva.

Ci sono state poi, fuori Concorso, le Menzioni speciali al bravissimo e carissimo Piero Meli: Per i suoi versi intensi, profondi, delicati, carezza lieve di autentica Poesia. Ed ecco la sua poesia intitolata “BitLibri: Nel borgo sospeso/ dove l’eco s’adagia tra i vicoli,/ i libri svelano vene di luce.// BitLibri sussurra,/ infonde,/ carezza d’inchiostro,/ gentilezza che si fa carne.// La cultura qui non conquista,/ seduce./ Scava con dita leggere,/ illumina crepe,/ fa germogliare silenzi.  

E alla straordinaria e dolcissima Francesca Palumbo: Per aver sottolineato l’importanza delle piccole cose e la loro sottile poetica Bellezza, per l’impatto etico-sociale che hanno nel farsi comunità e poterla vivere con forte e corroborante senso di appartenenza. Ed ecco la poesia senza titolo: Bil Libri è la politica della cura, la rivoluzione delle cose minute,/ un’ecologia del sentire/ che restituisce voce ai luoghi/ e respiro alle persone.// È lì che le storie prendono forma,/ e i paesi diventano comunità./ È lì che la bellezza smette di essere ornamento/ e diventa gesto.   

E così amo chiudere. Stanca ma felice, sono tornata a casa con un prezioso dono chiuso in un delizioso sacchetto di corda: un vaso con un bonsai di ulivo, ricordo indelebile della nostra terra “siticulosa” (Orazio), nonostante le braccia azzurre dei suoi mari a circondarla, ma con rami sempre verdi di attesa prosperità, di atavico dolore nel sacro tempio della Pace.

A presto, miei carissimi lettori. Grazie sempre. Un abbraccio tutto estivo. Angela/lina