E torno a parlare delle nostre Autrici perché sono ancora tante e occorre farle conoscere tutte, italiane e straniere, perché ciascuna ha lasciato di sé e del suo modo di scrivere una traccia, meritevole di attenzione. A Laura Vitale, per esempio, fa da contraltare Isabella Bavaro che con FOS edizioni ha pubblicato due anni fa il suo Libro in dialetto giovinazzese e in italiano, corredato da immagini, fotografie, ricette paesane e tanto altro ancora in una sorta di rassicurante coralità. Il titolo è: Crìste nan ze còlche, ce nan arreggètte a tùtte - Cristo non si corica, se non sistema tutto - . Già il titolo, in dialetto e in italiano, è un atto di fede nel buon Dio e nella vita. Offre il senso della speranzosa attesa in un mondo migliore, perché ogni essere umano è “guardato a vista” e sorretto dalle Braccia di Chi ci ha creato e si prende costantemente cura di noi, come ogni buon padre fa o dovrebbe fare. Anche questo Libro, come quello di Rosi Brescia o di Laura Vitale, nasce e si irrobustisce durante la forzata “clausura” di tutti noi per il COVID 19, che ha fatto tante vittime nel mondo intero e anche in Italia, non risparmiando certamente il Sud. Pure, tra tanti devastanti lutti, la nostra Autrice sente il richiamo degli esempi di sua madre, che era solita sistemare tutto in casa, prima di andare a letto e dopo una giornata di duro lavoro, per affrontare la notte con maggiore serenità. Lo stesso, dunque, fa il buon Dio? Sì, Isabella Bavaro non ha alcun dubbio. Ecco cosa scrive nella Premessa: … Durante il periodo del lockdown, quando ci è stato imposto il divieto di uscire dalle nostre case, siamo stati privati, soprattutto, del contatto umano con la gente, dell’affetto delle persone a noi care, degli abbracci e delle parole di conforto. Per compagnia avevamo solo la televisione. Proprio in quei mesi di isolamento veniva trasmessa una fiction, ambientata a Bari, dove i personaggi, nei loro dialoghi, pronunciavano delle battute in cui erano racchiusi tanti nostri modi di dire. Perciò, io e altre persone che conoscevo facevamo a gara a chi ne trovasse di più, poi li scrivevamo sui social per confrontarci e vedere quanti eravamo riusciti ad individuarne. Questa voglia di “baresità” che ci accomunava ci faceva commuovere e sprigionava in noi un forte sentimento di appartenenza alla nostra terra e alle nostre tradizioni. In quel momento, più determinato si delineava in me il desiderio di portare a termine questo libro… E, così, se Rosi ascoltava la radio e cantava a squarciagola le tante canzoni che trasmetteva, non ultime quelle di Ultimo (pseudonimo di Niccolò Moriconi), tanto amato da sua figlia e, poi, anche da lei, Isabella guarda la televisione e si compiace della sua “baresità”. Entrambe, Rosi e Isabella, traggono spunto da questi elementi quotidiani, che alleviavano la solitudine dovuta alla chiusura al mondo esterno, per scrivere il loro Libro, consapevoli della forza salvifica della scrittura.
Le parole,
soprattutto quelle scritte, infatti, hanno un peso specifico molto importante
nella vita di ciascuno di noi. Un esempio eclatante è il Libro di prose e
poesie di Maura Picinich IL RESPIRO DELLE PAROLE (SECOP edizioni,
2015, pp. 107, euro 12,00). Parto dalla mia Prefazione per comprendere meglio
il profilo letterario e poetico di un’autrice di particolare caratura e
sensibilità mittleuropea, essendo nata e vissuta a lungo a Trieste, terra di
confine: Mi cattura il titolo del libro
di Maura, Il respiro delle parole: una raccolta di poesie, aforismi, pensieri,
racconti, lettere, ricordi. E mi emoziona l’immagine di copertina della
bravissima illustratrice Ileana
Visigalli. Immagine, ricca di suggestioni che accoglie in sé e affida, ad
un filo teso da un “altrove” ad un altro (di cui si perdono le tracce, perché
ogni altrove è sempre indefinito e lontano, in sospensione tra terra e cielo),
il coraggio di questa donna che, forte soltanto dei suoi sogni e della capacità
di reinventarli ad ogni meteorite che intralcia i percorsi azzurri dei suoi più
intimi sentieri, si mantiene in bilico con la bacchetta magica della lunga scia
di parole, che ricamano di poesia i suoi giorni e le sue notti. E il titolo,
quasi un sussurro, quasi una espansione, leggera e trasparente di sé e del sé,
si fonde e si confonde con l’immagine eterea della donna stilizzata che danza
sul filo e s’innalza a cercare le stelle e a sfidare il destino (…). C’è in
ogni parola di Maura Picinich il “respiro” di quel “vitalismo” bergsoniano, che
diventa principio di rigenerazione e di resurrezione... Ma il respiro più
potente è quello del mare (…). Il mare, sempre
presente alla sua vita. Un Maredentro che trascende la fisicità del mare per
farsi spirito e anima della scrittrice. Per farsi vita. Eterno movimento. Canto
e fremito di lente onde alla battigia, dove ogni orma viene cancellata, come ogni
rimpianto. La vita è oggi... Altro punto di riferimento continuo è suo
figlio, Jehoshua Aaron, cui dedica
le lettere e le poesie più intense e vere, come quelle che la vedono partecipe
convinta e determinata, innamorata della natura, delle piante, degli animali,
suoi compagni di vita ancora oggi. Ma in un sussurro d’anima scopriamo le
tenere poesie e prose dedicate al suo compagno di vita, l’immenso Livio Sossi, di cui tutti conserviamo
memoria con profonda stima, grande ammirazione, imperituro affetto.
Altra scrittrice mittleuropea, per via
delle sue origini croate, nata a Spalato, sulla costa della Dalmazia, è Tea Dalmas, Autrice di Puse (SECOP edizioni, 2015). Chi
era Puse? È abbastanza facile trasformare questo nome in Jelka, madre di Tea. Ma mi sembra importante conoscerla attraverso
le stesse parole dell’Autrice che vibrano in una sua lettera che precede tutto
il Libro: Miei cari, Ho custodito gelosamente questo diario scritto per
mia madre e affidatomi dalla nonna Vinka,
con l’intento, un giorno, di tradurlo in italiano, perché ne restasse memoria
nella nostra famiglia. Ora il proposito è diventato realtà, grazie anche al
grande aiuto di Nico e Manuela: Nico ha saputo trasformare la mia traduzione
“letterale” in un testo più “letterario”, vivo, conservando ed esaltando
l’ironia e la curiosità intellettuale che animavano lo scritto e le parole
della nonna e tracciando utili riferimenti storici. Manuela è stata impagabile
per il lavoro al pc, la correzione delle bozze e l’impaginazione.
Man mano che traducevo, mi tornavano alla
mente i tanti pomeriggi d’estate a Spalato, a casa della nonna Vinka, dove
trascorrevamo le vacanze estive. Seduta sulla sua poltrona a dondolo, sul
balcone, all’ombra dei rami di un grande fico mi raccontava della nostra
famiglia, degli zii Ivo e Branco e dei nostri antenati. In questo
diario sono citate delle persone che ho conosciuto da piccola, per cui tutto
quanto scritto dalla nonna mi è ancor più familiare. Aver tradotto questo
diario è stato per me un atto d’amore verso la nonna, i miei genitori, mio
fratello, i nostri figli. Per questo vorrei che i ragazzi avessero questo
ricordo della “none Puse” e del meraviglioso nonno Franco, che non hanno conosciuto, il mio amato “papacci”, come lo
chiamavo da piccola. Traducendo e rileggendo questa storia, più di una volta i
miei occhi si sono inondati di lacrime… ma non di dolore, piuttosto di
tenerezza e nostalgia. Spero che questo scritto abbia anche per voi un grande
valore sentimentale, come lo ha per me. Vi voglio bene. Tea. Nico, di cui si parla, è il nostro amatissimo
Autore e Amico Nico Mori, mentre Manuela è la loro figliola maggiore. Purtroppo,
Nico è volato tra le stelle oltre quattro anni fa e Tea lo ha raggiunto l’anno
scorso. Di entrambi ci resta un tenerissimo ricordo. E le mie lacrime si
mescolano a quelle di Manuela, nostra imperdibile amica, di Alberto, suo fratello, e di Carlo Alberto, suo marito. Ma, tornando
al Libro, desidero ricordare che la Prefazione è mia. E
mi piace riportarne qualche stralcio, per dare qualche notizia in più sulla
figura di Puse/Jelka e sul perché sia stata così importante nella vita di Tea e
di tutta la sua famiglia:
Puse è innanzitutto un atto d’amore di Tea
Dalmas nei riguardi di sua madre Jelka, chiamata Puse, e di sua nonna Vinka Sperac Bulic (e chiedo scusa per
gli accenti giusti che non so mettere), giornalista e femminista ante litteram
nei primi anni del Novecento in quella terra mittleuropea tra Italia, Croazia e
Dalmazia, che ha, nella storia di questa famiglia, come fulcro Spalato. (…). Si
tratta, infatti, della pubblicazione del diario, che sua nonna aveva scritto
dalla nascita della terzogenita, avvenuta nel febbraio del 2019, dopo parecchi
anni da quella dei primi due figli, al 1953, anno in cui con una lettera
accorata Vinka, dopo circa dieci anni di silenzio per aver chiuso il diario con
le nozze della sua amatissima Puse, lo riprende per cercare col suo amore e la
sua tenerezza materna di consolarla per la morte prematura dell’adorato Franco,
stroncato da una grave malattia cardiaca. (…). Ma Puse è anche
la straordinaria testimonianza di uno spaccato di vita che coinvolge sì due
donne, madre e figlia, quindi due generazioni a confronto, ma anche un intero
popolo, anzi più popoli con la loro tormentata storia che riguarda ideali di
libertà e soprattutto di rivendicazione di appartenenza ad un ceppo
storico-culturale piuttosto che ad un altro; ideali e rivendicazioni, che
fecero di quegli anni e di quei territori veri e propri campi di battaglie,
acerbe e devastanti, a volte anche cruente o di forte tensione propagandistica
e sociale, senza ottenere reali soluzioni di giustizia e di equilibrio tra le
sacrosante aspirazioni indipendentistiche, talvolta anche romantiche, dettate,
soprattutto in quelle terre, dagli “eroici furori” di tutto l’Ottocento e la
prima metà del Novecento (vedi l’impresa di D’Annunzio a Fiume e a Zara), e la concreta vita quotidiana della
gente comune e dei suoi sacrifici per affrontare nuove e destabilizzanti
situazioni famigliari e domiciliari come profughi o esiliati. Esperienza
che toccò anche a Puse e ai suoi figli Tea e Rafo, che trovarono rifugio e ospitalità in terra di Bari. La
Posfazione è di Nico. Bella. Sincera fino in fondo. Esplicativa dei tanti
momenti bui vissuti in silenzio dalle due donne, madre e figlia, pur di non
turbare il già scarso equilibrio socio-economico- familiare che entrambe stanno
vivendo; ed esplicativa del travagliato momento storico che stanno vivendo
l’una lontana dall’altra. Poi… poi… poi… tutti gli avvenimenti si snodano fino
all’adolescenza, la giovinezza, l’età matura di Puse. La sua venuta con i figli
a Bari. Il resto è storia che i nipoti conoscono benissimo e che Manuela ha
sintetizzato con splendide parole e una tenerissima poesia. L’anno scorso,
infine, mi è giunto questo messaggio di Manuela: Mamma Tea non c’è più.
Ed io, ormai, non conto più gli anni. Conto le assenze fisiche che sono
presenze vive nel cuore, nell’anima. E il riproporre quanto già scritto non è
sfiducia nella memoria dei lettori del nostro blog, ma necessità mia personale
di far rivivere, nei tantissimi ricordi, le tante persone amate e che amo
perché vale la pena ricordarle per farle ri-nascere.
Grazie, sempre, per l’attenzione. La prossima volta parlerò delle nostre Autrici straniere, a partire dalla più conosciuta e amata anche in Italia Ljiljana Habjanovic Djurovic, la tanto apprezzata e amata Milanka Mamula, la mitica MilicaLilic Jeftimijevic, ecc. A presto. Angela/lina
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