martedì 15 settembre 2020

Don Milani ritrovato

Sabato sera, allo SpazioleArti del Teatrermitage, presso il giardino del Museo Archeologico del Pulo di Molfetta, anch’io ho ritrovato Don Lorenzo Milani, grazie alla straordinaria Rassegna: “Futuro Anteriore” - Frammenti di una MAGNIFICA STAGIONE RITROVATA, organizzata dall'infaticabile Vito D'ingeo che, dopo tantissimo tempo, ho rivisto con grande piacere.

"Futuro anteriore", appunto, per ripartire dal passato in tutti i sensi e immergersi già nel futuro.

E così, commossa e felice, ho ritrovato il mio amatissimo  “prete scomodo”, e la sua “Scuola di Barbiana”, dopo circa vent’anni dagli ultimi miei incontri con la sua pedagogia al servizio degli ultimi.

In un giardino molto suggestivo, ricco di verde, di pietre e di storia antica, su un palco semplice semplice con un’unica sedia semplice semplice, è esploso il monologo di Luigi che ha raccontato il suo Don Milani, dalle origini fino al suo volo nel Cielo degli Eletti, di quelli cioè che si sforzano in tutti i modi possibili, badando che il cammello si assottigli a tal punto da poter realizzare, con determinazione e coraggio, l’impossibile impresa di farlo entrare nella “cruna di un ago”. Sì, il cammello. Anzi, i “Cammelli a Barbiana”.

La narrazione di un passo evangelico? Racconto e storia di un mito, una leggenda di un tempo ormai passato, ma forse non del tutto? Una fiaba? Un “C’era una volta” con tutto il bene e il male che crudelmente divide il mondo delle fiabe perché il lieto fine possa danzare col cuore dei bambini? Niente di tutto questo o forse tutto di tutto questo. Tutte le contraddizioni del mondo e di noi suoi abitanti, come ci ha insegnato Simone Weil, “in comodato d’uso:

Don Milani e l’infanzia dorata in una famiglia ricca e colta dell’alta borghesia e la sua lotta di classe contro i ricchi e i laureati per fare spazio ai poveri e agli analfabeti.

Don Milani e la sua fede accesa, a imitazione di Cristo, contro una chiesa cattolica severa nei suoi dogmi, ma contraddittoria e mercificata nell’asservimento ai ricchi e nella cecità verso i poveri.

Don Milani pessimo studente, ribelle ad ogni coercizione scolastica, ma grande maestro, come egli stesso amava definirsi, per la cura che riversava verso i più bisognosi nella sua scuola di Barbiana. Una scuola povera e mancante di tutto, ma ricca di fervore lavorativo dove tutto serviva per imparare nei trecentosessantacinque giorni dell'anno, compresi dunque i sabati e le domeniche. Una scuola da contrapporre a quella statale, dove "si guarivano i sani e si ignoravano i malati" e dove si aveva la presunzione di trattare tutti allo stesso modo, ignorando così di commettere una grave ingiustizia "facendo giustizia fra disuguali".

Uomo rude, scostante, severo, immerso in una realtà difficile, da lui condita anche di tante parolacce e, insieme, persona mite, ricca d’amore per il prossimo e di grande tenerezza verso i bambini, a cui insegnava l’importanza della parola e della voce per imparare ad ESSERE e a rivendicare gli individuali diritti di PERSONE nel collettivo della propria comunità di appartenenza, contro ogni ottuso e pervicace totalitarismo.

“I CARE”, scritto all’ingresso della sua scuola nella sperduta Barbiana, contro il “me ne frego” dei fascisti, arroganti e indifferenti ai bisogni del popolo che viveva di stenti e che non aveva mai imparato a sognare né tanto meno a progettare un futuro migliore.

Don Milani e la scoperta della “parola”; e l’identità restituita dalla “voce”. Quanto importanti l’una e l’altra per rivendicarsi nella propria unicità e per rivendicare la propria appartenenza al mondo sociale e solidale.

Don Milani, antesignano dell’appartenenza dei suoi alunni non solo al piccolo bosco di Barbiana, ma alla realtà ben più ampia di altri popoli europei di nazioni diverse per imparare altre lingue, altri modi di essere e di comportarsi. Perché la conoscenza derivasse dall’esperienza vissuta si dilatasse verso orizzonti più ampi di consapevolezza e socialità. Nella rivendicazione dei propri diritti non disgiunti dagli inevitabili doveri di uomini e cittadini, ma con riserva di "disubbidire" alle leggi ingiuste e inique.

Don Lorenzo Milani. Faro e Approdo per ogni nuova partenza. Ma scomodo, troppo scomodo per cattolici e laici.

Da sempre al centro di contestazioni e controversie per il suo ribellismo contro ogni forma di sopruso fisico ed etico fino a dare il fianco alla terribile macchina del fango a stritolarlo con i suoi meccanismi perversi e uncinanti l’anima.

Pura e Ribelle, la sua anima, fino a perderci la salute, ma non la fede. Fino a perdere la serenità, ma non la speranza in un mondo migliore.

Questo il suo inno alla libertà e a Dio, a cui aveva preferito gli oppressi e i vinti, svettante nel vento a portarlo, con la croce del suo stesso Cristo messo in croce, in alto sempre più su dove l'altra sera lo ha inseguito  il fiume delle nostre lacrime, esplose in un buio acceso di stelle.

Bravissimo l’attore Luigi D’Elia in una straordinaria narrazione, di cui in parte è anche autore; narrazione, che ha coinvolto e sconvolto, in silenzioso ascolto, il numeroso pubblico.

Questo genere di teatro, solo apparentemente povero, ha in realtà un legame ancora più intenso e vibrante con la letteratura, perché non nasce mai da un copione già scritto per la drammaturgia, ma si crea e si realizza con le mani, la mente, il cuore di chi abilmente cuce e ricama insieme le parole, i versi e le frasi di testi letterari, così ben definiti "lasciti" dei maestri ( in questo caso, tratti proprio dai libri di Don Milani) dagli ottimi organizzatori e dalle estenuanti ricerche sul campo compiute dagli autori.

Sì questo è un Teatro diverso perché non prevede posture, ma predilige la forma dialogica con il pubblico, interpellato ad ascoltare una storia proprio come se si trovasse di nuovo dinanzi ad un cantastorie d'altri tempi...

Grazie per l'emozione, di cui non si è spenta ancora l'eco.

E grazie ancora a Don Lorenzo Milani che mi ha insegnato ad essere un'insegnante che ha cercato di prendersi cura, negli anni, dei suoi studenti con Tenerezza, Amore e con tanta Poesia disseminata tra le Parole.

       Angela De Leo

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