venerdì 9 febbraio 2024

Venerdì 9 febbraio 2024: Esempi significativi di POESIA CONTEMPORANEA (conclusione)...

Ed ora, per concludere, mi sembra opportuno riportare qui alcuni testi di poesia contemporanea per comprendere in maniera più chiara ed efficace le molteplici correnti poetiche del nostro tempo, tutte ugualmente valide ed apprezzabili, con i dovuti “distinguo” relativi al nostro personale gusto estetico, formale, contenutistico, stilistico. Dal confronto si può confermare o modificare il proprio assunto poetico.

Una importante puntualizzazione: pur abitando ogni singola poesia in una particolare “corrente” poetica, essa rientra inevitabilmente in molte altre che hanno perlopiù connotazioni simili pur discostandosene per alcuni elementi contenutistici, formali, e così via.

Ci limitiamo al panorama italiano per esigenze di tempo e di spazio. Sarebbe interessante integrare questi brevi appunti con gli autori stranieri contemporanei. È una sfida!

Il ritorno al classico contro il pericolo della disidentificazione:

Ci pensi, non ho mai piantato un albero,/ non ho mai avuto un figlio./ Tanto assomiglio al mare,/ solitario, sterile./ Né un crespo cipresso, né un salice umido e lento, né un’euforbia/ diramata a delta, né un pesco/ né un susino né un melo/ ho fatto mai crescere, né un ramo/ rosa o candido a marzo, né un piccolo/ di uomo.// Come l’onda percuote la riva/ senza fecondarla, senza lasciarvi/ altro che alghe e consunte radici/ così – non lo dici? – io percuoto la vita.// Eppure l’ho amata, la/ terra, ti ho amata. (Giuseppe Conte, Le stagioni della terra, Rizzoli, Milano 1999).

Rinnovata identità nella memoria e nelle cose quotidiane:

Lui se ne andò gettandoci/nell’improvviso smarrimento./ In un sacchetto della polizia,/ ecco gli assegni, il pettine,/ la benda per il polso…// Ciao, dico adesso senza più tremare./ Io ti ho salvato, ascoltami./ Ti lascio il meglio del mio cuore/ e con il bacio della gratitudine,/ questa serenità commossa. (Maurizio Cucchi, da L’ultimo viaggio di Glenn, Mondadori, Milano 1999).

La parola “sostanziata” contro la sua “liquidità”:

Torna,/ fra poco l’anima degli alberi/ tramonta nella sera/ e tutto il fumo/ perdigiorno e vagabondo/ salirà/ a trafiggermi gli occhi./ Fa’ un po’ di posto per me/ tra i tuoi pensieri/ e torna/ prima che s’alzi la notte,/ torna/ o conterò le ore/ come canna vuota/ abbracciando il tuo nome perduto/ e cercando nel vento/ l’odore/ dei tuoi capelli. (Lino Angiuli, “Torna”, Ovvero, Nino Aragno, Torino 2015). 

“Il realismo terminale” quale preannuncio dell’età del “postumano”:         

I due cappotti siedono vicini/ portati senza portamento alcuno/

come due bucce vuote di banane./ si parlano le loro cicatrici/ e gli occhi sono anelli di catene,/ neanche a ballare suscitano brio; li ha fatti dio non sempre riesce bene. (Guido Oldani, “I due”, Il cielo di lardo, Mursia, Milano 2022).

La poesia della parola chiara e forte:

In certe ore/ sopra il distributore di benzina/ un muro nudo s’illumina/ e sta contro l’azzurro/ come la luna.// A un certo punto uno/ abita qui davvero/ e guarda in faccia queste case, e impara/ a stare al mondo,/ impara a parlare al muro.// Impara la lingua,/ ascolta la gente in giro./ Incomincia a vedere questo posto,/ a sentire/ nel chiaro dei discorsi/ la luce di questo muro. (Umberto Fiori, “Muro”, Parlare al muro, Marcos y Marcos, Feltrinelli, Milano 2017). 

La poesia della parola come ricerca:

Tutto era già in cammino. Da allora a qui. Tutto/ il tempo, luminoso, sfiorava le labbra. Tutti/ i respiri si riunivano nella collana. Le ombre/ di Lambrate chiusero la porta. Tutta la stanza,/ assorta, diventò il primo battito. Il nero/ dei tuoi capelli contro il giallo dell’ultimo raggio./ Da allora a qui. Era il primo giorno dell’estate./ Il silenzio ci riempiva la fronte. Tutto era/ già in cammino, da allora, tutto era qui, unico/ e perduto, nostro e remoto, ardente. Tutto chiedeva/ di essere atteso, di tornare nel suo vero nome. (Milo De Angelis, da Tema dell’addio, Mondadori, Milano 2005).

La poesia immaginifica, neoorfica (tra Dino Campana e Rimbaud), un po’

criptica:

Esse giungono improvvise, miscellando/ nel latte al bambino dosi adeguate di morte,/ bollicine che ingorgano, urne d’aria, grumi/ di farina non spenta, embolie, dolora a lenta cessione,/ cordoglio, affinché impari da subito che l’uomo/ dovrebbe perennemente vivere in stato/ di violento assedio e orrore di sé:// ogni sera mani segrete accudiscono. Ripongono./ Nelle camere fonde, i maschi, che siedono,/fanno muta musica, masticano tra loro foglie di betel;/ in quelle voliere, le femmine, che depilano,/sbucciano, sgusciano, imbalsamano in letargici oli nudi corpi// un filo d’erba si protende a un oggetto:/ l’oggetto è di materiale duro, fittile e cangiante, fittile e duro;// l’oggetto nella propria indifferenza, lo contempla,/ lo riaffiora al minimo dell’onda, lo manifesta al suo massimo,// lo rende sommergibile barca dagli invisibili remi/ sottraendolo alle scure cucce degli umani, ai loro accampamenti// o promiscue edificazioni di membra/ e lo affida a sottomarine potenze:/ Per lui finalmente si chiudono i chiusi/ della campestre innocenza, fermenta per lui l’irsuto pelo dell’acqua,// sospende il passo e la raspa del ruminante,/ attende il suo caracollo di froge o occhio vertiginoso/ e tutto nel suo quanto, è per sempre.// L’oggetto ogni sera pone segrete mani, sostituisce. (Alessandro Ceni, “Interno/esterno”, Parlare chiuso -  Tutte le poesie, Feltrinelli, Milano 2021).    

La poesia a sfondo civile:

<Democrazia, di cosa ti fai bella?...>/ <Quella che pare vita, in te, non è che/ un’ombra della vita, sua sorella!...>// L’oppressione nascosta nelle forme,/ ti scorre nelle vene, come il sangue,/neuro, caserma e carcere le tue orme!...>// <Tutta mercato e computer, sei folle,/ ci hai fatto ormai due balle, borghesia,/ tutte le tue trillate in si bemolle!...>// <Un’epoca più oppressa mai fu data,/ un dover adeguarsi a delle cose,/ che cose non sono, ma merce obbligata!...>// <Da culla a nulla non lasci contrada!...>/ <Carte stracciate, torture di morte!...>/ <Guerre imperialiste e coloniali!...>// <L’iracheno al guinzaglio di soldata!...>/ <Truppe sadiche dei begli ideali!...>/ <Libera America, e tutta la sua corte!...>// <Menzogna e orrore porterà altri mali!...>. (Gianni D’Elia, da Trovatori, Einaudi, Torino 2007).

Poesia come dissoluzione tra parola e realtà:

Tu dormi accanto a me così io mi inchino/e accostato al tuo viso prendo sonno/ come fa lo stoppino/ da uno stoppino che gli passa il fuoco./ E i due lumini stanno/ mentre la fiamma passa e il sonno fila./ ma mentre fila vibra/ la caldaia nelle cantine./ Laggiù si brucia una natura fossile,/là in fondo arde la Preistoria, morte/ torbe sommerse, fermentate,/ avvampano nel mio termosifone./ in una buia aureola di petrolio/ la cameretta è un nido riscaldato/ da depositi organici, da roghi, da liquami./ E noi, stoppini, siamo le due lingue/ di quell’unica torcia paleozoica. (Valerio Magrelli, “L’abbraccio”, POESIE (1980-1992), Giulio Einaudi Editore, Torino 1992).

La poesia della parola recuperata e “dedicata”:

Si può anche morire al banco del bar - -/ le mille etichette variopinte contro gli specchi/ erano farfalle/ sopra i miei occhi/ e sul viso di lei che mi guardava/ con un’azione ferma/ e vorticosa s’innamorava./ Si può lasciare andare tutto/ nel viaggio che fanno/ dal banco alle labbra/ la tazzina e la mano,/gesto cometa/ in una sera insidiosa/ e leggera a Bologna,/ quel cielo di seta -/ (mi fai tremare il cuore,/ diceva una canzone dolce e violenta,/ mi fai smettere di respirare).// Si può essere cortesi/ da morire/ in uno dei bar del centro./ Poi si deve fuggire, senza/ guardarsi dietro, senza guardarsi/ dentro. (Davide Rondoni, da Il bar del tempo, Mondadori, Milano 2017).

Poesia come lirica d’amore per la parola, per l’amore e per la vita:

Il libro davanti a me che si confonde/ e si identifica con il luogo/ di svolgimento di una storia/ ama le dune la luna le onde/ le rive degli alberi in filari,/ ama i suoi fogli presuntuosi/ splendidamente lasciati ai margini/ nel vuoto che non è vuoto/ ma un buio eterno e luminoso,/ ed ogni verso bruciato da filiale/ fede nelle sue parole/ e i dubbi del suo oscuro/ vano ardore, anche un plagio finemente celato./ Ama come una conchiglia/ sulla scrivania di una città/ la memoria di una lunga/ durata e il canto lieve/ soffocato di una gioia/ diversa nella vita./ Ama l’amare trattenuto/ nella carta quando il tempo/ spinge ogni cosa lentamente/ dall’oblio alla ragione/ in un sogno di luce che nella luce muore./ Dove nulla resta legato/al suo essere stato/ né le dune né la luna né le onde. (Salvatore Ritrovato, “Tra le pieghe”, Antieroi e uomini liberi, PUNTOACAPO EDITRICE, 2015).

Poesia sulla complessità del mondo contemporaneo e sul senso dell’esistenza:

Mio padre è uno stanco democristiano./ È  quel che mi resta da dire,/ e non è poco, se una storia, già andata/ di là lo invoca. Perciò genuflesso/ ad un banco di chiesa mi ridico/ che un calice ha bevuto/ anche lui, e che forse piamente/ s’è lasciato trovare, senza difesa,/ da questo tempo che non gli appartiene./ E non basta la memoria, se un vento/ di gelo guasta il sereno, e cancella/gli amati segni, infuria e poi fa scempio/ dei migliori anni di gioventù,/ ma nulla presagisce, è vento e basta:/ non palesa un disegno, non è voce/ di uno che grida nel deserto,/ per noi, che non è altro che quello/ che ci aspettiamo, che nient’altro vogliamo./ Il deserto sono i democristiani./ Guardali, e troverai mio padre,/ seduto a un banco di chiesa. Sconta/menzogne non sue, ed è stanco. (Riccardo Ielmini, “Mio padre è uno stanco democristiano”, da Il privilegio della vita, editore: Ass. Culturale Atelier, 2002).  

Questi ultimi autori sono i giovani poeti che hanno varcato già la soglia del nuovo millennio. Ce ne sarebbero tanti da annoverare tra i buoni poeti, ma ritengo che questa carrellata possa concludersi qui, con questi pochi ma significativi esempi della nostra poesia nei suoi innumerevoli percorsi fino ai nostri giorni, lasciando una soglia di curiosità culturale per chi voglia continuare a fare ricerca e a documentarsi sulla poesia contemporanea, italiana e straniera, per un costruttivo e proficuo confronto di conoscenza che ci proietta verso il futuro. Infinitamente grazie a tutti voi che avete avuto tanta pazienza nel seguire questo lungo percorso, dettato esclusivamente dal mio immenso amore per la scrittura, in cui ho voluto a tutti i costi immergervi, confidando nella bella sintonia che si è creata tra noi. Angela

 

 

  

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