giovedì 1 febbraio 2024

Giovedì 1 febbraio 2024: Il LINGUAGGIO POETICO e la sua "SIGNIFICAZIONE" nel TEMPO e nello SPAZIO...

Come promesso, oggi torniamo a parlare di Poesia, ma non come necessità di “sintonia” culturale e poetica. Come faremo con gradualità e accortezza, perché possono nascere equivoci. Ma, come preludio a tutto questo, ritengo che sia “la significazione del linguaggio poetico”. E la "significazione" è molto di più del significato: è più dinamica perché sottintende un'azione che abbraccia tempo e spazio e va oltre (in senso orizzontale, verticale, obliquo, compresa la sua profondità). Al di là del “pensiero poetico” di alcuni “grandi” (filosofi, scrittori, poeti), a livello mondiale, su che cosa possa essere la poesia, è bene dare anche una sorta di “definizione oggettiva” del linguaggio poetico per evitare errori: Il testo poetico condensa in sé un’enorme ricchezza di “sensi”. I sensi della poesia, quand’è veramente tale, sono talmente legati alla struttura del testo da non poter essere trasmessi o compresi fuori di essa. Si può dire insomma che “ripetendo una poesia nel linguaggio comune distruggiamo la poesia” (Cfr. J. M. Lotman, linguista semiotico russo: La struttura del testo poetico, Milano 1972), al punto da compromettere, e talvolta da rendere impossibile, la trasmissione dei significati. Di conseguenza, la versione in prosa (parafrasi) può diventare davvero un grosso rischio. O, peggio, fare il commento acritico di una poesia. Assolutamente impossibile fare la famigerata analisi grammaticale, logica o sintattica di un testo poetico. Così si uccide davvero la poesia!

Una poesia, infatti, è composta di parole che si legano tra loro secondo diversi sistemi di rapporti ben più complessi di quelli del discorso comune, e ciò fa sì che uno stesso testo assuma contemporaneamente più significati. Il “discorso comune” ha un carattere di “transitività” (dalle parole rimanda ai significati), mentre quello poetico è definibile come “autoriflessivo” proprio perché si offre a molteplici interpretazioni, essendo come avvolto in sé stesso; dunque, è per sua natura ambiguo: i suoi significati sono soprattutto suggeriti e sottintesi, assumono strutture complesse, spesso volutamente imprecise. Una poesia non dice, non definisce mai, non dimostra: accenna, allude, propone, crea suggestioni, concentra in sé molteplici intuizioni. Inoltre, il discorso comune si svolge generalmente in un’unica direzione che procede con regolarità dalla prima all’ultima riga (ciò che viene detto dipende da ciò che precede e condiziona ciò che segue fino all’ultimo segmento di frase). I significati del discorso comune si organizzano, pertanto, secondo una progressione che si proietta sempre in avanti. Al contrario, nella poesia il senso invece di progredire ritorna su sé stesso con una sorta di movimento “oscillatorio”, avanza e ritorna indietro; i versi si susseguono non secondo un ordine logico, ma creando continue espansioni semantiche che si dilatano all’indietro in modo da dover/poter reinterpretare con una diversa angolatura ciò che si riteneva di aver compreso in una prima lettura. Nella poesia, dunque, la progressione dei sensi non è più proiettata in avanti, come nel discorso comune, ma si orienta ciclicamente con un ripetuto ritorno su sé stesso. In pratica, necessita di "ascolto" del "ritmo interiore" (Cfr. Stefano Agosti, linguista, semiologo, psicanalista: Il testo poetico 1972).

Interpretare una poesia significa, allora, oscillare tra una comprensione globale e la focalizzazione di un particolare, per ritornare a cogliere qualche struttura trascurata in un primo approccio, e per rifermarsi di nuovo su altri aspetti particolari in un ripetuto procedimento ciclico-spirale. Insomma, l’interpretazione di una poesia richiede di non trascurare alcun elemento: dalle scelte lessicali (importantissime) al tipo di verso (regolare, odeporico, scazonte…), alla disposizione non casuale di un aggettivo, di un verbo, di un sostantivo prima o dopo (es: è “un grande amore” risulta riduttivo rispetto a “è un amore grande”), alla punteggiatura usata oppure omessa… Risulta di particolare valore il fatto che, in questo succedersi di continui “aggiustamenti” interpretativi, entrano in gioco anche elementi non linguistici: i caratteri, lo spazio utilizzato, la collocazione del verso all’interno della pagina, e così via. Anche questi elementi hanno un significato che possono modificare una prima interpretazione testuale. Si passa, pertanto, dalla “significazione” di base all’analisi attenta del valore polisemico di un termine o di una espressione, dal suono/senso/significato delle parole ordinate appunto in una certa successione (che può banalizzare o rendere altamente poetico un testo), alle eventuali rime o scelte ritmiche…

ll risultato è la “significazione” più profonda della poesia. 

Quest’ultima, dunque, è “il regno della polisemia e dell’ambiguità”. (Cfr. Serafino Ghiselli, linguista, filosofo, pedagogista: Il filo delle parole, Unilibro 1985).

Una poesia, infine, è un particolarissimo atto linguistico che può considerarsi compiuto in sé stesso e nelle forme che può assumere, senza finalità pratiche particolari. (libera rielaborazione di alcuni testi di Lotman, Ghiselli, Agosti).

E mi piace pure definire, anche se sono chiari ai più, cioè agli “addetti ai lavori”:

ALCUNI ELEMENTI CONNOTANTI IL LINGUAGGIO POETICO

… strappi cartoni di paure

raccogli sassi

               semi del visibile

schegge di sale

                   nobile cristallo

 

l’esercizio dilaga col suo fascino ambivalente

tra le pieghe del riascolto

che sa di restauro…

(Elio Filippo Accrocca, “Parole scippate al silenzio”, in Lo sdraiato di pietra, 1991)

Sono bellissimi, misteriosi versi di una poesia, molto più lunga e molto intensa, sull’atto di scrivere in forma poetica, utilizzando tutte le possibili forme in riferimento a tecniche di scrittura specifica e alle figure retoriche, che di solito si possono utilizzare per “fare poesia”.

È importante, a questo punto, focalizzare tutti gli elementi che connotano il linguaggio poetico e le principali figure retoriche per imparare a servircene opportunamente con discernimento e sapientia cordis. Per cui mi sembra il caso di approfondire la struttura, le forme e gli elementi propri del “codice poetico”:

-          È un discorso in versi: “le parole sono disposte secondo segmenti di diversa misura”, che possono raggrupparsi in differenti modi. I versi si alternano agli spazi bianchi, che Paul Èluard definisce “margini di silenzio”, molto significativi per comprendere la struttura di una poesia e molto altro (le parole non dette, il senso oltre le parole dette, lo slargarsi dell’ultima parola verso orizzonti più ampi, il ritmo proprio di una poesia, la sua musicalità…).

-          La stessa denominazione di una certa poesia molto musicale, la poesia lirica, deriva dallo strumento musicale a corde con cui gli antichi cantori si accompagnavano recitando i loro versi (origini orali della poesia).

-          In un testo poetico nulla è casuale: il gioco linguistico della disposizione delle parole per dare loro un ritmo, una musicalità, una sorta di melodia è strettamente legato al significato che si vuol dare al componimento poetico e al suo significante. Dall’insieme dell’uno e dell’altro, compresi gli spazi bianchi, scaturisce il senso che non è mai definito, regolare, dato una volta per tutte. Di qui le difficoltà di tradurre le poesie in altre lingue: il testo originario, dovendo sottostare al mutamento delle parole, viene quasi sempre falsato e tradito nel ritmo, nel suono e, quindi, nel senso (traduttore-traditore). Bisogna essere poeti per tradurre il testo originario delle poesie “straniere” nella propria lingua.

-          La poesia è, pertanto, una esperienza intima e profonda, legata all’immaginario del poeta, immaginario che spesso nasce da una emozione, una folgorazione, una intuizione, per cui necessita proprio di quelle parole, di quelle immagini tradotte con quelle parole e non con altre e non in altro modo. L’emozione può nascere da una situazione presente, dal ricordo o dalla proiezione in una situazione futura, per cui spesso si ha nei versi il processo di attualizzazione. Questo è uno dei modi di procedere del “fare poesia”. Ne riparleremo più ampiamente, se dovesse risultare necessario.

-          Nella poesia, infatti, si concentrano le immagini, le sensazioni, le emozioni del poeta. Di qui la sua essenzialità. Condensazione e simbolizzazione sono procedimenti frequenti anche se non obbligatori di fare poesia. Niente è obbligatorio nel linguaggio poetico, che è espressione di totale libertà nel rispetto della forma specifica della poesia che è determinata dalla bellezza del verso. Tale bellezza, il più delle volte, scaturisce da una “fulminea illuminazione” o da una ricerca sulla polisemia (o polivalenza del significato) della parola. Spesso, poi, in un poeta sono ricorrenti alcune parole a lui particolarmente care che vengono definite stilemi o parole-chiave di quel determinato poeta, connotanti la sua poesia. Ma importanti sono anche i “campi semantici”, cioè quelle espressioni che sono tipicamente legate ai temi che quel poeta tratta più frequentemente di altri o che connotano quella particolare raccolta: la memoria, la vita e la morte, la guerra, i problemi sociali filtrati dalla propria sensibilità poetica, ecc.

-          Prosa e poesia, però, non sono antitetiche, come a volte mi capita di sentire, perché ci sono poesie che volutamente hanno un tono discorsivo e di ampio respiro e prose altamente liriche: tutto dipende dalla scelta delle parole e dalla loro composizione e disposizione, proprio come fossero uno spartito musicale. Oggi si parla di “intenzione comunicativa”, dopo tanta incomunicabilità sia in prosa che in poesia, come in tutte le altre arti, compreso il cinema, ossia la “decima musa”, ma noto che sempre più spesso si sta tornando al “poetare ermetico”. Per avere una maggiore libertà di “significazione”? Per andare controcorrente? Per avere il respiro del non detto e solo intuito? Per sorprendere il lettore e dargli nuovi motivi di rilettura? Potremmo parlarne insieme. (I testi da me consultati e rielaborati sono sempre gli stessi e conservano ancora oggi freschezza e attendibilità).

Alla prossima. Angela

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