sabato 5 febbraio 2022

Sabato 5 febbraio 2022: SANREMO e LUIGI TENCO...

Per chi non ha potuto seguire il Retino questa mattina, ecco una sintesi. Spero di fare cosa gradita a chi mi legge o quantomeno di non annoiare nessuno. Vi voglio bene. Captatio benevolentiae? Credo di no. Solo desiderio di essere ancora insieme e di condividere. Possibilmente…
Stasera il festival di Sanremo spegnerà le sue luci, i suoi lustrini, le sue canzoni. La sua allegria. La sua poesia. I suoi monologhi per pensare. I suoi dialoghi per comunicare anche l’importanza di un abbraccio. La voglia di ricominciare. La gioia di stare ancora insieme. Il bisogno d’amore. Sì, incredibilmente, si è respirato tanto bisogno d’amore. Si è scoperta tanta complicità tra generazioni diverse. La necessità di rinascere.
E il mio Retino ha catturato, in queste atmosfere canore sfavillanti, così lontane da quelle di ieri, soprattutto il grido d’amore di tanti giovani e giovanissimi, in cui noi anziani, che abbiamo visto Sanremo nascere, non ci riconosciamo, eppure ci ritroviamo nella stessa ribellione a un mondo lento nel cambiamento; nella stessa determinazione ad osare; nella stessa audacia di un pensiero divergente; nella urlata o sussurrata fame di dare e ricevere ascolto. Nella speranza di poter e saper andare oltre le nostre stesse parole per dare una nuova voce al futuro. Un nuovo canto. Colorato di fiorita creatività e di rinnovato invincibile coraggio.
E in tutto questo nuovo e antico mondo, ecco il ricordo imperioso della voce di un grande cantautore, che ha attraversato tutta la mia giovinezza colmandola di poesia: Luigi Tenco. È di lui che voglio parlare, con le sue indimenticabili canzoni di rottura verso le canzoni del passato. La scuola genovese degli anni Sessanta e la rivoluzione di Tenco, De André, Lauzi, Paoli, e tanti altri cantautori per rinnovare parole e sonorità musicali. Al sud l’immenso Domenico Modugno e alcuni altri. Canzoni che hanno accompagnato la nostra vita, i nostri sogni. Le nostre incertezze, le nostre speranze.
Di Luigi Tenco, tra le tante, ho scelto tre canzoni che hanno fatto il nido nel mio cuore: “Mi sono innamorato di te”, “Ho capito che ti amo”, “Angela”. Perché, tra le tante bellissime canzoni di questo ombroso e sensibilissimo cantautore, proprio queste tre?
Perché gioco facile e persino in casa: fanno parte della mia vita privata e soprattutto perché mi offrono la possibilità di mettere a nudo l’anima di Luigi Tenco e la nostra stessa anima. In un riverbero psicologico che riguarda la natura umana nelle sue innumerevoli sfaccettature e contraddizioni. Nei suoi sogni e nelle sue lacerazioni. Nel prisma cangiante, buio e luminoso, della nostra personalità e della nostra letteratura.
La mia amata amica, gemella di anni e di poesie, Mariella Bettarini, ha detto un giorno che “si è poeti perché da qualche parte abbiamo ricevuto una ferita”. Niente di più vero.
Se interrogassimo i poeti di una vita e non quelli della domenica, ci direbbero tutti di una “pietra d’inciampo”, di “aguzzi cocci di bottiglia” a far sanguinare le mani, i piedi, i pensieri. Di dirupi e abissi o di “stelle imprendibili” come lacrime di cielo a trafiggere occhi e innumerevoli verità, in una sarabanda di sentimenti e di risentimenti. Luigi non ha fatto eccezione, anzi! Infanzia difficile, giovinezza tormentata, fragilità e un grande talento letterario e musicale incompreso, enormi disperazioni e pochi risarcimenti nella sua breve vita. Un predestinato? Forse.
E anche tutto questo ronzio di api nella mia testa mi ha fatto scegliere Lui e le sue tre canzoni. 

Ecco le due parole che ho scelto: Giorno/Notte, parole ossimoriche che si oppongono e si contraddicono e definiscono a specchio le contraddizioni dell’animo umano. Il giorno è, in psicologia, il tempo maschile, razionale, vissuto nella chiarezza della realtà: il mondo percepito con i nostri 5 sensi: la luce ci disvela il mondo nelle sue dimensioni, nei suoi colori, nei suoi oggetti, nelle sue forme tridimensionali, nella sua prendibilità e prevedibilità quotidiana. Tempo vissuto nel sociale e per il sociale. Il tempo degli uomini. Tempo vissuto verso il mondo esterno. Notte, tempo femminile, del sentimento, del buio, del mistero, della introspezione, del sogno, della visionarietà, delle passioni, dei segreti vissuti a mezza voce. Dei silenzi innocenti o colpevoli... Ed è tra queste due parole che prende vita il significato di questa canzone, si dilata e si restringe anche la sua musica. Se, poi, entrambe connotano una sola persona, dalla loro forte commistione, in cui si mescolano tutte le carte di cartomanti diversi e le diverse tessere del puzzle o i fili del mosaico della sua esistenza, nasce quella sensibilità tesa allo spasimo, che è già una ferita in cui fiorisce, come d’incanto, la poesia, coacervo meraviglioso di tutti i sentimenti provati; di tutti i sentieri percorsi, da percorrere; di tutti i mari solcati, da solcare; di tutto l’universo racchiuso nel palmo di una mano e mano che si fa intero universo. Ed ecco il poeta che ha in sé il giorno e la notte, i problemi da risolvere razionalmente alla luce del sole e i sogni da vivere nel silenzio delle notti insonni. Il razionale pentimento del giorno in cui ha altro di più concreto a cui pensare. E l’urgenza di un sentimento più forte di qualsiasi ragione che al buio si acuisce e si strugge...


In “Ho capito che ti amo”, le due parole sono essenzialmente: “Capito” e “indifferenza”. Capire subentra al tormento del cuore tra confusione e desiderio che quel palpito indistinto si traduca in amore. Capire è intuire, penetrare, leggere dentro, avanzare nella conoscenza, comprensione, desiderio di scoprire. L’indifferenza, però, è chiusura, ostacolo alla curiosità, alla ricerca, alla scoperta e conoscenza. All’avvicinarsi con il cuore e con la mente a tutto quanto è altro da sé. E, quindi, coinvolgimento. Ma, superata l’indifferenza, ecco che l’amore esplode in tutta la sua irruenza luminosa e si placa nel “naufragio dolce” del cedimento al sentimento più tenero, forte, profondo che ci sia: ancora una volta e sempre l’AMORE.

In “Angela” le parole sono più di due. Inevitabilmente: “Angela”, “angelo mio”, “Non credevo” “credimi”, “non volevo”, “voglio”. Qui è in gioco la determinazione sadica dell’innamorato che teme di perdere la sua donna e per questo la stritola in una prigione delle cui chiavi vuole essere il padrone assoluto, come dello stesso cuore di Angela, della sua anima. Ma è proprio così che rischia di perdere il suo amore. E amare e splendide sono le contraddizioni di un uomo assetato di amore, e soprattutto di avere accanto a sé un angelo che protegga le sue fragilità, che perdoni le sue intemperanze, che si faccia carico delle sue disperazioni. Ci sarebbe ancora tanto da dire, ma lo spazio e il tempo tiranni me lo impediscono. Desidero solo lasciarvi con il grido di ribellione di Tenco e di quanti come lui che già sessant’anni fa si opponevano con veemenza a tutte le ingiustizie del mondo. Un grido che faccio mio. Perché la giovinezza era è e sarà sempre “impeto” e “assalto”, tensione alla trasgressione a al cambiamento. Il sogno vince di gran lunga l’indifferenza, sorretto sempre dall’AMORE anche per la giustizia, l’uguaglianza, la solidarietà, la libertà, la PACE…

E ci diranno

E se ci diranno
Che per rifare il mondo
C'è un mucchio di gente
Da mandare a fondo

Noi che abbiamo troppe volte visto ammazzare
Per poi dire troppo tardi che è stato un errore
Noi risponderemo
Noi risponderemo

(No, no, no, no, no, no, no, no)

E se ci diranno
Che nel mondo la gente
O la pensa in un modo
O non vale niente

Noi che non abbiam finito ancora di contare
Quelli che il fanatismo ha fatto eliminare
Noi risponderemo
Noi risponderemo

(No, no, no, no, no, no, no, no)

E se ci diranno
Che è un gran traditore
Chi difende la gente
Di un altro colore

Noi che abbiamo visto gente con la pelle chiara
Fare cose di cui ci dovremmo vergognare
Noi risponderemo
Noi risponderemo

(No, no, no, no, no, no, no, no)

E se ci diranno
Che è un destino della terra
Selezionare i migliori
Attraverso la guerra

Noi che ormai sappiamo bene che i più forti
Sono sempre stati i primi a finir morti
Noi risponderemo
Noi risponderemo

(No, no, no, no, no, no, no, no, no)

Alla prossima, ciao…

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