domenica 29 novembre 2020

La magia delle FINESTRE

 5 minuti con poesia: II incontro: le finestre. Ho tentato di parlarne venerdì scorso. Ma come si fa a parlare di magiche emozioni, con la voglia di comunicarle e condividerle, in soli cinque minuti? Proprio quando avevo cominciato a farlo il trillino mi ha dato il segnale di STOP, che naturalmente non sono riuscita a rispettare…

Allora continuo a parlare qui della magia delle mie FINESTRE, magia di cui abbiamo bisogno oggi più che mai. Per alleggerire il cuore oppresso da tanto dolore, angoscia, paura per un virus pandemico che sta sconvolgendo tragicamente questo nostro corrucciato e indifeso pianeta. Come è facile notare, io ho bisogno di tempi lunghi e di “parole distese” per comunicare i miei pensieri.

Dunque, dicevamo. Le finestre, così semplicemente quotidiane e necessarie alla nostra vita conservano il mistero di buona parte della nostra vita: le apriamo di buon mattino per fare respirare la nostra casa col farvi entrare aria pura (almeno dovrebbe esserlo!) e luce e il mondo con le sue voci e suoni e rumori di strade e piazze e case che si risvegliano. Ma per me è quotidiano stupore notare come la luce penetri nelle nostre casa a illuminarle, dissipando il buio, come neve al sole. Mentre non   una sola ombra vola verso l’esterno ad oscurare il cielo. La casa conserva, non dissipa; trattiene, non caccia via. La stessa luce, se l’accendiamo la sera nella nostra casa non esce dalle finestre, si fermano dietro i vetri e, anche se le spalanchiamo, la luce rimane dentro, non si espande per le strade. Ditemi se questa non è magia! Solo noi possiamo entrare e uscire da casa, ma dipende da noi umani (compresi gli animali): è un atto di libertà e di volontà che appartiene a ciascuno di noi, a meno che non ci siano delle costrizioni o degli impedimenti a vietarcelo. Ma per entrare ed uscire abbiamo bisogno di un varco: la porta con una soglia che facilmente attraversiamo perché i nostri passi possano andare alla conquista del nostro piccolo mondo quotidiano o molto più lontano, magari non più a piedi ma con i tantissimi mezzi di locomozione che il secolo scorso ha conquistato per noi. Persino per farci andare alla conquista dello spazio: la “casta diva” luna o Marte, il pianeta che rosseggia, e via via sempre più su fino a sfidare le stelle.

Fuori dalla nostra casa lo spazio si fa infinito e noi rischiamo di disperderci.

Lo scrittore Antonio Tabucchi, che amo tanto, scrive: “La vastità del reale è incomprensibile, per capirlo bisogna chiuderlo in un rettangolo, la geometria si oppone al caos, per questo gli uomini hanno inventato le finestre”. E Emily Dickinson: “Un vuoto, la finestra, che può essere metafora dell’infinito”. Non è magia anche questa?

La nostra casa, dunque, è la risposta rassicurante dell’uomo alla sua ansia d’infinito e alla sua paura dell’infinito. È il nostro punto di ritorno, il nostro rifugio sicuro, la nostra protezione. Ma anche, come dicevo venerdì, la nostra segregazione, che ben presto ci rende insofferenti a quel nostro mondo asfittico che limita i nostri passi e le nostre esperienze da vivere. Ed ecco la finestra venire incontro a questo nostro bisogno/desiderio: guardare fuori, riappropriarci dello spazio, dell’orizzonte oltre le case, dei campi oltre il paese, del respiro del cielo, stando però nei limiti di quel rettangolo che ci salva dall’infinito sperdimento. La finestra ha un davanzale a cui appoggiarci o un balcone da cui affacciarci. E, altra magia, parla di noi e per noi con gli altri; dei nostri modi di essere. Ci definisce meglio agli occhi di chi è curioso di conoscerci. Comunica in silenzio le nostre intenzioni: può essere chiusa, semichiusa, spalancata, aperta, oscurata, serrata, rotta. Per queste caratteristiche è ambiguamente simbolica: si apre e si chiude, unisce e separa, permette di vedere e di essere visti, ma anche di nascondere e nascondersi. Indica dunque un atteggiamento e diventa metafora psicologica della vita stessa.

(Cfr. Monica Mazzolini, Appunti d’Arte, blogspot.com, 23 novembre 2020)

Dipende dalla nostra capacità di comunicare con gli altri o meno. Dall’ottimismo e dalla diffidenza, dall’indifferenza o dalla curiosità verso il mondo esterno. Dal bisogno di aprirci o di chiuderci agli altri.

Può fare da sfondo o essere l’oggetto principale di osservazione.

Eterna dualità della natura materica e umana.

Ed è su tale dualità che si gioca appunto la nostra vita: la dialettica costante tra la soggettività dell’IO e l’oggettività del MONDO. Il vano/davanzale della finestra abbraccia l’una e l’altra. Ed è in tale abbraccio l’illuminazione poetica! Dovuta, come sostiene il filosofo Bergson, all’“intelligenza”, che osserva le cose dall’esterno, e l’“intuizione”, che sente il “reale” dall’interno, e si identifica con esso.

Ed è questa, secondo me, la magia più grande a cui non può sottrarsi chi è amante del linguaggio poetico. Ma non solo. Nelle diverse declinazioni della creatività umana, tutti gli Artisti sono stati illuminati dalla magia della finestra.

Ma questo altro respiro d’infinito ve lo racconto domani. Buona domenica.

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