Oggi è il compleanno
di Raffaella, l’unica figlia con cui condivido la quotidianità della nostra
casa, del giardino, del verde degli alberi, della luminosità del nostro cielo, quando
il cielo è terso come una cartolina. Ma è difficile condividere con lei
problemi e dispiaceri. Sa tenerseli dentro per non darmi pensieri e ansie. Ha
per me protezione di madre. E io per lei ho segreti di figlia che mai direbbe
alla propria madre, perché non capirebbe, si allarmerebbe, si dispererebbe per
la propria impotenza a risolvere situazioni che più non le appartengono, data
l’età, il mondo capovolto, una cultura che crea distanze abissali tra il
passato e il presente. Tra me e mia figlia i ruoli sono stati vissuti nella più
impensabile anomalia, fuori dall’ordinario, a cui siamo per atavica convinzione
e tradizione abituati.
Da sempre io sono
figlia di mia figlia. Lei madre di sua madre.
E, come ogni madre,
desidera un amore esclusivo da parte di sua figlia. E come ogni figlia desidera
un amore esclusivo da parte di sua madre.
È questo il suo
tormento palese, il mio tormento celato. E anche qui i ruoli si ribaltano. Lei,
che non mi confida mai le sue pene, reclama a viva voce un “amore che faccia la
differenza”. Io, che le dico tutto dei miei affanni e delle mie paure e
delusioni, taccio sull’amore che le porto perché “l’essenziale è invisibile
agli occhi”.
Ma oggi non posso
fare a meno di dirglielo, dopo le parole accorate, sia pure velate di tenera
ironia, che mi ha rivolto, coordinando, nel “magico cortile” della mia casa
antica, la bellissima serata di presentazione del mio romanzo (seconda parte),
di cui hanno parlato magnificamente due meravigliosi amici e relatori:
Valentino Losito e Mario Sicolo. Ebbene, ancora una volta la sua invocazione
d’amore.
E io finalmente le
rispondo:
“Bambina mia,
l’amore provato e vissuto e donato è sempre un amore imperfetto, mancante della
certezza della sua pienezza e intensità, perché recepito in maniera soggettiva,
che fa i conti con l’attesa e le attese, con il proprio metro di misurazione e
valutativo, e con il senso di inappagamento che ogni amore lascia in chi lo
riceve perché è incerta la quantità d’amore in possesso di chi lo dona.
L’unico amore certo
è quello che si possiede, dunque?
Ma poi, si possiede
davvero l’amore?
Ma allora come mai
più lo lasciamo andare più diventa radicato nel cuore? E più lo tratteniamo e
più ci sfugge, a volte soffocato proprio dalla stretta che non lascia liberta
di essere e di agire?
Perché più viene dichiarato
e più viene diluito il suo significato più profondo? Eppure, se non lo diciamo,
rimane impredicato, nascosto, non recepito, non ascoltato, non compreso nella
sua reale esistenza. Esiste solo per chi lo prova ma non esiste per chi non
ascolta le parole che lo rendono visibile, anche se mai certo.
Come ogni cosa che
non ha un corpo, non occupa uno spazio, non ha una o più dimensioni visibili,
anche l’amore non può essere toccato con mano, pesato, quantificato, percepito
nella sua essenza, nelle sue qualità.
Possiede qualità
l’amore? È frazionabile in bellezza, costanza, vicinanza, accudimento passione,
tenerezza, forza, fiducia, protezione, esuberanza, allegria, complicità,
molteplicità, singolarità, unicità?
Ed è riconducibile
davvero alla sola parola AMORE?
Siamo tutti concordi
nel definirlo come tale per poterlo vivere senza essere tratti in inganno da
ogni pensiero soggettivo, dagli innumerevoli condizionamenti endogeni ed
esogeni, che inevitabilmente lo snaturano, lo sviliscono, lo esaltano, lo
mascherano, lo esibiscono, lo urlano o lo soffocano nelle spire della paura e
nel bosco di ogni fuga e di ogni perdita dell’unico sentiero per fare ritorno
al punto di partenza: l’improvviso batticuore nel conoscersi e riconoscersi tra
migliaia di simili con l’infinito negli occhi e tra le mani?
E che dire del
personale punto di vista: per me, per te, per lui, per lei…?
Quanto complesso e
complicato l’amore. C’è persino che nega la sua esistenza. Oppure gli fa uno sberleffo
di scettico sarcasmo.
Alla luce di tutte
queste considerazioni, diventa davvero impossibile conoscere l’AMORE.
E, se ci pensiamo un
po’ di più, una tristezza senza fine ci assale… e un senso sconfinato di
solitudine ci pervade. SIAMO SOLI. Nell’IMMENSITA’ dell’UNIVERSO che ci spaura.
Sentiamo che abbiamo
bisogno d’ AMORE. Di amare ed essere amati. E sentiamo che solo l’AMORE ci
rende felici. Ci rigenera. Ci dona nuova nascita e nuova vita.
Dunque, questo
sentimento esiste? Ed è vivificatore?
Sì. esiste. ll
batticuore è là. Esplode quando meno te lo aspetti. Sia che si tratti del primo
palpito di un semino sotto il cuore di una donna chiamata ad essere mamma. Sia che
si tratti del primo attimo di vita tra le braccia di un uomo che s’innamora
della sua paternità. Sia che avvenga tra due esseri umani l’esplosione del Big
Beng che è tumulto incoercibile del cuore in andata e
ritorno… e in espansione…
E
ci accorgiamo che l’AMORE è semplice come l’aria che respiriamo. È.
Che duri un attimo o una vita non
importa.
Rimane un punto vivo, incancellabile,
nell’eternità.
Per questo oggi voglio dedicarti questi versi che ho scritto per
te questa notte per dirti finalmente quello che vuoi sapere. Sì, esiste oggi il
mio intimo, silenzioso sorriso, che tanto ti preme cogliere sulle mie labbra,
per sapermi finalmente felice.
Ti regalo
oggi il mio sorriso
luce di
colorata felicità
da sempre
attesa negli occhi
a farsi
specchio della tua ansia
perché in
gioia si tramutasse
il riflesso
di mille e mille stelle,
per me
raccolte su terrapieni
Inventati,
nel vuoto della mia sera
per
accenderla di risate.
Clamore
assordante fu
il
battito del tuo cuore
vicino al
mio in un palpitare
di giorni
di stanca malinconia.
Ma
complici io e mia madre
di un
segreto dolcissimo
sotto un
cielo che sapeva
di noi
riprendemmo
a ridere,
dimentiche
del tempo
e le
stagioni del silenzio.
Rinacque
l'incanto
delle tue
parole ali di allodole
a
ricamare i miei mattini
che ombre
attraversarono
tra
nuvole scure di pensieri
distanti
e prigionieri.
Sogni mai
afferrati
dalle tue
mani
protese a
farmene dono.
E oggi,
vedi, solo per te sorrido
a rendere
visibile l’Amore
che ti
devo.
Con il
sole che bacia i tetti
della tua
mai spenta speranza
a sapere
della mia gioia
di
vivere.
(Nel
giardino arso di sole papaveri
di
fragili corolle ridono
a
restituirci rinnovate intese d'allegria)
Per te, Raffaella, e le tue cinquantuno estati...
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