martedì 2 luglio 2019

2 luglio 2019: Raffaella conta cinquantuno estati (o cinquantuno primavere?)

Oggi è il compleanno di Raffaella, l’unica figlia con cui condivido la quotidianità della nostra casa, del giardino, del verde degli alberi, della luminosità del nostro cielo, quando il cielo è terso come una cartolina. Ma è difficile condividere con lei problemi e dispiaceri. Sa tenerseli dentro per non darmi pensieri e ansie. Ha per me protezione di madre. E io per lei ho segreti di figlia che mai direbbe alla propria madre, perché non capirebbe, si allarmerebbe, si dispererebbe per la propria impotenza a risolvere situazioni che più non le appartengono, data l’età, il mondo capovolto, una cultura che crea distanze abissali tra il passato e il presente. Tra me e mia figlia i ruoli sono stati vissuti nella più impensabile anomalia, fuori dall’ordinario, a cui siamo per atavica convinzione e tradizione abituati.
Da sempre io sono figlia di mia figlia. Lei madre di sua madre.
E, come ogni madre, desidera un amore esclusivo da parte di sua figlia. E come ogni figlia desidera un amore esclusivo da parte di sua madre.
È questo il suo tormento palese, il mio tormento celato. E anche qui i ruoli si ribaltano. Lei, che non mi confida mai le sue pene, reclama a viva voce un “amore che faccia la differenza”. Io, che le dico tutto dei miei affanni e delle mie paure e delusioni, taccio sull’amore che le porto perché “l’essenziale è invisibile agli occhi”.
Ma oggi non posso fare a meno di dirglielo, dopo le parole accorate, sia pure velate di tenera ironia, che mi ha rivolto, coordinando, nel “magico cortile” della mia casa antica, la bellissima serata di presentazione del mio romanzo (seconda parte), di cui hanno parlato magnificamente due meravigliosi amici e relatori: Valentino Losito e Mario Sicolo. Ebbene, ancora una volta la sua invocazione d’amore.
E io finalmente le rispondo:
“Bambina mia, l’amore provato e vissuto e donato è sempre un amore imperfetto, mancante della certezza della sua pienezza e intensità, perché recepito in maniera soggettiva, che fa i conti con l’attesa e le attese, con il proprio metro di misurazione e valutativo, e con il senso di inappagamento che ogni amore lascia in chi lo riceve perché è incerta la quantità d’amore in possesso di chi lo dona.
L’unico amore certo è quello che si possiede, dunque?
Ma poi, si possiede davvero l’amore?
Ma allora come mai più lo lasciamo andare più diventa radicato nel cuore? E più lo tratteniamo e più ci sfugge, a volte soffocato proprio dalla stretta che non lascia liberta di essere e di agire?
Perché più viene dichiarato e più viene diluito il suo significato più profondo? Eppure, se non lo diciamo, rimane impredicato, nascosto, non recepito, non ascoltato, non compreso nella sua reale esistenza. Esiste solo per chi lo prova ma non esiste per chi non ascolta le parole che lo rendono visibile, anche se mai certo.
Come ogni cosa che non ha un corpo, non occupa uno spazio, non ha una o più dimensioni visibili, anche l’amore non può essere toccato con mano, pesato, quantificato, percepito nella sua essenza, nelle sue qualità.
Possiede qualità l’amore? È frazionabile in bellezza, costanza, vicinanza, accudimento passione, tenerezza, forza, fiducia, protezione, esuberanza, allegria, complicità, molteplicità, singolarità, unicità?
Ed è riconducibile davvero alla sola parola AMORE?
Siamo tutti concordi nel definirlo come tale per poterlo vivere senza essere tratti in inganno da ogni pensiero soggettivo, dagli innumerevoli condizionamenti endogeni ed esogeni, che inevitabilmente lo snaturano, lo sviliscono, lo esaltano, lo mascherano, lo esibiscono, lo urlano o lo soffocano nelle spire della paura e nel bosco di ogni fuga e di ogni perdita dell’unico sentiero per fare ritorno al punto di partenza: l’improvviso batticuore nel conoscersi e riconoscersi tra migliaia di simili con l’infinito negli occhi e tra le mani?
E che dire del personale punto di vista: per me, per te, per lui, per lei…?
Quanto complesso e complicato l’amore. C’è persino che nega la sua esistenza. Oppure gli fa uno sberleffo di scettico sarcasmo.
Alla luce di tutte queste considerazioni, diventa davvero impossibile conoscere l’AMORE.
E, se ci pensiamo un po’ di più, una tristezza senza fine ci assale… e un senso sconfinato di solitudine ci pervade. SIAMO SOLI. Nell’IMMENSITA’ dell’UNIVERSO che ci spaura.
Sentiamo che abbiamo bisogno d’ AMORE. Di amare ed essere amati. E sentiamo che solo l’AMORE ci rende felici. Ci rigenera. Ci dona nuova nascita e nuova vita.
Dunque, questo sentimento esiste? Ed è vivificatore?
Sì. esiste. ll batticuore è là. Esplode quando meno te lo aspetti. Sia che si tratti del primo palpito di un semino sotto il cuore di una donna chiamata ad essere mamma. Sia che si tratti del primo attimo di vita tra le braccia di un uomo che s’innamora della sua paternità. Sia che avvenga tra due esseri umani l’esplosione del Big Beng che è tumulto incoercibile del cuore in andata e ritorno… e in espansione…
 E ci accorgiamo che l’AMORE è semplice come l’aria che respiriamo. È.
Che duri un attimo o una vita non importa.
Rimane un punto vivo, incancellabile, nell’eternità.
Per questo oggi voglio dedicarti questi versi che ho scritto per te questa notte per dirti finalmente quello che vuoi sapere. Sì, esiste oggi il mio intimo, silenzioso sorriso, che tanto ti preme cogliere sulle mie labbra, per sapermi finalmente felice.

Ti regalo oggi il mio sorriso
luce di colorata felicità
da sempre attesa negli occhi
a farsi specchio della tua ansia
perché in gioia si tramutasse
il riflesso di mille e mille stelle,
per me raccolte su terrapieni
Inventati, nel vuoto della mia sera
per accenderla di risate.
Clamore assordante fu
il battito del tuo cuore
vicino al mio in un palpitare
di giorni di stanca malinconia.
Ma complici io e mia madre
di un segreto dolcissimo
sotto un cielo che sapeva
di noi
riprendemmo a ridere,
dimentiche del tempo
e le stagioni del silenzio.
Rinacque l'incanto
delle tue parole ali di allodole
a ricamare i miei mattini
che ombre attraversarono
tra nuvole scure di pensieri
distanti e prigionieri.
Sogni mai afferrati
dalle tue mani
protese a farmene dono.
E oggi, vedi, solo per te sorrido
a rendere visibile l’Amore
che ti devo.
Con il sole che bacia i tetti
della tua mai spenta speranza
a sapere della mia gioia
di vivere.
(Nel giardino arso di sole papaveri
di fragili corolle ridono
a restituirci rinnovate intese d'allegria)

Per te, Raffaella, e le tue cinquantuno estati...

Nessun commento:

Posta un commento