Ieri, di primo pomeriggio, mi è giunto il messaggio di Carlo
Brancale, un giovane amico, coetaneo dei miei figli, che alcuni giorni fa ha
acquistato il secondo volume del mio chilometrico romanzo Le piogge e i
ciliegi (SECOP edizioni, maggio 2019). La sorpresa è stata grande e,
superfluo dirlo, graditissima. Riporto qui il messaggio per commentarlo
insieme:
Ciao, Lina. Sto leggendo il tuo libro (il secondo volume) e
anche se sono al secondo capitolo sento già l'esigenza di scriverti, perché mi
trovo di fronte ad un'opera assolutamente inedita e che mi sta catturando
pagina dopo pagina. Il tuo stile é davvero unico e i cambi di registro,
racconto, poesia, folklore dialettale, citazioni, riflessioni, consigli, non
fanno altro che incuriosire il lettore che avidamente, pennellata dopo
pennellata, si ritrova a scoprire, ad emozionarsi con qualche lacrimuccia e
improvvisamente a sorridere per l'improvviso umorismo che interviene sempre al
momento giusto e come mano provvidenziale, porta via la lacrimuccia di emozione
appena provata. Anche se la mia generazione é quella dei tuoi figli, le tue
parole, i tuoi versi, mi trasportano in un modo ovattato e quasi fantastico,
che ora concretamente non ricordo affatto, ora si affaccia alla mia memoria
sotto forma di flebili ricordi che probabilmente il tuo testo ricompone,
ravviva e riordina. Grazie ancora Lina. Ti scrivo qui in privato, ma puoi
"utilizzare" queste mie affettuose ed emozionate righe, come meglio
ritieni. Un abbraccio. Carlo
Emozionata anch’io gli ho risposto:
Angela
De Leo Ricevuto qualche ora fa. Sono rimasta davvero sorpresa e,
naturalmente, gratificata. Grazie, Carlo carissimo.
Mi hai reso felice. Spero che il libro ti tenga, per un po' di tempo (è
decisamente voluminoso!), compagnia e che ti possa emozionare sempre di più. Ti
abbraccio.
Angela
De Leo E c'è una postilla bellissima che non riesco a postare.
Quella che parla del mondo che ha ancora bisogno di meravigliarsi. Mi
piacerebbe condividerla per l'intensità del suo significato, ma come
fare? Carlo,
puoi venirmi in aiuto?
Carlo
Brancale Sì sì... faccio io Lina
Carlo
Brancale Il mondo ha bisogno ancora di te, ha bisogno attraverso
le tue parole di riscoprire la "meraviglia" e la capacità di
meravigliarsi! Il tuo libro é un invito a rallentare, ad amare le piccole
grandi cose che donano la vera felicità!
Queste le parole intercorse tra me e Carlo su Face book. In
privato, però, abbiamo aggiunto:
Carlo:Ti ringrazio, soprattutto per considerarmi ancora
giovane
Angela: Lo sei!!! Altrimenti io sarei pronta per i crisantemi
Carlo: Lunga vita a Lina… Il mondo ha bisogno ecc…
Perché ho riportato il nostro dialogo?
Perché mi piace puntualizzare con Carlo e con gli eventuali
altri miei lettori alcune mie considerazioni personali. Punti di vista? Anche:
La
vita media dell’uomo oggi si è notevolmente allungata e, se un secolo fa era di
quaranta/cinquant’anni, attualmente si ha una prospettiva di vita di circa
centoventi anni (vedi le aspettative berlusconiane!) e i centenari sono sempre
più numerosi. Anche per gli enormi progressi della medicina e della chirurgia,
nonostante il regresso della alimentazione con cibi sempre più inquinati e
sofisticati! La giovinezza, pertanto, si è notevolmente allungata rispetto alla
mia di tanti anni fa. Oggi un cinquantenne, giù o su di lì, pensa, si comporta
e vive come un ventenne, giù o su di lì, della mia generazione. Mio figlio
Giuliano, coetaneo di Carlo, è un vero Peter Pan. Coriandolo pazzo di un eterno
carnevale. Pub, discoteche, incontri, concerti, spacconate con gli amici in
radio e dal vivo. Gli dà manforte la sua vivace e bella compagna, Viviana o
Viv(i), che è di per sé promessa di allegria, di felicità. “Amma pazzià” è il
suo motto, tatuato lungo il collo in orizzontale per occupare uno spazio infinito.
La loro complicità è contagiosa e divertente. Mi coinvolge e travolge. Mi offre
appigli di giovinezza.
Suo
padre (parlo di Giuliano), e io con lui, alla sua età aveva/avevamo già i
nostri quattro figli, e la maggiore, Raffaella, ne aveva di anni ben ventuno,
cioè già con la possibilità di essere a sua volta madre e di renderci nonni.
Giuliano nonno? Se mi sta leggendo si starà facendo le più matte risate e sarà
alle prese con l’orticaria e con tutti i più plateali e spudorati scongiuri.
Salvo, poi, a commuoversi, tenendo tra le braccia il bimbetto di Boris, suo
straordinario compagno di cordata a Radio Rock.
Di
che parliamo, dunque? Anche quelli che, come Carlo, si sono diligentemente
laureati e si vanno sempre più affermando in professioni di prestigio, e si
sono eroicamente sposati e hanno avuto figli, hanno fatto delle scelte di vita
con tempi inevitabilmente più lunghi dei nostri e oggi sono alle prese con
figli piccoli o ancora adolescenti. Un abisso, dunque, ci separa.
Se
dovessi poi andare a ritroso nel tempo, vedrei addirittura le trentenni
dell’Ottocento, attualmente vere e proprie ragazzine, descritte da poeti e
scrittori (vedi Balzac ne La donna di trent’anni), già stanche,
deluse ed emaciate per segrete sofferenze d’amore, mentre le coetanee di mia
nonna (primo ventennio del Novecento) a trent’anni erano già sfiancate da
gravidanze a ripetizione. Quelle di mia madre, invece, erano precocemente
invecchiate a quarant’anni. Le quarantenni della mia generazione, poi, hanno
vissuto, come me, i quaranta/cinquant’anni nel fulgore della propria maturità
senza cedere ai primi capelli bianchi, alle prime rughe, all’abbigliamento da
“signora matura”, con un aplomb dignitoso di raggiunta consapevolezza di sé.
Gli uomini, infine, sono sempre meno maschilisti e sempre più propensi a cedere
le armi del loro comando a donne più sicure di sé e della propria dignità e
libertà, anche in virtù dei loro studi e delle professioni che le hanno portate
ad immergersi nel lavoro extradomestico e nel sociale. Le mie figlie stanno
vivendo lo stesso decennio di temuto passaggio dai primi anta ai secondi con la
disinvoltura della prima giovinezza: minigonne e stivaloni anche estivi e
un’allegria di serate con gli amici a noi ancora vietate, purtroppo.
Mi si
può obiettare che la giovinezza è una condizione mentale e psicologica più che
fisica e cronologica. Sono perfettamente d’accordo. La giovinezza è l’età che
ci portiamo dentro. Si può essere vecchi anche a vent’anni. Ma quelli che
l’avvertono dentro anche a cento anni non possono fare statistica.
Comunque,
indubbiamente oggi la tarda giovinezza è un fatto culturale, economico-sociale,
oltre che individuale. Sono aumentati i centri benessere e quelli estetici; si
sono moltiplicati a dismisura i modelli di vita internazionali e i mezzi di
comunicazione e di locomozione che accorciano distanze e offrono informazioni
ed esperienze di prima mano per “mantenersi fisicamente “giovani, belli,
desiderabili”. E, per fortuna, sempre più spesso, ai nostri giorni, più che
alla palestra e all’abbigliamento, sono molti i giovani cinquantenni, colti,
aperti a sempre più vaste esperienze professionali e di soggiorno in Paesi
stranieri, che mirano ad irrobustire anche la mente e, in alcuni casi, persino
lo spirito. C’è un dinamismo notevole nei repentini cambiamenti sociali che
modifica anche i comportamenti. E non solo dei giovani e degli adulti.
Non
ci sono più, per esempio, i vecchi di un tempo. I più longevi vengono chiamati
anziani e conservano ancora spirito combattivo e voglia di rendersi utili alla
famiglia e alla società, ma anche una vitalità straordinaria di interessi:
usano con disinvoltura computer, cellulari e tablet. Vanno su
Facebook, Twitter, Instagram, chattano su Messanger e Whatsapp; giocano a
burraco, vanno a teatro, si esibiscono in televisione; fanno lunghi viaggi organizzati;
indossano gli stessi jeans di nipoti e pronipoti.
Purtroppo,
però, nessuno racconta più fiabe. Si è persa la gioia del racconto e
dell’ascolto. La fiaba ha in sé la magia del prodigio e della meraviglia.
Nessuno si meraviglia più di niente e di nessuno. Ecco, la meraviglia!
Carlo
ne ha parlato come un sogno lontano con uno struggente desiderio di
recuperarla. Oh se continuassimo a guardare il mondo con occhi nuovi ogni
giorno. Non avremmo più paesaggi di grigio cemento, nei nostri occhi grigi di
disincanto, ma panorami sempre nuovi e diversi di cieli azzurri, di mari
cristallini, di erbe e di piante di meravigliosi colori e profumi. E sentiremmo
il canto delle stelle, il racconto delle nuvole, l’arpeggio delle onde. E ci
stupiremmo di tanta armonia e splendore.
Lo
stupore è candore e innocenza, ma è anche l’incanto di un tempo lungo da
dedicare alle piccole cose di sempre, vedendole lievitare e diventare
immensamente importanti. Un filo d’erba illuminato da iridescenze diverse.
Ed
ecco venirci incontro la creatività a braccetto con le solidali compagne,
l’immaginazione e la fantasia: hanno la sensibilità tutta femminile di
ridisegnare il mondo ogni giorno per sentirsi “rinascere infinite volte”
(Fromm), sotto cieli preziosi per trine sfilacciate di nuvole e di stelle
sempre nuove da afferrare a piene mani per conservarle. quotidianamente nel
nostro cuore bambino. E la stessa quotidianità ci sembrerà la fiaba più bella
da vivere. E la vita, il mistero più affascinante da esplorare ancora e
ancora…
La giovinezza una esplosione inattesa
dell'esaltazione del cuore...
Grazie,
Carlo, per aver dato la stura a tutto questo!
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