venerdì 10 novembre 2023

Venerdì 10 novembre 2023: La PERSONA, come ARABA FENICE, ri-nasce dalle sue ceneri...


Ci sono uomini
con passi d'erba di albe
e tramonti in preghiera
tra mani di miele e sogno...

(a.d.l.)

Dopo qualche salutare giorno di silenzio, eccoci di nuovo insieme, nel solito dialogo-confronto tra noi. E, del resto, un blog serve a questo: creare momenti di incontro per affrontare un argomento da sviscerare per riflettere… Riflettere presuppone il silenzio, che aiuta il raccoglimento, lo stare bene con sé stessi, il penetrare nel profondo della propria anima la vera “essenza” di noi. Solo dopo esserci riconosciuti, nel bene e nel male, possiamo aprirci agli altri per condividere e arricchirci dei vari punti di vista su qualcosa che ci coinvolge, ci importa conoscere e di cui, magari, prendersi cura in continuità con quanto detto prima, con quanto ipotizziamo per il dopo. Ebbene, io oggi ho deciso di farvi partecipi di quanto andrò a pubblicare tra qualche giorno su CORRELAZIONI UNIVERSALI, la nostra bella Rivista cartacea, che sta riscuotendo grandi consensi tra autori e lettori, in un benefico confronto continuo. Ecco il mio articolo:

<Siamo giunti al sesto numero della nostra bellissima Rivista cartacea con la volontà/necessità/desiderio di concluderlo con un tema a noi molto caro, riguardante la PERSONA, quale ARABA FENICE che RISORGE puntualmente dalle sue CENERI con l’obiettivo del necessario cambiamento per migliorare il mondo di generazione in generazione e per creare una sorta di continuità nella trasformazione/conservazione della nostra UMANITA’ attraverso i vari paesaggi, in senso diacronico e sincronico, e spazio-temporale del nostro fugace passaggio sul Pianeta Terra. C’è una sorta di eternità delle parole nelle voci che ci appartennero nel tempo e ci appartengono nel presente, in cui dobbiamo nuovamente scoprirci per riconoscerci nelle nostre fragilità e imperfezioni, che conosciamo profondamente, quale essenza della nostra identità e personalità e che teniamo per noi. E i nostri punti di forza (capacità, abilità, forza d’animo, coraggio, perseveranza, senso realistico della vita che non è pessimismo e neppure facile ottimismo per tenerci in equilibrio come funamboli di noi stessi) ci sembra quasi di averli dimenticati. Poi, basta un richiamo, una frase, una eco ed ecco ritornare prepotentemente a farci gioire o soffrire, ma niente è uguale a quanto tramandato, vissuto, esperito prima.

E qui mi sembra opportuno ricordare una delle profonde poesie della poetessa polacca Wislawa Szimborska, premio Nobel per la Letteratura nel 1996. La poesia si intitola “Nulla due volte”:

Nulla due volte accade/ né accadrà. Per tal ragione/ si nasce senza esperienza,/ si muore senza assuefazione.// Anche agli alunni più ottusi/ della scuola del pianeta/ di ripetere non è dato/ le stagioni del passato.// Non c’è giorno che ritorni,/ né due notti uguali uguali,/ né due baci somiglianti/ né due sguardi tali e quali.// Ieri, quando il tuo nome/ Qualcuno ha pronunciato,/ mi è parso che una rosa/ sbocciasse sul selciato.// Oggi, che stiamo insieme,/ ho rivolto gli occhi altrove./ Una rosa? Ma che cos’è?/ Forse pietra, o forse fiore?// Perché tu, malvagia ora,/ dai paura e incertezza?/ Ci sei - perciò devi passare./ Passerai - e qui sta la bellezza.// Cercheremo un’armonia,/ sorridenti, fra le braccia,/ anche se siamo diversi/ come due gocce d’acqua.

Ed è proprio vero. Solo apparentemente sono dei controsensi gli inevitabili ossimori della vita: senza Caino non ci sarebbe stato Abele, senza il giorno la notte, senza l’uomo il suo sguardo, la sua voce, il suo richiamo e la sua eco. La sua eco è metafora della nostalgia che ci prende, come per ogni ritorno (nòstos), che è gioia, ma anche dolore (àlgos).
Splendido il mito dell’ARABA FENICE vagheggiato dalla Redazione di CORRELAZIONI UNIVERSALI. In una struttura ad “anello” di felice ritorno al punto di partenza: alla PERSONA che, come Araba fenice, risorge dalle sue ceneri per rinnovare l’umanità. L’Araba Fenice, del resto, viveva nell’Arabia Felix, l’attuale Yemen.
“Secondo la leggenda, ne esisteva un solo esemplare al mondo. Dopo aver vissuto per 500 anni, prima di morire costruiva un nido sulla cima di una quercia o di una palma, accatastava piante balsamiche al sole, lasciando che quest’ultimo le bruciasse”.
Di qui il rinnovamento. La ri-nascita per l’uomo e l’ambiente. E i valori?
Ritengo che occorra riferirsi all’Etica che tutti i valori ingloba in un percorso di riumanizzazione che pone ogni singola PERSONA in contatto con la propria ESSENZA, la propria ANIMA, in una scelta continua tra BENE e MALE, nella duplice versione di sé, e in contatto con la comunità che ha precise norme di vivere in armonia, e in maniera “giusta” e “solidale” con il prossimo.
A questo proposito, mi piace citare il mio fraterno amico, Francesco Bellino, per lunghi anni professore ordinario di Filosofia Morale, Etica della comunicazione e di Bioetica presso l’Università degli Studi di Bari. Il suo saggio Giusti e solidali: fondamenti di etica sociale (Edizioni dehoniane, Roma 1994) è stato per me fonte inesauribile di ispirazione non solo etica ed estetica, ma anche poetica e romantica, di quel romanticismo tedesco dello “Sturm und Drang” (“Tempesta e assalto”) che contrappose all’Illuminismo e al Neoclassicismo, la fantasia, l’immaginazione, la creatività di ogni artista e la sua spiritualità (nella esplorazione dell’animo umano in tutte le pieghe/piaghe più riposte ed estreme: angoscia, dolore, delusione, malinconia, ma anche passione, forza, coraggio nelle scelte di rinnovamento per amore della natura, e dei propri simili). Particolarmente interessante è stata la lettura della Rete di Indra, che “rivela il segreto dell’Universo”, in una splendida interconnessione di ogni PERSONA, di ogni essere vivente. A Watts, a tale riguardo, afferma: Immaginate una tela di ragno multidimensionale, coperta di primo mattino da gocce di rugiada. E che ogni goccia contenga il riflesso di tutte le altre gocce. 
Lo stesso monaco zen, volato tra le stelle di recente, Thìch Nhat Hanh ci parla di interconnessione con l’intero universo, ma per interconnettersi bisogna sapersi ascoltare e per ascoltare è necessario il silenzio, preludio di ogni ascolto e di ogni conoscenza. Quanto importante il silenzio per concederci momenti di solitudine, cercata e agìta, per riscoprirci e riconoscerci nella nostra ESSENZA valoriale.
Ma, a proposito di essenza valoriale, non posso assolutamente ignorare una splendida poesia di Erri De Luca: Considero valore ogni forma di vita,/ la neve, la fragola, la mosca.// Considero valore il regno/ minerale, l’assemblea delle stelle.// Considero valore il vino finché dura il pasto,/ un sorriso involontario, la stanchezza di chi non si è risparmiato,/ due vecchi che si amano.// Considero valore tutte le ferite.// Considero valore risparmiare acqua,/ riparare un paio di scarpe,/ tacere in tempo,/ chiedere permesso prima di sedersi,/ provare gratitudine senza ricordarsi di che.// Considero valore sapere in una stanza dov’è il nord,/ qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato.// Considero valore il viaggio del vagabondo,/ la clausura della monaca,/ la pazienza del condannato,/ qualunque colpa sia.// Considero valore l’uso del verbo amare,/ e l’ipotesi che esista un creatore.// Molti di questi valori non ho conosciuto.
Certo, la conclusione è amara. E come dargli torto. Viviamo ormai in un mondo di dis-valori e tutto mette a dura prova le nostre minime certezze, pure non bisogna mai disperare. C’è chi, nelle sue DIVAGAZIONI su FB scrive poesie come queste “Li ho visti amarsi” e, in nome dell’AMORE, tutti i valori ritornano a brillare con fede assoluta: Li ho visti girare l’angolo,/ svanire alla vista,/ tra loro un sorriso d’avventura:/ e si diletta il mio cuore/ nel sentirne le risa./Li ho visti nel giardino,/ tra le viole,/ assieme inciampare/ tra rovi nascosti,/ sorpresi/ di provare rabbia e poi amore./ Li ho visti tenersi per mano,/ con tenerezza,/ tra loro sorrisi di promesse./ Sono uno nell’altro,/ sono tutto:/ sono bussola e àncora,/ rifugio e altura,/ onda e tempesta,/ sono abbracci sicuri./ Li ho seguiti un istante,/ con gli occhi,/ fino allo svoltar dell’angolo,/ felice li insegui col cuore:/ avevo conosciuto l’amore. (Giovanni De Girolamo). Mi piacerebbe tanto commentare ogni verso, tanto sono profondi ed essenziali.
E ancora, sempre dalla stessa fonte, ecco una perla dovuta a S. Agostino: “Giovane amico, se ami questo è il miracolo della vita. Entra nel sogno con occhi aperti e vivilo con amore fermo. Il sogno non vissuto è una stella da lasciare in cielo.
Ama senza chiedere altro all’infuori dell’eterna domanda che fa vivere di nostalgia i vecchi cuori.
Ma ricordati che più ti amerà e meno te lo saprà dire. Guardala negli occhi affinché le dita si vincolino con il disperato desiderio di unirsi ancora; e le mani e gli occhi dicano le sicure promesse.
Non sentirti umiliato nel riconoscere una sua qualità che non possiedi. Non crederti superiore. Non imporre la tua volontà a parole, ma soltanto con l’esempio. Se l’amore sarà forte ogni destino vi farà sorridere”.
Dunque, l’AMORE! Valore fondamentale anche nell’elenco dei valori di Papa Francesco nell’Enciclica “Fratelli tutti”, a partire dall’amore per i poveri e per “la povertà come stile di vita”: “Valori che aprono il mondo”. Per riscoprire il “volto fraterno dell’umanità”.
“I temi della fraternità universale e dell’amicizia sociale sono alla base della proposta del Papa”, ispirata a San Francesco d’Assisi. Il Papa sogna una chiesa povera e accogliente senza alcuna distinzione di alcun genere: tutti figli di Dio e tutti fratelli in Cristo.
Naturalmente il valore per eccellenza è l’amore, che “crea legami ed espande l’esistenza”. Occorre “aprire il cuore attorno a sé” perché “il pericolo più grande è non amare”. Il controvalore è “l’individualismo”, che si appropria della libertà altrui e ignora l’uguaglianza che ci rende concretamente “fratelli”.
Non a caso, infatti, Egli sostiene che “Il mondo moderno ha saputo realizzare effettivamente grandi conquiste in fatto di libertà e di uguaglianza, ma sulla fraternità sembra quasi impotente”. Ma anche la libertà e l’uguaglianza “sono valori fragili” perché “rimane esclusa la parola <prossimo>, che invece conduce ad una “umanità integrale” e alla promozione della Persona, che si fa “carico degli altri” perché l’altro è suo fratello, avendo cura delle sue fragilità e imperfezioni, di cui siamo tutti portatori. Occorre, inoltre, aver “cura della casa comune che è il nostro pianeta”. Insomma, “È importante oggi più che mai <accettare la sfida di sognare e pensare a un’altra umanità. È possibile desiderare un pianeta che assicuri terra, casa e lavoro a tutti. Questa è la vera via della pace> e dello sviluppo fraterno e concreto che garantisce la giustizia e la solidarietà“. E torniamo a “Giusti e Solidali” di Francesco Bellino.
Già, giustizia e solidarietà potrebbero salvare il mondo. Salvarci. Ma le sofferenze umane sono ancora oggi inenarrabili in tutto il mondo, dove guerre conosciute o ignorate fanno strage di uomini, animali, natura, bellezza, arte, civiltà. E i potenti, tronfi e appagati del proprio potere, continuano imperterriti, con tracotanza, indifferenza, insolenza, a ignorare, a invadere, calpestare i diritti di libertà di interi popoli e di ciascuna Persona. A distruggere, insensatamente, l’umanità e il nostro insanguinato Pianeta!
C’è ancora tempo per la Speranza? Io non mi arrendo. Credo ancora nella capacità dell’essere umano di sentire profondamente in sé il desiderio del Bene. Se abitiamo ancora questa nostra Terra dopo millenni di lotte e di massacri, vuol dire che ogni volta l’uomo, come araba fenice, sa risorgere dalle sue ceneri perché sa riscoprire in sé i valori kantiani, se non divini, incisi nel profondo della propria anima: Il cielo stellato su di me, la legge morale dentro di me.
E con questa Speranza, voglio concludere con la consapevolezza che sono passati gli anni dei profili intensi delle cose sugli specchi di ingabbiate dissolvenze delle realtà, vissute come sogno e di sogni creduti realtà, sotterranei grovigli ch’erano strade sterrate del cuore sempre pronto in me a sanguinare per ogni rosa coperta di spine. E rimpianti e attese e nostalgie e desideri. E passi senza sosta nell’andare… nella speranza d’inciampare in un groviglio di stelle, in cui naufragare di smemorato splendore.
Troppo tardi ho imparato il relativo, il “qui e ora”, il canto della rosa che arde di spine altrimenti muore.
Troppo tardi un planare di pensieri a dare senso ai rossi drappi di felicità fatta di tutto e di niente e bere, nelle coppe colme di sole, la pienezza dell’esistere: liquore di giorni di miele un tempo logorati da devastanti perché.
Oggi ho ricami di ore tra le dita con fili di seta per innamorarmi ancora della vita e stupirmi ancora. Per salvarmi dal nero della morte che per anni mi sfinì di terrore. Troppi coltelli mi ferirono di pianto. Troppo urlò la mia carne alla violenza di un mondo che ebbe mani assassine lontane dalla mia casa non dal mio cuore.
Alla ferocia di nuovi misfatti sulla terra di fango e palude oppongo fili colorati di parole, legati agli aquiloni ridenti nell’azzurro che sognano nelle piccole mani dei bambini. Sono loro che rendono foglia di Cielo ogni nuova alba, in cui si fa Anima ogni nostro Respiro… per farci “rinascere infinite volte” (E. Fromm).
Non a caso, la realtà dell’araba fenice adombra versi come i seguenti: Quante rose s’apriranno stamattina/ e quante ne cadranno domani/ o sotto le raffiche degli uragani/ avvizziranno. Ma il tempo ci affratella/ noi che ci muoviamo sotto lo stesso cielo. (Giuseppe Conte)
E, del resto, per fortuna o per indomito coraggio andiamo avanti per cambiare ciò che è possibile (e anche impossibile) cambiare: Dono immenso degli dèi/ il progetto di vivere/ questo tempo di quasi inverno/ che nasce/ ad una voce/ negli anni che s’addensano/ di malinconia./ Nuvole oscurano il cielo/ in attesa di albe d’infinito./ Cadrà la neve/ in un chiarore di mai spenta/ Poesia e avrà passi/ di danza su formichine/ addormentate in cavi/ d’alberi spogli come il rimpianto./ Accadrà che una festa di farfalle/ volteggi leggera/ nell’aria intrisa di fiocchi bianchi/ d’innocenza bambina/ al canto del cuore rinato/ (e avrà una preghiera/ di bianco candore/ per ogni dono che renderà/ Sacro il volto nuovo di ogni uomo/ domani) (a.d.l.)

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