mercoledì 29 ottobre 2025

Mercoledì 29 ottobre 2025: A un passo da OGNISSANTI e dalla COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI...

Se piangessi, tu verresti a riprendermi.

Ma io ho bisogno del mio dolore

per poterti capire.

(Alda Merini)

Sono giorni molto particolari questi ultimi di ottobre che corrono verso novembre in tutta fretta per festeggiarci, ciascuno di noi, in assoluta coralità (non soltanto in Italia, ma in Serbia, Lituania, Macedonia, Polonia, Svezia, Ungheria, Finlandia, Moldavia, Romania, Slovacchia e Slovenia, Croazia e ancora Austria, Belgio, Spagna, Francia, Cile, Perù, Senegal, Ruanda, Lituania ecc.). Poi, però, ci fa battere forte il cuore la Commemorazione dei Defunti, perché riprendiamo un dialogo mai spento con i nostri cari e loro si premurano di risponderci ancora e ancora. Io comincio dai miei nonni materni, con cui ho vissuto fino alla giovinezza, con alcuni anni di intervallo, come ben sapete. Ma prima di cominciare con loro ecco una riflessione in forma di poesia:

2 novembre

Ogni giorno si nasce e si muore

come nasce e muore ogni giorno

in una manciata di ore

che del mai vissuto

trattengono il respiro.

Illuminiamoci di mille lucciole

e miliardi di stelle

in questa notte buia che sa di pianto.

Fasciamoci dei raggi del sole

che ignorano la luna e il suo canto.

Avanziamoci nel cuore

come treno che attraversa il sogno

e si ferma al penultimo binario

per non dirsi mai addio.

(cerchiamo almeno una volta al giorno

  d’immergerci nella luce che è inno alla Vita

 per conservare le voci di tutti i nostri cari

          volati tra le stelle a illuminare

  il nostro ritorno tra le loro braccia d’amore)

 SEI SILENZIO E CANTO

              (a mio nonno Mincuccio)

Sei silenzio e canto

orma che incanta occhi stanchi

sul confine indistinto delle cose

Luce lontana che squarcia il cielo.

Sei latte d’innocenza che mi nutre ancora

e gesto di tenerezza che sazia di spine

il roseto mai spento di petali a primavera

in un tramonto di vene che dilata il mare.

Sei acuto imbroglio d’abbandono

e dolore sei più d’ogni altro dolore.

Io con te esploratrice di terre bambine

assetata d’incanti ora smemoria e canto.

Sei ala d’aquilone a raccontarmi l’azzurro,

tormento e perdita d’ogni altro incontro.

Tornano fiabe di ciliegi innamorati

in panieri di rossi respiri colmi d’amore.

C’è sempre una preghiera a raccomandarti

alle stelle che mi parlano ogni notte di te.

E la tua voce ancora a farmi compagnia:

richiamo di confidenze e rose nel cortile

(nei momenti di buio sgomento

    mai assenti le tue mani fiorite di prodigi)

Te ne andasti

                      (a nonna Angelina)

Te ne andasti così in un soffio leggero

come la tua anima bella a raggiungere

il tuo amore perduto da un anno appena

ma tanto lontano.

Ma lui venne a prenderti per portarti con sé

come promesso, e tu ansiosa lo aspettavi.

Lo vedevi alla soglia di ogni dimenticato dolore.

All’alba suonarono alla porta:

           - Nonna, sussurrò -

           - Non c’è più - dissi

E dentro ero già preghiera.

In fretta mi vestii e ti raggiunsi nella casa

del gelso e delle rose un tempo anche la mia.

Con la tua voce a indicarmi la retta via,

che litigava con la mia allegria.

E ora dormi con la tua pelle di rosa chiara

e sogni ormai oltre il cortile e le stelle

e i canti dei tuoi tanti bimbi a farti festa.

     Sei tornata alla Casa del Signore

         (io nella tua casa, da te)

Sono diciassette senza

            (a Primo ancora e sempre)

- Sono diciassette - mi ripeto questa notte -

diciassette dall’ultimo tuo sguardo

in quella notte senza una voce,

solo un grido ad invocare l’anima

senza respiro e a farmene dono:

- ti ho amato sempre ti ho amato tanto -

Nell’incredulo silenzio che sopravvenne

mi ritrovai incredula carezza e pianto

trattenuto, il tuo capo abbandonato

sul mio petto con la tenerezza

dell’ultimo saluto

per un viaggio senza ritorno.

                  Io senza.

Senza te senza me senza esistenza.

Furono le voci ad afferrare le lacrime

a strangolarle in gola. Andavi via.

Lasciandomi sola.

Senza stelle e senza preghiere.

                    Senza.

Vuoto dentro e intorno.

Tu ballavi nei miei occhi allucinati,

ballavi tu nell’attesa di andare

o rimanere sulle mie ciglia umide,

sui miei terrapieni scoscesi, indifesi.

Tu ballavi, mentre ali di angeli

ti portavano via, e non c’era scelta

da fare, costretto ad andare…

 E io mi arrendevo al fremito in volo

di gambe mani volto, lasciandoti solo.

Fu attesa disperata del tuo non ritorno,

nella nuova alba a lasciarmi senza.

(e oggi canto la tua presenza

 a me accanto come ogni altro giorno

  e colmo i bicchieri di te della tua ironia

       perché non sei andato mai via)

Ti sono grata oggi

                     (a mio padre)

Ti sono grata oggi - e lo sai - del tuo restituirmi

nel tempo il volto doppio delle cose,

la ferita irrimarginabile della ruga tra gli occhi,

grandi di malinconia, alla sconfitta dei giorni

che furono solo miei.

E grata ti sono della parola, canto libero

conquistato a fatica, e la risata ad abbattere

muri negli sguardi - estranei e vicini -

di quanti seppero a specchio corrispondermi,

con amore, l’amore offerto e ricevuto con amore.

Sconfitto è oggi il rimpianto di abbracci mai dati

mai avuti, cercati in sogno e restituiti

come debito o credito di un mare sempre atteso

sempre agognato e mai posseduto

(come volo di gabbiano alto su orizzonti mai

   perduti a raccontarmi le stelle dove da tanto

   abiti e scoprirti sulla mia pelle

                                     e radicato nel cuore)

 

E oggi desidero, ancora una volta, festeggiare mia MADRE e tutte le MADRI che ci vivono nel cuore, e non importa che ci siano accanto o ci abitino continuamente dentro, occupando tutti gli spazi dell’anima…

NON IMPORTA

Se non cammino più per raggiungerti a casa,

non importa.

Tu mi abiti nel cuore e ferme tieni con le tue mani

i manici della mia sedia con ruote e ci parliamo,

con labbra di mandorli e ciliegi in fiore, del passato

mai passato. Tu sempre presente e mai assente,

come me, ai tuoi occhi e mai al tuo amore.

Insieme ridevamo negli intoccati giorni di noi

in compagnia dei miei sogni da realizzare,

i tuoi nascosti sotto lo zerbino di casa

per ritrovarli intatti e aprire,

con la chiave del cuore, la porta dei sussurri

e dei nostri canti e incanti:

“vieni c’è una strada nel bosco…”, “suona solo

per me, o violino tzigano…”, “vorrei baciar i tuoi

capelli neri…”, “no, non è la gelosia…”

babbo ti dedicava

e io ti baciavo con la gioia di saperti bella e amata

tra il sole e l’inquietudine della pioggia che amavo

e ci ascoltava, ma da te mi separava con scrosci

e lacrime e profumi di rose che salivano dalla terra

e verticali arrivavano al Cielo dove oggi ti ritrovo

in una preghiera o forse tra le stelle, non importa.

L’importante e incontrarci ora e sempre

nell’amore che non muore e mi fa camminare

e correre e danzare per venirti incontro

a raccontarti di me e delle mie fragilità

in te mai riscontrate per i singhiozzi ingoiati

dal pozzo di ogni lacrima da me ignorata

e dal canto ritrovato nel profumo delle tue vesti

e del tuo corpo in festa.

Mio nascondiglio alla memoria d’ogni dolore

il pane quotidiano del tuo seno alla mensa

del nostro ultimo abbraccio che fu anche il primo.

(i lillà sono in fiore e i nontiscordardimè

   danzano tra i gelsi rossi del nostro cortile)

14 maggio

             (a mia sorella Anna Maria)  

E fu richiamo il tuo sussurro

nella telecamera che il tuo tormento

mi portava dalla stanza del dolore.

In lacrime Nicoletta riprendeva

il tuo flebile sorriso e al mio strazio

di Speranza disperata lo porgeva

nella complicità di saperti viva,

di volerti VIVA per portarti nella casa

da te amata, e dei vasi di ciliegi vagheggiati

col sogno di tornare a sorriderci ancora.

Non tornasti rondine contro vento

e spogli rimasero di te il cortile e il sogno.

(ma tu torni ad ogni alba ritrovata

  a vivere con noi dove sei sempre stata).

E parlerei di voi e con voi per millenni ancora nello straziato ricordo anche di quanti ho amato e perduto: Nicola e Pinuccio, Nelio e Rina con Michele, nonna Uccia e nonno Mario, zia Giulia, zia Tita e zio Armando. Zio Uccio e sua moglie. E zia Maria con zio Michele e Rosaria e Rita e Vincenzo. La grande Silvana e la sua amica Anna.  Gabriella la poetessa, mia coetanea. Selvaggia, la mia giovanissima e tenerissima “gazza”. Bruno e Corrado, Cris e Nico, Rosa dai biondi capelli e Rosa dai fulvi capelli, con Rina a farle compagnia. Giovanni, l’immenso poeta e fotografo di fama mondiale. Rossella. Dragan. E miliardi di altri, di cui si perdono le date, ma non l’Essenza di essere stelle luminose nel firmamento a vincere il buio di tutte le notti, accendendo fiaccole nel cuore.

A presto. Angela/lina 

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