… Se piangessi, tu verresti a riprendermi.
Ma io ho
bisogno del mio dolore
per poterti
capire.
(Alda Merini) 
Sono giorni molto particolari questi ultimi di ottobre che corrono verso novembre in tutta fretta per festeggiarci, ciascuno di noi, in assoluta coralità (non soltanto in Italia, ma in Serbia, Lituania, Macedonia, Polonia, Svezia, Ungheria, Finlandia, Moldavia, Romania, Slovacchia e Slovenia, Croazia e ancora Austria, Belgio, Spagna, Francia, Cile, Perù, Senegal, Ruanda, Lituania ecc.). Poi, però, ci fa battere forte il cuore la Commemorazione dei Defunti, perché riprendiamo un dialogo mai spento con i nostri cari e loro si premurano di risponderci ancora e ancora. Io comincio dai miei nonni materni, con cui ho vissuto fino alla giovinezza, con alcuni anni di intervallo, come ben sapete. Ma prima di cominciare con loro ecco una riflessione in forma di poesia:
2 novembre
Ogni giorno si nasce e si
muore
come nasce e muore ogni
giorno 
in una manciata di ore 
che del mai vissuto
trattengono il respiro.
Illuminiamoci di mille
lucciole
e miliardi di stelle
in questa notte buia che
sa di pianto.
Fasciamoci dei raggi del
sole
che ignorano la luna e il
suo canto.
Avanziamoci nel cuore
come treno che attraversa
il sogno
e si ferma al penultimo
binario
per non dirsi mai addio.
(cerchiamo almeno una
volta al giorno
  d’immergerci
nella luce che è inno alla Vita
 per conservare le voci di tutti i nostri cari
         
volati tra le stelle a illuminare
  il nostro
ritorno tra le loro braccia d’amore) 
 SEI SILENZIO E CANTO
      
       (a mio nonno Mincuccio)
Sei
silenzio e canto
orma
che incanta occhi stanchi
sul
confine indistinto delle cose
Luce
lontana che squarcia il cielo.
Sei
latte d’innocenza che mi nutre ancora
e
gesto di tenerezza che sazia di spine
il
roseto mai spento di petali a primavera
in
un tramonto di vene che dilata il mare.
Sei
acuto imbroglio d’abbandono
e
dolore sei più d’ogni altro dolore.
Io
con te esploratrice di terre bambine
assetata
d’incanti ora smemoria e canto.
Sei
ala d’aquilone a raccontarmi l’azzurro,
tormento
e perdita d’ogni altro incontro.
Tornano
fiabe di ciliegi innamorati
in
panieri di rossi respiri colmi d’amore.
C’è
sempre una preghiera a raccomandarti 
alle
stelle che mi parlano ogni notte di te.
E
la tua voce ancora a farmi compagnia:
richiamo
di confidenze e rose nel cortile
(nei
momenti di buio sgomento
    mai assenti le tue mani fiorite di prodigi)
Te
ne andasti
                      (a nonna
Angelina)
Te
ne andasti così in un soffio leggero
come
la tua anima bella a raggiungere
il
tuo amore perduto da un anno appena
ma
tanto lontano.
Ma
lui venne a prenderti per portarti con sé
come
promesso, e tu ansiosa lo aspettavi.
Lo
vedevi alla soglia di ogni dimenticato dolore.
All’alba
suonarono alla porta: 
           - Nonna, sussurrò - 
           - Non c’è più - dissi
E
dentro ero già preghiera.
In
fretta mi vestii e ti raggiunsi nella casa
del
gelso e delle rose un tempo anche la mia.
Con
la tua voce a indicarmi la retta via,
che
litigava con la mia allegria.
E
ora dormi con la tua pelle di rosa chiara
e
sogni ormai oltre il cortile e le stelle 
e
i canti dei tuoi tanti bimbi a farti festa.
     Sei tornata alla Casa del Signore
         (io nella tua casa, da te)
Sono
diciassette senza 
           
(a Primo ancora e sempre) 
-
Sono diciassette - mi ripeto questa notte -
diciassette
dall’ultimo tuo sguardo
in
quella notte senza una voce,
solo
un grido ad invocare l’anima
senza
respiro e a farmene dono: 
-
ti ho amato sempre ti ho amato tanto -
Nell’incredulo
silenzio che sopravvenne
mi
ritrovai incredula carezza e pianto
trattenuto,
il tuo capo abbandonato
sul
mio petto con la tenerezza
dell’ultimo
saluto 
per
un viaggio senza ritorno.
                  Io senza.
Senza
te senza me senza esistenza.
Furono
le voci ad afferrare le lacrime
a
strangolarle in gola. Andavi via.
Lasciandomi
sola.
Senza
stelle e senza preghiere.
                    Senza.
Vuoto
dentro e intorno.
Tu
ballavi nei miei occhi allucinati,
ballavi
tu nell’attesa di andare
o
rimanere sulle mie ciglia umide,
sui
miei terrapieni scoscesi, indifesi.
Tu
ballavi, mentre ali di angeli
ti
portavano via, e non c’era scelta
da
fare, costretto ad andare…
 E io mi arrendevo al fremito in volo
di
gambe mani volto, lasciandoti solo.
Fu
attesa disperata del tuo non ritorno,
nella
nuova alba a lasciarmi senza.
(e
oggi canto la tua presenza
 a me accanto come ogni altro giorno
  e colmo
i bicchieri di te della tua ironia
       perché non sei andato mai via)
Ti
sono grata oggi
                     (a mio padre)
Ti
sono grata oggi - e lo sai - del tuo restituirmi 
nel
tempo il volto doppio delle cose,
la
ferita irrimarginabile della ruga tra gli occhi,
grandi
di malinconia, alla sconfitta dei giorni
che
furono solo miei.
E
grata ti sono della parola, canto libero 
conquistato
a fatica, e la risata ad abbattere 
muri
negli sguardi - estranei e vicini -
di
quanti seppero a specchio corrispondermi, 
con
amore, l’amore offerto e ricevuto con amore.
Sconfitto
è oggi il rimpianto di abbracci mai dati 
mai
avuti, cercati in sogno e restituiti 
come
debito o credito di un mare sempre atteso 
sempre
agognato e mai posseduto
(come
volo di gabbiano alto su orizzonti mai 
   perduti a raccontarmi le stelle dove da
tanto 
   abiti e scoprirti sulla mia pelle
                                     e radicato
nel cuore)
E oggi desidero, ancora una volta, festeggiare mia MADRE
e tutte le MADRI che ci vivono nel cuore, e non importa che ci siano accanto o
ci abitino continuamente dentro, occupando tutti gli spazi dell’anima…
NON IMPORTA
Se non cammino più per raggiungerti a casa,
non importa.
Tu mi abiti nel cuore e ferme tieni con le tue mani
i manici della mia sedia con ruote e ci parliamo,
con labbra di mandorli e ciliegi in fiore, del passato
mai passato. Tu sempre presente e mai assente,
come me, ai tuoi occhi e mai al tuo amore.
Insieme ridevamo negli intoccati giorni di noi 
in compagnia dei miei sogni da realizzare, 
i tuoi nascosti sotto lo zerbino di casa 
per ritrovarli intatti e aprire, 
con la chiave del cuore, la porta dei sussurri 
e dei nostri canti e incanti:
“vieni c’è una strada nel bosco…”, “suona solo 
per me, o violino tzigano…”, “vorrei baciar i tuoi
capelli neri…”, “no, non è la gelosia…”
babbo ti dedicava
e io ti baciavo con la gioia di saperti bella e amata
tra il sole e l’inquietudine della pioggia che amavo
e ci ascoltava, ma da te mi separava con scrosci 
e lacrime e profumi di rose che salivano dalla terra 
e verticali arrivavano al Cielo dove oggi ti ritrovo
in una preghiera o forse tra le stelle, non importa.
L’importante e incontrarci ora e sempre
nell’amore che non muore e mi fa camminare
e correre e danzare per venirti incontro 
a raccontarti di me e delle mie fragilità
in te mai riscontrate per i singhiozzi ingoiati
dal pozzo di ogni lacrima da me ignorata 
e dal canto ritrovato nel profumo delle tue vesti
e del tuo corpo in festa.
Mio nascondiglio alla memoria d’ogni dolore
il pane quotidiano del tuo seno alla mensa
del nostro ultimo abbraccio che fu anche il primo.
(i lillà sono in fiore e i nontiscordardimè 
   danzano tra i gelsi rossi del nostro cortile) 
14 maggio
             (a mia sorella Anna Maria)  
E fu richiamo il tuo sussurro
nella telecamera che il tuo tormento
mi portava dalla stanza del dolore.
In lacrime Nicoletta riprendeva
il tuo flebile sorriso e al mio strazio
di Speranza disperata lo porgeva
nella complicità di saperti viva,
di volerti VIVA per portarti nella casa
da te amata, e dei vasi di ciliegi vagheggiati 
col sogno di tornare a sorriderci ancora.
Non tornasti rondine contro vento
e spogli rimasero di te il cortile e il sogno.
(ma tu torni ad ogni alba ritrovata
  a vivere con noi dove sei sempre stata).
E parlerei di voi e con voi per millenni ancora nello
straziato ricordo anche di quanti ho amato e perduto: Nicola e Pinuccio, Nelio
e Rina con Michele, nonna Uccia e nonno Mario, zia Giulia, zia Tita e zio
Armando. Zio Uccio e sua moglie. E zia Maria con zio Michele e Rosaria e Rita e
Vincenzo. La grande Silvana e la sua amica Anna.  Gabriella la poetessa, mia coetanea. Selvaggia,
la mia giovanissima e tenerissima “gazza”. Bruno e Corrado, Cris e Nico, Rosa
dai biondi capelli e Rosa dai fulvi capelli, con Rina a farle compagnia. Giovanni,
l’immenso poeta e fotografo di fama mondiale. Rossella. Dragan. E miliardi di
altri, di cui si perdono le date, ma non l’Essenza di essere stelle luminose
nel firmamento a vincere il buio di tutte le notti, accendendo fiaccole nel
cuore. 
A presto. Angela/lina
 
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