La poesia è l’intera storia
del cuore umano
scritta
su una capocchia di spillo
(William
Faulkner)
Del
Saggio di Lino Patruno molto si è
parlato e si continua a parlare durante le molteplici presentazioni nei vari
paesi del nostro SUD, ma credo che nessuno abbia notato la poesia che percorre e attraversa le sue pagine. Provo ad
evidenziarla: tutto il Libro è ricco di
metafore, che sono alla base dell’“Arte poetica”. Poi, a ben leggere, sin dal primo capitolo esso è percorso da un ritmo incalzante nella
continua reiterazione di alcune parole o di intere espressioni che si
risolvono, alla fine, in ritmo interiore,
un ritmo che suggerisce al poeta o allo scrittore la posizione giusta delle
parole o delle espressioni, perché non se ne perda il senso profondo e il
significato più esteso, che spesso diventa vera e propria “signific-azione”,
cioè l’agire sul significato per dilatarlo, estenderlo, vivificarlo. È quanto
fa continuamente Lino Patruno, esperto nell’Arte della Comunicazione, come
Giornalista di lunghissima e meritatissima fama, e come Docente universitario,
proprio in queste discipline.
Ecco
qualche esempio lampante: la reiterazione “Il
Sud ha vinto” <nonostante tutto> (p. 5) ha il ritmo incalzante,
appassionato, avvincente di cui ho parlato prima. E a pagina 7 ecco un’altra
più forte reiterazione con “Terrorismo”,
“Terrorismo”, “Terrorismo”, che moltiplica a dismisura l’atmosfera di ingiunzione
ad inchinarsi a “chi impugna la dittatura dei dati più che l’onestà del
calcolo”. Ed ecco, sempre a pagina 7, la prima splendida metafora “Nessuno vuole scalciare alla luna”, a
cui segue una spiegazione fortemente coerente col punto di vista dell’Autore
sul Sud <non- ancora-Nord>. Un Sud, dunque, alla pari con il Nord già
nell’utilizzo delle lettere maiuscole S=N.
E
che dire delle Citazioni come Esergo
a inizio di ogni capitolo? Veri
capolavori di coralità poetica. Citazioni che, comunque, si ripropongono
all’interno delle pagine, in cui sono citati tanti grandi scrittori (per tutti
uno: Italo Calvino), con una sequela
di altri nomi egregi che hanno scritto la storia della Letteratura italiana e
mondiale del passato fino ai nostri giorni. Tra i saggisti, ancora, ecco il
compianto Prof. Domenico De Masi, un
sociologo illuminato e da me conosciuto personalmente parecchi anni fa, per via
della bella amicizia con la sua ex moglie, con le figlie e la nipote, di cui
per discrezione evito di fare i nomi. Poi, ancora tanta poesia, senza se e
senza ma, quando Lino Patruno continua con l’elogio
della “lentezza” vissuta al Sud anche attraverso le parole di un altro
validissimo sociologo, il Prof. Carlo
Bordoni, con cui è facile parlare di “Ozio
creativo”. Ecco, la creatività!
Tutto il capitolo secondo ne è impregnato con tanti nomi illustri, dai più
lontani ai più vicini a noi in senso spazio-temporale (da Papa Francesco a Corrado
Augias, passando con disinvoltura da Seneca
a Nietzsche, da Masud Kan a Sigmund Freud,
scomodando persino il nostro Presidente
Mattarella, e così via) con il “mantra” devozionale per ogni titolo dei
paragrafi: “E quindi ha vinto il Sud con la sua lentezza”.
Dicasi
altrettanto del terzo capitolo, i
cui paragrafi continuano imperterriti a osannare l’ozio, non come il “padre dei vizi”, ma come fonte inesauribile di
creatività per “imparare l’arte della
vita”. E così pure il quarto
capitolo che si avvale di
tantissimi nomi di scrittori, registi, attori, cantanti, italiani e stranieri
in uno zibaldone da capogiro, tanto si viene catturati dall’immenso taccuino degli appunti della stratosferica cultura del
Nostro. Si rimane catturati e incantati da un groviglio di lantane senza
fine dei nostri giardini o di quello delle mangrovie sotterranee e lontane,
quando Patruno afferma che il Sud è “a fortissima imitazione”. E qui la
citazione di Lino Banfi, Sergio Rubini, Checco Zalone è d’obbligo, come pure
quella di Marcello Veneziani, Franco Cassano, Michele Mirabella e di tantissimi
altri (compreso l’immenso e inarrivabile recanatese Giacomo Leopardi), perché
hanno reso il Sud degno di ammirazione e imitazione in quanto ciascuno col
proprio talento e la propria cifra stilistica ha reso visionario e realistico
il sogno di tanti di noi, che rimaniamo ancorati al Sud, pur avendo la
possibilità di andare lontano. E in
tutto questo io ravviso una straordinaria tenerissima poesia. Poi, ecco i
capitoli che inneggiano alle industrie del Sud. Sono meno poetici, ma oltremodo
convincenti e con tanti nomi di industriali industriosi che ci appartengono e
ci fanno onore. Ma l’ottavo e il nono
capitolo ci riportano alle metafore (un cigno non nero) e alla poesia felicissima della
“Ritornanza”. Si pensi ai versi della canzone di Bob Dylan alla fine
dell’ottavo capitolo. Versi stampati a caratteri cubitali nel nostro cuore. E dall’undicesimo capitolo in poi
incontriamo nuovamente la poesia di quelli che restano, “i resistenti” per
“fede etico-politica” ad un Sud che amano visceralmente e che li spinge a
lottare per renderlo migliore. Fra mille difficoltà, mille recriminazioni,
mille fraintesi. Occorre imparare l’arte della resistenza ad oltranza per non
cedere alla tentazione della resa. Arrendersi significa “morire lentamente”,
spegnere la luce del sogno e dell’utopia e quest’ultima - ma non ricordo più
chi l’abbia detto - “non è ciò che non si può realizzare, ma ciò che non è
stato ancora realizzato”.
A
questo punto, vorrei fare io un elogio particolare a Lino Patruno per lo
straordinario dono che ha ricevuto dal buon Dio e che ha anche conquistato in
decenni di lavoro quale comunicatore tout
court, come giornalista e docente universitario, in quanto con estrema
facilità e altrettanta arguzia si districa tra “calamità” e “calamita”,
riferendosi alla considerazione del Sud, da parte dei più, ieri e oggi (vedi p.
378) e così per tanti altri accorgimenti linguistici (basta leggere il Libro per
scoprirli e farne tesoro con un oh di meraviglia). E meraviglia suscitano le innumerevoli storie che Lino racconta
rapidamente, quasi con nonchalance ma
con sottesa attenzione, cura e passione. Noi siamo fatti di storia e di
storie. Baricco ce lo ha insegnato:
“la narrazione è una parte intrinseca della realtà”. Non a caso “una storia è
il campo di energia prodotto nell’animo di ognuno di noi dall’imprevista
vibrazione di una tessera di mondo”. E
in Lino Patruno io ravviso tutto questo e molto altro ancora che è conferma
della sua visione poetica della scrittura come della esperienza esistenziale di
ciascuno di noi per riscoprirci “umani”.
E
oggi mi fermo qui. Con l’augurio che la Poesia ci accompagni sempre come tenera
carezza in un mondo di violenze, sopraffazioni e ingiustizie. Mondo, che ci
vuole disumani e indifferenti.
Con lo sguardo e il cuore rivolti al nostro prossimo incontro. Angela/lina
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