martedì 17 maggio 2022

Martedì 17 maggio 2022: mese delle ciliegie, mese mariano e i ricordi di un tempo lontano (seconda e ultima parte)...

“E così anche il coro, a cui dava inizio comare Melina, una vicina di casa, che interloquiva volentieri con zia Angelina, facendo a gara con lei nell’esprimersi in ‘italiano corretto’ a suon di ‘pilaccio’ (peluria) e di ‘roséo’ (bell’incarnato) e di ‘pastina incultivado’, riferendosi alla ‘pastina glutinata’, era tutto un susseguirsi di strabilianti strafalcioni, esibiti quanto ignorati /necessario scotto che bisognava pagare per impadronirsi, improvvisando, della lingua ufficiale). Ma la caratteristica più esilarante in tutto quel contesto di innocenti presunzioni era l’ottimismo incommensurabile di zia Angelina sulla sua buona sorte: ogni volta che un ragazzo o giovincello amico dei suoi nipoti le faceva una gentilezza, lei diceva immancabilmente: ‘a buon rendere, e grazie figlio mio, non ti preoccupare che poi ti dico una réquie metèrna così ti assicuro il paradiso’. Comare Melina non le era da meno, oltre ad essere sicura del fatto suo su molte cose che andava blaterando con zia Angelina, presumeva di avere anche una voce melodiosa e intonata, ed era lei a dare il ‘la’ ai canti di fine rosario, che facevano pressappoco così: Ai tuoi pieèt, Maria dileetta,  vengon tuutti i figli tuooi… oppure Evviva Maria e Chi la salvò (sic!)… e, ancora, Bella tu sei qual sole, bianca come la luna e le stelle  lee più belle non son belle al par di teee… Ma quest’ultima scorreva come fiume tranquillo di note e parole senza evidenti scogli linguistici. Nonno Antonuccio si univa al coro delle ‘pie donne’ non senza averle prima rimproverate col suo sguardo severo per le numerose interruzioni tra una preghiera e l’altra. Il canto conclusivo riconciliava tutti.

A Eva piaceva molto quello alla Vergine, Bella tu sei qual sole, perché era un inno dolce e poetico che donne e uomini cantavano all’alba dei giorni d’estate, quando con i carri raggiungevano il mare con accanto la nidiata dei figlioli, per trascorrere l’intero giorno sulla spiaggia e, durante il viaggio,  si alternavano le voci delle donne a quelle degli uomini in un controcanto, che creava una sorta di fuga di note in una corale armonia fino a perdersi nei campi in una scia di tenera preghiera che il canto innalzava al cielo.  nelle rare volte in cui Eva si era trovata sul calesse con i suoi nonni e i loro amici e parenti, prima di partire per le vacanze da nonna Sabina e nonno Angiulinu, aveva provato una commozione indicibile nell’ascoltare quelle voci in perfetta sintonia con i campi di ulivi che attraversavano e il loro senso di quiete che pacificava il giorno.

E la guerra era veramente lontana.

Tutto in casa di nonna Sabellina e nonno Antonuccio sapeva di quiete e di festa.

Dopo il mese di Maria, c’era il mese dedicato al Sacro Cuore di Gesù. E al profumo intenso delle rose la nonna sostituiva il rosso e il bianco dei gigli che facevano colore e anticipavano l’estate: il mare ‘si apriva’ il giorno dei Santi Pietro e Paolo. E i canti che, questa volta, riguardavano esclusivamente il Signore, si concludevano con la solita giaculatoria: Oh Gesù, d’amore acceso,/ non T’avessi mai offeso./ Oh mio caro, buon Gesù/ con la Tua santa Grazia/ non Ti voglio offendere più. (…)

E ogni volta, alla fine del mese, era una gran festa perché nonna Sabellina offriva a tutte le sue amiche e alle donne del vicinato le paste fatte in casa, con il rosolio di limone o di ciliegie e persino di gelsi rossi. E rimaneva in attesa dei complimenti che non tardavano ad incontrare il suo orgoglio appagato. Mentre, ad ogni inizio di stagione, nonno Antonuccio amava sorprendere le sue donne e il vicinato con ceste ricolme di primizie, a cui faceva seguito un’avemaria di ringraziamento per aver potuto ancora una volta assaporare i frutti della terra” (da La via delle vedove, Secop edizioni, Corato-Bari, 2013)

E per i prossimi giorni farò silenzio in quanto sono in partenza per il Salone del Libro di Torino dove presenteremo molti nuovi libri Secop, tra cui anche il mio Saggio-lettera Tenero il tuo lago d’erba tagliente, dedicato al grande e compianto Giovanni Gastel. 

A risentirci al mio ritorno. Grazie di esserci. Angela

 

 

 

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