Scrivere vuol dire farsi eco di
ciò che non può cessare di parlare… (Maurice Blanchot)
E oggi, 2
ottobre, la chiesa ci ricorda gli Angeli
Custodi, che sempre mi hanno parlato al cuore attraverso il canto dolce di
mia madre: Angioletto del mio Dio/ che
fai tu vicino a me?/ Che fai tu vicino a me?// Sono l’angelo del Signore,/ sto
vicino al tuo cuore,/ quando vegli e quando dormi,/ sempre sempre sto con te./
Sempre sempre sto con te. Era una canzoncina rassicurante. Pure, io non
riuscivo ad addormentarmi e chiamavo mio nonno che, per tutti noi sei nipoti, è
stato sempre “papa”, per via dell’assenza di babbo, che era in guerra, durante
i primissimi anni della nostra vita (di Lizia, la primogenita, e mia, che avevo
solo venti mesi in meno). Tutti gli altri sono nati dopo il suo ritorno. Ma tutti
abbiamo continuato a chiamare nonno Mincuccio “papà”. E a giusta ragione: per
noi è stato sempre il nostro tenero papà. E così lo chiamano ancora i miei
figli e nipoti perché io spessissimo parlo di lui e di Nonna Angelina, di cui
porto il nome. I nostri meravigliosi nonni di un tempo ormai troppo lontano, ma
mai dimenticato. Dunque, io di notte chiamavo papà perché mi fidavo solo della
sua voce e della sua presenza. Era lui il mio “angelo custode”. E lo è ancora
oggi. Per questo mi rivolgo a lui direttamente ed è come se parlassi al mio cuore: Mio caro e buon papà,
sono passati oltre cinquantotto anni dal tuo sorriso rivolto a noi in un
presagio di stelle, mentre l’alba si vestiva di campane festose nel tuo cortile
d’inverno, ma le tue parole sono ancora qui, scolpite nella mente e ancorate
all’anima che non dimentica. È ancora la tua voce a parlarmi, a guidarmi, a
salvarmi. La tua presenza in ogni nuova alba e nuovo tramonto. La mia vita
tutta ne è impregnata perché devo a te la mia continua rinascita dopo ogni
naufragio. A te devo quanto di bello ho realizzato fino ad oggi anche
attraverso la scrittura. Sì, devo a te anche la mia inesauribile capacità di
narrare storie, di sentirle vibrare dentro prima che prendano forma di parole e
si vestano di poesia. Tu sei stato il mio FARO dopo tutte le tempeste. Tu con
le tue fiabe, i tuoi ricordi, la poesia, dolente e dolce, della tua vita,
vissuta per tanti lunghi anni con Nonna Angelina, che hai amato con immenso
amore, condividendo il dolore, altrettanto immenso, del volo al Cielo
delle infinite stelle dei tanti vostri bambini. Nostra madre l’unica superstite
a darvi la gioia di diventare nonni e di prendervi cura di noi con infinito
amore, fino alla nostra prima giovinezza. Ecco perché la vostra storia si
riversa continuamente dalla brocca inesauribile del passato nel fiume in piena
della nostra storia presente. Della mia, che continuo a scrivere di te e, di
riflesso, di quella di nonna, che ti seguì solo un anno dopo, e di quella dei
miei figli e dei figli dei miei figli, che stanno già scoprendo il mondo e il futuro,
attraverso il loro impegno negli studi e nelle attività lavorative, impregnate
per entrambi di talento e creatività, sia pur lavorando in campi diversi. Sono
la mia fierezza e il mio orgoglio. Come noi nipoti lo eravamo per te. E niente più
ha inizio né fine. Tutto rimane in sospensione, agganciato soltanto all’attimo
che si fa eterno. E tutto mi rimanda ai
sentimenti che ci appartennero e alla creatività, fantasia, immaginazione che
da te, nonno mio carissimo, ereditammo; al buio e alla luce che attraversammo
per ritrovarci, noi tuoi nipoti ma soprattutto i pronipoti, e i figli dei figli
dei figli, che, insieme, ancora parlano di te. Infatti, dopo noi sei, i
tuoi nipoti sempre più deboli e fragili, sempre più “in prima linea”, come eri
solito dire tu alle soglie dell’Eternità, saranno loro a parlare ancora di te e
della nonna con ancora tanta Bellezza negli occhi oltre ai nuovi possibili e
forse inevitabili naufragi. E voi due, nostri ANGELI CUSTODI, con il vostro
luminoso Faro li aiuterete a scongiurare le sconfitte e gli inciampi per
giungere sempre nel porto sicuro del loro cuore. E, intanto, mentre scrivo di
voi, è già un nuovo giorno. Il canto improvviso dell’alba mi ha riportato alla
realtà dei colori, delle forme e delle dimensioni. E tutto si fa definito,
certo, chiaro. Almeno in apparenza. Sì, solo in apparenza. Perché è un giorno
che ha trovato rifugio in una rada insicura e accidentata, dopo più di mille miei
naufragi. Ma sono ancora qui a scrivere. Occorre farsene una ragione e cercare sulla
riva i sentieri meno impervi, più ampi e lineari, magari fioriti, e con
ventagli di chiome d’alberi a creare un’ombra che ci possa riparare dagli abbagli
dell’ultimo sole di un tempo che comprende tutte le stagioni della vostra e della nostra vita. Siamo
tutti cercatori di certezze che mai saranno, mentre i dubbi fanno a gara per
intrufolarsi nei pensieri e creare nuove paure, dare la stura a nuove pagine. E
i sentieri larghi e chiari e fioriti, appena immaginati, si perdono tra
sterpaglia e rovi e violenze e guerre e orrori e tremori senza fine. Meglio
trovare rifugio nella propria casa, dove i muri sono muri e le finestre sono
finestre e tutto ha un suo ordine anche nel disordine di una casa viva e
vissuta? Forse. Ma non ci credo più. Il nostro cortile di gelsi e di rose,
di fiabe e racconti sempre diversi, ma tenerezze sempre uguali, ci impedì di
avere paura della guerra ancora in atto e degli aerei e delle sirene e dei
rifugi. Tanto c’eravate voi a proteggerci, insieme a compare Luigi, generoso amico
tuo e di babbo, che si prendeva con voi cura di due bimbette ignare e
fiduciose. Ma oggi è diverso. Ogni serenità è rimasta in quel cortile. Occorre avere
tanta nuova forza e tanto nuovo coraggio per affrontare quanto sta accadendo
nel mondo e pregare e sperare con tutte le nostre deboli forze congiunte che
altrettanti “Angeli Custodi” siano presenti più che mai a vigilare con il loro infinito amore sui
tantissimi bambini che hanno oggi più che mai bisogno urgente della loro
protezione. E, oggi, anche se sono sgomenta, provo ad avere un briciolo di fiducia ancora nella
nostra umanità, perciò dedico alcuni miei versi a te a alla nonna, per abbracciare
tutti i nonni presenti, passati e futuri:
Ebbi canto
nelle braccia di mia madre
Nacquero
papaveri e gelsomini
nel giardino
d’ogni incanto
con i
laghetti che ridevano di secchi
colmi
d’acqua in cui si specchiava il cielo
fiorito di
primavera e stelle mattutine.
Io ebbi
rifugio nelle braccia di mia madre
prima che il
tramonto incendiasse la sera
e l’usignolo
avesse voce di violino
in gara con
i grilli sul balcone.
Il nonno
piantò un ramo di rose,
di preghiera
la nonna riempì
le ombre
della sua malinconia.
Nelle loro
mani la mia prima alba
in fuga
verso la chiesa e campane a festa
ad
accogliere il mio vagito alla fonte battesimale...
(grandi i
miei occhi negli occhi grandi
di mia madre, ma tenera carezza dei nonni
mi penetrò nel cuore
fino al
canto che ancora oggi mi sorride
ad ogni nuovo giorno)
Buona festa degli Angeli Custodi a tutti e a tutti i nonni! A presto! Angela/lina