Chiamo poesia
ciò che trafigge il cuore
come una lama
(Emil Cioran)
Raccontami del vento di Graziella De Cillis (EDIZIONI GIUSEPPE LATERZA, Bari 2024)
Un anno dopo, ecco le mie emozioni e commozioni nel leggere l’insolito
romanzo/diario di Graziella De Cillis, con finale a sorpresa. Non mi sorprende,
invece il suo “esperimento di coniugare la poesia con la narrativa” per “l’esigenze”
dell’Autrice “di donare alla lirica un più ampio respiro” perché mi sento
perfettamente a casa: tutte le mie pubblicazioni, dalla prima (1956) all’ultima
in ordine di tempo (2025) hanno intrecciato continuamente prosa (che era di per
sé poesia) e poesia (che era tale, ma alcune volte si identificava con la
prosa, per l’estendersi lungo di alcuni suoi versi), e sempre con un esergo
molto significativo per sintetizzare e connotare tutto il contenuto dell’opera).
E c’è di più: la nostra sintonia attraversa la musica per mezzo dei tasti di un
pianoforte, strumento meraviglioso (regalatomi dal mio nonno materno) che ho suonato
dalla preadolescenza alla prima giovinezza, quando ho dovuto abbandonarlo per
andare via. Graziella deve il suo incanto, invece, alla magia della musica del
pianista e compositore, maestro Remo Anzovino, che “inconsapevolmente” ha ispirato
l’intera “trama” della sua “opera”. In realtà, il suo Libro è decisamente nuovo
e diverso perché non ha capitoli ma un dialogare continuo con i lettori che
rende partecipi e quasi co-protagonisti degli avvenimenti che riguardano gli
attori principali di una storia che si si aggroviglia e si snoda attraverso
altre storie, tutte molto importanti anche se i Nevio e Lisa riempiono quasi
tutte le pagine della loro presenza e del loro amore: lui pianista e
compositore di collaudata fama e con ferite di cui non vuole parlare; lei
poetessa che fa della scrittura la sua ragione di salvezza da un passato da
dimenticare. Entrambi si riconoscono nelle loro fragilità e cicatrici. Un collante
molto forte per entrambi. La musica di lui è il sottofondo quotidiano in sua
presenza e in sua assenza; le poesie di lei emergono di tanto in tanto, quasi
come “coro greco” antico, che i coreuti si riservavano sulla scena per “commentare”
il non esplicitato, il sottaciuto dalla protagonista.
Si tratta, comunque, di un romanzo che ha come “protagonista”
assoluto il “vento”, che trascina con sé “nel bene e nel male” non soltanto la
natura, sempre presente in queste pagine, ma le vicende degli esseri umani, che
non sempre sono essi stessi costruttori del proprio Destino o Karma, ma molto
più spesso sono costretti a subire i fendenti di una sorte non sempre
rispettosa di attese, desideri, illusioni, progetti di vita.
Accanto al vento, perlopiù distruttivo, protagonista
salvifico è l’amore in tutte le sue “prismatiche” forme, per dirla con l’immenso
Jorge Luis Borges, che supera così la sua stessa teoria degli specchi con le
sfaccettature infinite che il prisma ci offre per farci conoscere più
ampiamente e profondamente la natura degli uomini e le loro esperienze
esistenziali.
Pregio straordinario dell’Autrice è, lo ribadisco, quello di accompagnare
i vari protagonisti del romanzo/diario, mese dopo mese, con le varie caratteristiche
climatiche e i molteplici modi di vivere, in “zumate” simili a riprese
cinematografiche per coinvolgerci nelle diverse storie, nella immersione totale
in atmosfere oniriche o realistiche, legate agli elementi naturali che più
adora, in primis il “mare” col suo colore di cielo vetrato e il suo intenso senso
di libertà, di forza, di audacia che stabilisce e realizza. Ma anche della “casa”
per la protezione e l’intimità che offre, gli angoli amati e gli oggetti che si
fanno eco di emozioni e sentimenti tra i più profondi e sinceri, che si
identificano non solo con l’amore, anche estremamente erotico, sensuale,
esclusivo, ma anche e soprattutto con l’amicizia, il sogno, il bisogno, l’urgenza,
la necessità, il coraggio di essere sé stessi e, nello stesso tempo, la
necessità di cambiare per affrontare nuove sfide che la vita stessa ci impone o
che noi imponiamo alla vita. E i luoghi da cui ci si è allontanati per poi
farvi ritorno, per riscoprire radici e tormenti legati a un passato che si
vuole dimenticare “per non farsi più male”, ma che ritorna e ancora ritorna
sotto mentite spoglie, per non spaventare il cuore ferito ed esacerbato, e per
offrire nuove prospettive non sempre semplici e salutari, per il corpo e
soprattutto per l’anima. sentimenti profondi che anelano ad ogni felicità
possibile, ad ogni sogno che rende unica e meravigliosa una storia vissuta all’unisono.
Ma le storie si perdono mentre altre fioriscono nelle alterne vicende della
vita e della morte che ci segnano, ci sfiorano, ci appartengono sempre e
comunque sotto lo stesso cielo che esplode di eternità per ogni piccola
fiammella che si accende di vita nell’Universo. Il resto della storia è ancora
un intreccio di storie, ma io mi fermo qui per dare ai lettori l’ansia di
saperne di più. Un ultimo sguardo ammirato all’immagine di copertina, tratta da
una bellissima ed emblematica foto dell’Autrice al litorale di Bisceglie, suo “luogo
del cuore”: una bicicletta colma di fiori lasciata a guardia dell’infinito mare
o viceversa, come spesso avviene nelle umane vicende.
A Graziella De Cillis l’augurio sincero di volare sempre più
in alto con la sua scrittura poetica, avendo trovato tra l’erba e le foglie il
suo “archetto” magico che ha il sapore dei Fiori, del Mare, della Musica, della
Bellezza e dell’Armonia…
“Abbiamo tutti nel petto un violino e abbiamo perduto l’archetto
per suonarlo. Alcuni lo ritrovano nei libri, altri nell’incendio di un
tramonto, altri negli occhi di una persona, ma ogni volta l’archetto cade dalle
mani e si perde come un filo d’erba o un sogno. La vita è la ricerca infinita
di quell’archetto per non sentire il silenzio che ci circonda” (Fabrizio
Caramagna)
A tutti voi, miei amatissimi lettori, un anticipo, con le mie
parole, di una storia molto bella per non conoscerla. Buon mare a tutti.
Angela/lina
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