martedì 8 luglio 2025

Martedì 8 luglio 2025: LA POESIA POSSIBILE RISORSA DI SALVEZZA...

“Sul Golgota”

Dove hai messo in croce

          l’amore

è rimasta inchiodata

        la Poesia

                   (a.d.l.)

Stiamo vivendo tempi difficilissimi a livello planetario. Abbiamo persino paura del prossimo futuro, anzi, temiamo, a ragion veduta, che il futuro venga negato, non tanto a quelli della mia generazione (che hanno vissuto circa un secolo di trasformazioni rapide e radicali in brevissimo tempo, grazie alle scienze tecnologiche che hanno accorciato tempi e spazi di conoscenza in maniera vorticosa e vertiginosa, tanto da non avere avuto e avere il tempo per assimilare e depositare nella mente ciò che è stato ricercato, scoperto, appreso, attraverso fonti di documentazioni inesistenti o inaccessibili o ignorate solo fino a qualche decennio fa), quanto ai nostri nipoti e pronipoti, che si affacciano oggi agli orizzonti delle loro esperienze esistenziali, molteplici e sempre in bilico, ormai, tra il reale e il virtuale, tra le “moltitudini” che ci abitano (vedi “Canto di me stesso” di Walt Whitman) e le solitudini che ci opprimono nel disagio esistenziale che procurano.

Un’àncora di salvezza forse ce la offre la poesia. Ho una mente poetica, infatti, che mi fa guardare ancora oggi, nonostante i miei tanti anni di vita, il mondo con occhi incantati e visionari e tutto viene vissuto da me con lo stupore di “Alice”, sempre immersa nel suo “Paese delle Meraviglie”, mentre “attraversa lo specchio” della realtà più nera, confortata dalla immaginazione e dalla fantasia, che sono di per sé “creazione” e “ri-creazione” in un fantastico gioco senza fine...

E, del resto, Platone affermava che “la poesia è qualsiasi forza che porti una cosa dal non-essere all’Essere”. Dunque, la poesia è energia, forza, generatività. Ma è anche la dolcezza disperata di Saffo, la tensione lirica di Ibico, l’ossimorico amore/odio di Catullo, la mitezza elegiaca di Tibullo, il travolgente fiume delle terzine dantesche, il malinconico canto d’amore di Petrarca, l’ironica e amara invettiva di Cecco Angiolieri, il polifonico madrigale alla corte del Magnifico a Firenze, e la superba ottava nell’Ariosto… Ode, canzone, ballata, canto, idillio, persino sperimentazione criptica o simbolica, per giungere intatta, fino a noi, imprendibile ma inconfutabile.

Parola essenziale e allusiva nella poesia orientale; canto di dolore e di liberazione nei versi in terra d’Africa o degli indiani d’America. Divertissement musicale di parola ed eleganza per i francesi; impeto e passione per i tedeschi; rivolta e rabbia e stravolgimento per la beat generation. Straniamento quasi sempre. Il poeta è perlopiù in un “altrove” di sé stesso e del mondo. La poesia è “febbre di vita” per alcuni, “esorcizzazione della morte” per altri. È riparazione alle “ferite” che il tempo e gli uomini ci hanno inferto (Mariella Bettarini) ed è innocenza e passione, verginità e peccato, ma è soprattutto “luce che purifica” (Alda Merini). Essa “ferma il tempo e racchiude in sé il cosmo” (Carlo Ossola). Per Holderlin e Heidegger significa “essere in presenza degli Dèi ed essere toccati dalla vicinanza dell’essenza delle cose”, e, dunque, “prologo del cielo”, “stato di grazia”, “illuminazione”, “veggenza”, “rivelazione”…

Il poeta è, dunque, un visionario, un “fingitore” (Pessoa), è “colui che vive il fascino dell’incompleto, dell’ignoto, dell’assurdo” (Mario Praz). È Diogene che con la sua lanterna magica (la luce della poesia) indaga le verità nascoste nella profondità della nostra anima (Machado). Mago e visionario (Nietzsche). E Luzi afferma che è colui che “dispone lo spazio intellettuale ed emotivo ad una esaltante incursione nel molteplice, nel movimento multiforme e contraddittorio in cui si attua la vita”.  

Mi sembra, dunque, che quanto detto sin qui ben si attagli con la ricerca scientifico-creativa di uno studioso geniale come Matteo Gelardi, che è partito dal microcosmo, studiato attraverso la lente di un microscopio per giungere al macrocosmo, attraverso la sua visionaria presa di coscienza dei multiversi che ancora oggi si autorigenerano e ci riempiono di stupore. Le sue teorie in merito hanno raggiunto il mondo intero con la nascita di una nuova scienza che, partita dall’osservazione del muco nasale, è giunta, via via, ad una insolita scoperta di Bellezza, che ingloba nella scienza medica la Poesia, la Moda, la Musica, il Teatro e tutte le Arti in genere, traducendosi in uno Spettacolo favoloso che, partito dal Petruzzelli di Bari, qualche anno fa, sta facendo il giro del mondo, non in 80 giorni (Giulio Verne docet), ma nell’arco di soli pochi anni.

E, allora, ritengo che la Poesia possa dare un ulteriore apporto di Bellezza e di Mistero al loro già felice abbinamento.

La poesia e l’arte, nella figura del dono, non invocano soltanto la loro origine, ma anche la loro destinazione” (Jean Starobinski)

Non mi resta che cominciare a sperare nella Poesia, partendo dal suo valore estetico, etico, taumaturgico. E, del resto, non mi stancherò mai di parlare di poesia. Soprattutto dopo ogni mia salutare e meravigliosa serata, vissuta all’insegna della Poesia, nella Poesia, per la Poesia. Con Poesia. “Poesia anima e respiro dell’Universo”, così è stato intitolato, qualche anno fa, il festival internazionale che ci ha visti coinvolti con entusiasmo e commozione tra parole straniere e una sola voce: quella dell’anima innamorata del canto della vita, tra realtà umana e sacralità divina. Il divino che si fa umano e “s’incarna nella parola” (Paul Valery).

In un momento storico così difficile, oscuro, problematico, amaro, violento, prevaricatore, aberrante, quel festival che s’imperniò sulla interculturalità poetica assunse un significato profondo: “la Poesia unisce i popoli, elimina steccati di ogni genere, rende l’umanità migliore” (Raffaella Leone Pr della Casa editrice SECOP, Corato-Bari).

Abitiamo sotto cieli diversi che è pure lo stesso cielo; abbiamo credi diversi, pure respiriamo lo stesso respiro divino che avvertiamo in tutto il Creato, noi uniche creature tra tutti gli esseri viventi a sapere di un Creatore, padrone della vita e della morte, a cui rivolgiamo la nostra preghiera e il nostro canto.

Parliamo lingue diverse, eppure abbiamo una sola voce: quella della mente, del cuore, dell’anima. Una voce che racchiude in sé Bellezza, Armonia, Compiutezza, Appagamento perché è Sogno, Passione, Memoria, Amore. Ha occhi d’innocenza dell’umanità bambina e si macchia della polisemia ambigua della parola. Bugia e Verità. Straniamento e Appartenenza. Possibilità di perdersi col rischio di mai più ritrovarsi. Solitudine del volo alto (Baudelaire e il suo Albatro) e desiderio di arrivare all’altro e all’altro ancora, fino a ritrovarsi in un “altrove” che è perdita di sé e ritrovamento di tutto l’altro da sé, che dilata orizzonti e non ha più confini.

Di qui, la nostra “Poesia anima e respiro dell’universo”. In quanti modi possiamo denominarla senza mai poterla definire? Illimitatamente. Perché non è misurabile, né quantificabile né modellabile, la poesia. Non occupa uno spazio o un tempo in quanto è spazio e tempo insieme (Carlo Ossola sostiene che la poesia “dimentica il tempo e racchiude in sé il Cosmo”). Poesia è tutto quello che non è e che poi comincia ad essere, grazie alla immensa forza della creatività. La poesia è, pertanto, atto di creazione (Platone). È Spirito che aleggia in ogni dove (ruah, per gli ebrei). Illuminazione perché è Luce che mette in fuga le tenebre. È esperienza di vita che s’infiamma di emozione e trasfigura la realtà in qualcos’altro. È veggenza (Omero era cieco e vedeva mondi meravigliosi con gli occhi della sua anima fino a raggiungere il futuro perché fosse un eterno presente, guadagnandosi l’immortalità: quotidiana conquista degli uomini in gara con gli dèi). È visionarietà. È il segno della disgiunzione perché si ottenga l’unica congiunzione possibile tra erranza e appartenenza. Andiamo oltre noi stessi (erranza) per universalizzare il nostro sentire (appartenenza). È brivido che attraversa il nostro corpo e i suoi cinque sensi per impadronirsi del sesto senso (la sensibilità), che è lama che trafigge la mente, il cuore, l’anima per farsi essenza materica (la pienezza significativa della parola) e pura fonte di senso cristallino e nebuloso nella parola alata. Ecco perché la poesia è atto creativo e di fede. Ci fa credere in quello che facciamo. Nella parola che usiamo per rendere testimonianza di ciò che abbiamo guardato, sentito, vissuto e rivissuto, trasformato, vivificato, nel riso e nel pianto, nella illusione e nella delusione, nel sogno, credendo che fosse vero, e della realtà vissuta come sogno. Tutto questo è poesia e molto molto altro ancora. È attimo di emozione che diventa promessa di eternità. È coraggio di affrontare l’ignoto che è in noi e fuori di noi e avvertirne la discrepanza che procura ansia, dolore, smarrimento. E, nello stesso tempo, quanta pienezza e appagamento e gioia un solo verso ci procura! È la nostra perdizione e la nostra salvezza!

Possiamo ritenerci dei vinti se l’umanità continua a rinascere grazie alla Creatività, filo diretto con Dio, che genera l’Arte in tutte le sue meravigliose forme?

E mi piace concludere con due poesie a conferma dell’immenso valore salvifico della Poesia. La prima è di Primo Leone, di cui ho abbondantemente parlato nei blog precedenti. Si intitola “Luna privata”: È ancora possibile scrivere poesie/ chiudere la finestra/ pensare al cielo/ sui pensieri della gente/ guardare tutte le lune del mondo/ scrivere parole che nessuno leggerà/ investire in azioni del futuro/ scegliere le banalità più geniali/ inchiodare la tua luna in soffitta…/ È ancora possibile/ credere alla magia infantile/ indefinibile intrigante/ di questa luna privata/ nostalgica inquietudine/ di tutti i pensieri impossibili/ che poesia ci restituisce (da La strategia del clown, 1990)  

La seconda è mia. Senza titolo: Il cielo lacrima di rinviati addii/ sapore di pioggia nello specchio/ di larghe pozzanghere/ a fingersi lago e fiume e mare/ e oceano di rinnovati velieri/ e alte bandiere di vittoria/ agli orizzonti inattesi./ Il bianco dei capelli dei vecchi/ non cede alla fragilità delle nuvole/ in un avanzare di ali/ lungo sogni d’erba mai dimenticati./ resisto anch’io agli anni/ mai spenta dagli inciampi/ e le frananti cadute/ col filo testardo della scrittura/ coraggiosa seta doro la sua tessitura/ che mi canta dentro e sorride/ della mano che trema/ non più certa e sicura/ protesa alla carezza di un verso/ per accendere il mio cielo di improvviso splendore/ che colore ha di arcobaleno./ E afferro gomitoli di sole/ da dipanare piano/ in questo lento tramonto/ che avanza silenzioso e arcano/ per ridarmi il chiarore delle stelle/ (finché sapranno i miei occhi/ naufragare nei sogni/ incantarsi di Luce/ vivere di Poesia).

Grazie sempre per la pazienza nel leggere e condividere le mie gioie, i miei dolori, le mie presunzioni, i miei pentimenti… Quella che sono nel bene e nel male. Alla prossima. E ancora: buone vacanze!!!

Angela/lina

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