E oggi voglio ricordare ancora e ancora Giovanni Gastel. È andato tra gli angeli e le stelle troppo presto. Troppo pochi i suoi anni per un UOMO come lui. E di lui voglio parlare a sprazzi di ricordi, annidati nel cuore e nell’anima perché Persone così non vanno mai via per sempre. Rimangono più vive che mai per sempre. E parto dalla sua eccezionale umiltà, dote pregnante della sua personalità e umanità. E, del resto, l’umiltà è una dote necessaria all’uomo di fronte al mistero del Creato. Non se ne può fare a meno. Solo la nostra arroganza ci fa dimenticare questa necessità. C’è, a questo proposito, una poesia molto profonda di Giovanni. Eccola: Questo giardino/ potrebbe essere solo/ un bosco di persone/ agitate e complicate dal vento./ Ma non cerco la differenza stasera/ voglio con me il dubbio di non essere diverso/ da questi fiori da queste piante./ Senza più sangue pulsante/ ma verde linfa che scivola dentro di me./ Torna immenso Pan/ a confermarmi che sono ancora parte del tutto/ come era un tempo/ prima della paura e dell’arroganza.
Mi sembra giusto, però, dopo aver
focalizzato la caratteristica che maggiormente lo connota, l’umiltà, rivolgergli
un pensiero di affetto e gratitudine per quanto ci raccontano le sue fotografie,
i suoi versi, i luoghi da lui attraversati sempre con occhi bambini e
attenzione agli altri, al mondo. E voglio ricordarlo con le parole non mie, ma
di chi lo ha conosciuto bene perché ha condiviso con lui esperienze di lavoro,
gioie familiari, lunghe vacanze e risate insieme. Il testo mi è pervenuto
grazie a Caterina De Fusco che lo ha letto per prima e me ne ha fatto dono con
la sua consueta generosità. Leggete un po’: “Giovanni Gastel tiene bottega a Milano, in via Tortona numero 16. Anche
se l’edificio moderno può trarre in inganno, si tratta di una delle ultime
botteghe artistiche di tipo rinascimentale. Qui, sotto l’occhio vigile del
maestro, le richieste dei principi della moda vengono soddisfatte da una
schiera di professionisti come in ogni bottega d’arte che si rispetti.
L’impressione è di un fervore continuo, a cui è molto difficile sottrarsi.
Gastel appartiene a quel genere di autori che amano circondarsi di persone
mentre lavorano, che traggono alimento dalla condivisione dei progetti. Quando
ho accettato di scrivere il testo, non immaginavo che avrei fatto più riunioni
per questa piccola mostra che per quella di Arcimboldo a Palazzo Reale. D’altra
parte Giovanni è un artista sensibile e generoso e lavorare al suo fianco -
almeno su di me - produce un effetto rigenerante. Come tutti gli artisti
ricettivi, dotati di talento naturale, nel lavoro è veloce e poco prevedibile. (…)
In queste Cose viste mi sembra di
riconoscere una parte della personalità di Giovanni più profonda e riflessiva,
di certo meno ironica di quella che conosciamo. (…) Come tutte le arti, la fotografia si fonda su un principio di selezione
e di cristallizzazione: l’immagine deve diventare forma, e attraverso di essa
acquisire un significato. Per risarcire l’indifferenza del tempo e delle cose,
l’artista - non solo il fotografo - deve rendere universale l’istante
particolare ed effimero, caricandolo di durata e di astrazione. Si potrebbe
dire che in queste foto Gastel cerca di cogliere, fin dove gli è possibile, il
lato perenne delle cose quotidiane. Gastel sembra comprendere che le forme
ideali e le armonie segrete non appartengono più al nostro mondo, e infatti non
le propone come modelli. Le lascia trasparire appena, come a indicare che la
possibilità di attingere a un senso più vasto rimane anche oggi, se pure
nell’incertezza che ci circonda, che la sacralità delle cose permane, se
soltanto si è disposti a vederla”. (giovanni gastel, cose viste, a cura di
francesco porzio, studiogiangaleazzovisconti, 15 settembre - 22 dicembre 2011,
Silvana Editoriale).
Questa la mia nota a quanto letto e
riportato: <Si tratta di alcuni stralci della Prefazione del prof. Francesco
Porzio al catalogo della mostra di Giovanni Gastel, dall’autore intitolata
“cose viste” e curata appunto dal su citato eccellente studioso e critico
d’arte. Già la copertina minimalista del catalogo, tutta in minuscolo e ridotta
all’essenziale, connota la semplicità e l’umiltà del grande artista, che nel
2011 era già all’apice del suo successo di fotografo. Ma quello che ancora di
più mi affascina è il modo pacato, sincero, empatico del prof. Porzio nel
descrivere lo studio gasteliano, come luogo fisico e dell’anima, in continuo
magico fermento in conformità alla personalità “sensibile e generosa” di
Giovanni Gastel, veloce e imprevedibile nella realizzazione dei suoi lavori, in
perfetta sintonia e armonia con i tanti professionisti e allievi di cui amava
circondarsi per diffondere la sua luce intorno nell’ambiente che abitava e a
tutti quelli che lo circondavano. Giovanni cercava, raggiungeva e conquistava
ogni giorno attimi puri di felicità per la gioia che gli procuravano la
passione e il talento, legati al suo lavoro e alla sua poesia, e per il
bisogno/desiderio di condividerla con tutti: con i presenti nel suo studio, ma
anche fuori, con quanti (tantissimi) seguivano la sua mitica Pagina FB. Con
quanti amava abbracciare con il suo sguardo generatore e donatore di sogni.
E vorrei concludere queste pagine con
una nota di Caterina De Fusco che ha spesso condiviso la gioia di Giovanni
Gastel nel suo studio di Milano e non solo, collaborando con lui in tante suo
Mostre da un capo all’altro del nostro pianeta: Gastel approdò al “pensiero creativo” nel momento in cui iniziò ad
eseguire scatti non più con la testa ma con l’anima. in quel preciso istante fu
dimentico di diaframmi, esposimetri, tempi controllati, la fotografia per
Giovanni divenne estensione automatica di sé stesso; ciò gli permise di far
pace con i suoi “demoni”. Scattare divenne “pura gioia”, similmente ad un
danzatore di Sufi che entra in connessione tra Cielo-Terra.
E a noi non rimane che la gioia di
averlo incontrato, conosciuto, ammirato, amato in quel poetico contagio di
anime che diventa conquista quotidiana di attimi di felicità nella consapevolezza
che sia stato e sia davvero un dono per sé e per gli altri… Giovanni Gastel
soprattutto poeta, per innata, naturale vocazione, e talentuoso fotografo a
livello mondiale, per professione.
E, così, sempre più, a mio parere, la
sua personalità e il suo talento si definiscono in un intreccio continuo delle
doti straordinarie, che via via si dipanano nel restituirci la sua genialità
ricca di mille sfumature: l’umiltà, l’ironia, la gioia di vivere e di produrre
bellezza, la malinconia, la poesia intima e notturna per comunicare con sé
stesso, con la gente, con il creato e il suo Creatore; la fotografia: lavoro e
passione da vivere e da condividere con gli altri, in una esaltazione dei sensi
e dell’anima.
Esaltazione che nasce quasi sempre da
una folgorazione, dovuta, fin da ragazzino, alla
Bellezza del suo lago di Como; all’Armonia, che vi scopriva nella sua immensa
villa di Cernobbio sul lago; alla Parola,
che traduceva tutto quell’incanto in Poesia. Non a caso, trascorre, quando può
e appena può, tutto il suo tempo libero in quel luogo incantevole,
incendiandosi continuamente di passione per l’Arte a trecentosessanta gradi,
facendola musa ispiratrice della sua scrittura: Scrivere è “il rumore del tempo” che passa. E ci trasforma pur
lasciando intatta la nostra personalità di fondo. E la mia è quella di un
sognatore. La parola è per me Luce
che è la carezza di Dio, che ci ha donato tanta Armonia nel Creato: il giorno del plotone/ sia benda sopra gli
occhi/ questa sconfinata bellezza.
Folgorazione, del resto, da folgorare, per estensione significa:
lampeggiare, fulminare, balenare. È l’improvviso accendersi del cielo con luce
molto intensa e luminosa. Quindi, è un diffondere vivida luce, ma anche
colpire, uccidere (scarica elettrica dovuta ad un fulmine).
Metaforicamente, la folgorazione è
l’illuminazione improvvisa che coglie tutti gli artisti. E di folgorazione si
può parlare in “Acque amate”, un
Progetto creativo, poetico, fotografico, sollecitato da due straordinarie
fotografe, discepole dell’immenso Giovanni Gastel, nel suo studio di Milano. Ho
tratto dal loro libro Acque amate,
appunto, firmato anche da Giovanni Gastel, due tra le più significative poesie
che sono un canto d’amore per il mare Adriatico di Senigallia (Delia Biele) e
per il lago di Como (Giulia Caminada).
La poesia di Delia ha per titolo “La
vastità del mare” ed è decisamente filosofica. Ci aiuta a pensare e a
riflettere: Quali varchi dovremo ancora
attraversare/ naufraghi in ogni dove col pensiero/ affacciati sul mare/ confine
dell’umanità/ a mani nude ci prepariamo alla lotta/ immersi nei nostri dolori/
accarezziamo l’onda/ sperando di partire/ o di tornare?
La poesia di Giulia s’intitola “Il
mondo emerso”: Come tazza dal bordo
irregolare,/ come fantasia senza geometria di una stoffa,/ come calligrafia
rotta da un tratto/ o energia che sprigiona da un gesto./ Non è più l’occhio/
ma la mente che vede./ Parca di parole/ ascolta il ticchettìo/ della pioggia di
primavera,/ partecipe dello splendore dell’universo.
Sono versi che corredano le splendide
foto di Delia e Giulia, sotto la evidente ispirazione del loro Maestro, non
solo per le immagini ma anche per le parole. L’intero Progetto piacque tanto al
grande Giò, il quale sul libro scrisse solo qualche anno fa: … Sono acque tormentate e serene sono scrosci
e bagliori. Sono macchine per pensare queste splendide fotografie. Brava
Giulia, brava Delia. Con grande stima. Giovanni Gastel.
E ancora mare e ancora amore per
questa distesa azzurra che ci regala fremiti di emozione purissima, in cui
ritroviamo, ciascuno con la sua storia, gli “istanti” imperituri delle nostre
vite.
E di “istanti imperituri” parla Giovanni, quando pone
ogni sua speranza nella carezza di Dio a calmare ogni dolore: “Se
come neve potesse/ la pace del cuore/ scendere su di noi./ Se il
vuoto accogliesse/ il nostro dolore/ le nostre assenze/e
restituisse presenza e gioia”./ Così mi hai detto/appoggiata alla
notte./E non ho saputo rispondere/ ma ho pregato lo spirito del
dolore/di alleggerire il nostro cammino./ Come angeli caduti/vaghiamo
nel mondo/ aspettando il Dio che ritornerà/ a placare questa
terribile solitudine/dell’anima./ Basterà una sua carezza a dare/ senso
ad ogni cosa.
… E vorrei concludere, ancora una
volta ma non per l’ultima volta, con il ricordo di quando affidò i suoi sogni
d’amore a Dio e acconciò le ali per raggiungerLo, dove ogni ansia terrena si
placa e si annulla nella Sua divina carezza. Ma è rimasto nel nostro cuore con
tutta la Bellezza che ci ha regalato con le sue poesie e le sue fotografie, con
tutta l’amorevole generosità con cui ha accolto ciascuno di noi, pago di veder
fiorire la gioia ad ogni suo sguardo, ogni sua parola, ogni suo sorriso a chi
aveva incontrato per un giorno o per un’intera vita.
Erano questi gli “abbracci” le
“attenzioni minime e immense” che lo rendevano davvero felice. Infatti, solo
qualche anno fa, così scriveva sulla sua Pagina FB: Un abbraccio vi manderò/ da questo mio mondo di parole./ Un abbraccio
forte/ da questa mia solitaria isola./ Un abbraccio aspetterò/ mentre qui
scende la sera/ inesorabilmente come il destino./ Un abbraccio/ che porterò con
me fino al giorno/ in cui memoria e sogno/ balleranno confusi nella mia mente./
Un abbraccio. (Castellaro 2019).
Era questo il suo costante aprirsi
agli altri per offrire e ricevere amore, senza mai pensare a una “deminutio”
della sua fama e grandezza, del suo NOME. Desiderava solo amare ed essere
amato. Grazie e ancora GRAZIE, Giovanni!
E per oggi mi fermo qui. Non ho più
parole. Solo lacrime di ricordi, commozione, gratitudine. E questo Nuovo Anno
si tinge di Rimpianto e di Speranza. E siamo ancora insieme… per
RICOMINCIARE! Tutti! Giovanni Gastel compreso. Sempre presente
nella mia anima, scrigno prezioso della sua, della mia poesia. Ne parlerò
ancora e tanto!
A presto. Angela/lina
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