martedì 14 gennaio 2025

Martedì 14 gennaio 2025: Siamo in pieno inverno con pioggia battente, gelo e nevischio...

Vorrei trovare un appiglio per sentire meno violenta questa morsa di gelo che stritola persino i pensieri. Unica risorsa: guardare dal mio finestrino aperto al cielo di latte e panna montata una luna piena inesistente, solo pensata. Mi piacerebbe essere su un aereo e volare oltre le nuvole per ritrovare la luna immensa (come dicono) e offriverla come dono del Nuovo Anno. Ma è solo un sogno irrealizzabile e lontano. Più facile parlarvi dei rami spogli dell’albero che ad ogni alba mi saluta con i primi scriccioli intirizziti a salutare per me il cielo. Ebbene, mi incantano i piccoli diamanti (le goccioline che non cadono, intirizzite dal gelo) che li rendono preziosi. Sono solo gocce d’acqua, ma quanta magia mi regalano appena riesco a vederle. Mi parlano di RESISTENZA per ESISTERE ancora. Per ESSERCI, come afferma il filosofo tedesco Heidegger.  

Ma poco fa mi sono imbattuta in due parole meravigliose: TENEREZZA e ANIMA di Raymond Carver ne Il mestiere di scrivere e sto intensamente pensando a quanta tenerezza ci manca nel nostro vissuto quotidiano per un pudore che ci impedisce di esternare i nostri sentimenti più intimi e profondi, per una mancata educazione ai sentimenti, per una forma di assuefazione alla tranquillità dei nostri rapporti in famiglia o, al contrario, agli scontri quotidiani che avvengono tra genitori, tra genitori e figli, tra questi ultimi fra di loro. La tenerezza del tutto assente. Dimenticata. Esclusa. E pensare che basterebbe una carezza, un abbraccio, una domanda semplice per interrompere il silenzio: “hai mangiato?”, come appunto era solita ripetere Elsa Morante, che pure si dice avesse un pessimo carattere per via delle sue esperienze familiari prima di conoscere Moravia. I due scrittori, comunque, ebbero una lunga e tormentata storia d’amore, che non escluse mai la tenerezza e l’anima, essendo entrambi sensibilissimi e amanti della scrittura fino allo spasimo. Del resto, “hai mangiato” mi fa pensare all’amore materno, l’amore oblativo per eccellenza, nell’atto di dare il proprio seno al bambino, atto che è fonte di sopravvivenza e di vita per il figlio. E mi piace concludere queste mie riflessioni, mentre un friccico di sole tra tanto gelo riscalda anche i pensieri, prima rattrappiti e sfiancati dal nevischio, con due mie poesie, in cui ritrovo tutta la Tenerezza della mia Anima:

IMMENSA ROSA BIANCA IL CIELO

 

Immensa rosa bianca il cielo

sfilacciato di petali

in caduta trasognata

e un lento volteggiare nel vento

Ulula la bufera e stride

Bussa impetuosa alle porte

della mia casa stretta nel suo scialle

Nessuno va ad aprire

incatenati gli occhi ai vetri lunari

Bianche piume come di nido

danzano leggere sfogliando

la rosa incantata

che su merletti d’erba frana

stranita

Pigolio affamato di scriccioli

in cerca di ciliegie infreddolite

che di rosa fioriranno a primavera

Spolvera di bianco il giorno

questo gioco di ciglia

dischiuse su strade d’antiche

stagioni

Incontro mi viene

sul cocchio di bianco cristallo

e fiocco di ghiaccio nel cuore

la Regina delle Nevi

Rabbrividisce la vecchia bambina

ai ricordi d’un tempo fioriti

su labbra di parole ora in disuso

Al rosso fuoco del braciere acceso

il cuore di gelo della perfida sovrana

si scioglieva in un lago incantato

che rideva di bianchi cigni

sculture bianche di zucchero filato

Briciole di tenerezza allora

che i fiocchi di neve erano farfalle

da cullare tra mani di geloni

e pane e olive nere sotto la cenere

(noi vincevamo il sonno

al tenero mormorio della sua voce…)

 

mani di vino e di preghiera

 

è un ricordo dorato

l’autunno in un cortile di voci

di rose di gelsi di grappoli d’uva.

I tini danzavano tra piedi nudi

e occhi colmi di sole

(zuccherine le bocche

 dei bimbi rosse di mosto

antico come una favola…

… caldo il pane sfornato

alle quattro del mattino).

Tra ceste e canzoni e una festa di rose

fresche le nostre parole

danzanti tra i muri, sospese sui rami

per conservarne il ricordo

… echi d’infanzia…

Dolceamaro ricordo

del tempo incatenato all’ombra

rossa del gelso maestoso

alla gloria innamorata dei tini

inno alla mia casa.

Sono tutti qui

quelli che ho amato

e perduto.

Sono tutti qui gli assenti

(la tenerezza il sogno e l’allegria

 un rimpianto colmo di foglie).   

 Dita leggere sulla mia pena

dita con mani di fatica e sudore

            (… le manine laboriose

             quante cose sanno fare

             san cucire e ricamare

             san lavare e san stirare

             sanno bene apparecchiare).

Mani che sapevano accarezzare

carezze che sapevano consolare

mani di vino e di preghiera.

E tra le voci d’autunno

una voce d’estate:

voce di mia madre

tra voci d’infanzia.

Le conto ad una ad una…

… pareggiano il conto delle stelle.

                E delle stelle hanno

                un muto richiamo

                un passare lento

                al soffio di un mistero grande

                profondo quanto il silenzio

          (non c’è stato mai il silenzio

                         del cuore)  

E per oggi va bene così. Con tanta tenerezza e con tutta la mia anima. Per un 2025 colmo di carezze e di rinnovata Speranza in un mondo migliore… angela/lina

  

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