Vorrei trovare un appiglio per sentire meno violenta questa morsa di gelo che stritola persino i pensieri. Unica risorsa: guardare dal mio finestrino aperto al cielo di latte e panna montata una luna piena inesistente, solo pensata. Mi piacerebbe essere su un aereo e volare oltre le nuvole per ritrovare la luna immensa (come dicono) e offriverla come dono del Nuovo Anno. Ma è solo un sogno irrealizzabile e lontano. Più facile parlarvi dei rami spogli dell’albero che ad ogni alba mi saluta con i primi scriccioli intirizziti a salutare per me il cielo. Ebbene, mi incantano i piccoli diamanti (le goccioline che non cadono, intirizzite dal gelo) che li rendono preziosi. Sono solo gocce d’acqua, ma quanta magia mi regalano appena riesco a vederle. Mi parlano di RESISTENZA per ESISTERE ancora. Per ESSERCI, come afferma il filosofo tedesco Heidegger.
Ma poco fa mi sono imbattuta in
due parole meravigliose: TENEREZZA e ANIMA di Raymond Carver ne Il mestiere di scrivere e sto intensamente pensando a quanta
tenerezza ci manca nel nostro vissuto quotidiano per un pudore che ci impedisce
di esternare i nostri sentimenti più intimi e profondi, per una mancata
educazione ai sentimenti, per una forma di assuefazione alla tranquillità dei
nostri rapporti in famiglia o, al contrario, agli scontri quotidiani che
avvengono tra genitori, tra genitori e figli, tra questi ultimi fra di loro. La
tenerezza del tutto assente. Dimenticata. Esclusa. E pensare che basterebbe una
carezza, un abbraccio, una domanda semplice per interrompere il silenzio: “hai
mangiato?”, come appunto era solita ripetere Elsa Morante, che pure si dice
avesse un pessimo carattere per via delle sue esperienze familiari prima di
conoscere Moravia. I due scrittori, comunque, ebbero una lunga e tormentata
storia d’amore, che non escluse mai la tenerezza e l’anima, essendo entrambi
sensibilissimi e amanti della scrittura fino allo spasimo. Del resto, “hai
mangiato” mi fa pensare all’amore materno, l’amore oblativo per eccellenza,
nell’atto di dare il proprio seno al bambino, atto che è fonte di sopravvivenza
e di vita per il figlio. E mi piace concludere queste mie riflessioni, mentre
un friccico di sole tra tanto gelo riscalda anche i pensieri, prima rattrappiti
e sfiancati dal nevischio, con due mie poesie, in cui ritrovo tutta la Tenerezza
della mia Anima:
IMMENSA ROSA
BIANCA IL CIELO
Immensa
rosa bianca il cielo
sfilacciato
di petali
in
caduta trasognata
e
un lento volteggiare nel vento
Ulula
la bufera e stride
Bussa
impetuosa alle porte
della
mia casa stretta nel suo scialle
Nessuno
va ad aprire
incatenati
gli occhi ai vetri lunari
Bianche
piume come di nido
danzano
leggere sfogliando
la
rosa incantata
che
su merletti d’erba frana
stranita
Pigolio
affamato di scriccioli
in
cerca di ciliegie infreddolite
che
di rosa fioriranno a primavera
Spolvera
di bianco il giorno
questo
gioco di ciglia
dischiuse
su strade d’antiche
stagioni
Incontro
mi viene
sul
cocchio di bianco cristallo
e
fiocco di ghiaccio nel cuore
la
Regina delle Nevi
Rabbrividisce
la vecchia bambina
ai
ricordi d’un tempo fioriti
su
labbra di parole ora in disuso
Al
rosso fuoco del braciere acceso
il
cuore di gelo della perfida sovrana
si
scioglieva in un lago incantato
che
rideva di bianchi cigni
sculture
bianche di zucchero filato
Briciole
di tenerezza allora
che
i fiocchi di neve erano farfalle
da
cullare tra mani di geloni
e
pane e olive nere sotto la cenere
(noi
vincevamo il sonno
al
tenero mormorio della sua voce…)
mani di vino
e di preghiera
è un ricordo
dorato
l’autunno in
un cortile di voci
di rose di
gelsi di grappoli d’uva.
I tini
danzavano tra piedi nudi
e occhi
colmi di sole
(zuccherine
le bocche
dei bimbi rosse di mosto
antico come
una favola…
… caldo il
pane sfornato
alle quattro
del mattino).
Tra ceste e
canzoni e una festa di rose
fresche le
nostre parole
danzanti tra
i muri, sospese sui rami
per conservarne
il ricordo
… echi
d’infanzia…
Dolceamaro
ricordo
del tempo
incatenato all’ombra
rossa del
gelso maestoso
alla gloria
innamorata dei tini
inno alla
mia casa.
Sono tutti
qui
quelli che
ho amato
e perduto.
Sono tutti
qui gli assenti
(la
tenerezza il sogno e l’allegria
un rimpianto colmo di foglie).
Dita leggere sulla mia pena
dita con
mani di fatica e sudore
(… le manine laboriose
quante cose sanno fare
san cucire e ricamare
san lavare e san stirare
sanno bene apparecchiare).
Mani che
sapevano accarezzare
carezze che
sapevano consolare
mani di vino
e di preghiera.
E tra le
voci d’autunno
una voce
d’estate:
voce di mia
madre
tra voci
d’infanzia.
Le conto ad
una ad una…
… pareggiano
il conto delle stelle.
E delle stelle hanno
un muto richiamo
un passare lento
al soffio di un mistero grande
profondo quanto il silenzio
(non c’è stato mai il silenzio
del cuore)
E per oggi
va bene così. Con tanta tenerezza e con tutta la mia anima. Per un 2025 colmo
di carezze e di rinnovata Speranza in un mondo migliore… angela/lina
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