martedì 11 aprile 2023

Martedì 11 aprile 2023: ancora voli tra le stelle di alcuni amici del cuore...

Il 10 aprile del 2017 appresi dal telegiornale che Giorgio Bàrberi Squarotti non era più fra noi. La notizia mi colmò di profondo dolore. Sapevo che non stava bene, ma solo una quindicina di giorni prima ci eravamo sentiti per telefono e aveva, come era solito fare, minimizzato i suoi problemi di salute. Tutti piangiamo il grande critico letterario e lo straordinario poeta, saggista, Autore ineguagliabile della Letteratura Italiana per gli studenti di tutte le Università italiane, ma a me manca dolorosamente e profondamente anche il meraviglioso amico. Un’amicizia nata tanti anni fa per via di una silloge di ballate che avevo pubblicato e che gli inviai per un suo giudizio critico. Giorgio Bàrberi Squarotti era noto per la gentilezza di rispondere, sia pure con brevi note manoscritte con la sua grafia minuta ed essenziale, a tutti indistintamente, e tutti confidavamo in in suo rigo di riscontro. Ebbene la risposta non si fece attendere, ma con mia somma sorpresa non fu una lettera breve, ma lunga, stupita, meravigliata per una silloge insolita, originale, tutta da rileggere per evidenziarne una creatività immaginifica e di straordinaria portata letteraria. Mi volle conoscere attraverso la richiesta di una corrispondenza più assidua. Avrebbe voluto leggere altre mie opere, che mi affrettai ad inviargli. Fu l’inizio di una corrispondenza fitta che culminò con una sua improvvisa telefonata che mi trovò impreparata, titubante, incerta, persino ridicola nelle mie risposte. Non credevo alle mie orecchie! Ma anche le telefonate divennero una consuetudine fino a che, parlando della nostra Casa editrice, non ebbi il coraggio di proporgli di pubblicare con noi una silloge poetica che aveva appena completato Le voci e la vita. Si disse felice di pubblicarla con la mia prefazione. Accettai con un grande batticuore per via della sua grandezza di critico letterario, saggista, scrittore, poeta. La mia prolissità vinse il timore: scrissi una prefazione di una ventina di pagine che lo lasciò senza parole. Il libro, pubblicato nel 2016, porta la sua indimenticabile dedica in prima pagina: Ad Angela (De Leo), che ha fatto vive e presenti le altrimenti flebili voci. Giorgio. La silloge è, comunque, dedicata a Piera, sua compagna di una intera vita. Ma già dalle Ballate di Lilith la nostra amicizia si era andata consolidando nel tempo fino a diventare luce indispensabile di conoscenza, affetto e verità l’uno per l’altra.

Giorgio Bàrberi Squarotti, sempre pronto a incoraggiare, dimentico dei suoi grandissimi meriti per evidenziare le lucine che scopriva negli altri. Con umiltà, grande sensibilità empatica, grandissima generosità e umanità. Una figura di un’etica gigantesca in un mondo sempre più misero e alla deriva. Ma sono certa che i grandi non ci lasciano mai. Diventano fari luminosi a indicarci la strada della conoscenza e della spiritualità, se vogliamo salvarci. Basta avere occhi e cuore assetati di luce. Dalla silloge mi piace riportare una poesia, intensa, luminosa, visionaria, intrisa di dolore e di gioia come la vita. Una poesia intitolata “Nessuno più piange”, per questi nostri giorni di Resurrezione: Guarda bene, nessuno piange più,/ anzi altrove le due ragazze guardano,/ forse verso i giardini di ciliegi/ in fiore o al vento lieve che scompiglia/ le loro chiome brune e i veli e, candide,/ le strisce che ornano il cielo celeste,/ e la madre che è giovane per sempre,/ quasi ancora una bambina, con il gesto/ appena trattenuto di toccargli/ timidamente ancora il capo d’oro,/ e gli amici che, dolci, lo sostengono/ così libero ormai d’ogni ferita,/ ma a loro non pesa il lungo corpo,/ tanto appare sospeso che sorridono/ sereni a contemplarlo: non una morte,/ ma certo è una nascita, anzi come/ è la vita, il dolore, la speranza,/ la gioia. (Firenze, 18 maggio2012)

Ma proprio oggi, andando velocemente su FB, mi ha colpito la scrittura dolente e appassionata di Mariangela Brancale al suo papà Franco, mio primissimo “amore” di quando eravamo ragazzini di scuola media e lo incontravo con i primi batticuori lungo i corridoi dell’Istituto del Liceo classico, che in quegli anni aveva un’ala riservata alla media inferiore. Appuntamento che continuava a casa sua, dove andavo con la bicicletta per trascorrere un po’ di tempo con le sorelle, nella speranza di incontrare pure lui. Ricordi teneri di una adolescenza innocente e felice.

Negli anni, Franco è diventato un geometra molto apprezzato e stimato per le sue soluzioni innovative in campo professionale, per la sua serietà, per il suo garbo, la sua grande umanità. Sempre sorridente, affabile, attento agli altri.

Negli anni, ho incontrato la sua bellissima e volitiva moglie Gianna come collega di Lettere a Palo del Colle e siamo diventate grandi amiche. Ci stimavamo molto. Ma soprattutto io l’ho ammirata tanto per il senso pratico e concreto nel risolvere i problemi di alunni e colleghi e, in particolar modo, per il coraggio che ha sempre dimostrato per i lunghi anni come dializzata. Gianna penso che sia ancora una roccia per Carlo, il loro primogenito, lontano per motivi di lavoro, e per Mariangela: entrambi sensibilissimi e molto legati alle “radici”.  

Oggi Mariangela mi ha rubato il cuore in una commozione profonda non priva di lacrime. Ecco le sue parole, che trascrivo qui nella speranza di non farle torto “nell’attraversare l’intimità del suo dolore”: 9 aprile - Pasqua 2023 non è tempo di rinascita, non ancora. Oggi ho attraversato il mio dolore come non mai. Stamattina, un’ora intensissima al cimitero, tra pioggia battente e lacrime incessanti. Nel pomeriggio ho aperto l’armadio di mio padre e infilato il naso tra i suoi indumenti, persa nell’odore della sua pelle. Ho pianto angosciata e ho chiuso l’armadio. Ho aspettato. L’ho riaperto e ho accarezzato le sue camicie, i suoi maglioni, i suoi foulard; ho indossato i suoi cappelli… L’ho amato disperatamente. Quando ci ha lasciato ha voluto che una rosa bianca gli accarezzasse le mani. Da allora tutte le volte che andavo a trovarlo, poso sul suo sepolcro una rosa bianca. Oggi mia madre mi ha donato un anello, regalo di mio padre di tanti anni fa, con due rose di corallo… Papà, la rosa profuma del nostro amore.

Quale amore più grande, più vero, più puro? Sintetizzato metaforicamente in una rosa bianca, sempre vibrante e lieve su una tomba eternamente fiorita.

Ma oggi è tempo di ricordare con immutato affetto il mio grande amico serbo Dragan Mraovic. Oltre quarant’anni di amicizia sincera, disinteressata, forte non possono essere cancellati dal devastante incidente occorsomi a Belgrado oltre tre anni e mezzo fa. Lui, pur non avendo colpa alcuna, per la dinamica della rovinosa caduta, ha sempre continuato a chiedermi perdono fino alla fine per sentirsi pacificato con sé stesso, non dandosi pace per l’accaduto, che ha modificato completamente la mia vita. 

Lui, poeta di grande fama in Serbia e non solo. Come giornalista e traduttore, è stato un poderoso ponte culturale tra l’Adriatico e il Danubio per tutta la vita. Ma la notte tra il 19 e il 20 marzo del 2022, anche Dragan è volato tra le stelle, lasciandoci in eredità il suo immenso affetto, la sua solare ironia e autoironia, le innumerevoli opere tradotte e pubblicate in Italia e in Serbia, il suo amore per la nostra lingua e per la cultura italiana (traduttore mirabile della Divina Commedia di Dante e di molti altri nostri grandi Autori, classici e contemporanei); le sue poesie per adulti e per bambini, seguendo la tradizione in rima della poesia serba; i prestigiosi premi da lui ricevuti in Serbia e in Italia e quelli che ha riservato ai tanti amici italiani, invitati in Serbia per gli annuali Convegni Letterari a cui partecipavano poeti, scrittori e giornalisti di tutto il mondo. Dal 1992 presenti anche io e Primo per lunghi anni; poi con Peppino Piacente, mio genero, in qualità di editore SECOP, e con mia figlia Daniela, come mia accompagnatrice ufficiale. E ogni anno Dragan ci riservava un’accoglienza speciale, affettuosa, costante, di premure senza risparmio anche nella sua casa di Zemun, alla periferia di Belgrado, dove viveva circondato da tanto verde e morbidosi gatti, con la sua bellissima e amatissima moglie Mira.

Del 2011 è il suo libro bilingue Libro Bohémien (della Secop edizioni), in cui scrive: Un poeta bohémien non è un ubriacone, non un drogato, non un senzatetto, né un fannullone; insomma, non è un clochard, ma un uomo saggio che sa vivere la vita, cosciente che ce n’è una sola. (…). Un poeta bohémien si esprime in maniera comprensibile a tutti. Non gli piace il poeta da salotto (…) è trasgressivo sia nei versi che nella vita, ma mai noioso. (…) Un poeta bohémien ha forti dubbi sul suo essere poeta. (…).L’ironia e il sarcasmo nei confronti di sé stesso sono le sue armi più brillanti.

E ancora: Le poesie di questo libro sono nate nelle trattorie, nelle osterie, nelle bettole e taverne di tutta la Serbia, ma anche di molti Paesi d’Europa. Non ho inventato niente. Tutto mi è successo.

E dell’Italia dice: … uno dei paesi più belli e più importanti del mondo (…), una nazione, quella italiana, che è uno dei due pilastri storici della civiltà moderna europea: Grecia Antica e Roma Antica. Ma io desidero ricordarlo con una poesia dedicata a Mira, suo grandissimo amore fino alla fine, intitolata “So cara”: So cara che con ogni goccia/ un giorno in meno mi rimane;/ lasciami brindare, non ne hai colpa, tu,/ fatta di marzapane.// Tu, la migliore, peccato che non sia stata/ la prima ad avermi,// non piangere e mandami un bacio/ nel bel mondo dei vermi.// Poi, quando i fiori avranno il mio volto/ sotto il cielo sereno,/ dirai che se fossi stato migliore/ mi avresti amato di meno.

Dragan… e ora non ho più parole, soffocata da mille e più ricordi, ma di lui parlerò ancora. Di lui e dei tanti amici serbi mai dimenticati: Alcuni Perduti tra le stelle. Altri Ritrovati dopo questi anni di silenzio. Altri, ancora, sempre con me nella vicinanza del cuore. A presto. Angela  

  

1 commento:

  1. Cara Angela, con le tue parole e il tuo amore per i fortunati che ti hanno avuta come amica, dai sempre una carezza a chi ti si avvicina. Grazie

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