venerdì 3 febbraio 2023

Venerdì 3 febbraio 2023: a mia sorella ANNA MARIA...

Ancora un compleanno, mia carissima Anna Maria, sorella di straordinarie intese con il cuore e nell’anima. Oggi non voglio scriverti una poesia, come sono solita fare, ma un testo in prosa, che ci riporti alla memoria i ricordi che noi due non cancelleremo fino al giorno “dell’ultimo saluto”. Voglio prima di tutto donarle un ricordo, impacchettao, che probabilmente gradirà: la sua INFANZIA, e non solo. Anna Maria nacque dopo il ritorno di babbo dalla guerra e dalla prigionia. Era bellissima e molto vezzosa. Aveva occhioni di stella in cui gli occhi di babbo, chino sul suo lettino, si perdevano. Quegli occhi lo stregavano. La chiamava affettuosamente “Paparozza” e la sommergeva sempre di baci, cioccolatini, regali. I nonni, invece, la chiamavano “fìcca-naso” perché era molto curiosa e andava per casa ad aprire cassetti e armadi per tirare fuori ogni cosa che le capitasse a portata di mano. Anna Maria era anche molto capricciosa e cominciò subito a vincere tutte le sue battaglie appena fu in grado di affermare: “Tanto devo piangere che mi dovete accontentare”. E, in effetti, quando chiedeva la luna e nessuno era in grado di procurargliela, lei cominciava a piangere con un pianto lungo e inconsolabile tanto che, come d’incanto, la luna si materializzava nelle sue mani e in casa tornava la quiete. Aveva un’altra caratteristica che la rendeva unica: amava cappellini e borsette e guai se mamma non la “addobbava” a dovere. Senza cappellino e senza borsetta lei non usciva mai di casa. Io la canzonavo chiamandola “Anna Maria del cappellino”. Lei andava su tutte le furie, ma, appena riusciva a farsi sistemare con vestitini bellissimi e cappellini sfiziosi e borsette meravigliose, correva ad abbracciarmi felice. E pace fatta fino al nuovo capriccio. Mamma e babbo l’assecondavano sempre. Troppo bella per farla piangere. Troppo deliziosa per non rapire il cuore di tutti. Era l’immagine della felicità. Inno alla vita. (Oh, quanto purtroppo avrebbe pagato quell’infanzia felice… la vita non le ha risparmiato niente: la rinuncia a cantare, perdite atroci, sofferenze terribili e prolungate nel tempo, ma lei non ha mai perso la voglia di vivere, la forza di andare avanti, il coraggio di affrontare ogni avversità con il suo grintoso sorriso…). Anna Maria! Che tu possa sempre sorridere alla vita con il tuo canto nel cuore e i tuoi occhi grandi di bambina. Con mani generose verso tutti. E circondata da tanto l’amore. Ma non finisce qui.

Poi, siamo cresciute e dopo alcuni anni di lontananza (io e Lizia con i nonni nel nostro paese natio e tu con il resto della nidiata in un paese dove cantava il mare una nenia di culla ai piedi dei monti a fargli corona), io vi raggiunsi per andare in una scuola statale con ingresso tra bianchi scogli e azzurre acque. E lì nacque una complicità che ancora ci appartiene: quando stavamo insieme nella città dei monti e del mare, infatti, eravamo complici anche di altre simpaticissime esperienze, vissute in virtù del fatto che qualche volta rimanevamo da sole in casa per alcuni brevi giorni perché mamma e babbo andavano dai nonni e da Lizia e, in loro assenza, io e lei poltrivamo senza muovere un dito, salvo poi a far trovare tutto in ordine al loro ritorno con la spesa bella e pronta, che Anna Maria era solita fare presso un negozio a due passi dalla caserma, “dalla Gatta”, dove comprava ogni bendidio, facendo mettere tutto sul conto e facendo in modo che babbo non si accorgesse dello spreco in budini, cioccolata e merendine. E la casa la tirava a lucido lei da sola in men che non si dica. Era un maschiaccio col viso di angioletto, poco celestiale e molto terreno: grandi occhi curiosi e larghi sorrisi di malizia e di allegria. La sua gioia di vivere! Io non le ero granché di aiuto: sempre sognante, innamorata della luna e delle canzoni romantiche del tempo che fu e tutti i miei lavori in casa erano al rallentatore. Ma lei non si disperava. Anzi, era sempre prona a riportarmi alla realtà, ma sempre con spirito combattivo e tenero nei miei limiti di imprendibile visionarietà.

Quando, invece, andavamo tutti in vacanza nella “casa del gelso e delle rose”, io e lei, con la segreta adesione di Lizia, amavamo fare i regali a tutta la famiglia e soprattutto a mamma, per il 16 luglio, e, per il 2 e 4 agosto, ai nonni che erano soliti festeggiare l’onomastico con un lungo strascico di visite, di auguri, di dolci e rosoli della durata di tre giorni. Come dimenticare quel “triduo” di festosa accoglienza di amici e parenti e conoscenti nella nostra casa? In quelle circostanze, Anna Maria rivelava tutta la sua intraprendenza: mentre io accumulavo le uova fresche che ogni mattina la nonna ci dava da bere e le conservavo accuratamente per nasconderle ad occhi indiscreti degli  adulti, lei di nascosto andava a venderle da Pino, il nostro salumiere di fiducia, e sapeva contrattare anche sul costo di ogni uovo tanto da portare a casa e da me, che l’aspettavo al palo, una insperata sommetta, che ci permetteva di comprare dei regali anche abbastanza costosi e belli. Io non sarei andata a fare quelle “missioni impossibili” neppure sotto tortura. Lei ci provava gusto. E saltellante e spensierata come una gallinella si avviava con il paniere delle uova, nascosto nella sua borsetta sempre più capiente, e se ne tornava più leggera a passo di danza e con un’impagabile espressione di luminosa furbizia sul volto. Io l’attendevo sempre con apprensione sul marciapiede, per ulteriori complotti organizzativi. Lei, un vulcano con gli occhi, con la mente, con le mani. Un vulcano nel cuore. Per questo babbo si lasciava sempre vincere dalla sua esplosiva carica di vitalità.

Oggi siamo invecchiate, ma siamo sempre pronte a lamentarci insieme e a ridere insieme. Spesso a crepapelle e per ogni nonnulla. Una battuta di spirito o una parola senza senso che per noi è una scintilla di ilarità. E così, anche ora, spesso nelle mie notti insonni, con gli occhi spalancati penso alle sue notti insonni e con gli occhi spalancati a cercare un perché. Non so a chi delle due vada meglio.

Io, però, nelle mie notti insonni, scrivo sul “note” del mio cell: poesie, annotazioni, riflessioni, inizi di racconti, integrazioni a nuovi saggi e romanzi che forse mai vedranno la luce. E rinverdisco ricordi. Questa notte ho pensato a lei, Anna Maria, con maggiore intensità. Ho riportato alla memoria il suo temperamento forte, il suo coraggio.

Quando il nostro adorato nonno si ammalò, per esempio, e mamma dovette tornare nella casa del gelso e delle rose per curarlo, ed era fino alla sera un lumicino spento di stanchezza, anche Anna Maria fece la sua parte. A febbraio, non festeggiò i suoi diciotto anni. Subito dopo la Befana, con i nostri fratelli, dovette raggiungere babbo ed ebbe l’ingrato compito di sostituire mamma nella conduzione della casa. Fu un periodo difficilissimo pure per lei, che diventò adulta d’un colpo solo, tanto è vero che riuscì a districarsi veramente bene, per non fare preoccupare mamma e per non dare a babbo la possibilità di lamentarsi o di infuriarsi. Inoltre, doveva anche studiare. Quell’anno aveva gli esami di Stato, essendo anche lei come Lizia anticipataria. E ci riuscì brillantemente senza che nessuno si prendesse cura della sua impegnata solitudine. Poi, tornò da noi e incontrò Nicola, che sposò dopo cinque anni di grande amore e grande abnegazione, per aiutarlo a studiare, a vincere un concorso, a sistemarsi. E dopo appena due anni di immensa felicità e con una bambina di nove mesi e un’altra a palpitarle appena sotto il cuore, perse il suo uomo in un devastante incidente stradale, che la lasciò tramortita e disperata.

Furono solo i suoi trentatré anni, cristo dai capelli inanellati di rosse spine, a frantumarsi sulla curva della strada bagnata, e il pazzo bolide sulla inerme cinquecento, stupita nel sorprendere rigagnoli di sangue e di latte lungo i vetri per quella bimba da riabbracciare a casa. Furono i suoi occhi spenti a urlare tutta l’incredulità da assordare l’immenso cielo. Fu croce conficcata, con chiodi e martello, su fragili spalle di donna innamorata, con tra le braccia di spietata agonia la piccola di neve e di pianto, e nel grembo un nuovo cuore che stava difendendo la prepotente dolcezza del diritto alla vita (a.d.l.).

                            Anna Maria pugno di cielo sferrato al cuore in un pianto di pioggia

Annichilimento dopo un matrimonio d’amore e di felicità, durato troppo poco per essere vero.

Schiacciato completamente Pinuccio, fratello maggiore di Nicola e marito di Lizia, nostra sorella maggiore. Pinuccio, ormai affermato ingegnere, ma sempre incapace di occupare spazi non suoi; schiacciato da quel coperchio sollevato su quel corpo straziato che dovette riconoscere perché nessun altro avrebbe potuto farlo. E fu sempre lui a seguire le indagini, che confermarono il terribile impatto con un bolide che zigzagava senza controllo lungo quella strada che lo stava semplicemente riportando a casa, dopo una intensa giornata di lavoro.

                      Anna Maria fu gomitolo di lacrime e di disperazione

Mamma e babbo e Mimmo e gli altri di casa, per farle compagnia e aiutarla a sopravvivere, si spostarono nella casa della figlia/sorella occhi allucinati, pozzi dei suoi cent’anni, braccia senza culla, e culla da preparare per quel palpito sotto il cuore.

                                        E il dolore regnò sovrano

Con gli abiti neri a lasciare tracce di lutto nelle nostre case. Isabella e la sua spenta allegria in occhi di tristezza, specchio devastato del silenzio di cupo dolore di sua madre. E nacque Nicoletta e fu tempesta di riccioli. E fu rinnovata alba di forzati sorrisi. Fu salvezza di giorni da vivere al maschile e al femminile in una casa di molte mamme e molti papà nelle carezze alle piccole per evitare il vuoto di una sola assenza. Immensa nei cuori uniti e straziati. Anna Maria senza Nicola e con due bimbe, fiorite nella gioia e nel dolore.

Anna Maria dopo parecchi anni di lacrime e di sorrisi incontrò Gianni che si rivelò marito innamorato e tenero padre per Isabella e Nicoletta. Lentamente tornarono torte di compleanni e feste di neve e di coriandoli. Lentamente tornò il sorriso. Lentamente si tornò a vivere. Con tutti i bambini che, nel frattempo, erano esplosi alla vita nelle case dei miei fratelli e delle mie sorelle. In quegli anni di ritorno alla normalità, Anna Maria e Gianni rilevarono le quote del cortile che lei, io e Lizia, le tre figlie maggiori, avevamo ereditato, progettando una casa diversa dove abitare con le due figliolette a restituirle Nicola nei volti e negli occhi. Poi, ci risvegliò dal sogno di una vita serena e appagante l’anno 2000. L’ultima estate serena. Ma, con le prime piogge d’autunno, il cielo si coprì di nembi e di bui giorni alla deriva: Anna Maria e la necessità di un intervento a cuore aperto. E mamma e Gianni e le figlie sempre con lei. A pregare per il suo ritorno a casa. Io, in un’altra clinica a Roma, dove dovemmo ricoverare Ombretta per il suo ricorrente problema da malattia autoimmune. Lo stress piegò la delicata fibra di mamma e si era ormai a dicembre del nuovo millennio. Perdemmo la nostra tenerissima mamma. Fu un devastante addio.

                   La perdemmo, in un lago di disperata corsa al suo sorriso

Perdemmo lei, mamma, persa in quattro mesi di angoscia su alte montagne innevate e profondi abissi di nuove speranze e nuove disperazioni. Mamma. E il suo sguardo sempre più dolente e malinconico. Pensieroso e stanco. E l’ultimo nostro Natale e l’ultimo Capodanno, vissuti insieme in quella che era stata la nostra casa del gelso e delle rose e che ora è una villa bellissima al centro del paese, abitata da Anna Maria e Gianni, e a cui fanno capo Isabella e Nicoletta con la loro nidiata di bimbi nati in questi ultimi anni. Nella casa dei nonni senza più il gelso e con poche rose ma con tanti altri alberi e fiori… e voci e trilli di allegria e capricci e coccole e tenerezze… e Nicole (figlia di Isabella e prima nipotina di Anna Maria) che è ormai ragazzina di baci da afferrare con le dita e depositare nel cuore… e Francesco, il suo bellissimo e silenzioso fratellino… e, poi, i figli di Nicoletta: Sofia, vezzosa con i suoi occhi di cerbiatta e mille parole e mille acquerelli… e il fratellino Andrea, che somiglia tanto a mio figlio Giuliano. Stessi occhi grandi e sornione sorriso. Ma allora allora allora… Anna Maria fu salva per miracolo.

                            I miracoli avvengono e si fermano tra le lacrime di chi ci crede

E io credo nei miracoli. Non avvengono mai per caso o solo per chi ci crede. Occorre saperli riconoscere, questo sì, ma avvengono e noi neppure ce ne accorgiamo. Riconoscerli è cosa difficilissima ormai tra strade di buche e cieli vuoti… Anna Maria si riprese benissimo. Ma ancora altre prove dolorose l’attendevano nella “casa del gelso e delle rose”, diventata ormai la sua casa e la casa dei suoi adorati nipoti. Un ictus a portarla quasi nell’altra dimensione se non ci fosse stata con lei, provvidenzialmente, la sua prima nipotina, Nicole, cuore del suo cuore.

Oggi Anna Maria è in netta ripresa. Sta recuperando benissimo, anche lei grazie alla scrittura da sempre praticata ma mai così presente ai suoi giorni. Ispirata dalla nidiata dei nipotini, che trovano in lei gioia e fonte inesauribile di tenerezza, ha ripreso a scrivere storie e filastrocche.  E Gianni, il suo amato compagno, le sta vicino con tanta cura. Tanta abnegazione. Con dignità e purezza di cuore. Sì, anche lui è un puro di cuore, anche se non ingenuo! Un puro razionale, in cui il palpito sotterraneo del cuore si fa visibile e incontestabile nei fatti. Anche lui scrive ormai da alcuni anni, con lusinghieri riscontri, romanzi intrisi di storia, di guerra e di violenza (secondo lui, innata nell’uomo). Ma, intanto, proprio lui, Gianni, si prende cura di tutti!

                                                Che bello prendersi cura di qualcuno…

Ma è bello anche sentirsi tra le braccia protettive di qualcuno e lasciare che siano gli altri a prendersi cura di ogni cellula del tuo corpo, pur sapendo che sono quelle invisibili dell’anima a fare più male. Personalmente, forse ho ripreso a scrivere anche per questo. Forse perché i nipoti sono cresciuti e si prendono cura di me e sono loro ora i portatori di sogni, i cercatori di stelle contro i muri della notte. Forse perché è giunto anche per me il tempo del non avere più tempo: “sono io ora in prima linea”. E non conto neppure più i calendari. Non ne sento più la necessità. Oggi confondo ormai i vivi con i morti e viceversa. Non vale più la pena contare le assenze. Basta fare attenzione, per quanto possibile, alle presenze. E oggi ad Anna Maria ho augurato così il nuovo compleanno e desidero concludere dedicandole ancora non una mia poesia, ma una poesia molto significativa e beneaugurale per noi che siamo ad un “passo dal Cielo”: Tempo verrà/ in cui, con esultanza,/ saluterai te stesso arrivato/ alla tua porta, nel tuo proprio specchio,/ e ognuno sorriderà al benvenuto/ dell’altro,/ e dirà: “Siedi qui. Mangia.”/ Amerai di nuovo lo straniero che era il tuo Io./ Offri vino. Offri pane./ Rendi il cuore a sé stesso, allo straniero/ che ti ha amato per tutta la tua vita,/ che hai ignorato per un altro/ e che ti sa a memoria./ Dallo scaffale tira giù le lettere d’amore,/ le fotografie, le note disperate,/ sbuccia via dallo specchio la tua/ immagine./ Siediti. È festa. La tua vita è in tavola. (Derek Walkott, “Tempo verrà”). E per ora basta con i compleanni… Lina (o Angela)

 

 

 

2 commenti:

  1. Conosco bene l.amore tra sorelle... eterno indissolubile coraggioso sempre più profondo pur nel silenzio. Quando qualcuno, non faccio nomi, ci consacro' "I QUATTRO CARABINIERI" scambio' un.offesa con un complimento... senza immaginarlo ci aveva visto giusto.
    Pagine bellissime le tue Angela, come sempre.
    Grazie di esistere🌸

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  2. Carissima Angela, ho letto con sempre più intensa partecipazione gli auguri di buon compleanno alla tua amata sorella: bellissimi e toccanti. Quanto amore sai donare!

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