E siamo a venerdì 16 febbraio e ancora mi giungono testi sull’amore e ancora ne recupero anch’io da fb da testi di autori famosi che alcuni di voi focalizzano e che è per me una gioia riportare nel nostro blog. Mi piacerebbe una maggiore interazione tra noi per poter fare dei commenti sui vari testi che possono aprire nuovi orizzonti di riflessione e di confronto: quali testi sono piaciuti di più? Perché? Quali affermazioni hanno colpito di più la nostra fantasia, il nostro cuore? Quale parola ha acceso una luce? Quale linguaggio ci ha colpito di più? Perché? Sarebbe un arricchimento per tutti noi! Che ne dite? E penso, tra l’altro, che tutto questo potrebbe tornarci utile anche per il Retino che riprenderò tra un mese. Mi dovete indicare solo il giorno e l’ora più confacenti per ciascuno di voi per poter fare una scelta più oculata e per trascorrere insieme una simpatica mezz’oretta di “analisi” letteraria delle parole o frasi. Anche con vivificante contraddittorio! Se siete d’accordo, spero di ricevere presto vostre indicazioni. Ed ora riprendiamo con i testi d’AMORE:
“Da
riva a riva” di Mariateresa Bari: Con ampie ali remigava/ l’inverno dei
pensieri/ nello strappo di asole/ troppo strette/ al polso// Inclinato il piano
del pianto/ da travi orizzontali/ si scucivano fiori/ comete trascurate nel
grigio grido//Amaca da riva a riva/ il rosso di un bacio
“Bambinamia”
(a mia figlia Daniela) di Angela De Leo: Bambinamia/ eri già nelle mie braccia/ quasi notte quasi ansia d’appena/
aurora e neppure alba, sì tu c’eri/ con occhi immensi/ spalancati nei miei,/
tra giardini fioriti di quasi autunno./ Canto leggero di oltre mezzanotte/ e
palpito di settembrini e allodole/ a ingigantire il tuo richiamo/ sul mio seno
stanco di silenzi./ Noi due in due di noi/ Rose e spine tra le mie braccia/ e
battiti forti del cuore mai arreso./ E al centro del mio universo TU/ ignara
della casa ad attenderti/ e di piccole mani tre di tre/ protese verso il tuo
sognato sorriso./ E tornammo e seppero dei tuoi occhi/ a cercare i miei in un’ansia
d’amore/ mai vinta, mai sazia, mai compiuta./ E non ha fine e vince ogni buio/ allo
splendore di ogni nuova attesa,/ di ogni nuovo quasi autunno,/ di ogni nuova
quasi alba che sa di noi…
“Cerco
libri IN AFFITTO” di Elina Miticocchio: “Cerco libri IN AFFITTO” poiché i libri
sono per me delle abitazioni dove entro guardandomi attorno, poi, giro per le
stanze più volte e rifaccio il percorso, prima di chiudere la porta d’ingresso.
Sono innamorata della lettura. Chi ha vissuto le mie “frequentazioni in
biblioteca” conosce la mia passione per ogni pagina e la cura estrema che ho
nello sfogliare le amate pagine. Ho libri nel bagno, tra i profumi e la
biancheria, e nel cesto degli indumenti ormai ci sono solo libri. Alcuni poi in
cucina, tre quaderni fitti di appunti e riflessioni. Sono tappe del mio viaggio
e imparo dalla loro compagnia la bellezza di mondi ampi e inarrivabili. Da bambina
e ragazza i libri erano centellinati. I soldi servivano per la scuola e il
vestiario. Coltivo un sogno grande… ma chissà se un giorno… e mi dico i miei
sogni non portano tristezza… per cui che mi restino compagni.
“Non
così” di Vito Davoli: Non così avevamo sognato/ sorrisi,
coraggio:/ le spalle non avrebbero dovuto/ essere troppo forti per portare/ il
peso di una testa che chiede di poggiarsi.// Non così avevamo sperato/ pugni
stretti a fendere l’aria inutilmente/ o le mani sul viso impaurito/ sulle
soglie della resa/ per accarezzare senza mai svegliare.// Non così ci avevano
detto/ ma insieme a tagliare le onde,/ a tenerci in equilibrio,/ col dondolio
giocare/ senza aspettare un’alba riluttante.// Non così il nostro tempo/a
segnare punti irrimediabilmente/ contro di noi/ e il circense dolore che doveva
annoiarci/ ci attraversa lo stomaco/ e ci burla ci riveste.// Non così la
tenacia/ doveva arrugginire dentro i giorni/ e la memoria perdersi/ nei mille
fatti bravi di ogni sveglia al mattino./
L’attesa della notte/ e di una
luce fioca, una qualunque./ Forse volevamo ristoro e non conquiste.// Vorrei mi
perdonassi/ e perdonandoti ricominciare il giorno/ che non riuscimmo mai a
regalarci/ e che ci vede ritornare alla partenza,// quel che dal cuore rade i
peli dello sdegno,/ dell’odio, del delirio e ci dà pace
“Amore
che vieni, amore che vai” di Fabrizio De
Andrè: Quei giorni perduti a
rincorrere il vento/ A chiederci un bacio e volerne altri cento/ Un giorno
qualunque li ricorderai/ Amore che fuggi da me tornerai/ E tu con gli occhi di
un altro colore/ Mi dici le stesse parole d’amore/ Fra un mese fra un anno
scordate le avrai/ Amore che vieni da me fuggirai/ Fra un mese fra un anno
scordate le avrai/ Amore che vieni da me fuggirai/ Venuto dal sole o da spiagge
gelate/ Perduto in novembre o col vento d’estate/ Io t’ho amato sempre, non t’ho
amato mai/ Amore che vieni, amore che vai/ Io t’ho amato sempre, non t’ho amato
mai/ Amore che vieni, amore che vai
Massimiliano Bardotti: Abbiamo
tutti bisogno d’amore, un amore sconfinato, infinito, qualcosa che nemmeno
sappiamo immaginare né desiderare. Abbiamo bisogno di una parola dolce, di
tenerezza. Che qualcuno ci dica che è grato per quello che facciamo, che ha
visto quanto impegno ci mettiamo. E va bene, va bene, anche se spesso
sbagliamo, commettiamo errori imperdonabili, ma senza un briciolo di
cattiveria. Siamo già stati perdonati ancora prima di chiedere perdono, questo
abbiamo bisogno di sapere. Ci vogliono occhi che sanno andare oltre i nostri,
sanno entrare dentro, sanno arrivare fino al punto preciso in cui siamo
adorabili. Siamo così bisognosi d’amore, di attenzioni. Niente ci fa bene come
qualcuno che dice: quello che fai serve, è necessario, grazie. Perché ogni
giorno tutto è faticoso, sanguinoso, tutto richiede uno sforzo sovrumano, anche
alzarsi dal letto, o dal divano. Perché nel silenzio assenso generale muoiono
ogni giorno bambini sotto i bombardamenti e a qualcuno pare giusto a qualcun
altro normale. Perché ormai diciamo “è la vita” quando invece è la morte. Quella
nera, quella dell’anima. E invece la morte vera non la vogliamo nemmeno sentir
nominare, quella che ci riguarda tutti perché riguarda il nostro scomparire.
Voglio dirtelo, sconosciuto lettore, io spero nella tua misericordia. E nel tuo
amore. Io spero, anzi credo, nella grazia del tuo cuore. Domani il sole sorgerà
di nuovo, come ogni giorno da miliardi di anni. Se questo non ci fa tremare, se
questo non ci fa meravigliare, se questo non ci lascia completamente, assolutamente
sbigottiti, forse non siamo più vivi.
(suggerito
da Mattia Cattaneo)
Agus Requejo Scaloni: Amore/
piccola parola/ di grande valore,/ non si compra/ né si vende/ né si affitta./
Felicità/ senza misura/ per chi la prova,/ la riceve, la sente, la dona.
(evidenziata da Mariantonietta Bellezza)
“Se
questa vita” di Domenico Luiso: Se questa vita è una piuma sospesa/ dentro
un’ampolla diafana di carne/ reclina il capo il fiore germogliato/ dell’odio
astioso/ e ridiventa amore// muore lo scroscio delle tue mani ossute/ e
ridiventa una carezza triste// stesa con gli occhi chiusi questa vita/ annega
nebbie pazze di parole/ nelle placide acque di un sorriso// non ha ferite e
pieghe nei suoi fianchi// riflette il segno del tuo sguardo amico/ e nella
bocca muta s’agita lo stelo/ del balsamo di un bacio che non muore
(indicato da Vincenzo Mastropirro, amico di Mimì Luiso quanto me, che lo
conoscevo molto bene e ne apprezzavo il talento multiforme sotto quella sua “scorza”
dura sorretta da tanta ironia e autoironia. Merita il nostro commosso omaggio).
“A
MIO FIGLIO” di Leopoldo Attolico
(1946 – 2024): Di tutto ciò ch’oggi mi
dici/ Adriano,/ rimarrà un picco d’allegria/ e a sfamo, dal gesto lungo della
corsa,/ l’onda d’oro d’una didascalia di suoni/ fra le mie braccia confusi;/ quasi
un groppo in gola.// rimarrà, di rondine che torna/ il caldo del tuo viso/ il
suo roseo abbandono/ e la rincorsa del mio piccolo mondo/ dentro il tuo, che lo
chiama e lo storna,/ quasi a cercarvi messi alle parole/ in cadenza di fuga o
di accordo/ abbaglianti di note; ininterrotto azzurro.
(Vincenzo
Mastropirro, in omaggio al suo amico Poeta di Roma. Pure Leopoldo è un
comune amico di vecchia data. Anche lui apprezzato tanto per la sua signorilità
di modi, la sua poesia elegante e misurata, la sua straordinaria autoironia)
“BUONGIORNO”
di Paolo Polvani: Al suo paese Aziz è un ingegnere./ Qui fa il
lavavetri a un incrocio,/ ai semafori di via regina Margherita./ È abituato ai
dinieghi Aziz, li scorge/ oltre il parabrezza, a volte/ somigliano a minacce./
nessuno gli ha mai detto: buongiorno/ ingegnere!/ Del resto non è scritto/
sulla bottiglia con l’acqua e con la schiuma,/ sul raschiello, sulle mani e
nemmeno/ sul viso in bilico tra il sorriso e la disperazione./ però nessuno gli
ha mai detto neanche:/ Buongiorno, Aziz!/ A pensarci bene nessuno gli ha mai detto: BUONGIORNO.
(da
Vincenzo Mastropirro per il suo
amico e Poeta di Barletta)
“Alla
casa di mamma” di Vincenzo Mastropirro: Alla casa di mamma/ mi stendo sul letto/
non quello della vecchiaia/ l’altro dove mi hai concepito.// Mi sono sentito
piccolo/ ho chiuso gli occhi/ e ho visto passare le nuvole/ volavo sotto la
polvere.// Non si sentiva niente/ nessun suono nella testa/ ho sentito solo un
tremore/ tu salivi ed io scendevo.// Trovavi il paradiso/ ed io l’inferno, ma
lo sai/ quello è il tuo,/ l’altro è il mio/ rido e deliro. Lo sai, lo sai.
(Vincenzo
Mastropirro è un poeta e musicista-compositore molto generoso, come è facile
dedurre dai tanti poeti che promuove per stima e amicizia. Ed è anche amico mio
di vecchia data. Scrive in dialetto e in italiano e spesso usa una bellissima
commistione tra le due lingue. Questa poesia è scritta anche in dialetto, ma io
incontro purtroppo difficoltà a trascriverla nella versione dialettale. Ha tutto
il mio apprezzamento, la mia stima, il mio affetto).
Primo Leone (da Le
parole in fondo al mare): Uno. Il tempo/
occasione perduta/ per inventarsi l’anima/ dopo una caduta. Tre. Strada/ per
incontrere/ le tue mani./ Quattro. Albero/ senza sogni:/ tu eri il sogno./
Tredici. Il mare/ il suo marinaio / l’acqua
la vela l’azzurro / un gabbiano/ l’i n f i n i t o./
Ventiquattro. Infinite le mie mani/ per disegnare/ il tuo corpo./
Settantacinque. Vorrei una cassaforte/ per la tua voce/ ancora tenera,/
Daniela./ Ottantasei. Quando Pollicino/ partì soldato/ l’Orco rimpianse/ di non
essersi arruolato./ Novantanove. E mi ritrovo infine/ straniero a me stesso/
guerriero di carta e di speranza.
Angela De Leo: E l’Amore,/
vecchio quanto il mondo,/ inondò la Terra di silenzi/ Lei li raccolse/ per
farne collane/ da appendere al cuore./ Contro ogni fuga di stelle/ con mani di
tenerezza/ perché sempre e ancora/ vincesse il CUORE/ (e tutto si fece vela/ di
luna e di sole, di terra/ e di cielo,/ di infinito…)
“A
testimonianza di un amore grande più del mare” di Raffaella leone: Sei tu/ e
unica per me/ rimani./ Abiti l’altrove della parola insieme alle stelle./ Sai
del mare il canto/ come le sirene./ Conosci le sue rotte/ e i suoi segreti
pensieri./ Hai ciliegie tra i capelli/ e gelsi rossi sulle labbra./ Lasci
manciate di sogni/ sparpagliati fuori/ da tutti i cassetti/ tra le caramelle e
gli orecchini/ tra le virgole e le parentesi/ e pochi punti da fermare./ Cerchi
coralli fioriti/ sulle grondaie/ per le rondini e i rondinini./ Conosci gli
scriccioli/ le lucciole e le lantane./ Peschi lampare affacciate/ a illuminare
la strada ai naviganti di carta./ Di notte non dormi/ qualcuno alle orecchie ha
poesie da sussurrarti./ Con gli angeli conti le lune e di quelle piene ne fai
collane./ Ti salutano dall’albicocco le foglie/ tuo primo sguardo all’alba./
Piangi con la pioggia/ Ridi con i gelati/ Detesti il freddo/ tra le ossa e il
cuore/ e ogni giorno aspetti l’estate./ Perché della primavera porti tra la
gente gli occhi./ Sei tu/ e unica per me/ rimani.
(e
chiudo così questa lunga carrellata con le poesie di Primo, una mia e una di
Raffaella a me dedicata. Non me ne vogliate. Un po’ di narcisismo ogni tanto
riscalda il cuore ed è AMORE!)
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