Probabilmente qualcuno di voi, che mi seguite con tanto affetto sul nostro blog, si sarà chiesto il perché di un così lungo silenzio. Ebbene, ho avuto un altro momento drammatico della mia vita: quindici giorni vissuti tra la vita e la morte per via del COVID, che non ha voluto risparmiarmi e, con me, tutta la mia famiglia, con cui vivo a Corato (Bari) da circa 24 anni. Io, la più fragile per età e per altre perdite che hanno segnato profondamente i passati giorni, nonostante tutte le precauzioni, sono andata a finire prima al pronto soccorso del mio paese e poi, per direttissima, di notte, all’ospedale di Altamura, dove mi hanno immediatamente “accolta” nel reparto allestito per i malati di COVID per le prime cure del caso. Ho sottolineato “accolta”, e lo ribadisco, perché, per la prima volta, in una struttura sanitaria pubblica (di ospedali e cliniche private, in Italia e all’estero: Lione, Belgrado ecc. ho fatto, mio malgrado, la mia seconda casa nell’arco della mia lunga vita), mi sono sentita in un ambiente decisamente accogliente e protettivo, grazie soprattutto ad una équipe medico-sanitaria altamente qualificata, e mi riferisco non soltanto ai medici e alle dottoresse, ma anche agli infermieri e infermiere, alle Oss, fino ai semplici inservienti: tutti, dico tutti, ciascuno nel proprio settore e con le specifiche competenze, o mansioni, ha dato il massimo di sé e molto di più, quasi fosse, il loro, non un semplice servizio, ma una vera e propria missione umanitaria H 24!
Struttura all’avanguardia, pur nella semplicità delle suppellettili, con monitor e quant’altro, e farmaci di ultima generazione per chi, come me, è allergica a tutto: antibiotici, analgesici, cerottini anallergici, e così via. Se non fosse stato per tutto questo, ora non sarei qui a parlarvene, grata al buon Dio per avermi, ancora una volta, protetta e grazie a una Madonnina col Suo Cuore Grande, acceso d’Amore per l’umanità sofferente, e uno sguardo di benevola consolazione che si slargava in un tenero sorriso. Più in là, minuscolo, forse ricavato da un po’ di legno teak, un crocifisso che mi commuoveva nella sua marginalità, quasi a fare spazio a tutte le altre divinità, a cui ogni essere umano può affidarsi, soprattutto in un luogo di sofferenza e di dolore.
Ma il mio lato romantico e poetico non può omettere di parlare della grande vetrata che mi permetteva di sera di guardare le stelle enormi sulle Murge incantate e molto probabilmente lontane dall’inquinamento luminoso dei centri abitati tale da comprometterne l’affascinante visione. Io di notte parlavo con le stelle quasi fino all’alba, quando Sirio rimaneva ad attenderla, più luminosa che mai, e le allodole sfidavano il sorgere dell’aurora con i loro voli in libertà verso il sole. E stridii e giravolte come gioia di vivere e di essere al mondo e di allietarlo.
Alle 6,30, puntuali come silenziose ombre leggere gli infermieri e le infermiere cominciavano il loro turno: febbre, pressione, emogasanalisi arteriosa sistemica per misurare le quantità di ossigeno e di anidrite carbonica presenti nel sangue e provvedere, in caso di bisogno, alla mascherina per l’ossigeno; flaconi di farmaci da immettere nelle vene: magnesio, potassio, calcio, acido folico… Inevitabile il paragone con il garrire frenetico degli uccelli oltre la vetrata e il silenzioso compito quotidiano per supplire a valori nutrizionali ancora piuttosto bassi per stare bene. Tutto questo ha comportato il mio cercare di “sentirmi viva”, scrivendo sul mio cellulare pensieri, poesie, riflessioni.
Ecco qualche esempio, con un pizzico di follia la “Ballata di fine settembre”: La fine di settembre che incalza/ di piogge e nuvole innevate/ mi fa ciao ciao questo pomeriggio/ dietro la grande vetrata dell’ospedale/ sesto piano di un paese che sembra/ toccare il cielo che cade giù più giù/ e sembrano stringersi la mano/ come quel tale Peppino garibaldino/ che al re galantuomo fece nietemeno/ un inchino a Teano, non al villano./ (che sempliciotto non era perché lui era/ “di scarpa grossa e cervello fino”/ e pioggia non pioggia cade non cade/ a casa lui ritorna come cavalla storna)./ E chi c’era e chi non c’era/ non ebbe mai una statua di cera/ come oggi accade nel Museo/ di ogni metropoli che si rispetti/ con onore e affetto ai propri miti/ ed eroi e donne ardite ne abbiamo/ anche noi e molti non capiranno/ (e, udite udite, sotto la pioggia/ mai stanno e non lo sanno/ e non se ne fa mistero c’ero non c’ero/ vero o non vero, sincero non sincero…)./ Poi si scopre che molti erano e sono/ guerrafondai, assassini, dittatori/ hanno trucidato popoli e fratelli/ sventrato il mare, fatto a fette la luna./ Si sono improvvisati attori e non vanno/ mai un galera, non ne hanno fatto bene/ UNA, poi di colpo perdono la testa./ Mai una guerra come se non avessero/ una Mamma una Figlia, una foto ricordo…/ (Ma i nostri benpensanti scrittori poeti/ giornalisti gli agguerriti della penna/ e dei social imperversano e vomitano/ giudizi e volgarità, sacri malumori/ perché così si scrive)./ Gettando nella disperazione i disperati,/ nel marasma i dispersi, nel vuoto/ i giovani e ragazzi allo sbaraglio/ che non si salvano più manco per sbaglio./ Prendiamo il mare mettiamolo via./ facciamo il cielo a pezzi non serve più,/ fu un inganno di stelle ridicole/ già morte milioni d’anni fa,/ rompiamo il passato quel che è stato è stato./ E le stelle di Vecchioni, il profondo mare di Dalla,/ l’azzurro di Conte e tanto De André/ e tu e io e noi che ancora ci crediamo/ e sotto le stelle facciamo/ casa e nido?/ (ma s’incantano i miei occhi al gioco della fantasia/ che COVID signore/ alla grande acuisce e restituisce:/ e vince le guerre la paura la codardia)./ Non cade la pioggia sale come lo jojo/ della mia infanzia magica e dorata/ con i bimbi che rimbalzano sulle reti/ spaccariccioli che volano più su più su./ C’è persino un cuoricino istoriato/ come sottile vetrata di chiesa cupola/ d’altare e vetri cilestrini di campanile,/ con una coda lunga sinusoidale,/ che sale che sale e non si fa mai male/ (perché porta un messaggio d’Amore/ creato da un folletto innamorato/ che, senza alcun peccato, è volato/ dalla sua bella sempre quella quella)./ Nel silenzio della pioggia il suo segreto/ privo di parole, il segreto non parla/ conserva, racchiude in una sola goccia/ grande come una boccia di biliardo:/ trasparente, non è bugiardo./ È azzurrina la bolla di pioggia/ come bolla di sapone, non sussurra,/ non racconta, tace ridente di mille colori:/ è solo amore immenso amore/ che supera ogni dolore e disperazione./ Salvifica è la danza sotto la pioggia/ che sale con me e siamo in tre:/ danza io e pioggia e noi, sì, noi nell’IMMENSO/ non ci perdiamo, ci teniamo per mano/ e ridiamo./ Il rumore, voce della pioggia/ è la nostra risata, ci credi o non ci credi/ la vedi o non la vedi/ e ridi con tanto cuore/ non più danza delle ore, ma dell’amore/ (intanto il cielo di Dante si è acceso di stelle/ si sono svegliate a mille a mille/ con le loro centomila faville/ hanno spento la pioggia acceso i Sogni)./ Ri-nascita non è solo Amore è FUTURO…
Poi, ecco una poesia beneaugurale per il compleanno di un mio carissimo amico: Un’alba di mandorla chiara/ e un residuo di stelle mi regala/ Sirio tra le mani che a migliaia/ hanno raccolto stanotte/ per farne dono all’amico geniale,/ che dono mi fa del suo cielo stellato./ E brividi di nostalgia sotto una cupola/ accesa di stelle, che sanno di una notte/ di pura magia e mille ricordi… / E sfrecciano nel cielo dell’alba allodole/ in libertà a portare il oro canto/ e incanto all’amico geniale in dono./ (e sarà il nostro inno all’amicizia/ alla creatività e alla felicità condivisa. Sempre…).
A Matteo per il suo compleanno! Sii felice! Angela
Ed era il 5 ottobre. Ma il 2 ottobre per la giornata degli Angeli Custodi e per la Festa dei Nonni sono riuscita a scrivere “Quando volano le ali”: Ci sono angeli al nostro fianco…/ dicevate in un racconto di noi/ - Angelo di Dio che sei il mio Custode, illumina,/ custodisci, reggi e governa me,/ che ti fui affidata dalla pietà celeste. Amen -/ Così da bambina i miei nonni. Ed era Luce!/ Così da bambina mamma accanto ai nostri lettini/ di bimbe senza padre,/ volato in guerra e prigioniero./ Ed era protezione./ E volavano ali per vivere un sorriso/ strette tra i nonni in preghiera,/ dolcissima preghiera dell’alba/ e del tramonto, preghiera della sera./ Ed era guida silenziosa di tenerezza antica./ Dietro i vetri contavamo le stelle,/ le più belle, per sentire nel cuore/ una ninnananna di luna e di attesa,/ intesa tra noi e il paradiso,/ vicino,/ lontano, terreno, divino…/ (con le ali toccavamo il cielo con un dito, / toccavamo il mistero e il suo canto)/ - Angioletto del mio Dio che fai tu vicino a me?/ Che fai tu vicino a me? - / - Sono l’Angelo del Signore/ sto vicino al tuo cuore/ quando vegli e quando dormi/ sempre sempre sto con te/ sempre sto vicino a te -/ (e nel canto fiorivano i nostri sogni con le ali…)
Ai miei nonni. A mia madre…
Oggi, infine, è 10 ottobre, mio fratello Mimmo compie 74 anni, essendo nato il 1950, a metà secolo. A lui dedico questi brevi versi: appartenersi è miracolo che si rinnova/ ad ogni incontro d’anima/ distanti noi nello spazio/ che più non ci appartiene/ uniti nel ricordo e nella nostalgia:/ bimbo tu di marzapane e zucchero filato,/ a distanza ci riconosciamo/ e sappiamo di esserci l’uno per l’altra/ sempre/ nelle risate mai spente/ nelle lacrime taciute./ Dono immenso è riconoscersi/ nella ruga profonda che ci regalò la fronte/ di nostro padre,/ negli occhi grandi d’immenso amore/ tenerezza mai spenta di nostra madre./ E viverci in famiglia con la stessa attesa/ d’incontrarci ancora/ come da bambini ad ogni estate/ (che mai muore e sempre ci appartiene)
E da tre giorni sono finalmente a casa: stanca, debilitata, ma pronta a ricominciare.
Un abbraccio a tutti. Angela/lina