venerdì 10 maggio 2024

Venerdì 10 maggio 2024: IL MIO RAPSODICO "SPOON RIVER" CHE MI PORTO NEL CUORE... (continua)

<Ed ecco il terzo volume del mio romanzo dedicato a quell’uomo straordinario che sei stato (e continui ad essere), mio caro “papà”. Cosa mai potrei raccontare di te che non abbia ancora detto? Sono passati oltre cinquantacinque anni dal tuo sorriso rivolto a noi in un presagio di stelle, mentre l’alba si vestiva di campane festose nel tuo cortile d’inverno, ma le tue parole sono ancora qui, scolpite nel cuore e ancorate all’anima che non dimentica. È ancora la tua voce a parlarmi, a guidarmi, a salvarmi. La tua presenza in ogni nuova alba e nuovo tramonto. La mia vita tutta ne è impregnata perché devo a te la mia continua rinascita dopo ogni naufragio. A te devo quanto di bello ho realizzato fino ad oggi anche attraverso la scrittura. Sì, devo a te anche la mia inesauribile capacità di narrare storie, di sentirle vibrare dentro prima che prendano forma di parole e si vestano di poesia. Tu sei stato il mio FARO dopo tutte le tempeste. Tu con le tue fiabe, i tuoi ricordi, la poesia, dolente e dolce, della tua vita. Ecco perché la tua storia si riversa continuamente dalla brocca inesauribile del tuo passato nella ciotola della mia storia presente e in quella dei miei figli e dei figli dei miei figli, che stanno già scoprendo il futuro. E niente più ha inizio né fine. Tutto rimane in sospensione, agganciato soltanto all’attimo che si fa eterno. E mi rimanda ai sentimenti che ci appartennero e alla creatività che ereditammo, al buio e alla luce che attraversammo per ritrovarci, noi tuoi nipoti, ma soprattutto i pronipoti, ancora insieme.

E, dopo noi 6, i tuoi nipoti sempre più deboli e fragili, sempre più “in prima linea”, come eri solito dire tu alle soglie dell’Eternità, saranno loro, i tuoi pronipoti, a parlare ancora di te con ancora tanta Bellezza negli occhi oltre ai nuovi possibili naufragi, che tu con il tuo Faro li aiuterai a scongiurare per giungere sempre nel porto sicuro del loro cuore. Ed è già un nuovo giorno. Il canto improvviso dell’alba mi ha riportato alla realtà dei colori, delle forme e delle dimensioni. E tutto si fa definito, certo, chiaro. Almeno in apparenza. Sì, solo in apparenza. Perché è un giorno che ha trovato rifugio in una rada insicura e accidentata, dopo più di mille naufragi. Occorre farsene una ragione e cercare sulla riva i sentieri meno impervi, più ampi e lineari, magari fioriti, e con ventagli di chiome d’alberi a creare un’ombra che ci possa riparare dagli abbagli dell’ultimo sole di un tempo che comprende tutte le stagioni della mia vita. Siamo tutti cercatori di certezze che mai saranno, mentre i dubbi fanno a gara per intrufolarsi nei pensieri e creare nuove paure, dare la stura a nuove pagine. E i sentieri larghi e chiari e fioriti, appena immaginati, si perdono tra sterpaglia e rovi e “pietre d’inciampo”. Meglio trovare rifugio nella propria casa, dove i muri sono muri e le finestre sono finestre e tutto ha un suo ordine anche nel disordine di una casa viva e vissuta. Ma la mia voglia di libertà mi porta ancora a desiderare insoliti spazi e imprevedibili orizzonti.

Oggi, intanto, sono a Roma, e non è più inverno, ma primavera inoltrata. È quasi estate. E sono tra le braccia conosciute e amorevoli dell’attico di mia figlia Ombretta. Esco sulla terrazza romana affacciata sul verde degradante fino al mare di Ostia, che si distende in un fiume di luce scintillante. Ecco la prima bellezza che si offre al mio sguardo e si fa parola. Come non descrivere quanto gli occhi colgono e raccolgono quasi fossero oceani di meraviglia ad incontrare il mio stupore? E tutto si fa armonia, musica, inno a questa stagione che amo e mi esalta. Mi restituisce forza e allegria. Sono felice di questa vita che mi scorre nelle vene e mi fa esplodere il cuore di gratitudine per i tanti doni che riesco ancora a racchiudere tra le mani prima che mi sorprenda la notte. (…). Dono è questo nuovo risveglio e il canto e l’incanto. La vita che mi rimane. Nel tempo che rimane: In questo tempo che mi rimane,/ breve come un volo di farfalla/ che mi vibra dentro/ e lungo come il rimpianto/ che non mi lascia tregua,/ conservare vorrei/ in uno scrigno da maneggiare/ con cura/ tutti i respiri del cielo che non ho/ saputo afferrare/ la voce di mio nonno perché/ non vada perduta,/ gli occhi di mia madre/ che sapevano la carezza non data,/ i pensieri di luce delle mie figlie/ e per me la cura d'amore/ Peter Pan cuore del figlio/ matto da legare,/ e mani di tenerezza antica/ per i sogni/ dei miei due ragazzi d'oro puro/ perché ne conservino il ricordo/e la presenza quotidiana/ per i giorni dell'assenza/ che verranno./ E lasciare andare vorrei,/ sparse al vento della notte/ perché nessuno le veda,/ le lacrime versate e i pensieri/ "corvi neri" che atterrirono/ le ore senza scampo dei tormenti./ Le parole inutili lascerei,/ quelle mai pronunciate/ per troppo pudore o timore/ che non ebbero suono/ di risentimento o di perdono./ E quelle scritte che non ebbero/ Senso./ La tristezza di ogni inganno./ L'amarezza di ogni dono rinviato./ Il canto della nostalgia e l'incanto/ per chi mi ha abbagliato/ senza donarmi la luce di una stella./ Il dolore per ogni indifferenza/ lascerei andare/ e per tutto quello che non meritava/ tanto dolore./ Lasciare vorrei/ a chi non mi ha creduto/ il peso di ogni macigno a curvarmi/ le spalle e l'anima./ E tremante come margherita/ dopo il disgelo librarmi vorrei/ nell'immenso azzurro cielomare/ portando tra dita di preghiera/ lo stelo dorato di una poesia/ non ancora sbocciata alla Vita... // (un puntino luminoso/ essere/   vorrei   /     nell’infinito)… (a.d.l. “Nel tempo che rimane”, poesia inedita per tutti quelli che amo, per gli altri che ancora mi circondano e per quelli che verranno).

Ma, intanto, “lancia il tuo cuore davanti a te e corri a raggiungerlo’’, dice un proverbio arabo e io, solo qualche anno fa, correvo stampelle o non stampelle, io correvo spalle curve ormai e passi incerti ma correvo correvo correvo… Ora non più, inchiodata purtroppo su una sedia a rotelle che si fa beffe dei miei sogni di abbandonare le stampelle, del mio coraggio nell’esercitare continuamente le mie gambe fragili e vacillanti nell’intento di dare tonicità ai muscoli a sostegno delle ossa, ma il mio karma aveva in sé un’altra storia. (E tu mi vieni incontro e mi dici che va bene così, che non devo smettere mai di sperare fino a quando Dio vorrà).

Se non fosse per te/ Cosa avrebbe un senso/ Sotto a questo cielo immenso/ Niente più sarebbe vero/

Se non fosse per te/ Come immaginare/ Una canzone da cantare/ A chi non vuol sentirsi solo/ Se non fosse per te/ Crollerebbe il mio cielo/ Se non fosse per te/ Sarei niente, lo sai (…)/ Chiudo gli occhi e già volo/ D'improvviso la malinconia se ne va/ Dai pensieri miei cade un velo/ E ritrovo con te l'unica verità/ Solamente tu sai/ Anche senza parole/ Dirmi quello che voglio sentire da te (…)/ Una pioggia di stelle/ Ora brilla nell'aria/ Ed il mondo mi appare/ Per quello che è/ Un oceano (stralci della canzone “Tutto quello che un uomo” di Sergio Cammariere).

E mi ritornano ancora alla mente le tue parole che mi dicesti in sogno. Parole luminose che sapevano di perfezione e di poesia e che oggi si fanno eco di verità: Anche il dolore passa. E ritorna la serenità, forse la gioia. Sì, la gioia, quella pienezza di noi che ci danza dentro e fa capriole e sparge sul viso una morbidezza di rugiada. E, con la GIOIA, ecco affiorare la NOSTALGIA, che spesso ci riporta ad un tempo vissuto in quella pienezza che avevamo dimenticato e che, invece, era annidata nella culla più profonda della nostra anima. Saranno le ali della Nostalgia a salvare il mondo. Le ali della Bellezza, della Bontà, dell'Altruismo e dell'Amore, che oggi si sono perse lungo un cielo che abbaglia e non illumina. Colori di Luce ha la Nostalgia che farà riscoprire la Semplicità delle cose vere. La Verità delle cose giuste. La Speranza negli occhi bambini. La NOSTALGIA. Nella consapevolezza di un tempo che non può tornare, ma può far sentire nel profondo del cuore la necessità di recuperare quanto di buono abbiamo vissuto e dimenticato per farne nuovo seme per nuovi domani. Con nuovi mezzi nuove modalità nuovi passi nuove strade nuovi volti nuove voci su antichi richiami.

Ogni domani è il passato capovolto come il cielo in una pozzanghera. Come chiome d’alberi che hanno radici. Come occhi di bimbo ancorati agli occhi della sua mamma. E i domani si sognano prima di realizzarli. E il sogno non vive e si alimenta nel fondo più profondo della nostra anima? La Nostalgia è Sogno che viene da lontano e va lontano. È Ricordo che si specchia nel Futuro. Memoria della nostra Umanità! È Tenerezza che Accoglie Protegge Ama. E in tutto quello che continuamente hai seminato tra sogno e realtà TU VIVI VIVI VIVI. (…). E la nostra storia/fiaba continua: c’era una volta e c’era c’è e ci sarà

A mio nonno, (faro dei miei giorni bui): Sei silenzio e canto/ orma che incanta occhi stanchi/ sul confine indistinto delle cose/ Luce lontana che squarcia il cielo// Sei latte d’innocenza che mi nutre ancora/ e gesto di tenerezza che sazia di spine/ il roseto mai spento di petali a primavera/

in un tramonto di vene che dilata il mare// Sei acuto imbroglio d’abbandono/ e dolore sei più d’ogni altro dolore/ Io con te esploratrice di terre bambine/ assetata d’incanti ora smemoria di canto// Sei ala d’aquilone a raccontarmi l’azzurro/ tormento e perdita d’ogni altro incontro/ Tornano fiabe di ciliegi innamorati/ in panieri di rossi respiri colmi d’amore// C’è sempre una preghiera a raccomandarti/ alle stelle che mi parlano ogni notte di te/ E la tua voce ancora a farmi compagnia/

richiamo di confidenze e rose nel cortile// (nei momenti di sgomento/mai assenti le tue mani fiorite di prodigi). (a.d.l. “Sei silenzio e canto” da L’ora dell’ombra e della riva)                                                

Così si concludeva più o meno il secondo volume di questo romanzo/fiume a te dedicato dalla prima parola alla penultima perché l’ultima non verrà scritta mai… Tu eri, sei, sarai… Eri nel sentimento che ci legava, nelle storie che raccontavi, nella generosità che ti contraddistingueva. Sei in ogni parola che scrivo, in ogni pensiero che riempie il giorno, in ogni preghiera che vince il buio della notte. Sarai l’eredità dell’amore che conoscemmo, il gesto gentile che da te cogliemmo come fiore che vince il deserto e la sabbia, la pietra e il cemento, la cima aguzza del monte, gl’inesplorati fondali marini, la neve che intirizzisce lo scricciolo e riscalda la terra e i suoi semi.

Sarai la fantasia che colorerà il mondo attraverso le fiaccole accese di nipoti e pronipoti fino alla generazione che scriverà ancora il tuo nome sui libri del tempo senza tempo e diventerai mito, santo, eroe, leggenda senza fine. Così accade per i giusti e i puri di cuore. Per chi rinasce infinite volte per le infinite vite che inventò e ne fece dono agli altri>.

E chiudo qui per riprendere domani l’ultimo mio “SPOON RIVER” e passare ad altri argomenti che potrebbero starci ugualmente a cuore per continuare un percorso di riflessioni insieme. Angela/Lina 

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