<Ed ecco il terzo volume del mio romanzo dedicato a quell’uomo straordinario che sei stato (e continui ad essere), mio caro “papà”. Cosa mai potrei raccontare di te che non abbia ancora detto? Sono passati oltre cinquantacinque anni dal tuo sorriso rivolto a noi in un presagio di stelle, mentre l’alba si vestiva di campane festose nel tuo cortile d’inverno, ma le tue parole sono ancora qui, scolpite nel cuore e ancorate all’anima che non dimentica. È ancora la tua voce a parlarmi, a guidarmi, a salvarmi. La tua presenza in ogni nuova alba e nuovo tramonto. La mia vita tutta ne è impregnata perché devo a te la mia continua rinascita dopo ogni naufragio. A te devo quanto di bello ho realizzato fino ad oggi anche attraverso la scrittura. Sì, devo a te anche la mia inesauribile capacità di narrare storie, di sentirle vibrare dentro prima che prendano forma di parole e si vestano di poesia. Tu sei stato il mio FARO dopo tutte le tempeste. Tu con le tue fiabe, i tuoi ricordi, la poesia, dolente e dolce, della tua vita. Ecco perché la tua storia si riversa continuamente dalla brocca inesauribile del tuo passato nella ciotola della mia storia presente e in quella dei miei figli e dei figli dei miei figli, che stanno già scoprendo il futuro. E niente più ha inizio né fine. Tutto rimane in sospensione, agganciato soltanto all’attimo che si fa eterno. E mi rimanda ai sentimenti che ci appartennero e alla creatività che ereditammo, al buio e alla luce che attraversammo per ritrovarci, noi tuoi nipoti, ma soprattutto i pronipoti, ancora insieme.
E, dopo noi 6, i tuoi nipoti sempre più deboli e fragili, sempre
più “in prima linea”, come eri solito dire tu alle soglie dell’Eternità,
saranno loro, i tuoi pronipoti, a parlare ancora di te con ancora tanta
Bellezza negli occhi oltre ai nuovi possibili naufragi, che tu con il tuo Faro
li aiuterai a scongiurare per giungere sempre nel porto sicuro del loro cuore. Ed
è già un nuovo giorno. Il canto improvviso dell’alba mi ha riportato alla
realtà dei colori, delle forme e delle dimensioni. E tutto si fa definito,
certo, chiaro. Almeno in apparenza. Sì, solo in apparenza. Perché è un giorno
che ha trovato rifugio in una rada insicura e accidentata, dopo più di mille
naufragi. Occorre farsene una ragione e cercare sulla riva i sentieri meno
impervi, più ampi e lineari, magari fioriti, e con ventagli di chiome d’alberi
a creare un’ombra che ci possa riparare dagli abbagli dell’ultimo sole di un
tempo che comprende tutte le stagioni della mia vita. Siamo tutti cercatori di
certezze che mai saranno, mentre i dubbi fanno a gara per intrufolarsi nei
pensieri e creare nuove paure, dare la stura a nuove pagine. E i sentieri
larghi e chiari e fioriti, appena immaginati, si perdono tra sterpaglia e rovi
e “pietre d’inciampo”. Meglio trovare rifugio nella propria casa, dove i muri
sono muri e le finestre sono finestre e tutto ha un suo ordine anche nel
disordine di una casa viva e vissuta. Ma la mia voglia di libertà mi porta
ancora a desiderare insoliti spazi e imprevedibili orizzonti.
Oggi, intanto, sono a Roma, e non è più inverno, ma primavera
inoltrata. È quasi estate. E sono tra le braccia conosciute e amorevoli
dell’attico di mia figlia Ombretta. Esco sulla terrazza romana affacciata sul
verde degradante fino al mare di Ostia, che si distende in un fiume di luce
scintillante. Ecco la prima bellezza che si offre al mio sguardo e si fa
parola. Come non descrivere quanto gli occhi colgono e raccolgono quasi fossero
oceani di meraviglia ad incontrare il mio stupore? E tutto si fa armonia,
musica, inno a questa stagione che amo e mi esalta. Mi restituisce forza e allegria.
Sono felice di questa vita che mi scorre nelle vene e mi fa esplodere il cuore
di gratitudine per i tanti doni che riesco ancora a racchiudere tra le mani
prima che mi sorprenda la notte. (…). Dono è questo nuovo risveglio e il canto
e l’incanto. La vita che mi rimane. Nel
tempo che rimane: In questo tempo che
mi rimane,/ breve come un volo di farfalla/ che mi vibra dentro/ e lungo come
il rimpianto/ che non mi lascia tregua,/ conservare vorrei/ in uno scrigno da
maneggiare/ con cura/ tutti i respiri del cielo che non ho/ saputo afferrare/ la
voce di mio nonno perché/ non vada perduta,/ gli occhi di mia madre/ che
sapevano la carezza non data,/ i pensieri di luce delle mie figlie/ e per me la
cura d'amore/ Peter Pan cuore del figlio/ matto da legare,/ e mani di tenerezza
antica/ per i sogni/ dei miei due ragazzi d'oro puro/ perché ne conservino il
ricordo/e la presenza quotidiana/ per i giorni dell'assenza/ che verranno./ E
lasciare andare vorrei,/ sparse al vento della notte/ perché nessuno le veda,/ le
lacrime versate e i pensieri/ "corvi neri" che atterrirono/ le ore
senza scampo dei tormenti./ Le parole inutili lascerei,/ quelle mai pronunciate/
per troppo pudore o timore/ che non ebbero suono/ di risentimento o di perdono./
E quelle scritte che non ebbero/ Senso./ La tristezza di ogni inganno./ L'amarezza
di ogni dono rinviato./ Il canto della nostalgia e l'incanto/ per chi mi ha abbagliato/ senza donarmi la
luce di una stella./ Il dolore per ogni indifferenza/ lascerei andare/ e per
tutto quello che non meritava/ tanto dolore./ Lasciare vorrei/ a chi non mi ha
creduto/ il peso di ogni macigno a curvarmi/ le spalle e l'anima./ E tremante
come margherita/ dopo il disgelo librarmi vorrei/ nell'immenso azzurro
cielomare/ portando tra dita di preghiera/ lo stelo dorato di una poesia/ non
ancora sbocciata alla Vita... // (un puntino luminoso/ essere/ vorrei
/ nell’infinito)… (a.d.l. “Nel
tempo che rimane”, poesia inedita per tutti quelli che amo, per gli altri che
ancora mi circondano e per quelli che verranno).
Ma, intanto, “lancia il tuo cuore davanti a te
e corri a raggiungerlo’’, dice un proverbio arabo e io, solo qualche anno fa,
correvo stampelle o non stampelle, io correvo spalle curve ormai e passi
incerti ma correvo correvo correvo… Ora non più, inchiodata purtroppo su una
sedia a rotelle che si fa beffe dei miei sogni di abbandonare le stampelle, del
mio coraggio nell’esercitare continuamente le mie gambe fragili e vacillanti
nell’intento di dare tonicità ai muscoli a sostegno delle ossa, ma il mio karma
aveva in sé un’altra storia. (E tu mi vieni incontro e mi dici
che va bene così, che non devo smettere mai di sperare fino a quando Dio vorrà).
Se non fosse per te/ Cosa avrebbe un senso/ Sotto a
questo cielo immenso/ Niente più sarebbe vero/
Se non fosse per te/ Come immaginare/ Una canzone da
cantare/ A chi non vuol sentirsi solo/ Se non fosse per te/ Crollerebbe il
mio cielo/ Se non fosse per te/ Sarei niente, lo sai (…)/ Chiudo gli occhi e
già volo/ D'improvviso la malinconia se ne va/ Dai pensieri miei cade un velo/ E
ritrovo con te l'unica verità/ Solamente tu sai/ Anche senza parole/ Dirmi
quello che voglio sentire da te (…)/ Una
pioggia di stelle/ Ora brilla nell'aria/ Ed il mondo mi appare/ Per quello che
è/ Un oceano… (stralci della canzone “Tutto
quello che un uomo” di Sergio
Cammariere).
E
mi ritornano ancora alla mente le tue parole che mi dicesti in sogno. Parole
luminose che sapevano di perfezione e di poesia e che oggi si fanno eco di
verità: Anche il dolore passa. E ritorna la serenità, forse la gioia. Sì, la
gioia, quella pienezza di noi che ci danza dentro e fa capriole e sparge sul
viso una morbidezza di rugiada. E, con la GIOIA,
ecco affiorare la NOSTALGIA, che
spesso ci riporta ad un tempo vissuto in quella pienezza che avevamo
dimenticato e che, invece, era annidata nella culla più profonda della nostra
anima. Saranno le ali della Nostalgia a
salvare il mondo. Le ali della Bellezza, della Bontà, dell'Altruismo e
dell'Amore, che oggi si sono perse lungo un cielo che abbaglia e non illumina.
Colori di Luce ha la Nostalgia che farà riscoprire la Semplicità delle cose
vere. La Verità delle cose giuste. La Speranza negli occhi bambini. La NOSTALGIA. Nella consapevolezza di
un tempo che non può tornare, ma può far sentire nel profondo del cuore la
necessità di recuperare quanto di buono abbiamo vissuto e dimenticato per farne
nuovo seme per nuovi domani. Con nuovi mezzi nuove modalità nuovi passi nuove
strade nuovi volti nuove voci su antichi richiami.
Ogni domani è il passato capovolto come il cielo in una
pozzanghera. Come chiome d’alberi che hanno radici. Come occhi di bimbo
ancorati agli occhi della sua mamma. E i domani si sognano prima di
realizzarli. E il sogno non vive e si alimenta nel fondo più profondo della
nostra anima? La Nostalgia è Sogno che
viene da lontano e va lontano. È Ricordo che si specchia nel Futuro. Memoria
della nostra Umanità! È Tenerezza che
Accoglie Protegge Ama. E in tutto quello che continuamente hai seminato tra sogno e
realtà TU VIVI VIVI VIVI. (…). E
la nostra storia/fiaba continua: c’era una volta e c’era c’è e ci sarà…
A
mio nonno, (faro dei miei giorni bui): Sei
silenzio e canto/ orma che incanta occhi stanchi/ sul confine indistinto delle
cose/ Luce lontana che squarcia il cielo// Sei latte d’innocenza che mi nutre
ancora/ e gesto di tenerezza che sazia di spine/ il roseto mai spento di petali
a primavera/
in
un tramonto di vene che dilata il mare// Sei acuto imbroglio d’abbandono/ e
dolore sei più d’ogni altro dolore/ Io con te esploratrice di terre bambine/ assetata
d’incanti ora smemoria di canto// Sei ala d’aquilone a raccontarmi l’azzurro/ tormento
e perdita d’ogni altro incontro/ Tornano fiabe di ciliegi innamorati/ in
panieri di rossi respiri colmi d’amore// C’è sempre una preghiera a
raccomandarti/ alle stelle che mi parlano ogni notte di te/ E la tua voce
ancora a farmi compagnia/
richiamo
di confidenze e rose nel cortile// (nei momenti di sgomento/mai assenti le tue
mani fiorite di prodigi). (a.d.l. “Sei
silenzio e canto” da L’ora dell’ombra e della riva)
Così si concludeva più o meno il
secondo volume di questo romanzo/fiume a te dedicato dalla prima parola alla
penultima perché l’ultima non verrà scritta mai… Tu eri, sei, sarai… Eri nel
sentimento che ci legava, nelle storie che raccontavi, nella generosità che ti
contraddistingueva. Sei in ogni
parola che scrivo, in ogni pensiero che riempie il giorno, in ogni preghiera
che vince il buio della notte. Sarai l’eredità dell’amore che conoscemmo, il gesto gentile che da te
cogliemmo come fiore che vince il deserto e la sabbia, la pietra e il cemento,
la cima aguzza del monte, gl’inesplorati fondali marini, la neve che
intirizzisce lo scricciolo e riscalda la terra e i suoi semi.
Sarai la fantasia che colorerà il mondo attraverso
le fiaccole accese di nipoti e pronipoti fino alla generazione che scriverà
ancora il tuo nome sui libri del tempo senza tempo e diventerai mito, santo,
eroe, leggenda senza fine. Così accade per i giusti e i puri di cuore. Per chi
rinasce infinite volte per le infinite vite che inventò e ne fece dono agli
altri>.
E chiudo qui per riprendere domani l’ultimo mio “SPOON RIVER” e passare ad altri argomenti che potrebbero starci ugualmente a cuore per continuare un percorso di riflessioni insieme. Angela/Lina
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