Ho il biglietto per un viaggio
che
promette il Giardino come destino,
l’abitudine
di vagare sulle ceneri
per
non dimenticare il fuoco
e
la voce di mia madre che di sera
mi
avvolse con un fruscio di palme.
Ho
anche l’obbligo di restare viva,
di
preservare l’intoccabile
affinché
il mondo continui ad essere
ciò
che non sono.
Ma
vivere in cerchio come una lancetta
di
orologio finisce per stancare.
Quanta
ironia: dover invecchiare
per
riprendersi alla fine l’infanzia,
dover
morire
affinché
nessuno possa rubarmela.
(Lauren Mendinueta, “Ho il biglietto
per un viaggio”)
Sono stata indecisa fino a poco tempo fa: ricordare non ricordare, scrivere non scrivere. Scendere nell’abisso del dolore o cancellarlo, come un passato che non serve più? Ma è possibile che il passato non serva a chi comunque lo ha vissuto? Oggi ci sollecitano a non ricordare il dolore. A che serve? Dicono. A chi? Gli altri possono osservarlo da lontano, ma non possono viverlo. Non possono sostituirsi a te, al tuo corpo, alla tua anima. Eppure. Ascoltate cosa ha scritto Anna Kiryanova, scrittrice, filosofa, psicologa russa: A volte il dolore deve essere pianto. Va vissuto e superato. Solo così si può guarire dal dolore e dalla tristezza. (…). Gli antichi pensavano: il dolore passerà quando avrete pianto le vostre lacrime, e avevano dei lacrimatoi per la raccolta delle lacrime di dolore. (…). È una saggia invenzione il lacrimatoio. (…). Quando stai raccogliendo le tue lacrime con la tua boccetta, questo ti distrae. In un anno questa occupazione diventa un rituale, e i rituali sostengono e consolano, rafforzano le difese psicologiche (…). Il dolore si trasformava in ricordo. Forse per questo non esisteva la depressione, a quei tempi? (…). Ma l’anima non dimentica nulla…
E allora ecco in estrema sintesi: il 17 ottobre 2019 io e mio genero (nonché mio editore) Peppino volammo in Serbia, dove avrei ricevuto il premio più prestigioso degli ultimi vent’anni da parte del Comitato degli scrittori serbi, capitanati da Dragan Mraovic, mio fraterno amico per oltre quarant’anni. Cerimonia bellissima con tanti amici serbi e non solo serbi, venuti da tutte le parti del mondo, come è consuetudine in Serbia, con doni, foto-ricordo, una raffinata targa d’oro e argento, se non ricordo male, essendo tutto evanescente nella mia mente attanagliata dal dolore appena due giorni dopo. Appuntamento con gli amici per festeggiarmi al Salone del Libro di Belgrado. Atmosfera affettuosa, divertente, quasi goliardica, nonostante i nostri non più verdi anni. Alle 20 del 19 ottobre, decidiamo di rientrare in albergo. Dove non arriveremo mai. Rovinosissima caduta. Ospedale di Belgrado non attrezzato. Disperazione dei medici per le mie gravissime condizioni. Decidono di mandarmi in Italia a… morire. Comincia una via crucis di oltre 24 ore per tutti gli ospedali da Trieste in giù, ma tutti si rifiutano di ricoverare una moribonda. Io resisto. Addirittura firmo autografi alle infermiere che fanno parte dello staff dei medici a tenermi in vita. Alla MATER DEI di Bari il ricovero per grazia ricevuta. Poi due difficilissimi interventi alle due gambe maciullate nell’arco di ventiquattro ore. Strutture sanitarie per l’igienizzazione e la riabilitazione. Lentamente ritorno alla vita. Il 19 maggio… ritorno a casa. La primavera inoltrata mi attende nel giardino con mille papaveri in festa e un solo pensiero: SONO ANCORA VIVA. GRAZIE ALLA MADONNINA E AL MIRACOLO DELLA VITA DA LEI CELEBRATO AL MIO CAPEZZALE…
Il Covid 19 ha dimezzato progressi riabilitativi e speranze. VIVO su una
sedia a rotelle. Sono stata nuovamente graziata con il prestigiosissimo Premio
Genjma a Roma, mail mio Karma non ama per me la gloria senza “DOLORE E PIANTO”.
Eccomi nuovamente trascinata nell’abisso di una lombosciatalgia bilaterale,
dalla quale sono ancora cercando di risalire la china.
L’AMORE IMMENSO dei miei figli e nipoti mi aiuta quotidianamente a
vivere. La SCRITTURA mi salva…
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