Ancora giorni bui, nonostante l’inganno del sole in questo marzo impietoso per i primi germogli dei mandorli e dei peschi e per i nuovi fiori nei giardini. Di sera, quando finalmente mi concedo una tregua dal computer e dal cellulare, guardo la TV in attesa di una buona notizia che tarda a raggiungermi. Mi dico ogni volta per non perdere la speranza “domani è un altro giorno…”, ma non è mai un giorno diverso… Sfilano bare coperte di fiori, sfilano volti che fingono lacrime mescolandosi alle lacrime vere di chi ha perso tutto, persino l’intimità del proprio dolore. E mi chiedo ripetutamente fino a perdere la testa e il sonno: “si può condividere il dolore?”. E non so darmi una risposta. E non so darmi pace. Troppo frastagliato è il dolore per chi lo prova e per chi l’osserva. Ci possono davvero essere lembi combacianti che ci facciano piegare il lenzuolo intriso di sangue e di lacrime nello stesso verso come un sudario da condividere con identico amore? Ciascuno soffre a modo suo e ciascuno sente il dolore degli altri a modo suo. Come conciliare questa individualità che ci rende unici e diversi pur appartenendo alla stessa umanità? Me lo chiedo. Ve lo chiedo. Forse occorre cambiare punto di vista. Ma, in questo caso, credo che non serva più di tanto. E allora accostiamoci al dolore degli altri con rispetto, purezza di cuore e di intenti, discrezione, bussando piano piano, per non fare rumore, al “tempio sacro” delle loro cocenti e infinite lacrime.
Mare di paura
Si gridava “il mareeeeeee!”
abbagliati dal suo antico splendore
E si urla “oh mare!”
rosso di sangue nero di morte
E il cuore ha brividi di paura
Un gabbiano vola e stride di dolore
sull’indifferenza assassina dell’uomo
(stanotte fioriranno stelle di luce
a incantare occhi grandi
bambini
che
non sanno)
Fiume di fango è il mare
Era fiume di luce il mare
tra la terra e le case nei cieli
d’agosto
dalla mia terrazza che confondeva aerei
e gabbiani e guglie d’alberi
con l’erba dei campi, i fiori.
Oltre… la città lontana.
Oggi è inganno di sole la distanza
l’armonia e il silenzio.
Ma, inquieta l’anima,
lacrima fango
in cui l’umanità umiliata affonda
al servizio d’ignobili comandanti
contro capitani di navi alla deriva
e mani di bambini in vana preghiera
(cosa di noi i posteri diranno?
Come
ci assolveranno i figli?)
Notte blu di mare amaro
… luna blu negli occhi
e tra le labbra
in questa notte blu che sa
il mare e sfiora il cielo.
Capovolto cielo di cristallo.
E una pioggia di stelle
- petali di luna in lacrime di sale -
si sfrangia in rami di silenzio
che sa di mare crivellato di sangue
nel mistero di acque lontane.
E ali d’azzurro ha dispiegato un angelo
a sfiorare ciglia chiuse di bimbo
che sogna braccia di madre
e ditale di culla
per scacciare il dolore
- e spade e fucili spianati su giorni
vinti -
in un bacio d’amore perduto
in fondo a una barca che affonda
sotto il grido che sale
nel respiro che si perde
di un altro giorno che fa male.
Saremo in mille in una lacrima
non versata a riflettere la resa
all’indifferenza dei tanti arresa
o in centomila miliardi saremo
A cantare inni alla speranza?
(datemi una chiave per aprire
il
grembo bianco della luna
e
uncinare una favola al cielo
da legare al dito
del bimbo non più nato
perché rinasca il mondo
nel suo profumo di zucchero filato)
E stasera cercherò d’incontrare la
vostra pena per poterla affiancare alla mia per fare almeno testimonianza di
tanto immenso dolore (chi lo desidera può mandarmi su Messenger o su Whatsapp
un suo testo in prosa o in versi, meglio sul mio indirizzo email: angeladeleo42@gmail.com
Grazieeeee. A domani. Angela
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