E oggi è la volta di Lucio Battisti. Anche lui ottantenne e anche lui sta cantando tra le stelle il suo “Canto libero”. Sarebbe piaciuto anche a noi cantarlo a squarciagola come ci capitava nei “migliori anni della nostra vita”, ma oggi purtroppo abbiamo ancora piombo in fondo al cuore e infinite lacrime da rispettare o da versare per fare sentire anche e ancora il nostro dolore. E le parole non bastano mai. E riprendo a narrare, con la sensibilissima Angela Strippoli, lo stesso dolore che ha cantato Vincenzo Mastropirro per il piccolo “KR46MO”. Una sigla che sa d’infanzia negata, di dolore affondato, di mare infuriato per tanta indifferenza da parte degli umani che di umano hanno ben poco: Il mare non è più mare// C’è infelicità/ Fame/ Disperazione// Non c’è altra evidenza all’indifferenza// Corpi affondati/ Ingoiati/ Rigurgitati/ Ma non tutti// Il mare si è infuriato// Si è mescolato al sangue// Nel ventre (non) si contano i morti//KR46MO il Dio bambino/ Morto con i morti// Il mare/ Spasmo d’origine perduto/ Orfano di tenerezza/ Privo di ancoraggio/ Ha digrignato i denti sulle ultime parole/ C’era la luna// Poi/ Niente/ Niente splendidi versi che azzerano ogni altra parola in quel “Niente/ Niente” che è “tutto tutto”: tutta la nostra pochezza di fronte ad una tragedia di così vaste dimensioni da raggiungere gli abissi del mare e l’infinito del Cielo… Ma ecco che leggo su FB proprio questa mattina un lungo post, intitolato “KHALED”, di un autore, di cui non sono riuscita a scrivere il nome, ma che ringrazio sentitamente perché lo sento mio fratello nella condivisione di ogni sua parola. E sintetizzo in mancanza di spazio e di tempo: Khaled Hosseini è il grande scrittore afgano, “naturalizzato statunitense”, che è nato il 4 marzo 1965 e di cui sono famosi i meravigliosi romanzi Il cacciatore di aquiloni (2003), Mille splendidi soli (2007), e E l’eco rispose (2013), triade che ho letto con grande emozione. L’autore di questo articolo continua: Leggere i suoi libri può far davvero comprendere perché tanti ragazzi e ragazze sono obbligati a intraprendere viaggi infiniti ed estenuanti, sognando un futuro migliore per sé stessi e per le proprie famiglie. Dopo la terribile tragedia di Cutro di domenica è stato detto e scritto di tutto. In molti hanno blaterato frasi a vanvera, pontificando di sapere chi avrebbe diritto e chi, invece, dovrebbe restarsene a casa sua. A loro, a Piantedosi, a Feltri e a tutti gli altri, chiederei di leggere con attenzione le opere di Khaled Hosseini: forse, e dico forse, potrebbe installarsi un dubbio tra le loro presunte granitiche certezze. Buon compleanno a questo grande scrittore. Anche tutto questo si commenta da sé e fa testimonianza di quanto accaduto, letto, sentito, visto, ascoltato, biasimato. Accolto e abbracciato nel silenzio della nostra anima.
Altre
voci? Quella di E. Galliano, per
esempio: Io glielo dirò, domani, cosa
avete fatto. Entrerò in classe e leggerò ai miei studenti le dichiarazioni del
ministro che ha detto: <Io non partirei se fossi disperato perché sono stato
educato alla responsabilità>. Lo leggerò e mi siederò lì ad ascoltare cos’hanno
da dire. Hanno dodici anni, i miei studenti. Ed è giusto che sappiano. Lo vedranno
da soli che avete fatto arrestare chi voleva salvare delle persone. Che avete
scritto e detto cose orrende, che avete l’anima sporca di parole che nessuno
potrà cancellare. Glielo dirò che avete costretto in porto le navi che
avrebbero potuto salvarli. Glielo dirò che sono anni che usate la vita delle
persone per raccattare quattro voti in più. Glielo dirò che cosa avete fatto. Cosa
abbiamo fatto, in realtà. Perché siamo tutti responsabili. Glielo dirò che
quelli che c’erano prima non erano così diversi, solo che sapevano nasconderlo
meglio. E mandatemi la Digos, mandate chi volete, toglietemi la cattedra, la
classe. Alla fine è tutto quello che sapete fare: usare la forza con i deboli.
Con quelli davvero forti non ci provate neanche. Sospendetemi pure: voglio
poter dire a mia figlia, quando sarà grande e vedrà cosa stava succedendo in
questi giorni, in questi anni, quando mi chiederà dov’ero, voglio l’orgoglio di
poterle rispondere, a testa alta: dall’altra parte.
Questa
testimonianza è l’urlo viscerale di un insegnante che non vuole sentirsi più
colpevole di quanto non si senta già nella sua anima lacerata. Desidera, con
tutte le sue forze, che almeno i suoi alunni abbiano, attraverso le sue
documentate parole, contezza di quanto sta accadendo in questi giorni di
naufragi, di lutto e di pianto e di quanto sia accaduto anche in passato. Solo con
modalità diverse. La sua denuncia serve anche a restituirgli la dignità di
Persona quando dovrà dare di conto a sua figlia non più bambina.
Penso
di poter inserire qui anche una mia poesia, intitolata “Nella notte che affonda”,
scritta in questi ultimi giorni. Dopo aver letto,
guardato, ascoltato: Dolore Dolore
Dolore/ Nero intenso della notte insonne/ prima che le rostrate dita/ abbiano
unghiato la barca/ alla deriva di venti contrari/ e ali di spine/ nel
rettangolo di mare/ che nessun riparo/ alla disperazione offre/ È qui tutto il
mondo concesso/ agli occhi dei bimbi/ avidi di stelle/ nel buio grido della
mamma/ aspettando un cuore/ che accolga il dolore/ e ne faccia Preghiera…/ Sarò
mai più innocente, io madre?/ (sotto l’immenso scrosciare/ di lacrime
/ che fanno più profondo il mare/ come possono mandorli/ e ciliegi
fiorire ancora?)
Ma ecco le brevi quanto significative parole
di indignazione di Assunta Braì,
Donna e Amica, che ammiro moltissimo per la sua nobiltà d’animo, per la sua
sensibilità poetica, per la franchezza e la sincerità, per il coraggio: Abbiamo capito. La colpa della strage è del
governo precedente, che ha illuso i migranti. Appena sentito in TV. Non ho
parole, in realtà, ne avrei moltissime, ma…
Ricca
di “Vorrei”, condizionale ottativo, indice di forte desiderio, di umana
comprensione e di mai spenta speranza è, invece, la voce a me tanto cara di Anna Mininno, fedele, attenta e
sensibile interlocutrice nel nostro blog: Vorrei
una visione mozzafiato,/ di quelle che rinfrancano cuore anima e mente,/ ma che
non sia da cartolina/ Vorrei scrutare un paesaggio innevato,/ non a rischio di
slavine/ e un trionfo di mare/ all’alba di un giorno nuovo/ Vorrei sentire
sulla pelle/ l’umanità che vive pensieri di pace/ e che al tramonto racconta la
sua saggezza/ Vorrei un volto sorridente per tutti/ imbracciare carezze/ come
serti di giunchiglie/ e l’urgenza di sentirsi/ baciati dal sole/ Vorrei ogni
tessera nel computo e nell’ordine planetario/ e che per ognuna ci fosse il
diritto che le si deve/ E ancora vorrei che il mare/ fosse compagno di giochi/
e di buone avventure/ - ma chi sono io - (a.m.)
Purtroppo,
la conclusione è di amara impotenza. Peccato. Ma è, la sua, una voce tanto
accorata che si fa sicuramente preghiera e le preghiere delle “persone buone e
giuste” prima o poi trovano ascolto presso il Cielo…
Salutiamoci
con questa piccola fiaccola accesa… Angela
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