<E comincia una nuova settimana in questo tempo che vola
veloce e mi lascia senza respiro, ma leggo un racconto di Selvaggia C Serini,
preziosissima traduttrice dall’inglese durante la giornata romana dedicata al
suggestivo rito del Premio Gjemina da parte del grande poeta, scrittore e
saggista Gjeke Marinaj, e mia tenerissima e coraggiosissima amica, la mia
“Gazza” del cuore>.
Così ho cominciato a scrivere sul nostro blog solo quindici
giorni fa, riportando il suo racconto del suo amore, ricambiato, per i cani. E
concludevo con <Breve, tenero, ironico, poetico, coraggioso questo racconto
di Selvaggia. In poche righe ha avuto l’abilità, per me sconcertante, di
parlare delle caratteristiche comportamentali di due cani, del suo coraggio
nell’affrontare i ripetuti ricoveri in strutture sanitarie diverse,
oncologiche, di Francesco, suo attentissimo e innamoratissimo marito>. E mi
era sembrato giusto inserire anche la sua Bio-Bibliografia perché si
avesse un’idea più completa di una giovane Donna davvero eccezionale per
coraggio e determinazione a vincere il male che continuava ad assediarla
ferocemente.
Ebbene, oggi, a distanza di soli quindici giorni dal mio
precedente articolo su di lei, Selvaggia è volata tra le stelle, portando con
sé un pezzo del mio cuore in frantumi. E mi sento terribilmente in colpa per
essere stata lunedì scorso al Petruzzelli a gonfiarmi di orgoglio per le mie
poesie lette sul palco da Francesco Prando, e scelte ed elogiate da Matteo
Gelardi, ideatore e realizzatore della serata, di cui solo due giorni fa ho
fatto qui una dettagliata e autoreferenziale descrizione, mentre Selvaggia era
agli sgoccioli della sua dolorosa e impavida esperienza terrena. E mi chiedo
perché a me è stato risparmiato il suo calvario… perché… perché… perché…
E pensare che solo a metà novembre le avevo chiesto un suo
racconto o una sua poesia da pubblicare sulla nostra Rivista cartacea
CORRELAZIONI UNIVERSALI perché il tema dell’ultimo numero di novembre-dicembre
riguarda La PERSONA quale ARABA FENICE che può RI-NASCERE e fare il mondo
migliore…
Ma ecco il mio dialogo con lei alle ore 14:39 del 15
novembre. Io: Selvaggia mia, come va? Spero bene e piena di progetti anche
con me. Puoi mandarmi in tempi brevi o un racconto o una poesia sul tema:
PERSONA ARABA FENICE, che continuamente risorge dalle sue ceneri per
riconoscersi nel continuo cambiamento della società? Spero di ricevere buone e
belle notizie. Bacissimo. Angela. E lei: Ciao Angela mia,
periodo difficile con continui ricoveri, quindi immagina lo stress… cerco comunque
di mantenermi attiva quanto posso. Quando dici tempi brevi, puoi quantificarli?
Così posso dirti subito se ci riesco per i tempi a te necessari. Ti mando un
abbraccio affettuosissimo. Io: Quanto mi dispiace e quanto mi
stanno a cuore la tua salute e il tuo ben-essere psicofisico! Spero che tu ne
venga fuori quanto prima e nel migliore dei modi. Oggi è possibile… Una
settimana potrebbe bastarti? Il tema è bello e ci carica di speranza per il
futuro. Io desidero impegnarti per darti un motivo in più di ripresa. Tempo
massimo fine mese… Ti stringo al cuore. Lei: Ci provo in una
settimana con punti esclamativi a forma di cuoricini. Io: Magari!!!
Ma non ti affaticare più del dovuto. Mi raccomando! Deve essere un impegno non
una fatica… Lei: Prometto: Con un cuore per suggellare la
promessa. E, solo cinque giorni dopo, ecco giungermi da lei una email: Carissima
Angela, ho scritto una poesia per te sul tema Fenice come mi avevi chiesto.
Devo dire che è molto che non scrivo col pensiero che qualcuno leggerà, e
questa tua proposta è stata una sfida che mi lascia con un briciolo di
insicurezza. Spero tu trovi il testo all’altezza delle tue produzioni e di
quelle che selezioni. Ti abbraccio come una figlia stringe la madre che la
guida. La tua Gazza. Le ho risposto immediatamente: Gazza mia
Gazza, grazieeee. La poesia è bellissima, non avere dubbi di sorta. Farò il
commento, se lo spazio me lo permetterà, ma spero proprio di sì. come stai? Non
ti sto taggando per il blog per non farti affaticare ulteriormente. Ma non
mollare mai. Abbiamo da fare ancora tanto insieme. Però riguardati, questo sì.
Con amore di madre ti stringo forte al cuore. Angela. Le sue ultime parole.
Le mie ultime parole. Era il 20 novembre. E non nascondo che ogni
volta che le mandavo un messaggio, dopo questa estate, attendevo con ansia di
vedere la sua faccina per avere conferma che c’era, anche se il suo messaggio
tardava di qualche ora o di un giorno a raggiungermi. E trepidavo sempre.
Trepidavo. Ma ecco la poesia intitolata “FUOCO”:
Una foglia d’acero
Lentamente col suo colore di fiamma
Scende a terra, a nutrire, a dare vita
Nella propria morte rossa
Una foresta che sembra un incendio.
Un incendio di rinascita
Ali spalancate ed esistenze circolari
Ogni volta, quello che sembra una resa
È la violenza della fiamma
Una nuova presenza, una nuova forza,
una piuma rossa pronta a un nuovo volo
a una nuova vita
a nuovi desideri.
Selvaggia
c Serini
E ancora una volta piango perché sento l’urgenza ormai di
una doppia lettura, un duplice commento: prima della tristissima notizia quando
ancora speravo nella sua rinascita su questa terra da vera Araba Fenice, e dopo
che è “volata” via “Ali spalancate ed esistenze circolari”. E niente è più come
prima. La foglia d’acero rossa (ricorrente nei versi il rosso, esplicitato o
meno), ma anche la piuma rossa stanno ad indicare il colore della sofferenza,
della forza poderosa e fragile della voglia di rinascere? Penso proprio di sì.
Ma oggi sono troppo provata per riflettere e dare una risposta un po’ più
aderente alle intenzioni di Selvaggia. Così come gli stessi versi, letti oggi,
si colorano di altre sfumature, altri significati, del mistero di un Oltre che
ci accoglie in invisibili “esistenze circolari” di forte “energia cosmica” che
io non escludo affatto.
Desidero, però, dal più profondo del cuore esprimere tutta
la mia immensa gratitudine a Selvaggia (ma lei lo sapeva già e lo sa oggi più
che mai!) per aver dedicato tantissimo del suo prezioso tempo alla traduzione
in inglese delle mie poesie, nate di notte nei vari Centri ospedalieri, di
igienizzazione e riabilitazione che per circa otto mesi mi avevano ospitato
dopo il mio devastante terribile franare a Belgrado. Gjeke Marinaj me ne aveva
fatto più volte richiesta per essersi innamorato anni prima della mia scrittura
in prosa e in versi. Selvaggia tradusse le mie “visionarie e difficili” poesie
talmente bene da essere apprezzate da Gjeke così tanto da farmi meritare il
prestigioso Premio Gjemina a Roma, dove il 27 maggio scorso entrambi la incontrammo
per la prima volta. Felici io, Selvaggia e Gjeke di quell’insperato incontro…
Ieri mi sono armata di coraggio e ho scritto a Gjeke che la
nostra Selvaggia non c’era più fisicamente tra noi. Questa la sua risposta
immediata che, dietro suo permesso, riporto nel nostro blog (e rispetto la
traduzione di Google): Non potresti darmi notizia peggiore in questo
momento. Quando mi hai detto che sarebbe stata disposta a tradurre le mie
poesie per il mio nuovo libro, ho pensato che solo perché sta cercando di
essere d’aiuto, anche nei suoi giorni peggiori, non avrei mai dovuto
approfittare della sua gentilezza e della sua bella anima. Ecco perché non ho
risposto a quella offerta. È una grande perdita non solo per noi come amica, ma
per le arti e le discipline umanistiche e per l’arte e il mestiere della
traduzione. Pregherò per lei con tutto il cuore. Mi mancherà tantissimo. (…) Che
Dio sia con lei in paradiso (…).
Quanto dolore anche in Gjeke Marinaj e quanta ammirazione da
parte sua per il tuo lavoro e quanta delicata rinuncia in considerazione della
tua “anima bella”, per la pronta e generosa disponibilità a tradurre in
italiano il suo ultimo libro, nonostante i tuoi pressanti problemi di salute.
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