Oggi, 12 giugno, mi riporta a quattordici anni fa, 2010, alla perdita improvvisa di un carissimo Amico: Bruno. E oggi mi mancano i suoi sprazzi di allegria come esplosione di coriandoli ai nostri carnevali dimenticati. Bruno che, con la sua meravigliosa compagna Ada e i suoi splendidi tre figli (Leo, Vania, Tonio, che ancora oggi continuano a chiamarmi zia), ha reso i lunghi anni della nostra amicizia una continua scoppiettante fanfara, tenera e maliziosa, di battute, di risate, di effervescente generosità.
C’incontrammo
oltre trent’anni fa in un Villaggio turistico del Salento, RACAR, dove avevamo comprato una tenerissima “casa delle fate”, una
villettina su due piani, con i tetti rossi spioventi e le finestrelle dipinte
di verde prato sul lato interno, dove una scalinata in pietra ci portava nel
cortiletto in chi faceva superba mostra di sé una magnolia gigantesca
merlettata di profumatissimi fiori bianchi. Sulla facciata esterna c’era una
vetrata che custodiva gelosamente una cameretta con letto a castello per due
dei quattro figli, e la camera da letto matrimoniale. A pianterreno c’era un
bel salone con una cucina a vista e divani-letto per gli altri due figli. Una casetta
che amavo tanto e che ci permetteva di tornare di anno in anno con la nostra
gatta “Neve”, un persiano dal pelo lungo bianco e due occhi dorati che s’illuminavano
di sole. In quel complesso di case e villette che circondavano un grande
piazzale alberato ci incontrammo nel primo giorno delle nostre vacanze con Ada e Bruno e i loro tre bambini, il
più piccolo dei quali, Tonio, nel passeggino. Fu un’estate bellissima che ci
vide fare amicizia non solo con Bruno e Ada, ma anche con tanti altri
villeggianti più o meno della nostra età, con figli giovanissimi che subito
entrarono in sintonia con i nostri figli, divertendosi un mondo, andando al
mare o in piscina o sotto un gazebo verdeggiante per i loro primi filarini e
confidenze d’amore. Anche noi genitori ci riunivamo la sera per chiacchierare
piacevolmente di noi, della nostra vita, dei nostri figli. Il più simpatico era
Bruno, sempre con la battuta pronta, sempre ironico, divertente, allusivo,
motivante per tutti. Generoso oltre ogni dire. Una sera i miei figli diffusero
la voce della bontà dei miei panzerotti, delizia di parenti e amici. Era vero. Non
sono mai stata una brava cuoca, ma ero veramente imbattibile nel fare i
panzerotti. Ebbene, una sera preparai tre chili di panzerotti per tutto il
villaggio e ci divertimmo da matti anche perché cominciò a piovere a dirotto e
ci fu anche un black out per cui gli uomini, capeggiati da Bruno, andarono al
paese Frigole distante qualche chilometro per comprare candele o fiaccole. Tornarono
con i lumini per cimiteri, ma ciò non spense la nostra allegria, anzi!
Da
quella estate non ci siamo più separati. Siamo stati ogni anno ospiti della loro splendida
villa nel paese dei miei suoceri, Surbo. Ospiti nella loro villa al mare, altra
meraviglia. E prima, ospiti in una casa che aveva l’affaccio sul mare: dalla
porta retrostante l’ingresso ci si tuffava direttamente nel mare salentino. Quanti
compleanni di Ada abbiamo festeggiato di anno in anno il 16 agosto! E risate e
scorpacciate di pranzi favolosi che Ada cucinava, con grande maestria e mai
stanca di donarsi per tutti, per noi e tanti altri parenti e amici che avevano
piacere di ospitare. Amicizia disinteressata, sincera, duratura nel tempo. E scherzi,
favoriti anche da un fratello gemello di Bruno che si prestava ad una serie di
simpatici equivoci. E tanti giochi da fare insieme all’insegna della semplice
goliardia, di cui Bruno era il capo indiscusso. E da loro abbiamo incontrato Corrado e Maria e la loro storia d’amore,
il nostro stare bene insieme sempre e comunque. Fino a quando tutto è venuto
meno prima nella nostra casa e due anni dopo anche Bruno. Ma già prima di lui ho dovuto dire addio a Corrado,
eroico marito di Maria, sorella di Ada. Di loro e della loro straordinaria
storia, prima che sia troppo tardi, scriverò, per lasciare un altro richiamo ai
giovani di oggi perché sappiano che il vero amore esiste ed io, anche tramite
loro, posso testimoniarlo.
Corrado
è una promessa e una nostalgia. Maria, un canto di abnegazione.
Bruno
è altro rimpianto scolpito nel cuore. Bruno
e Ada persino testimoni alle nozze di Peppino
e Raffaella, la mia primogenita, oltre trent’anni fa… Poi, dopo un po’ di
anni, sono cominciati gli addii.
È come in una sinfonia degli addii,
Dapprima un oboe e un corno
Poi il fagotto e un altro oboe
Quindi l’altro corno e il
contrabbasso,
Ciascuno eseguendo
Prima di terminare
Il suo piccolo assolo:
Lasciando il movimento spegnere
Sull’ultima battuta
Dei violini.
Una
intensa rivisitazione di un grande poeta contemporaneo, Franco Buffoni, della Sinfonia degli addii di Haydn e dei sui
musici… Suggestione di un concerto particolare che ha suggerito ad una mia
amica, straordinaria e dolcissima poetessa, il titolo della sua dolente e
luminosa raccolta di poesie I musici di
Haydn (Ada De Judicibus, SECOP
edizioni).
Solo
più tardi ho ripreso di nuovo a scrivere. Di noi, dei nostri figli, dei loro
matrimoni e dei nipoti che ci hanno dato. E di Tonio, conosciuto nel passeggino
che, nel tempo, era diventato il mio “sapientino” per la sua straordinaria
intelligenza. Oggi è uno stimato medico, ma continua a chiamarmi zia Lina. La loro
realizzazione è stata anche la nostra in una condivisione che non è venuta mai
meno. Fino ai nostri giorni.
E,
intanto, mi ero ripromessa di scrivere solo dei momenti di gioiosa
spensieratezza e delle esperienze belle vissute nell’arco della nostra vita
(mia, degli altri), e invece mi accorgo che questi ricordi sono ben più tristi
di quelli di cui ho amato parlare nel mio “Spoon River” ultimamente. Non sempre
si possono mantenere promesse e buoni propositi. Qualcosa, al di là della
nostra volontà ce lo impedisce. Negli anni, del resto, ho dovuto sempre più
confrontarmi con la morte, io che ne avevo terrore e cercavo di tenermene
lontana. Giunge anche il tempo che la vedi fiorire come gramigna ad ogni passo
e non si può più ignorarla o fare a meno persino di parlarne. E ora, purtroppo,
non faccio che parlare di morte e di morti. Come se la vita non fosse niente
altro. Oppure mi stesse precocemente presentando il conto. Chi o cosa mi spinge
a farlo? Perché? Forse per via degli anni che m’inseguono senza tregua. E la
morte è già un inevitabile richiamo. Forse perché i figli stanno scoprendo
qualche filo argentato nei loro capelli. Forse perché, ancora una volta, molti
scenari sono cambiati nella nostra costellazione familiare. Alcune stelle si
sono spente, altre accese.
E
domani riprenderò a parlarne in onore dell’Amicizia che ci fa onore, nel tempo
e nello spazio e anche Oltre. Angela/Lina
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