venerdì 7 giugno 2024

Venerdì 7 giugno 2024: Ancora qualcosa da dire su "Un filo di lana rosso" di Raffaella Leone (dedicato a suo padre)...

La maturità è una viandante che avanza lentamente sul sentiero del tempo tra poche rose e molte spine. Ed io, per ingannare ancora questo tempo incerto e difficile da vivere, trascrivo uno stralcio del III vol. de Le piogge e i ciliegi ancora in cantiere. E desidero ancora fare un piccolo dono a lei e a Primo suo padre dopo questi sedici anni senza… Ma è anche un pensiero costante al mio eroe di ogni tempo: mio NONNO! Senza di lui niente sarebbe accaduto. Ancora oggi mi dà le ali per volare... 

<Raffaella, solo qualche anno fa, da adulta, ha scritto e pubblicato con la nostra Casa editrice (sì, papà, abbiamo dal 2004 una Casa editrice “altra”, cioè diversa: attenta alla qualità più che a fare denaro con una sciatta quantità) una storia per bambini di tutte le età, Un filo di lana rosso, in cui si esplicita benissimo, tra fiaba e realtà, la distanza giusta, che deve intercorrere tra le persone per mantenere vivo e vero un rapporto di amicizia, d’amore, di sentimenti positivi, autentici e, per questo, anche duraturi nel tempo.

Ma senti, carissimo papà, cosa mi è venuto in mente pensando a quel “filo” di lana rosso. Purtroppo è più forte di me soffermarmi sulle parole per scoprire i tanti significati che magari frullano nella mia testa. Il vocabolario o le enciclopedie non sempre mi appagano nelle loro definizioni perlopiù definite e quasi immutabili. Penso che le mie arzigogolate ipotesi di più ampi significati ti piaceranno:

Filo è una parola breve, che dà subito l’idea del suo essere sottile, quasi di poco conto, di scarsa durata e di cui si può fare anche a meno. E, invece, è di una incredibile utilità. Serve. A cucire due lembi di stoffa separati ma combacianti; a legare tanti steli di fiori per farne un bouquet; a ricamare lenzuola da sposa e tovaglie per i giorni di festa; a stringere altri fili o tutto quello che va messo insieme e tenuto ben unito. Il filo regge un palloncino o un aquilone. Se è di perle, diventa ornamento. Se è di olio, diventa nutrimento. Se è di parole, diventa discorso. Se è colorato, diventa segno di confine e tanto altro. Se è di sangue, diventa incidente, malessere, timore, paura. Se è di corrente, diventa luce. Se è del telefono, diventa comunicazione a distanza. Se è di lana, diventa un maglione o un cappellino. Se è di rossetto, diventa un papavero sulle labbra e accende un sorriso. Se si scopre su un muro, diventa crepa, preoccupante, che sollecita l’intervento di mano d’opera per poterla risarcire, quasi rattoppo. Se è sospeso tra due muri, diventa stendi-panni con tante nuvole bianche prigioniere di mollette, quasi becchi affamati di uccelli senza volo. Se si tende su case e vallate, diventa l’ardimento del funambolo che cammina sul filo del suo sogno…

Ma il filo può anche legare due polsi e unire due persone, due pensieri, due cuori, due sentimenti, due percorsi di vita in uno. Ed è bello pensare che un esile filo possa diventare così resistente da legare due vite, con tutto quello che in una vita è compreso, moltiplicato per due o anche per dieci cento mille volte. Mille volti.

Basta un filo e sembra quasi che si possa andare alla conquista del mondo: del cielo e della terra, del gioco di un bambino, del lavoro di un adulto.

Se poi il filo è di semplice cotone o di preziosa seta, può anche spezzarsi e riannodarsi. Nel primo caso, separa ciò che aveva unito; nel secondo, ripropone la cucitura, il ricamo fiorito di bianco o di innumerevoli colori, il legame tra due o più persone e lo rafforza perché offre, a chi lo possiede e ne fa uso, la consapevolezza della precarietà della sua consistenza e resistenza, sollecitando l’attenzione e la cura per salvaguardare la sua forza, la sua generosa solidarietà.

Se si spezza è importante, dunque, ricorrere al nodo.

E il nodo ha tutta una simbologia antica e moderna. Si alimenta di miti e di poesia. Pensa al nodo gordiano o a quello di Salomone, ai nodi delle reti dei pescatori, o a quelli delle vele dei marinai. Ma c’è anche il nodo al fazzoletto per non dimenticare e i nodi del rovescio del ricamo a indicarci la bellezza del diritto nelle mani del Signore; i nodi che vengono al pettine per una ritrovata verità in precedenza messa in discussione oppure celata, ma anche il nodo alla gola, segno di commozione e di pianto trattenuto. Può dimostrare un legame più forte, ma anche un ostacolo. Una promessa o solo un ricordo. Diventa la misura del tempo e dello spazio. O il punto fermo. E che dire delle tue mani nodose per la fatica e gli anni attraversati? E i nodi sui tronchi dei tuoi alberi dove si annidavano ragnetti rossi e formichine? E i nodi da te praticati per assicurare un’altalena rudimentale al ramo più forte del gelso rosso? E le nostre mani annodate quando io piccolina cercavo di seguirti nella sicurezza della tua mano a tenere stretta la mia? Nodi e fili.

Se, poi, sono rossi, diventano dialogo, intimità, riconoscimento, amore, allegria. Ma anche errore di poco conto, peccato veniale o, piuttosto, una ferita.

Se, infine, è di lana ed è rosso, allora diventa inequivocabilmente il libro Un filo di lana rosso di Raffaella Leone. La prima dei tuoi pronipoti.

E il libro di Raffaella è un racconto lungo che si dipana in un percorso che dalla Puglia porta a Milano e ritorno, legando due polsi in fuga, che si attraggono e si respingono senza tregua, perché sono uniti non solo da quel filo di lana che si spezza e viene riannodato, ma da un sentimento d’amore che lega quasi novant’anni di due vite diverse, l’una nell’altra; di gioco, confidenze, voglia di libertà e rifugio sicuro del cuore perché non c’è distanza che tenga, né altro divario o dissonanza quando è semplicemente una storia d’amore indissolubile, oltre ogni possibile apparenza.

A raccontare questa storia affascinante è pur sempre il filo rosso, che segna un limite e la misura di ogni possibile rapporto umano. Che è, a volte, senza limiti e senza misura, perché riguarda sentimenti che vivono di vita propria oltre il tempo e lo spazio anche se si nutrono di tempo (gli anni) e di spazio (la propria casa), da cui sconfinare aiutati da quel semplice filo, che un’autrice straordinaria ha dipinto di rosso appassionato come il suo cuore e che sa riannodare continuamente perché non si spezzino mai i capi e non si disperdano mai quegli amori “unici”, che hanno profonde radici nell’anima. Nonna e nipotino. Ottanta e dieci anni.

E tutto ricomincia…  anche ritornando a leggere dalla prima pagina il libro perché non se ne perda neppure una parola. Nel tentativo di scoprirne il senso, la profonda verità. 

E… non adombra la storia di noi due, amatissimo papà? Oltre gli anni, il tempo, lo spazio. Persino oltre noi, nel tempo e nello spazio.

Sì, Raffaella, come tutti i tuoi pronipoti fino ai miei nipoti, sa scrivere storie, e non ha dimenticato la nostra storia e l’esempio luminoso della tua lungimiranza, della mitezza del tuo cuore, dei nodi e delle vele… dei legami indissolubili e di quelli che non sono misurabili perché non hanno consistenza, scivolano via, come più volte in questi anni ha sostenuto Bauman, un grande filosofo e sociologo polacco da poco volato purtroppo anche lui tra le stelle.

Ogni vero legame è un nodo d’amore che si trasforma in poesia. Tu me lo hai insegnato con il tuo esempio quotidiano.

L’esempio più dolce ce lo hai offerto in dono negli ultimi anni della vostra vita, tua e di nonna Angelina. Quanto amore animava i tuoi giorni di fatica e di pena presso la tua compagna che avevi sposato fanciulla di rara bellezza e vitalità. Vi separavano tredici anni, ma in realtà fu lei ad evidenziare per prima i segni del tempo, lasciando a te il compito di accudirla, quasi fosse di nuovo una bambina senza esserlo più nel corpo e nella mente. Quale amore più grande in un tempo in cui anche tu accusavi gli inesorabili segni del tempo! Come dimenticare?

Dopo molti anni ho scritto una prosa poetica per dedicarla al vostro amore. A te poeta della vita e alla vostra meravigliosa poesia. La riporto qui perché i giovani possano riprendere a sognare di incontrare un amore unico come il vostro e di abbandonarvisi senza avere più paura di amare…

Lui: Il giorno che m’incontrerai avrai un fiore antico tra le mani. Avrai cuore di panna e occhi di nebbia.

Lei: Avrò un vestito verde di primavera e fiori tra i capelli e stelle di mare. Ricorderai il mio sorriso di ciliegi e rose e le mie mani fiocchi di neve. Nel “parco delle rimembranze” mi porterai in volo.

Lui: Forse solo allora ti scriverò ancora come mai sul vetro del passato. M’inviterai a ballare come allora e come allora sarai foglia di vento. Sarai fremito ardente, dolce canto, carezza inascoltata, parole di rimpianto.

Lei: Non dirmi niente. Sognami soltanto.

Lui: Il giorno che mi vedrai arrivare, avrai negli occhi la fanciulla riso d’argento, cometa d’altri cieli, onda di mare, fianchi di luna e passo di giunchiglia. Ti avvolgerà con le sue ali di seta, ti racconterà la sua poesia. Ti sorriderà con gli occhi di mandorla scura del giorno che ti conficcò una lama nel cuore e fuggì via inseguita dal tuo tormento. Non dirle d’averla attesa tanto. Non sai che non si attende chi si ha già?

Ebbero racconto di perle i tuoi sguardi più che le tue parole e un sorriso chiaro sui suoi giorni che forse ebbero nuovi domani.

Fino a giungere a me che ho ormai tanti anni più della tua Angelina, ma tu continui a salvarmi, come con lei allora, con la forza delle tue nodose mani.

Purtroppo, mio amato papà, non sempre la vita in due viene vissuta così, conservando nel tempo amore, protezione, cura, abnegazione; molto più spesso, soprattutto ai nostri giorni, tutto viene vissuto velocemente e a fatica, tra mille difficoltà di comunicazione, comprensione, fedeltà. Le coppie poco dopo le nozze già si mal sopportano, sono indifferenti e lontane col cuore e con la mente, cercano evasioni, con conseguenze spesso disastrose. Servono “pause di riflessione”, che sono l’anticamera della separazione e del divorzio. Si rivendicano diritti e si dimenticano completamente i doveri.

È una società, questa, più improntata all’odio che all’amore, più legata ai beni materiali che a coltivare sogni, ideali, speranze. Non esistono più il prossimo, la solidarietà, il senso di giustizia verso gli altri più che verso sé stessi. Non si riesce più a guardare il cielo.

E, intanto, mio indimenticato papà, ecco una nuova stagione. Dopo un anno da dimenticare e di cui ti parlerò a lungo. Certo, tu sai tutto e sei stato con me ogni attimo, per salvarmi, aiutarmi, proteggermi, sostenermi e consolarmi nei tanti momenti di sconforto. Per farmi compagnia in una solitudine non voluta e inevitabile.

C’è aria di primavera in questi giorni di sole che lasciano dischiudere germogli su rami nudi e spenti dopo il lungo sonno invernale. Sembrava non dovesse più accadere e, invece, ecco il prodigioso risvegliarsi della natura con il ritorno delle rondini e le prime pratoline tra l’erba appena nata.

Questi nuovi giorni di sole mi portano a ricordare che la primavera ci spinge a sentire fortemente la voglia di uscire per incontrare gli altri, amici e conoscenti. Mi riporta al nostro primo incontro. Era primavera. Nacqui a fine maggio. Sì, potrei parlare del nostro incontrarci alle otto di sera quando mi decisi finalmente a venire al mondo, dopo una lunga attesa prima che babbo partisse per la guerra, ma l’ho già fatto nei primi due volumi del romanzo che parla di te, di noi. Rischio di ripetermi.

Allora, mi sembra più opportuno oggi parlare dell’INCONTRO in generale, un argomento che mi sta a cuore e che ritengo molto attuale.

E tu cerca come sempre di seguirmi, anche se parlerò “difficile” (ora puoi farlo più che mai: non ci sono ostacoli di sorta in Cielo), perché è un modo di scrivere che sempre più mi piace. Sono invecchiata anch’io col passare in fretta degli anni e il linguaggio sincopato dei giovani e giovanissimi, con molti anglicismi non sempre utili e necessari, non mi appartiene. È così bella la nostra lingua, così musicale, così ricca di sfumature, di sentimento. Occorre riappropriarcene per “incontrare” le “nostre” parole, la “nostra” identità, la “nostra” millenaria cultura. E tu mi seguirai, come hai sempre fatto. Con tanto amore e con tanta libertà di giudizio. Niente è impossibile a chi ama>.

                                                       

È vero. Niente è impossibile a chi ama. E noi viviamo con amore, per amore. Anche la vera Amicizia è Amore. Ne riparleremo. Angela/lina

                              

1 commento:

  1. Cara Angela ti leggo e mi viene subito voglia di poter avere a disposizione ogni frase di questa , chiamiamola, lunga lettera e farla leggere a chi oggi non legge più e non ascolta. O, se ascolta, lo fa non per "crescere" in amore e spirito, ma per seguire i nuovi linguaggi che si nutrono della superficialità delle cose (materiali e spesso insulse). Ho paura della violenza e insensibilità che ci sta per travolgere. Grazie alle tue profumate lezioni di vita.
    se)

    RispondiElimina