Oggi è San Pasquale e i ricordi si affollano nella mente perché era il giorno in cui il nonno era solito portarci nel suo campo di ciliegi per la prima raccolta.
<In primavera, poi, con lo splendore della natura che esplodeva d'erba, di pratoline e di fiori di campo, tu andavi a casa dei nostri tanti amici e li invitavi a venire con noi in campagna all'alba del giorno dopo. Molti venivano in bicicletta, altri salivano sul traino con noi. E il cielo era un ricamo d'alberi. L’alba spegneva le stelle e vinceva lentamente il buio, rischiarando i nostri occhi spalancati di stupore su quella natura rigogliosa e ricca di frutti. Le nostre labbra chiacchierine si confidavano, in bisbigli d'intesa, confidenze di amori appena nati. Nel campo dei ciliegi sciamavamo tra i rami e tu, appena di ritorno, vestivi a festa il nostro quartiere con ceste di rossi frutti che distribuivi in tutte le case. E le case si accendevano di colore e di allegria: adulti e bambini si riempivano le mani delle accese ciliege, raggruppate dai lunghi gambi e ricoperte dalle verdi foglie
(ciliegie di maggio ciliegie d’assaggio ciliegie
di giugno ciliegie a pugno…)
Già
da bambina avevo imparato quel rito festoso che salutava di gioia la nostra
primavera...
(sì bbéddə
accòmə a ‘na cəràsə…) (sei bella come una ciliegia…)
Lungo
le strade le ragazzine, con quelle lampade accese ai lobi delle orecchie,
cantavano la spensieratezza dei loro pochi anni, dilatando lo spazio angusto
tra quelle case antiche, dove il cielo era un lungo rettangolo blu definito dai
terrazzi anneriti di tempo e di impervie stagioni...
Questo
è il tempo delle ciliege,
le
ciliege si vanno a cogliere,
si
vanno a cogliere ad una ad una,
questo
è il tempo del primo amor...
La
cintura stretta stretta
e
la gonna larga larga,
le
scarpette a punta a punta:
io
ballerò con te...
Io
danzerò con te...
Questo
è il tempo delle ciliege,
le
ciliege si vanno a cogliere,
si
vanno a cogliere col panierino,
questo
è il frutto del mio giardino...
La
cintura stretta stretta
e
la gonna larga larga,
le
scarpette a punta a punta:
io
ballerò con te...
io
danzerò con te...
Divenuta ragazzina anch'io, adoravo quelle ciliegie: rosse, dolcissime, morbide, profumate (cerasèlla cerasé/quànnə è tìmbə də cəràsə/ tu mə dai tre o quattə vàsə/ cərasèlla cərasé/ quànnə è tìmbə də limónə tu m’assàssə ‘nu scəcaffónə… Nunzio Gallo e Aurelio Fierro cantavano). Le ciliegie erano per me quasi labbra baciate di donna innamorata e amata (“Labbra dal disìo baciate”, come avrei letto e scoperto più tardi).
E, poi, via via, fioroni e gelsi e nespole e prugne e fichidindia. Grosse ceste di uva matura e dolce da scaldare l'anima. “Spórtə” (panieri stretti e profondi di sottili sarmenti d’ulivo intrecciati), “spərtéddə” (panierini) “scəchəcchəmarùzzuə” (recipienti piccoli piccoli, per la gioia delle mie manine), di olive verdi e brune da fare in salamoia o con la calce oppure da far scoppiare nel tegamino o sotto la cenere e da mangiare col pane fra boccali del tuo ottimo vino e, per quegli anni, insolite risate. C’erano più frutti che fiori allora nella nostra casa a colorare e a profumare i giorni.
Ma ora ho fatto un salto temporale dovuto alla
memoria che non sempre segue il tempo nella sua cronologia storica. E non
sempre riporta alla coscienza collegamenti di esperienze nel loro susseguirsi
esistenziale. Irrompe così all’improvviso e accende l’occhio di bue su un
volto, strimpella l’assolo di una voce, riempie una strada di ciliegie. Occorre
allora ricucire il prima e il dopo
perché nulla sfugga alla fiaba e alla storia. (…). Eri il
pendolo dell'alba e le prime ombre del tramonto, il coltello per tagliare il
pane e la bottiglia e l'imbuto per travasare il vino. Eri la capriola tra le
tue braccia e il cavallo che ti portava via, le voci dei tuoi uomini confuse
con i respiri dell’alba e il cauto risvegliarsi delle strade. Il richiamo al
nuovo giorno e alla vita.
Eri i tuoi campi i tuoi ciliegi
Le
nostre suppliche: “ci porti con te in campagna?”
e la tua risposta: “quando matureranno le
ciliegie”. Eri la nostra attesa delle ciliegie. Eri le ore trascorse tra
gli alberi, le stesse ore senza di te nella nostra casa che si riempiva
ugualmente di te, di foglie nuove e solchi appena arati, di gemme attese dopo
il lungo inverno, dell'ansia dei primi frutti perché il tempo delle ciliegie
fosse una realtà (i tuoi racconti quando tornavi e ci mettevamo a tavola per
mangiare e per ascoltarti)>. (da A. De Leo, Le piogge e i ciliegi, vol. 1°)
Ed oggi leggo su una pagina FB: Non ho mai creduto molto alla teoria secondo la quale ognuno di noi è metà di una mela. Penso, piuttosto, che l’amore somigli alle ciliegie: vivono in coppia e il picciolo di ognuna di esse è congiunto in cima al picciolo dell’altra ma, se divise, e se prese singolarmente, rappresentano due perfetti interi. Lo spazio custodito nel perimetro di due cuori interi può contenere molto, molto più amore, di due metà. Antonia Storace.
Giustissimo. Mi piace molto questa riflessione. Grata,
chiedo scusa alla mia sconosciuta Antonia per questa rapina senza “colpo ferire” della sua bella pagina, solo per condividerla tra noi. Buone ciliegie a tutti. Con un abbraccio. E a
prestissimo. Angela
Nessun commento:
Posta un commento