Velocemente passano i giorni, una settimana tira l’altra
trascinando la nostra vita… A caso o secondo una oculata distribuzione di gioie
e dolori, di bene e di male? Personalmente propendo per la seconda soluzione:
niente avviene per caso. Tutto ha un ordine a noi sconosciuto perché la nostra
mente, limitata dalla zavorra del corpo, non riesce a spaziare nel mistero che
ci circonda e ci attraversa tra i due fondamentali argini: nascita-morte. In
mezzo scorre la vita. E, in questo scorrere, pianifichiamo il nostro tempo
in giorni, mesi, anni, mettendo più o meno in conto le sorprese, le
imprevedibili svolte della vita, il ritorno sui nostri passi, il fare tesoro o
meno delle esperienze già vissute e magari rinverdirle con qualche novità per
rompere le catene delle abitudini, dello scontato, della banalità quotidiana
con l’estro della nostra fantazia e immaginazione…
Questo preambolo mi serve oggi per parlarvi di un amico
poeta, scrittore, attore, ma anche medico (ginecologo), Alberto Tarantini, che
con la sua geniale autoironia spezza quotidianamente le gabbie dell’ovvio per
sfidare sé stesso e quanti lo conoscono. Compresa me. Oggi, per esempio, è
atteso all’“Open” di Corato (Bari) per presentare il suo nuovo libro, che ama
definire “saggio” prendendosi un po’ tanto in giro e prendendo in giro tanto di
un po’ i suoi tantissimi affezionati lettori. E la vita cambia aspetto.
Improvvisamente cambia colore. Si tinge di curiosità e di attesa. Di
motivazione ad essere presenti con un po’ di pruderie per via
del titolo catturante Tutte le mie donne (o quasi) - Saggio sull’amore
(o giù di lì) -. La Casa editrice, manco a dirlo, è ancora una volta
la SECOP (Corato-Bari).
Ebbene, perché ne parlo anche con voi, nel nostro blog? Per
affettuosa solidarietà. Un po’ di pubblicità non guasta, anche se Alberto non
ne ha bisogno. Ma ne ho bisogno io in quanto postfatrice del medesimo saggio,
di cui amo sottoporvi, a mo’ di assaggio, alcuni stralci per anticiparvi il
gusto delle risate che Alberto Tarantini suscita con la sua scrittura.
Naturalmente, ci sarà qualche stralcio della mia postfazione che amo definire
“Tracce”.
E parto da Alberto con il suo primo incipit, una dedica con un
pizzico di ironia o quasi: Da buon anaffettivo/ non abbandono mai/ le
mie donne./ belle o brutte,/ prima o poi/ diventano poesie. Lusinghiera
per le donne? Forse! Io non mi fiderei molto delle affermazioni iperboliche di
Alberto. In verità, mi fido molto delle sue poesie, molto meno delle sue
intenzioni ondivaghe, fluttuanti, sempre sul filo del dubbio e delle
incertezze. Contraddizioni? Anche. Noi tutti viviamo di contraddizioni, dubbi,
incertezze. Guai se fosse il contrario. Sarebbe la morte della curiosità che
genera il cambiamento, generalmente in meglio, di quello che siamo. Con Alberto
è diverso. Lui è sempre, nel bene e nel male, fedele a sé stesso. Al suo
pessimismo cosmico elargito con tanta magistrale autoironia che non possiamo
fare a meno di rinfrancarci con una bella risata, perdendo magari di vista il
nocciolo della questione.
Ed ecco, tanto per fare un esempio, l’esergo del Prologo,
intitolato “Il giusto mezzo”, in cui notiamo la sua plateale
contraddizione: Le stucchevoli glasse del cuore,/ si sa, mi sballano la
glicemia,/ ma, dico, nemmeno fa bene/ tirare solo d’insulina., che ci
lascia a metà strada tra le sue difese dall’amore e le sue propensioni ad amare
(e il plurale di “difese” e “propensioni” è ampiamente voluto!).
E, infatti, Alberto inizia così: Ho esordito tardi
in fatto d’amore, poi è andata anche peggio. Ops! Temo di aver bruciato già il
finale. Pazienza. In fondo non è un libro giallo. Al limite, nero. Vorrà dire
che quel po’ di suspense che rimane me la riserbo per l’inizio. Sì, insomma,
dipende da che s’intende per amore. Se s’intende quella cosa strana, l’unica al
mondo dove ti senti esperto dopo una volta, cancellando paura e ignoranza come
mai esistite, beh… in tal caso confermo quanto detto: il sesso mi ha conosciuto
tardi. Buon per lui. Se invece si fa riferimento alle farfalle nello stomaco o
di altr turbamenti psico-fisici di tal fatta, lì sì, non sono poi messo così
male. O quantomeno non peggio di tanti altri… Che ve ne pare?
Avete scoperto il suo arcano mistero? Io ancora no. Però leggere la scrittura
di Alberto Tarantini è davvero un piacere che sfocia nel diletto, che è molto
di più del piacere: è divertimento succoso, strabiliante, “sequestrante”.
E che dire dei suoi ragionamenti “a rovescio” come “Il sesso
mi ha conosciuto tardi” e non viceversa “Ho conosciuto tardi il sesso”? Può
sembrare una questione di lana caprina e invece, a mio parere, c’è tutta una
filosofia di vita da scoprire, il suo essere “capovolto” per tante ragioni che
mi piacerebbe ipotizzare e analizzare. Ma mi cattura immediatamente la sua
impareggiabile autoironia: “Buon per lui”, che davvero capovolge il cielo. E
così, di pagina in pagina, percorriamo con Alberto le sue centomila avventure,
tutte vere e tutte al limite del surreale e con infiniti tentativi di fuga per
evitare catene e compromessi, salvo poi a “piangere sul latte versato”.
Subentrano, allora, le mie Tracce per meglio definire il
nostro “eroe del sesso sfigato e dell’amore rimandato all’infinito…”. Eccone un
assaggio: E anche qui l’Autore rivela due sole fedeltà: alla Casa
editrice e a sé stesso. Sembra impensabile, ma è così. Alberto professa da
sempre una incontenibile allergia alle “catene” di qualsiasi genere,
soprattutto a quelle d’amore, tradotta in comportamenti di fuga (in parole,
opere e omissioni), ma poi rimane ancorato, anche in un saggio, genere che
sperimenta per la prima volta, al suo cliché di sempre. E menomale!
L’autoironia, infatti, formicola nel DNA di Alberto Tarantini e, quindi,
nonostante il saggio (o forse proprio perché è un saggio, punti di vista!) è un
continuo fuoco d’artificio che lo diverte e ci diverte. Il suo umorismo è
degno, a mio parere, della migliore letteratura mondiale della risata. E mi
piace risalire innanzitutto al greco Aristofane, nelle cui commedie si
mescolano farsa caricaturale (di incredibile forza comica) e delicato lirismo.
Non a caso, a mio parere, i personaggi aristofaneschi somigliano molto a quelli
tarantiniani: filosofi amanti di astrusi ragionamenti, poeti e artisti
spregiudicati e impudenti, anche un tantino triviali, ma con avveduta
accortezza a non risultare volgari. Aristofane, come Alberto, ride e fa ridere
di tutto e di tutti, dei politici soprattutto, ma anche delle vicende umane e
in qualche modo divine. (…). Ma potrei pensare pure
all’umorismo di Jerome K. Jerome di Tre uomini in barca oppure
ai nostri grandi autori, agguerriti nella comicità elegante, sorniona, ad
effetto. Parlo di Ennio Flaiano, Stefano Benni, Achille Campanile, scrittori
capaci di mescolare ironia e autoironia, nella forma più alta d’intelligenza
mista al cuore per un “sentire” particolare, che si fa carico di colpi bassi
che non riguardano più esclusivamente la testa. Proprio come avviene in
Alberto… e non vado oltre.
Tutta da leggere è, però, la pregevole Prefazione di
Mariella Medea Sivo, che, da tenera, ironica e generosa amica di sempre, ha,
con competenza medica e intelligenza letteraria e umana, fatto un cesello di
rimandi colti, appassionati, appassionanti, di Autori famosi a livello
mondiale, per consegnarci un Alberto Tarantini non inedito, ma sicuramente
legato (…) al suo essere poeta, giullare e filosofo, eroe dei
tempi moderni, che non si accontenta di facili certezze, destinato spesso
all’incomprensione, pervaso da una venefica forma di pessimismo radicale frutto
dell’insanabile conflitto fra sogno e realtà.
Ma domani è anche il compleanno di Alberto e a lui voglio
dedicare, con grande affetto, questi versi: E' tempo di andare oltre il
disincanto e la battuta/ tempo di nuovi giorni vestiti a festa/ come veste/ di
coccinelle a ridere/ con sette punte di fortuna./ E traguardi di 22 orizzonti/
additano ai tuoi occhi feriti/ di nuovi incanti./ E ti cantano l'amore/ con
astruse parole per difenderti/ dall'assalto del centomilionesimo/
compleanno / con una battuta d'arresto sui giorni passati/ e
nuovi fiori di prati sconfinati/ da cogliere/ per regalare al mondo intero/ la
risata obliqua del tuo genio vero.
E qui chiudo. Non senza una raccomandazione: chi abita a Corato o nei paesi viciniori farebbe bene ad esserci stasera all’Open per gustare una serata, che prevedo scoppiettante, e tornare a casa di buonumore (e ne abbiamo tutti un gran bisogno ai nostri giorni!) con magari il suo imperdibile libro (ma questo è facoltativo) tra le mani… A presto. Come sempre, la vostra Angela
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